Andrea Massolini sull'incredibile e
multicolore
roccia
della Valle
Pian de la Paia
Piccolo Dain di Pietramurata
Vegetable
Groaz, Baldo, Massarotto - VI per la mia variante (300 m. ca)
In the rain [...]
It's hard to see the value of life
Standin' in extreme [...]
Do you dance on the edge of the knife?
Dub Pistols
Keep The Fire Burning - Rum And Coke [2009]
Uno - Prima o poi doveva capitare...
Sì, stavo lavorando troppo...
E sono andato in tilt, spero temporaneo.
Solo a pensare al lavoro, mi viene la nausea.
Quando si esagera va a finire così.
Quindi giovedì di botto ho deciso che venerdì e sabato non avrei fatto nient'altro che arrampicare.
Anzi, visto che c'ero, ho cominciato ad arrampicare giovedì stesso.
La sequenza è stata, con Dario, Yankee, Superyankee, Non Solo Moda, Polifemo, E' Bello Fare All'Amore [2 rip.].
Io mi sono fermato: il mio we arrampicatorio era ancora lungo.
Dario invece ha proseguito anche con Qui Non Piove [2 rip.].
Al crepuscolo, io con le dita piegate, ci siamo dati appuntamento per l'indomani. Meta: Arco.
Due - Smarzaure vs Multipitch
Venerdì mattina.
Stiamo passando in auto sotto Cima alle Coste.
Dario sta provando a convincermi di tornare a tentare "Sodoma e Gomorrah".
"Quindi neanche a settembre?", chiede insinuante.
"Ma siamo matti?", dico io. "Sai che cosa facevano a Sodoma, no? Intendo i sodomiti... Sai perché YHWH li ha puniti, no? Guardala lì, la parete... Non ha come l'aria di dirci: 'Dài, ragazzi, giù... A 90°!'?"
A dire la verità il castello di blocchi affastellati della parete sud non ha l'aria minacciosa.
Se ne sta lì, come sempre, relativamente immobile nella luce dell'alba.
L'ho detto solo per dare effetto drammatico alla frase.
"Mmm...", fa lui. "Io sento che dice: 'Non sono poi così cattiva'"
Ridacchia.
"Si, ma...", lo incalzo "si può sapere che cosa ci trovi in quelle smarzerie? Mi proponi solo vie su roccia friabile, e/o tutte da proteggere, e/o difese da avvicinamenti su infiniti zoccoli erbosi... Una bella via ben chiodata su roccia sana, no eh?"
"E' che le vie su roccia sana", ribatte, "sono troppo difficili per me. Almeno su queste riesco ad arrampicare..."
Le parole, sulla bocca di uno che in cava si fa fischiettando ripetute sul 7b, non saprei dire perché, ma hanno un che di incongruo.
Vabbe'...
Tre - Tempo immobile
Su Vegetable la sveglia arriva subito, sul primo tiro, IV+ secondo la rel. Filippi.
Poi ricordo Massarotto tra gli apritori e comprendo l'aria vagamente familiare di quel IV+.
Con qualche minimo intoppo scorrono anche L2, L3 e L4.
Da S4 tocca a me partire.
La rel. Filippi indica: a dx, albero, poi diritti per diedro, sotto un tetto a sx.
Io eseguo, raggiungo un primo e, non contento, un secondo albero proprio sotto la verticale di un evidente diedro dall'aspetto malsano sovrastato da uno, anzi due tetti giganteschi.
Quindi recupero il socio.
Dario, nel raggiungermi, a metà tiro si ferma e mi fa: "Ma sei matto? Non è mica su di là!"
In effetti il diedro ha un inquietante aspetto da VII.
Va bene Massarotto.
Però...
Torno da Dario in sosta al primo albero e ascolto che cosa mi propone come via d'uscita da quel cul de sac di comodini volanti: appena a sx, fino a un diedrino, poi per 3-4 m. lungo esso. Quindi rimontarne la costola sx e andare a vedere che cosa c'è oltre.
A me non sembra facile.
Ma Dario dice di sì.
Esitante, parto.
Faccio 2 m.
E... Ach Zu!
Sì, è il motoneurone teutone.
Il tiro è facile.
Però non è immediato da proteggere [due friendini in blocchi fessurati non molto rassicuranti]. E per uscire a sx devo rimontare coi piedi su un pilastrino rimbombante e solo guardare un invitante, ma striminzito e gracile alberello cresciuto chissà come sul suo bordo superiore.
Il tutto in accennato strapiombo.
Al secondo tentativo, dopo una serie di inutili sghisi e di ben più utili respiri profondi, mi viene la soluzione: incastro di spalla e gomito dx sul fondo di un diedrino sopra il pilastro, spaccata e a mano aperta dietro l'orlo del diedro.
Su i piedi.
Volteggio e passo di là.
Per rampa a sx a un albero [cordone]. Quindi diritto per placca, a un ch rosso in traverso a dx di circa 6 m. puntando alla base di un evidente diedro fessurato.
Qui per l'attrito delle corde sono costretto a fare sosta.
30 m. - VI.
Mentre recupero il socio, guardo in alto agli alberi che, sull'orlo della parete, si sporgono sull'abisso.
Sembrano in attesa.
Il vento, a onde calme, ne gonfia a ritmo le chiome.
Ma loro sembrano immobili, come se il tempo avesse smesso di scorrere.
Mi sento bene.
"Forse Dario ama le vie così", mi viene da pensare, "perché forzano al raggiungimento del vuoto: la precarietà e la delicatezza dell'arrampicata spengono la mente. E con il vuoto arriva la pace".
Mi godo il momento di serenità.
Poi mi dico: "Sì ma... Non si fa prima con la meditazione?"
Scuoto la testa.
"Beh, in effetti forse si fa prima con un tiro smarzo. Mondo balordo..."
All'uscita Andrea ci chiama al cell.
Domanda: "Domani valle dell'Orco?"
Non potevo chiedere di meglio.
Quattro - Sabato - Nautilus
Credo che la via abbia questo nome perché su L3 ci si deve immergere - come il mitico sottomarino del Capitano Nemo - nell'oscuro fondo di un freddo camino per ritrovare poi la luce con striscianti movimenti d'opposizione.
Andrea e Filippo andranno a provare Legoland.
Io ho proposto Nautilus a Fabio perché dicono sia una delle più belle e complete vie della valle e perché ha difficoltà accessibili: max VI+.
L'ideale dopo due giorni di arrampicata con le braccia che iniziano a fare male.
In realtà il VI del primo tiro [lama e fessura] ci mette subito sul chivalà: non sarà una passeggiata.
Ma la roccia è ottima; e le fessure accolgono i camalot che è un piacere.
Su L6, il tiro chiave ["duri passaggi d'incastro di dita" secondo la rel Oviglia], mi ritrovo a godere della bellezza dell'arrampicata, atletica e di precisione, e della padronanza dimostrata dal mio corpo [non "da me"; "dal mio corpo"] nel gestire le difficoltà di quella lunghezza varia e impegnativa.
E non arrampico su granito da quasi 6 mesi.
Sì, tutto questo mi mancava.
E credo che anche a Fabio, da poco tornato all'arrampicata, la via sia piaciuta.
All'auto Andrea e Filippo raccontano entusiasti di Legoland [una fessura in pieno tetto popolata di pipistrelli] che, però, non sono riusciti a fare pulita.
Quindi si lanciano sulla classica Kosterlitz, oggi umida e servita da una bella pozzanghera alla base: deep water soloing in valle dell'Orco.
Io guardo solo: non vorrei che, in caso di volo, la mia caviglia si offendesse.
Dopo qualche tentativo e svariati tuffi in "piscina" Andrea si riporta a casa la salita del duro boulder.
Sì, in alto, per uscire prende il fittone riapparso in cima.
Però, davvero, la fessura era viscida e in cattive condizioni.
E un tuffo in pozzanghera da 7 m. d'altezza non gli avrebbe fatto molto bene.
Cinque - Domenica - sandrodetoniii
Röda del Car.
Ha insistito Giovanni perché venissimo qui.
Ma ora stiamo tutti rognando: la parete è carica di acqua di fusione. E non c'è buco che non sia viscido per l'umidità.
Solo alcune linee sono salibili senza timori di voli improvvisi per slappamento della presa.
Così ce la prendiamo comoda.
Ralf inizia a sfottermi perché su Calcarea hanno pubblicato un'intervista che mi ha fatto Alberto e su cui ho lavorato qualcosa come cinque mesi [e ti credo: con le domande che mi ha fatto...].
"Sembri uno di quelli veri", fa Ralf.
"Eh, come no... E' che, a scrivere, sono anche capace. Dovrebbe essere uno dei miei mestieri..."
"Ma sai che a Cuneo ho incontrato uno che mi chiedeva se arrampicavo con sandrodetoni?", si inserisce Giovanni.
"E a me uno a Trento", ribadisce Ralf.
"Sì, sì..., ci mette del suo Stefano. Che aggiunge: "Ma si possono lasciare commenti su Calcarea? Sì, perché, se si può, quando torno a casa, accendo il computer, vado su Calcarea e scrivo: 'Ma tu... Sei sandrodetoni?'"
Sghignazzano.
Sapevo che non dovevo scriverla, quell'intervista.
Quindi, Alberto, mi sa che la risposta al tuo commento [quello che mi mai mandato] aspetterà un po'...
Anche perché...
Non capisco la domanda: "La felicità? Dove sta?"
Non sono riuscite a rispondere le menti più eccelse dell'umanità in millenni di speculazioni...
E dovrei trovare la risposta io?
Sandrodetoni?
Maddai...
Tsk...
Guerza on Kosterlitz Crack Soundtrack: "Keep The Fire Burning Feat. Justin Robertson"
Dub Pistols - Rum And Coke [2009] Video by Bio
PS - Angelo Davolio mi segnala il suo nuovo blog [daoneclimbing.blogspot.com] sul quale sta trasferendo tutte le info finora raccolte sulla val Daone. Se volete andare a trovarlo, ne sarà contento.
PPS - Last but not least, Matteo Rivadossi nei prossimi giorni sarà nelle Filippine per esplorare il carso di Calbiga nell'ambito della spedizione Samar 2011, organizzata da Odissea Liberavventura in collaborazione col Gruppo Grotte Brescia "C. Allegretti". In bocca al lupo! Info www.ggb.it.
***
Il bello di non dover più scrivere le relazioni...
Completa la rel. sassbaloss, rispetto alla quale io sono arrivato alla loro S6 dalla loro S4 passando a dx dello spigolo per diedrino, strapiombino e a sx per rampa alla loro S5; poi come da loro descrizione.
Sbagliata la descrizione del tratto L4-L6 su Pareti del Sarca [Filippi, 2002]
Via interessante in chiave esplorativa, richiede esperienza sulla roccia vegetata della valle del Sarca.
Qualche tratto friabile [ma poi non più di tanto].
Materiale usato: friend fino al 2 camalot; qualche nut medio-piccolo] [rel 30 marzo 2011].
Grill, Heiss, Kluchner, Rabanser, Himmler, Holzer - VII-/Ao o VII- (350 m. ca)
Duplice fu la discendenza di Prajapati,
gli dei e i demoni.
Di questi più giovani erano gli dei,
più antichi i demoni.
Tra essi nacque contesa per i mondi.
[...]
Questa divinità si chiama Dur.
Lontano (duram) da essa infatti si trova la morte.
E lontana sta la morte da colui che così conosce.
Questa divinità,
avendo allontanato dalle altre divinità
quel male che è la morte, [lo]
fece allora andare alla fine dei mondi.
Là depose i loro mali.
Perciò non bisogna recarsi presso popoli stranieri,
non bisogna andare in capo al mondo,
perché non si corra dietro alla morte,
al male.
1. Iper-modernità liquida: dissidi e complicate negoziazioni
Prima mi cerca Ralf.
Lui vorrebbe andare in Qualido.
Mi accordo con lui.
Poi incontro Dario che mi dice che Ralf, che sta tenendo il corso roccia dell'Ugolini a metà con lui [nel senso che, quando uno arrampica, l'altro è a lezione con i due corsisti che seguono entrambi], domenica prossima dovrebbe essere di turno al corso.
Quindi mi dice che Ralf domenica non potrà.
E mi rilancia "Pale di San Lucano".
Per ultimo arriva Andrea che, da abile "commerciale", riesce a convincermi che questo è il we buono per il Casarotto.
Troppa grazia...
Alla fine decidono gli impegni per Ralf e la meteo per la destinazione e il socio.
Dato che le previsioni dicono che domenica ci saranno le prove per il diluvio universale prossimo venturo, niente Pale.
Quindi, con Dario e Andrea, in un primo momento si decide per il Croz dell'Altissimo, sabato.
Poi, siccome sabato danno piogge un po' qua e un po' là su tutte le Alpi, optiamo per altro.
In questi casi l'unica meta che dia buone probabilità di non prendere acqua è Arco. Ibi nos ibimus...
Eccettuato Andrea, che vuole vie ingaggiose e tassativamente non ad Arco [ne ha la nausea].
Dario e io optiamo per una via da pensionati, stile pedalata: io sono ancora convalescente per una fastidiosa bronchite che mi sono preso la scorsa settimana [andando in giro in bici sotto la pioggia] e debole per il solito eccesso di lavoro, in un momento nel quale al tempo stesso so che non posso abbandonare le - impegnative - commesse che sto seguendo, che il lavoro di progettazione portato avanti al riguardo avrà esiti positivi solo parziali, nonostante l'impegno mio e di altri, a causa delle cattive condizioni generali e che il mio fatturato 2012 si ridurrà del 50% per mancati introiti e per aumento dell'imposizione fiscale [con conseguente fallimento della mia fragile attività imprenditoriale].
Quindi salita tranquilla.
"La Fessura" al Piccolo Dain di Pietramurata, di Grill e soci, sembra fare al caso nostro.
2. Sulle curiose evoluzioni strong di un guru alpinistico di chiara fama, in precedenza tacciato di buonismo
Già ho scamonato su L6, optando per il canale terroso a sx anziché per il fessurino strampiombante con cui - da rel. - si conclude il tiro: le dita - carenti di allenamento - non volevano saperne di tirare il fondo sfuggente della spaccatura per andare a prendere la protezione - un nut - distante q.b. [e non certo in distanza da Ao].
E mi verrebbe da scamonare anche qui, su L8, dato di VII-: se il grado assegnato è omogeneo con le difficoltà incontrate più sotto, mi sa che il traverso a sx e il successivo fessurino saranno una bella legna.
Sono lì lì per chiedere a Dario di fare lui il tiro.
Però poi parto. En poc per ü en bras a la mama.
Il mio avanzare sulla lunghezza è circospetto, lento, da lombrico strisciante. Tutt'altro che una pedalata...
I ch sono da conquistare; e la roccia, per quanto buona, da verificare sempre.
Risolvo il tiro - magnifico per bellezza e per intelligenza di chiodatura - evitando non so come il volo, non grazie alla forza - che non ho - ma grazie a vent'anni di esperienza di croda.
Per fortuna doveva essere una passeggiata da pensionati.
Perché Grill è cambiato così?
Che cosa ha riacceso in lui il sacro fuoco dell'arrampicata psichica e impegnativa, lo spirito del samurai?
Le critiche dei detrattori? [www.forum.planetmountain.com - qui (artearrampicata.wordpress.com) le sue risposte]
I suoi recenti vagabondaggi nel regno degli Antichi?
Bah...
Non è così importante saperlo.
La via è superba.
E io, da vecchio ronin in disarmo, non posso che accettare e apprezzare il dono.
3. Su Monti e il bene comune, la Rossa e i Vampirla
Sulla via incontriamo Danilo, Ivan e il loro amico Lorenzo.
Partono dopo di noi e ci accompagnano per tutta la salita.
All'uscita li aspettiamo per quattro chiacchiere e una birra.
In discesa argomento di discussione con Danilo è la situazione economica e politica.
Drastico, molto conciso e ineccepibile il suo giudizio sul governo Monti: "Sono come gabellieri medioevali. E lui è al governo dell'Italia non per salvare il Paese, ma le banche [intermarketandmore]."
Eh, sì...
Mi sa che è proprio cosi...
Finiamo la giornata in un nuovo locale di fronte a Red Point, ad Arco.
È gestito da due ragazze slave molto carine e dalle forme generose.
Mentre i miei soci ordinano la solita lager, io faccio l'originale e chiedo una rossa.
"Russa? Una birra russa?", chiede la ragazza che è venuta a prendere le ordinazioni.
Che sia russa lei?
No, secondo me è ceca.
"No, no... Rossa, birra rossa... Non ne hai?"
"No, noi abbiamo - e conosciamo - solo birre bionde..."
La guardo interrogativo.
Sarebbe troppo complicato risolvere il misunderstanding interculturale. E io sono stanco.
Rinuncio.
Vada per la bionda.
L'alcool, bevuto a stomaco vuoto, libera il fiume dei ricordi: parliamo di "Tempi Moderni", del "diedro Casarotto", del "Pesce".
Dei bei tempi andati.
E di quelli che verranno.
Lontano da qui, da questo mondo di avidi vampirla.
Via decisamente nür für alpinisten.
Roccia da verificare nella prima parte [fino a L6], poi da buona a ottima.
Usati fr BD da misure minime al grigio grande.
Gradi Grill orientali, molto sostenuti. Il VI+ obbl. lo è davvero, e non per brevi tratti.
Alcune brevi integrazioni alla rel. Grill.
L1 - Diedro e fessurini. Prestare attenzione alle prese [25 m].
L2 - Magnifica fessura incisa in un muro appena strapiombante [30 m].
L3 - Non c'e anello di sosta. Fare sicura all'albero con cordino dopo circa 25 m.
L4 - Io sono salito per canale a sx di un vago spigolo. Sbagliato. Stare sul filo di spigolo. Sosta su cengia. A dx sale la "23 Settembre", a sx "La Fessura" [25 m].
L5 - Diedro a sx di ampia fascia strapiombante e boschetto. Sosta su cordone, mi pare [25 m].
L6 - Tiro forzato, per placca a dx di canale terroso. Io tiro il primo ch in artif. intimorito dalla qualità della roccia ed evito per il canale a sx l'ultima parte del tiro [fessura con attacco strapiombante di difficile impostazione [25 m].
L7 - Sotto il tetto, se ne esce a sx per tettino inciso da fessura. Iniziano le danze [30 m].
L8 - Dritti, traverso a sx e obliquo a sx per fessurino. Poco sotto la sosta io abbandono la fessura e traverso a sx, salendo alla sosta verso dx per blocconi staccati. Forse la via originale prosegue diritta [35 m].
L9 - Magnifica fessurona con tratto centrale molto strapiombante, proteggibile al meglio con un fr max misura BD. Dario, che non lo ha, risolve con mestiere [30 m].
L10 - Fessura impegnativa, di impostazione, obliquo a dx per magnifica placca e diedro. Sosta ad albero con cordino [25 m].
L11 - Diedro-camino obliquo a sx e cengia [20 m].
L12 - Stupendo muro di ottima roccia a gocce. Chiodatura ariosa [30 m].
L13 - Tiro dalla linea incerta. Io salgo diritto per fessurino sporco lasciando sulla sx un ch con cordino viola di cui non capisco il senso. Danilo raggiunge il cordino e supera direttamente il tettino soprastante. Sosta più o meno 20 m. sopra il cordino viola, con 2 ch e cordone [20 m.].
L14 - Placca di movimento: obliquo e traverso a dx e poi lungo obliquo a sx per uscire diritti dalla parete. Wow! [35 m.] [Rel. 20 maggio 2012]
Commento di Ginetto Maffezzoni sul libro di via: "L'è brëta".
Il mio: "L'è bela".
Come mai pareri così discordanti?
Perché Grill, sul Dain Piccolo di Pietramurata, ha inanellato uno dopo l'altro una serie di tiri di tutto rispetto, con difficoltà ed esposizione che non hanno molto a che fare con gli altri suoi itinerari alle Coste dell'Anglone e a Padaro. Quando, sulla relazione, leggi "VI", vuol dire proprio "VI", bello robusto, non il "VI Valle del Sarca turistico standard" di - che ne so - "Apollo".
E, se si pensa che la via è stata salita da Grill e Blümel dal basso e con poche protezioni...
Beh...
Tanto di cappello...
Insomma, una via da non sottovalutare.
E che può non piacere a chi parte convinto di ripetere una via plaisir [come trovereste scritto su Pareti].
Comunque, in una giornata che, in partenza, prevedevo di sano relax, 6 ore e 30' di ingaggio - sicuro, ma a condizione di non distrarsi troppo - sulla bella parete dei Dain, tra placche compatte e friabili zone di giunzione tra uno strato di roccia e l'altro.
Abbiamo anche tentato di disgaggiare una volta per tutte il tetto di "Big Bang", ma quello proprio non ha voluto saperne, di scendere a valle.
La via mi è quasi venuta tutta in libera e a vista [VII].
Non fosse stato perché ho saltato S5 e sono quindi stato costretto ad afferrare un cordone di protezione per moschettonare causa eccessivo attrito della corda, avrei fatto en plein.
A salita conclusa, al bar delle placche ottima vista... sulle pareti del Brento [(;))] accompagnata da birra e panino di prammatica e conoscenza con "El Piazzon", nota giovane promessa dell'alpinismo padovano, nonché forumista di Planetmountain, e con il suo collega di cordata, cui per inavvertenza non ho chiesto il nome, anche loro lì dopo un tentativo su "Siebenschlafen".
Comica la presentazione...
Piazzon [al momento a me sconosciuto] - "Scusate... Ma voi avete a che fare con sandrodetoni.it?".
ddt - "Sandro De Toni? C'est moi..." [le tre sole parole di francese che conosco].
Piazzon - "E lui? E' Ralf Steinhilber?".
ddt - "No, no... E' Ginetto Maffezzoni".
Poi ci fa i complimenti per le molte vie salite [e che non ha visto il curriculum di Filippo Nardi: credo che abbia qualcosa come 1.000 itinerari in carnet, con doppie e triple ripetizioni come se piovesse].
E spara lì una frecciatina: "Però, lavorare... Poco, eh?".
Ah, questa gioventù.
Non ha più nessun rispetto per gli anziani.
E poi io lavoro.
Beh, insomma...
Lavoro...
Per ora sì.
Ma, tra un paio di mesetti... Cucù!
Solo alcune integrazioni alla rel. Grill e la photogallery.
Portare friend medi e medio-grandi [usati 2, 3 e 4 Ande]. Utile il martello per ribattere i ch. a inizio stagione.
Attacchiamo per i primi quattro tiri de "Il Volo dell'Airone Cenerino".
L1 - In obliquo e in traverso a sx. Il camino che divide in due sezioni il tiro è molto smarzo. Astuzia. Sosta prima che la via scenda per andare a prendere il "bel diedro" della rel. Grill (30 m. - VI-).
L2 - Bel diedro, VI molto robusto, forse più facile per gli alti. Poi fessura (VI+ - 25 m.).
L3 - Roccia compatta, movimenti strani (35 m. - VI/VI+).
L4 - Bel tiro. Qualche difficoltà sul pass. dato di Ao da Grill e per arrivare in sosta, causa attrito della corda (45 m. - VII).
L5 - Muro con roccia da verificare. Fermarsi alla sosta che si incontra su comoda cengia (20
m. - V+).
L6 - Muro verticale rotto, strapiombino [le prese ci sono - io sono costretto a moschettonare il ch fuori dallo strapiombo tenendo il cordone che ne penzola causa eccesso di attrito sulla cordda] e ancora muro verticale rotto. (20 m. - VII-/VII).
L7 - Bel tiro a prendere la fessura di sx del tetto di "Big Bang", rientrando poi a sx. Per la libera, oltre il tettino, afferrare il bordo dei grandi blocchi sospesi [in apparenza solidi] e stare bassi con i piedi (30 m. - VII, di continuità).
L8 - Traverso a sx; a un cuneo di legno (!) salire in lieve obliquo a dx fin sotto un tettino [2 ch alla sua dx - sosta?]; proseguire per vago pilastrino giungendo a S11 de "Il Volo..." [cordone verde su fix], superare la sosta e proseguire in obliquo a dx puntando a una sosta con cordone blu (45 m. - VI].
L9 [L10 Grill] - Per bella fessura sopra la sosta, poi a sx fino a un diedro obliquo a dx; a un ch sulla sx rimontarne il bordo sx e traversare netti a sx per bella placca; a una fessurina obliqua a dx salire e raggiungere S12 de "Il Volo...". Se si è fatta la precedente sosta a S11 de "Il Volo...", la corda non viene (30 m. -
VI-)
L10 - In obliquo a sx, poi in traverso a sx e diritti, fino all'uscita (25 m. - V/V+). (Rel. 22 aprile 2008).
Commento
Ripetuta alcune settimane fa.
Gran bella via: impegno e ambiente garantito, soprattutto nel tiro che tocca i tetti della Big Bang.
Non ci avrei scommesso. Ma quel tiro, secondo me il più bello, mi è venuto in libera e da primo. Ma da primo arrampico sempre meglio. Perchè, poi, da primo arrampico meglio? Alberto Benassi
Respondeo
Ciao Alberto.
Sì, bella via.
Quanto alla tua domanda, non saprei: io arrampico molto meglio da secondo...
Buone arrampicate.
Ciao Sandro
Il
Volo dell'Airone Cenerino
Zanetti, Filippi - VIII/VIII+/A1 (390 m.)
Un regalino.
La rel. in rete ancora non c'è (forse perché,
nonostante
l'eleganza della linea e l'ottima chiodatura, buona parte della via
è su roccia instabile, a tratti pericolosa). E poi,
considerate
le recenti polemiche sulle nuove aperture a spit in Valle del Sarca...
La via sale lo zoccolo alla base della parete e l'evidente spigolo tra
la "Cesare Levis" e la "Big Bang", per tagliare poi, a
pilastro
concluso, il canale d'uscita della "Levis" e concludere per
belle
placche sulla sx.
Attacco evidente (fix) all'inizio della rampa sottostante la rampa di
accesso della "Cesare Levis".
L1 – Placca tecnica. Alcuni tratti instabili (35 m. - V).
L2 – Spigolino con tratti friabili fino ad una sosta a dx del
colatoio
d'attacco della "Levis" (30 m. – IV).
L3 – Si attraversa il canale e si attacca un bel diedro con
roccia
sana,
ma da ripulire (30 m. – VI-). Saltando S2, si può
salire a S3 con un unico tiro di 60 m.
L4 – Blocchi sopra la sosta fin sotto uno spigolo
strapiombante. Lo si
aggira verso dx e si prosegue per la soprastante placca fino alla
cengia alla
base dei diedri (35 m. – 1 p. VI).
L5 - Sul lato sx di un diedro sopra la sosta, uscendone a dx. Sosta su
cengia (20 m. - VI).
L6 - Lama a sx della sosta, poi muro bianco e grigio a prese strane
prima diritti, poi a dx, ancora diritti e a sx fino a entrare in breve
diedro strapiombante. Sosta al suo termine (25 m. - VIII/VIII+ o
VII/VII+ e A1). Ho salito i singoli in libera, ma da secondo e con
parecchi riposi. Gradi - come è ovvio - da confermare.
L7 - Sopra la sosta per muro nero con prese dall'aspetto dubbio, breve
tratto friabile, lama dall'aria poco solida, corta placca (2 p.a., il
primo di sicuro liberabile, con il terrore di cadere sulla lama e di
farla precipitare sui miei sventurati compagni) e in sosta per obliquo
a dx su roccia delicata (30 m. - VII-/A1).
L8 - Per l'estetico ma friabile spigolo ora a dx ora a sx aggirando
comodini volanti a gogò. S7 è in una nicchia,
protetta.
Ma meglio non testarne la sicurezza bombardando i
secondi. 2
p.a. sulla placca d'uscita (terzultimo e penultimo spit), il primo
liberabile stando a sx (40 m. - VII-/A1).
L9 - Sopra la sosta, poi a dx dello spigolo su roccia ora compatta (20
m. - VI+/VII-).
L10 - Diedro fessurato sopra la sosta - delicato per blocchi instabili
-. Al suo termine a sx per bella placca fino allo spigolo che si sale
sul filo e si abbandona appena possibile puntando a sx a un corto
diedro sotto alberi (usato 1 friend 2 Ande). Sosta su cengia, fine del
pilastro. Il chiave (aggiramento dello spigolo) è ora
più
facile per la rottura di una presa che ha reso molto più
netta
la tacca d'uscita. 2 riposi per me sul pass. (30 m. - VII/VII+).
L11 - In obliquo a sx per 4-5 m. fino a un ch, ancora a sx a
un
fix, si oltrepassa uno spigolo e si entra nel canale d'uscita della
"Levis", uscendone subito in traverso a sx. Appena possibile (dopo 2
fix, mi pare) si aggira a sx uno spigolo e si procede sempre in
-delicato - traverso a sx fino a sosta su cengia erbosa. Usato 1 friend
3 Ande (30 m. - VI).
L12 - A sx della sosta fino a un ch con cordone blu sotto un tetto.
Diritti a un fix poi a sx e ancora diritti al fix successivo, 3 m.
sotto un evidente tetto. Per raggiungerne la base, prima a dx e poi
diritti, rientrando a sx sulla verticale del fix. Si supera il tetto e
la successiva, difficile placca, si procede in lieve obliquo a sx, poi
a dx puntando a un ch. Per breve fessura alla sosta e al libro di via
(40 m. - VII+/VIII-). 1 resting per me al fix oltre il tetto (avevo
bruciato l'energia psichica). Usati 1 friend 2, 1 3 e 1 4 Ande.
L13 - Diritti sopra la sosta per 2 fix. Aggirare lo spigolo a dx e
puntare al fondo del diedro per il quale si esce dalla parete (25 m. -
VI) (Rel. 9 ottobre 2006).
Che cosa fare, quando, seppure sia
domenica, il proprio collega ha solo mezza giornata e si è
comunque costretti a tornare a casa presto per... lavorare?
Ci si alza alle 5 di mattina, si vola in valle del Sarca e si ripete la
"Cesare Levis", ovviamente di corsa: all'attacco della via alle 7 o
giù di lì, eravamo fuori alle 11, o
giù di
lì.
Confrontando la linea salita con una relazione trovata in internet,
sono giunto alla conclusione che forse siamo usciti da "Big Bang".
In sintesi, è una bella via, ma con roccia delicata (specie
sui
tiri
iniziali e su quelli finali) e protezioni non sempre facili da piazzare.
Ho assegnato il grado del tiro chiave comparando il
passaggio chiave di L3 con altri passi simili gradati da Filippi 6a
(quando non 6a+) in altre vie descritte sulla sua guida
“Pareti del
Sarca”.
Rispetto nei confronti di Bassi, che, sulla sua mitica guida
“Arrampicate scelte nella Valle del Sarca”, gradava
il passaggio “VI-“?
Comunque il passo non è banale.
E la via, nonostante le positivissime referenze del benintenzionato
Filippi (“roccia solida”), cui va il merito di
mantenere viva la fiamma
dell’alpinismo, ha roccia buona (e a tratti viscida) solo sul
3°,
4°, 5°, 6° e 7° tiro. Per il resto
richiede cautela e
un minimo di esperienza con i “comodini volanti”,
abbondanti sul
1°, 2°, e 8° tiro. Attenzione!
Attacco – Si imbocca una rampa erbosa ascendente da sx a dx
(rispetto
al senso di marcia) fino che questa si verticalizza.
L1 – Si sale un breve muro fessurato (3-4 m.) con molte prese
dubbie e
si continua per la prosecuzione della rampa. Alberi e arbusti
consentono di proteggersi di tanto in tanto. Occhio a quello che si
tira! (45 m. – IV+).
L2 – Si supera da dx a sx una costola sopra la sosta e si
prosegue per
breve muro di roccia buona, fino a una cengia. Si traversa a sx
(blocchi sospesi) fino a un boschetto alla base di un evidente diedro
grigio con alberi, uno sul pulpito soprastante e uno, circa 30 m.
più in alto, proprio nel mezzo della fessura di fondo. A sx
il
grande diedro rosso con tre tetti a scala di “Big
Bang” (20 m. – III+).
L3 – Si sale un avancorpo e poi il diedro superando
strapiombini e
strozzature. Possibile sosta in nicchia dopo circa 45 m. (la nostra
scelta – 1 chiodo non molto buono + friend e nut) o alzandosi
di altri
8 metri a una stretta cengia servita da 2 chiodi (45 m. – V).
L4 – Tiro chiave. Per placca, sul fondo del diedro e poi per
fessura
fin sotto l’evidente tetto (3 chiodi uniti da 1 cordone). Si
supera il
tetto o sulla sx (lama da afferrare con convinzione) o sulla dx
(più difficile – strano incastro fuori misura) (25
m. – VI+).
L5 – Si continua nel diedro stando prima centrali e poi a dx
e tornando
infine sul suo fondo (25 m. – V+).
L6 – Si afferra la grande lama sopra la sosta e, dopo aver
moschettonato l’invitante chiodo, si prosegue nel
diedro con arrampicata esterna (delicato) o interna (faticosa fessura
off width, da superare strisciando). A meno di possedere un friend
Camalot grande, non è possibile proteggersi per circa 6/8
m..
Poi si prosegue sul fondo del diedro fino a pervenire a una nicchia,
con libro di via in stile “graffito” sul muro a dx
della sosta (50 m. –
V+).
L7 – Sul fondo del diedro e poi o per fessura a sx o per
lama, camino e
diedro, si perviene a un piccolo tetto. Lo si supera sulla dx (3 ch.) e
si esce a sx per diedro fino a una cengia. Da qui a sx, fino a una
sosta non proprio ottima nel diedro di uscita di “Big
Bang”:
si è proprio sopra i tre tetti a scala. La via giusta sale
forse
più a dx? Noi non abbiamo trovato chiodi! (30 m. –
V+).
L8 – Per fessura con blocchi instabili si sale il fondo del
diedro fino
a un chiodo rosso, si supera il successivo strapiombino, si mira a un
albero e, giuntivi, si piega lievemente a dx per lame e altro albero,
fino a pervenire a un catino con roccia macilenta. Per lama ai primi
oleandri del bosco sommitale. Occhio a quello che si tira! (50 m.
– V).
L9 – Si usa l’albero di sosta per alzarsi, si
oltrepassa un primo
tratto di bosco e si punta a un diedro erboso ed appoggiato per il
quale si esce dalla parete (25 m. – IV).
Ripetuta sabato 29 marzo. Dopo un'invernata a fare ghiaccio e misto senza toccare roccia, ho voluto ricominciare subito alla grande impegnandomi con una via alpinistica senza riprendere dalla falesia che sempre più mi annoia. Con Andrea e Luciano alla sua settantaduesima [!!!] primavera, siamo partiti alle 5.30 dalla Toscana. Via molto bella e impegnativa. Sarà che le braccia sono un po' legnose, ma la via mi ha ingaggiato. Il passaggio del tettino con lama dato di VI- da Rabanser mi è sembrata un po' più duro. Giornata stupenda; ne valeva proprio la pena! Impressionante la vista dei tetti della "Big Bang", un idea... maligna per il futuro.
Alberto Benassi
Le risposte di ddt
Beh, se dovessi decidere di andare a disgaggiare il tetto di "Big Bang" come anticipato, ti avviso prima.
Così riesci a farci un giro.
Prima che disaggi il tetto, I mean.
Grazie per i molti post!
Sandro
Messaggio inviato nel novembre 2008
Due note al volo: noi abbiamo fatto i primi tre tiri dell'Airone Cenerino al posto dello zoccolo... Direi che è una buona soluzione.
Sul tiro chiave ho provato anch'io ad afferrare la lama; ma mi sono scappati i piedi sull'unto o mi è venuto via qualcosa per un piede (mia figlia dice che è caduto un sasso); e sono sbandierato via come un ciuco.
Poi qualcuno di sotto mi ha detto di andare a destra (e ha aggiunto "cretino") e ci sono andato. Dentro la fessuraccia di destra c'è una lama nascosta ed è molto più facile!
Giudirel
Le risposte di ddt
Io sul chiave della Levis sono passato a sx... Non ho proprio visto la lama...
E non c'era lì nessuno a dirmi di passare a dx [aggiungendo "cretino!"].
Vabbe'... Mica torno su a ripeterla giusta, eh?
Grazie per il commento...
E buone arrampicate.
Sandro
Messaggio inviato il 28 marzo 2009
Anni fa andai a provare...
Mi arenai sotto il tetto pensando di passare a sx: se ci si alza troppo, vien da pensarla così!
Ma altro che VI+ sulla lama di sx sarà 6c...
Poi l'ho fatta 2 volte con diversi compagni, è sempre bella, forse la via più divertente che conosca come arrampicata.
PS - L'attacco per i tiri delle vie moderne attorno è forse conveniente, ma sconsigliabile [secondo me] per motivi estetici e storici.
Federico Piazzon
Le risposte di ddt
Dici che a sx il chiave è 6c?
Beh, c'è da tirare...
Ma l'incastro mi sembrava più ostico...
Vabbe'...
Sandro
Kerovac
Groaz, Baldo, Massarotto - VII/VII+ (375
m.,
percorrendo i primi 4 tiri di via nuova a spit sull'avancorpo)
Una grande classica della Valle del Sarca.
Richiede
esperienza nell'arrampicata sul friabile e tra i comodini volanti.
Attacco – O come per il diedro Levis (vedere sopra) o andando
a
prendere il primo dei quattro tiri di una nuova via a spit che taglia
l'avancorpo del Dain (soluzione seguita qui) e sale poi il muro a dx
della "Big Bang". Vi si accede tramite nuova traccia segnata a bolli
rossi e sovrapposta al vecchio sentiero di accesso (bolli gialli per
"Genoma"?).
L1 – Placca tecnica. Alcuni tratti instabili (35 m. - V).
L2 – Spigolino con tratti friabili fino ad una sosta a dx del
colatoio
d'attacco della "Levis" (30 m. – IV).
L3 – Si attraversa il canale e si attacca un bel diedro con
roccia
sana,
ma da ripulire (30 m. – VI-).
L4 – Blocchi sopra la sosta fin sotto uno spigolo
strapiombante. Lo si
aggira verso dx e si prosegue per la soprastante placca fino alla
cengia alla
base dei diedri (35 m. – 1 p. VI).
L5 – Per arrivare all'attacco della "Kerovac", dalla cengia
bisognerebbe traversare a dx, scendere qualche metro e risalire nel
colatoio d'accesso. Io, per evitarmi complicazioni - e in
realtà, andandomele a cercare -, a metà traverso,
prendo
una fessura che sale obliqua a dx e arriva alla prima sosta di una via
("Luna di miele"?), alla base di un grande diedro. Di qui scendo nel
colatoio per fessure, traverso a dx e risalgo sulla dx la prima
paretina che lo interrompe. Sosta su roverella (ma sosta più
comoda 6/7 m. sopra). Lungo la linea da me seguita, tratti friabili e
comodini volanti a gogo (40 m. – V+).
L6 – Per diedro giallo friabile alla base di un tratto
strapiombante
che si supera con aggiramento sulla sx (20 m. –
V+).
L7 – Fessura rossa tra mega-blocchi, da proteggere
interamente a friend
e nut. Sosta a dx su un pulpito (25 m. – V+). L6 e L7
possibili in
unica soluzione.
L8 – Tiro chiave. La fessura vista da sotto sembra bonaria,
ma
salita rivela sorprese. Al suo termine ristabilimento su cengia, altra
breve fessura sotto un piccolo tetto (da superare con incastro... fuori
dagli schemi!) e breve paretina con rocce delicate. Poi di nuovo nel
diedro. Predisporre con cura i friend prima di iniziare la lunghezza
(25 m. – VI+).
L9 – Ancora nel diedro fino a quando diventa strapiombante.
Se ne esce
sulla dx, si sale una parete con appigli da valutare e si ritorna verso
la fessura di fondo del diedro puntando a un cordone. Da questo si
traversa a dx 4/5 m., a imboccare un altro sistema di diedri fessurati.
Strano sandwich all'inizio della fessura. Primo tratto
facile. Superato un tettino, si prosegue nel diedro, che oppone - alla
salvezza dell'arrampicatore e al raggiungimento dell'agognata sosta -
una strettoia con passaggio tecnico (ma prese segnate e molti chiodi).
Ancora nel diedro e, in corrispondenza di un ch con cordino, si obliqua
a dx, puntando al pulpito di fermata. Vista grandiosa sulla parete (45
m. - VI).
L10 - Sopra la sosta per placca a buone prese, poi obliquo a dx fino
alla base di un diedro bianco. Lo si sale fino a raggiungere il primo
di una numerosa serie di ch che riempiono ogni possibile pertugio della
fessura soprastante. OS di soddisfazione per il sottoscritto (40 m. -
VII/VII+).
L11 - A sx per cengia con alberi. Arrivati alla base di uno spigolo
articolato, lo si sale dapprima diritti, poi obliquando a sx e infine
tagliando appena a dx in corrispondenza dell'ultima breve placca
servita da ch (50 m. - V).
Ripetuta l'anni scorso. Gran via decisamente alpinistica; roccia delicata che richiede molta attenzione; chiodatura scarsa da integrare. Insomma mi è piaciuta molto. La fessura ad incastro del tiro chiave è tosta, ma sono riuscito a salirla in libera.
L'unico difetto: il rumore bestiale che arrivava dal campo da motocross. Perchè non lo chiudono???
Grande Mass.
Alberto Benassi
Le risposte di ddt
Già... Perché non lo chiudono?
La prima volta che mi capita di fare "Big Bang", giuro che disgaggio il tetto alla fine del diedro e pongo definitiva fine così al tormentoso "beebeeeebeeeee" delle motorette, sotto.
Sandro
Le moto rompono, è vero... Ma hanno gli stessi diritti dei nostri trapani che bucano le montagne... Anche se sulla Kerovac, di fix, non ve ne sono...
GbF
Le risposte di ddt
Sì, hai ragione...
Il fatto è che, tra noi stagionati frequentatori della valle del Sarca, prima di decidere di ripetere - il giorno dopo - una via sul Dain di Pietramurata, è d'obbligo la domanda: "Ma è festivo, domani?".
E se è festivo, spesso si rinuncia per evitare di fare la salita col sottofondo del continuo ronzio delle moto, sotto.
Insomma, il mio era solo un innocuo sfogo da esasperazione motociclistica.
E poi so bene che, nonostante i miei braccioni:
1. non riuscirò mai a disgaggiare i blocchi megalitici che, in misterioso equilibrio, vanno a comporre il castello di pietre in bilico dei tetti a scala sul diedro di "Big Bang";
2. quand'anche riuscissi a procedere col disgaggio, i macigni porrebbero fine alla mia breve e accidentata vita ben prima di arrivare a spianare la pista di motocross.
Quindi anch'io, come i petomani motorizzati più in basso, non faccio altro che produrre molto rumore per nulla.
Era una specie di pena per contrappasso, insomma.
Lungi da me impedire ai motocrossari di scatenarsi in accelerate e zompate tra polvere e fragore al limitare dei ghiaioni.
Grazie per il commento.
Sandro
Commento
Salita il 24/04/2010
. www.trafoconsult.com.
Trovata impegnativa, più delle vicine Cesare Levis e Zenatti.
Roccia che richiede attenzione. Bello duro e con un discreto tratto improteggibile il tiro di artificiale. Fabio
Respondeo
Ciao Fabio.
Grazie per il commento e per la photogallery, molto bella.
Buone arrampicate. Sandro
Emanuele Zenatti
Stenghel, Zenatti - VI/VI+ (300 m. ca)
And she move and sways,
To the sounds that we play,
Like palm trees on a bright sunny day,
And all around the world,
And they always come to play,
'Cause they're crazy and always amaze me
Dub Pistols
Keep The Fire Burning - Rum And Coke [2009]
Uno - Sabato - T'ai chi in verticale?
Prima puntavamo a San Lucano.
Poi ad almeno due vie ad Arco.
Alla fine, per... hem... cause di forza maggiore, abbiamo optato per una sola via.
Giusto per continuare la mia riabilitazione allo smarzo, siamo tornati al Dain di Pietramurata.
Dario era per la Factotum; ma la guida di Filippi scrive di "arrampicata lungo diedri e fessure, talvolta friabili, talvolta incredibilmente compatti".
E siccome io non volevo accelerare troppo la mia rieducazione al friabile [pratica poco raccomandabile], gli ho controproposto la Emanuele Zenatti: "Salita stupenda lungo bellissimi diedri rossi. L'arrampicata è atletica e su roccia solida".
Sì, molto meglio.
Però adesso che mi trovo sul diedro di VI+, anche se sono in pieno strapiombo, sono esasperantemente lento.
Non riesco a capire.
Sto facendo meditazione in movimento, come suggerisce M. F. Twight? E quindi sono cosi concentrato su quello che faccio che è come se fossi impegnato in una sessione di t'ai chi?
Oppure la faccenda è che la roccia non è sana come Filippi vuol far credere. E quindi medito - nel senso che sto lì a pensare e ripensare e a palpare e ripalpare - le prese prima di afferrarle?
Mah...
Comunque qui è meglio darsi una svegliata.
O rischio di cominciare a muovermi fin troppo rapido. E nella direzione contraria rispetto a quella in cui dovrei andare.
Due - Domenica - Sulle molteplici, possibili cause della lentezza in arrampicata
Preso da questa storia della meditazione in movimento, provo ad applicarla anche alla sessione domenicale di falesia alla Valle dei Mulini, settore Chignol.
La cosa funzionicchia sul 6b di partenza.
Un po' meno sul 6b+ seguente.
Mentre ho un tracollo sul 7a+ dopo, "Re Artù", che ai bei tempi mi era quasi venuto a vista.
Invece questa volta, con la mia velocità da bradipo, mi inchiodo una prima volta al terzo fittone, una seconda al quarto...
E poi vi risparmio l'elenco.
A questo punto - e non so per quale strana ragione: il sole ci sta abbrustolendo come pollastri alla brace - Stefano ha la brillante idea di finire la giornata su "Lancillotto" [mi pare], un 7c che lui interrompe all'ultimo fittone perché non riesce a superare il duro boulder finale, non proprio immediato da decifrare.
Io non vorrei salire: ho già le dita smontate.
Però sono costretto a farlo: e chi recupera i rinvii, se no?
Beh, è un disastro: bene fino alla fine dello strapiombo [6a+ max].
Poi, quando la via si ribalta in placca, stop... fine della benzina.
Arrivo all'ultimo rinvio lasciato da Stefano con i soliti trucchi da alpinista, lascio una coppia recuperata da una via vicina e mi faccio calare.
"Che cosa fai, adesso?", chiede Stefano.
"Io? Ma anche niente..."
Poi ho un rigurgito di autodisciplina e attacco "Cassiopea" [7a - All'epoca un solo resting all'uscita].
Questo giro peggio che peggio: un riposo a fittone. T'ai chi?
Roccia smarza?
Niente scuse: poca pompa... Questo è il quid.
Finisco la giornata rosolandomi al caldo sole primaverile che, come da luogo comune, ha saltato qualche mezza stagione e ci ha fatti piombare così, in un colpo, nella calura estiva.
Meno male che non siamo andati in san Lucano.
O, adesso, saremmo ancora in giro per prati verticali e cenge sospese a cercare una via d'uscita dal labirinto.
Muovendoci leeenti.
In perfetto, inutile stile t'ai chi.
***
Soundtrack: "She Moves"
Dub Pistols - Rum And Coke [2009]
***
Anche questa volta mi risparmio la descrizione tiro per tiro, linkando a questa discreta relazione trovata in rete [Francesco Pompoli].
Segnalo solo che, su L4, noi abbiamo fatto sosta alla fine del diedro di V+ [2 buoni ch].
La sosta successiva [2 vecchi ch rossi] riduce gli attriti della corda al primo sul tiro successivo, ma è più scomoda.
Noi siamo poi usciti per la var. Filippi [VI impegnativo; traverso sotto un tetto e ribaltamento - sosta da attrezzare con friend e nut medio-piccoli nella fessura di fondo del diedro sopra la cengia] e abbiamo concluso con l'ultimo tiro della Factotum [impegnativo diedro appena strapiombante, gradoni e fuori per diedro a dx, districandosi tra gli alberelli in uscita - roccia decisamente buona - VI horst categorie].
Materiale usato: serie completa di friend fino al 3,5 camalot e qualche nut.
Martello utile per ribattere i ch a inizio stagione [rel 6 aprile 2011].
Maceri, Zadra, Todesco, Lisciotto -
VIII/VIII+, in
realtà
VII/Ao (250 m.)
Ho trovato i movimenti di tutti
i passaggi della
placca
sottostante il tetto del 3° tiro, ma fermandomi ad ogni chiodo.
E'
liberabile,
ma non so con quale difficoltà (il grado indicato
più
sopra
è ipotetico). Fatta due volte, la seconda per recuperare una
corda
abbandonata da Gino Maffezzoni al 5° tiro (la corda si era
incredibilmente
attorcigliata attorno ai massi circostanti la sosta, forse per effetto
del
vento o forse, considerando l'artisticità dell'intrico, ad
opera
di
un perfido folletto). Via simpatica dalla chiodatura rilassante.
["'Siebenschlèeferrr', si dice 'Siebenschlèeferrr', mi diceva R. in auto, durante il viaggio, arrotando ben bene la "r" finale. "Scrivilo sul tuo sito. Leggo troppe versioni sbagliate su questo o quel forum. E vuol dire 'ghiro', scrivi anche questo"].
Quarto tiro.
Guardo perplesso il tratto di fessura sopra di me: la spaccatura è larga e non accoglie protezioni che non siano di dimensioni pari a quelle di un camalot 6.
R., il camalot 6, ce l'ha. Ma a casa, non qui.
E l'ultimo chiodo è tre m. sotto i miei piedi, nei pressi di un terrazzino.
Come fare per raggiungere il blocco che ostruisce la fessura due m. sopra di me?
Lì, alla sua dx o alla sua sx, un friend o un nut si piazza di sicuro.
E poi sarei fuori.
Salire d'incastro?
Può funzionare: così mi sarebbe quasi impossibile volare; al massimo mi ritroverei a scivolare verso il basso insaccandomi sempre più nel cunicolo.
Vabbe'...
Provo.
Zittisco il mormorio interiore e parto.
Prendo una tacca a sx e mi alzo, cacciando entrambe le spalle nella spaccatura.
Ecco, mi ci sono incuneato.
Ma, adesso sono così incuneato che non riesco più a salire.
Niente...
Ansimando e strisciando alla "gatto Silvestro" riconquisto il terrazzino da cui ero partito e mi fermo per tirare il fiato.
"Com'è? Difficile?, chiede G., interrompendo per un momento la sua amena chiacchierata con R., in sosta.
"Beh, insomma... Il fatto è che è sprotetta... Occhio!".
Meglio stare
esterni.
Sì, è vero: così, se volo, posso scegliere se piombare di piedi sul terrazzino del chiodo o buttarmi all'infuori e farmi una planata di una decina di m. [meglio la seconda ipotesi, direi].
Ma così riesco a sfruttare di piedi gli appoggi sui margini esterni della fessura e ad avere almeno un braccio libero per manovrare.
Riparto.
Tacca per la mano a sx, appoggio il piede dx di esterno su un gradinetto sul margine dx della fessura e mi alzo.
Sotto il blocco una concrezione mi permette di tenermi senza troppa fatica all'interno della spaccatura.
Come previsto, un braccio è libero.
In posizione scomoda e tirando più del necessario, piazzo un brutto fr 4 Ande sotto il blocco; poi, rassicurato dalla protezione [che ha tutta l'aria di essere solo psicologica], mi alzo di un altro po' fino a raggiungere con le mani il margine superiore del blocco.
Ok, adesso incastro qualcosa di decente, tipo un bel nut, là.
Fatto.
Tutta un'altra faccenda, ora.
Esco a sx in volteggio.
Olè...
R. e G. salgono rapidi.
In sosta G. commenta: "Dov'era larga, la fessura non era difficile. Più sotto, invece, mi sono incasinato".
"In effetti...", rispondo guardandomi la caviglia dx sanguinare. L'ho scorticata durante la ritirata seguita al mio primo tentativo a incastro.
"Eh, sì. La protezione fa il grado. Comunque la via non è 'sto granché... Non scriverlo, eh? Non scriverlo, che non mi è piaciuta. O diranno che faccio troppo il difficile", continua.
Va bene, G..
Disobbedisco.
Tanto non sanno chi sei.
Riporto solo alcune integrazioni alla precisa relazione visuale di Filippo Nardi e compagni, consultabile qui: http://oltrelavetta.com/?q=node/45.
Usati friend fino al 6 Ande [doppio il 4] e nut. Per L4 utile un camalot 6.
Attacco - Raggiungere l'attacco de "Il Volo dell'Airone Cinerino"; qualche m. più a dx, nei pressi di una macchia di alberelli, un breve caminetto consente di imboccare una rampa che, prima in obliquo verso dx e poi in traverso a dx, porta all'attacco ["PAR" scolpito alla base, sulla dx].
L1 - Muretto e rocce rotte prima in lieve, poi in deciso obliquo verso dx (30 m. - IV).
L2 - Diedro obliquo verso dx fino a una cengia alberata. (25 m. - V-).
L3 - Attaccare la placca tecnica sopra la sosta in corrispondenza di un sandwich con 2 ch, poi obliquare [occhio alla lama: vibra...] e traversare a sx fino a una fessurina verticale dalla quale si traversa a sx a un'altra fessura. Per questa diritti a una cengetta che, verso sx, porta alla sosta (25 m. - VI). 4 ch sul tiro.
L4 - Rientrare a dx di un paio di m. fino a imboccare l'evidente fessura che taglia la bella placca soprastante e salirla fin quasi al suo termine, uscendone sulla sx. (25 m. - VI).
L5 - Per muretti e diedrini fino alla rampa obliqua verso sx sulla quale la via incrocia "Impronte Digitali"; seguire la rampa fino a un comodo albero di sosta a sx di un evidente camino (35 m. - V- per la linea da me seguita).
L6 - Attaccare il camino sulla sx [non ho trovato il ch segnato da Filippo] e proseguire per rocce più facili fino a un punto in corrispondenza del quale l'articolazione del camino invita a piegare a dx. Piegare a dx per un po' e rientrare a sx senza uscire dal camino, puntando a una fettuccia attorno a un masso incastrato di sosta (20 m. - V). Io sbaglio linea e traverso a dx fino a imboccare un evidente diedro a dx del caminone, lo salgo tutto e faccio sosta a una macchia di alberi al suo termine, sulla sx (50 m. - V).
L7 - La via orginale dalla sosta su spuntone traversa a sx fino a imboccare un bel diedro - poco visibile dal basso - sulla sx del camino. Al suo termine sotto un tettino traversare a sx (20 m. - V+?). Io dalla macchia di alberi traverso 10 m. a sx fino a riprendere S7 orginale (10 m. - V+)
L8 - Diritti per bella lama-fessura fuori misura [blocco incastrato da E. Menegardi sul passo di VI], poi piegare a dx fin sotto un ostico diedrino strapiombante [svariati metodi per passare]. Al suo termine alla sosta a sx (25 m. - VI+).
L9 - Diedro appena inclinato a dx, al suo termine appena a dx e diritti all'albero di sosta (20 m. - IV+).
Discesa - Da qui piegare per peste a sx fino a riprendere la traccia di uscita dalle altre vie (rel. 8 marzo 2009).
Maceri, Comis, Zadra - VIII/A1 (350 m. integrale - 280 m. var. ddt)
Sì, so che l'ho già fatta.
Ma io volevo ripetere "Siebenschläfer" ["Dormisette", ovvero "Il Ghiro"].
La cosa era calcolata: la prossima settimana - martedì - subirò un intervento agli occhi [riduzione della miopia con laser a eccimeri]. E me ne dovrò stare almeno 3 giorni al buio e in assoluto riposo.
Il nome mi sembrava beneaugurante: 3 giorni al buio e in assoluto riposo, appunto (;))
E invece...
Già aveva poco del "dormisette" la sveglia alle 5.00 per correre in valle del Sarca e rientrare entro le 15.00: Giovanni tiene famiglia e non può permettersi di passare un'intera giornata ad arrampicare.
E poi, arrivati sotto il Dain di Pietramurata, abbiamo a lungo girovagato per le cenge alla ricerca dell'attacco di "Par Condicio" e "Siebenschlafen".
Ma... niente!
Alla fine, dopo tanto vagare, trovo una sosta [2 ch con moschettone di calata] alla base di un diedro grigio.
"E' lei", penso.
Dopo 45 m. di canale alberato in puro stile "Sarca ravaning", arrivo a una sosta a spit.
Non è "Il Ghiro"...
Spero sia almeno "Par Condicio": non l'ho ancora ripetuta.
Ma, dopo un paio di tiri, mi devo ricredere: è "Impronte Digitali".
Gli attributi iniziano a girare vorticosi.
Non mi piace ri-ripetere vie già ripetute.
E poi non vorrei ci fosse qualche altro poco piacevole scherzetto in vista: dati i tempi che corrono, va a finire che... altro che riposo nei prossimi giorni!
Comunque, alla fine, tutto bene.
E stata una bella salita in una magnifica giornata di marzo maggiolino con strepitosa meteo da effetto serra.
E poi è vero che non ho arrampicato bene su L6 [rel. Filippi] [2 p.a., mentre durante la prima ripetizione ero passato, seppure con riposi, in libera]: 7a?. Ma me la sono cavata su L8 [Ao solo sul cordone di sosta], L9 [in libera, con 2 resting: 7a?] e L10 [2 p.a. e l'entusiasmante fessurino finale in libera: 7a/7a+?].
E il "Dormisette"?
Mi sa proprio che aspetterà ancora un po'...
Incrociamo le dita...
Bella via sostenuta su roccia ottima.
L'abbondante
chiodatura
consente di tirare la libera al limite. Può risultare
difficile
trovare
il 7° tiro (rel. Filippi): si arrampica fino ad un albero
(poss.
sosta),
dal quale si prosegue a sinistra in direzione di un tetto
sotto
lo spigolo
del pilastro.
Sopra il tetto uno spit da 8 mm. indica la via. Sosta al
primo
cordone che si incontra. Se non ci si ferma, l'attrito delle corde
impedisce
la progressione. Solo qualche passo in artificiale al 8° e al
9°
tiro. Il resto mi venne in libera. E' preferibile la discesa a piedi:
ci
si può calare sulla via, ma sono necessari qualche numero e
una
buona
dose di fortuna per evitare gli incastri di corda.
Ri-ripetizione, con variante iniziale.
Attacco - A una sosta con 2 ch lungo il sistema di cenge appena sotto il sistema di rampe che porta all'attacco di "Par Condicio".
L1 - Diedro alberato con diverse strozzature; trovato 1 kevlar attorno a tronco d'albero sul tiro (45 m. - VI).
L2 - Tettino, diedrino e placca (25 m. - VII).
L3 - Ancora placca - a tratti molto compatta - verso la fine in obliquo a sx (25 m. - VII+).
L4 - Difficile obliquo a sx, vago toboga e poi a dx. 2 evitabili p.a. per me. Alla fine della placca per gradoni a 2 fix di sosta alla base di un evidente spigolo (35 m. - VII+/VIII- e 2 p.a.).
L5 - Per facile rampa in obliquo verso sx a una sosta [sasso incastrato in fessura] alla base di un altro evidente spigolo (30 m. - V-).
L6 - A dx della sosta, diritti per parete appena strapiombante, breve obliquo a sx, ancora diritti, poi sotto un evidente strapiombino a sx fino alla sosta (25 m. - VII+).
L7 - Tirolese sul cordone di sosta, a dx e diritti per placca da capire (al terzo fix per la libera stare a dx (25 m. - VIII-?)
L8 - A dx della sosta per diedro strapiombante (prese sulla dx). Al suo termine a sx e diritti per placca senza appigli (2 p.a. - forse evitabili stando bene a dx). Quindi bellissimo fessurino di movimento e di dita (30 m. - VIII? e A1).
L9 - A sx della sosta, poi diritti fin sotto uno strapiombino. Lo si supera grazie a una fessura proseguendo per la quale si esce dalla parete; seguire le tracce e fare sosta al primo gruppo comodo di alberi (40 m. - VI) (Rel. 2 marzo 2008).
Grill, Kluckner, Kluckner, Heiss -
VII-/VII (340 m.)
Via di discreto interesse, in un settore a prima vista poco attraente della parete
Riporto solo alcune integrazioni alla relazione visuale riportata da Grill sul suo sito.
L1 - Dall'attacco di "Genoma" a dx per rampa fino a un albero (conviene attaccare da qui). Ancora a dx fino a un diedro rosso. Al suo termine a sx alla sosta. Utili 1 fr 4 e 1 fr 5 Ande per la fessura (dall'albero 25 m. - V+).
L2 - A dx della sosta si sale un diedro articolato con alcuni blocchi instabili. Prima che si trasformi in camino strapiombante, uscirne a dx per cengia e buona banca orizzontale. Utile fr 5 Ande (40 m. - VI-).
L3 - In obliquo a sx (poss. sosta), poi ancora a sx per bella placca. Ripiegare a dx, poi diritti e a sx sotto un tettino friabile. Sosta su pulpito con alberello (40 m. - VI-).
L4 - Appena in obliquo a dx e diritti per muretto tecnico fino all'attacco di una rampa inclinata a dx sotto un salto verticale (35 m. - V).
L5 - Salire 3 m. sulla rampa, poi diritti per diedrino sotto un tetto; uscirne a sx; ancora diritti per diedrino e bella placca; sosta su cengia sotto breve saltino strapiombante (30 m. - VI/VI+).
L6 - Rimontare lo strapiombino e obliquare a sx fino alla sosta (20 m. - VII-).
L7 - In traverso a sx, poi diritti per bel diedro bianco; ancora diritti per diedretti fin sotto una fascia di tettini; traversare a dx fino alla sosta, sistemata in posizione scomoda per il recupero delle corde (35 m. - VI-).
L8 - Bella placca di aderenza con diversi pass. impegnativi; usato 1 fr 1 Ande (35 m. - VII-/VII).
L9 - Breve camino, poi rocce articolate fino a una zona alberata (40 m. - V).
L10 - Seguire le tracce prima a sx, poi a dx. Breve camino; diritti a una cengia. Di qui a sx, a una macchia di alberi (40 m. - III+).
Di qui è possibile slegarsi e seguire le tracce che conducono al pianoro sommitale.
Via divertente e ben chiodata. Sono
debitore di un
passaggio
in artificiale al 4° tiro (traverso strano su roccia ripulita,
di
cui
era - allora - difficile capire la consistenza).
In corrispondenza del tetto del 5°
tiro volai
tenendo
tra le braccia un comodino di circa 20 chili che andò a
polverizzarsi
sulle placche sottostanti. Bell'itinerario. Chiodatura un po'
più distanziata
rispetto a Nikotina. Attenzione alla roccia!
Corta e simpatica vietta; l'ideale per le
brevi
giornate autunnali. Attenzione, però, all'esposizione: ENE
(alle
11.00, a novembre, la parete è già all'ombra). Da
evitare
dopo piogge: molti i terrazzini erbosi che si inzuppano d'acqua e
sporcano di fango le scarpette (che servono pulite sui compatti tratti
di placca). L'entusiasmo di Filippi per la via è davvero
esagerato. Gradi appena abbassati rispetto alla rel. Filippi (per il
solito problema di coerenza nella gradazione delle vie presentate sul
sito).
Avvicinamento - Dal parcheggio del ristorante
"Ciclamino"
direttamente
verso le pareti: un'invisibile stradina tra il campo da golf (a dx) e
la pista di motocross (a sx) permette di raggiungere il bosco sopra
quest'ultima. Si costeggia la recinzione della pista verso S fino ad
incontrare un netto sentiero che sale nel bosco. Lo si segue fino a
sbucare sulla strada forestale. Di qui a sx fino al 1°
tornante, al
quale si imbocca un sentierino che porta sotto la parete.
L1 - Per rampa erbosa con alberelli a un terrazzino e di qui a sx alla
sosta su albero (25 m. - IV).
L2 - Sopra la sosta per breve placca tecnica (ch non molto visibile a
dx); quindi per fessura a una terrazza e di qui a sx per cengia fino a
un albero o, più comodamente, a S2 di "Diana" (40 m. - VI-).
L3 - Si torna a dx fin sotto un evidente diedro. Se ne sale la prima (3
ch) e la seconda parte (1 ch e 1 nut incastrato). Al suo termine a dx
per rampa erbosa (35 m. - VI).
L4 - Diritti per bella lama che si segue superando un primo ch. Al
secondo ch (con cordino rinsecchito e - mio ex - kevlar, sigh!!!, un
cimelio, abbandonato da Ivan Maghella su "Anniversario" e da me
recuperato; se non c'è più - sul "Tenente
Torretta",
intendo - è stato ri-recuperato da qualcun altro) traverso a
dx
su placca delicata. Quindi per ampia spaccatura alla sosta (30 m. -
VI-).
L5 - Per lama, in alto pericolosa., sopra la sosta (meglio a sx?); poi
si traversa a sx, fino a una nicchia. Sulla sx 1 ch (più in
alto
di 50 cm un 2° ch) . Si esce dalla nicchia a sx, si continua
per
placche compatte (ma chiodate - le protezioni si vedono all'ultimo
momento) in lieve obliquo a sx e, appena possibile, si rientra a dx per
rampa a salti. Oltre un alberello, la sosta (30 m. - VI-).
L6 - Si supera il diedrino sopra la sosta, si traversa nettamente a dx
e, appena possibile, si torna a salire diritti e a sx per placca rotta
(2-3 pass. delicati, non facili da proteggere). Al termine della placca
a dx per rocce pericolanti fino ad entrare nel bosco sommitale (35 m. -
V).
Via bella per estetica dei passaggi e dirittura; roccia ottima, tranne in un breve passo. Unico difetto: la brevità.
Il traverso da una lama all'altra per i bassi potrebbe risultare assai impegnativo...
il tuo kevlar un paio d'anni fa c'era ancora... Ed è utilissimo!
Sempre un grazie a Sten per le sue meravigliose linee!
Federico Piazzon
Ciao Federico.
Non ricordo il traverso di cui parli, ma mi fido.
E, quanto al kevlar, non è stato un atto di generosità, ma una distrazione di Daniele. E' lui l'anima pia...
Sandro
Raffaella
Stenghel, Gobbi - VI/Ao (175
m.)
Filippi dev'essere proprio un amante delle smarzaure, come Dario; 5 stelle a una via così!!!
Via di media difficoltà con un pendolo di non facile impostazione per il primo su L2.
Estetica e curiosa, anche se ha tutta l'aria di un orto botanico, la lama finale di L3.
Attenzione all'uscita, molto friabile.
Non mi ha entusiasmato.
Rel. precisa su scuolagraffer [rel. 30 marzo 2011].
Fort Apache - Uno
Penultima sosta.
Ho appena salito il tiro di artif. sul tetto e ora me ne sto qui sull'orlo dello strapiombo.
Le corde che sostengo con i piedi penzolano nel vuoto.
La valle del Sarca, in basso, è radiosa. E i vari, articolati pilastri del Casale, già da un po' abbandonati dal sole, risplendono di un'insolita luce ombrosa.
Ho i piedi sfondati, sono al punto di fermata più scomodo della via e, dopo 500 m. di arrampicata, sono stravolto; ma sono felice di essere qui.
Davide, di sotto, smadonna a tutto spiano mentre tenta di passare da un rinvio all'altro a forza di braccia, anziché usare la linea di staffe che ho lasciato attrezzate di tutto punto sulle protezioni del tetto.
Ah, l'inesperienza...
Sì, anche sugli altri tiri ha tirato un mucchio di rinvii: aveva paura di arrivare in cima senza più forze.
Però si è comportato bene.
Certo, avrei dovuto controllare meglio lo zaino di cordata [due litri d'acqua, oltre al mio litro, fotocamera, vestiti vari, le scarpe penzolanti... mancava solo si portasse dietro le forbicine per unghie]: e così il secondo è dovuto salire con un "bimbo" di 6 kg circa sulla schiena.
Sai, sui tiri di 7a e di 6c, che divertimento?
Vabbe'...
Lezione imparata.
Sono comunque riuscito a passare in libera su tutti i tiri. Appendendomi e fermandomi, ma ci sono riuscito.
Eccetto che su quello appena fatto, ovvio.
Bella salita...
Fort Apache - Due
Ultimo tiro.
Avrei preferito salire io da primo: la lunghezza sembra tutto fuorché il VI+ dichiarato dalla relazione.
E, con quel vuoto sotto, meglio sapere che chi ti assicura ti sta guardando.
Ma Davide ha insistito: vuole fare la sua parte fino alla fine.
E' arrivato in sosta. E adesso tocca a me.
Terzo fix: piccola tacca viscida per la mano dx, appoggi per i piedi bruttini e il manettone risolutore laggiù, irraggiungibile.
Provo tenendo un verticale svaso con la dx e spostandomi tutto a a sx, ma rinuncio subito: roccia troppo scivolosa, niente magnesite, lo zaino che mi sbilancia, il vuoto sotto, Davide che non recupera...
Sento la solitudine della parete.
Ci sono solo io, nell'abisso, adesso: Davide è già fuori.
E se il buio ci sorprendesse prima di essere usciti dall'insidiosa
rampa di discesa?
"Recuperaaa", urlo.
Non mi sente.
Mi appendo e passo in Ao.
'Fanculo, ho ceduto...
PS - GBF mi scrive su "Fort Apache": "1° on sight: Stefano Michelazzi. Diff. originali: 7°+/A0. Lungh.:600 m. L1 - 7°+/A0 (6a). Strettino, vero?" Respondeo: No comment...
Via interessante, che meriterebbe maggiore fama rispetto a quella che le è riconosciuta.
Fino a L3 chiodatura mista [ch e spit], poi perlopiù a fix del 10, a tratti distanziati.
Noi abbiamo usato un paio di friend medio-piccoli solo su L1 e L3.
L1 - Placca e diedrino nero, traverso a dx, diritti per placca impegnativa [1 spit moschettonato in Ao, causa cattive condizioni del cordone che lo serviva], poi in obliquo e in traverso a dx fino alla sosta (30 m. - VII/VII+].
L2 - Diedro sopra la sosta. Quindi in obliquo a dx per fessura fino a una cengia alberata (20 m. - VI-).
L3 - Obliquo a dx per cengia a tratti friabile (35 m. - V+).
L4 - Sopra e a dx dell'albero di sosta per muro strapiombante articolato. Al suo termine brevemente a sx, poi in obliquo a dx per bel diedro di roccia compatta a gocce. Aggirare sulla dx uno scudo di roccia e rimontare a sx alla sosta (30 m. - VI+/VII-).
L5 - In obliquo a sx fino ad afferrare una impegnativa fessura appena obliqua a dx che si segue fino nel punto in cui si perde sotto strapiombi. A questo punto traversare a dx e rientrare con difficoltà a sx fino alla sosta [resting all'inizio del traverso, di difficile impostazione] (30 m. - VIII+).
L6 - Diedro e placca sopra la sosta e in obliquo a dx fino a uno strapiombo che si supera direttamente (25 m. - VII+).
L7 - Placca, in obliquo a dx puntando a un aereo spigolo che consente di salire un bel pilastro esposto; al suo termine prendere un caminetto erboso che si segue fino alla sosta (30 m. - VII).
L8 - A dx della sosta fin sotto un tettino; si prosegue in traverso e in obliquo a sx fino a imboccare un diedrino inclinato a sx che conduce a rocce più appoggiate ed articolate, da salire con tracciato vario; dopo 45 m. piegare a sx. Allungare bene le protezioni. Tiro contorto (50 m. - VI+).
L9 - Rampa-fessura obliqua a sx fino a un pulpito con alberi. Di qui diritti per rocce più facili fino alla cengia "Paradiso": sosta su albero (40 m. - VI).
L10 - Per tracce salire la cengia "Paradiso" fin sotto l'ultimo salto della parete (45 m. - I).
L11 - Diritti, in obliquo e in traverso a sx per placca, a tratti molto difficile. Noi non troviamo la sosta segnata dalla rel. Filippi e facciamo sosta in un evidente diedro che delimita a sx la placconata appena salita [1 sp. e 1 alberello] [50 m. - VII/VII+].
L12 - Sopra la sosta per qualche m., poi in traverso a sx fino a una sosta sul filo di un evidente spigolo [15 m. - IV].
L13 - Placca compatta, poi rocce rotte puntando a un albero tra lame non molto sane; da qui in obliquo a sx alla sosta [40 m. - VI+/VII-].
L14 - In obliquo e in traverso a dx fino alla sosta sotto l'evidente tetto [45 m. - VII].
L15 - Pochi m. a dx, poi attraverso lo strapiombo [4 fix] uscendo con fatica sulla placca soprastante; allo spit puntare a dx alla sosta (20 m. - A2 e VI+).
L16 - Seguire il diedro sopra la sosta fino ad uscire dalla parete (30 m. - VI+/Ao] (Rel. 3 maggio 2009)
Ripetuta in cordata a tre, con Giovanni
Mostarda e Gino
Maffezzoni,
in un'arida giornata di fine estate (se ricordo bene, nella domenica
conclusiva
del Rock Master). Nei primi tiri ero ancora in forma. Così
mi
riuscirono
in libera i singoli passaggi del 4° tiro. Poi fu una gara di
resistenza
col caldo e la sete. A due terzi di parete i miei simpatici compagni
abbandonarono
ogni velleità da capocordata (causa piedi lessi) e mi
affidarono
immeritatamente
la responsabilità della nostra triplice sopravvivenza. Ci
andò
bene, anche se, arrivati in cima al pilastro, tentai di farli scendere
a destra
(placca rotta e poi il nulla). Mi convinsero, lapidandomi, a desistere
dai
miei folli propositi e a scendere a sinistra (Sud) per l'ampia rampa
che
delimita il Croz su quel versante (breve doppia al primo salto, poi zig
zag
tra boschi e roccette). La discesa in doppia lungo la via è
molto più
lunga e complessa (per amanti dei tour in ascensore). Nel complesso si
tratta
di una bella via. Parte centrale con tratti erbosi: dura la placca di
6c
al 10° tiro (io ho ignominiosamente tirato i chiodi) e
ingannevole
il
passo di 6b+ al tiro successivo (sembra facile, poi ci si trova nelle
peste,
ma c'è il trucco).
Galvagni, Filippi - VII+/VIII-/A1 per la
linea seguita
dal sottoscritto (435 m.)
Ginetto Maffezzoni mi aveva consigliato la
via in occasione della nostra ripetizione di "Non solo pane".
"Non è difficile come questa, ma è bella e ben
chiodata",
aveva detto.
E io l'avevo giudicata un'ottima via per una tranquilla solitaria e per
rifarmi una buona base di continuità.
Così lunedì 3 aprile 2006, dopo una settimana di
lavoro
frenetico (domenica compresa), all'alba delle 7,30 ero più o
meno all'attacco.
Ma sarà che avrei sbagliato - appunto - l'attacco, partendo
dalla
cengia sopra l'avancorpo e salendo i tiri dal 3° al
6° di
"L'Impero dei Sensi", che avrei trovate di roccia dubbia, anche se
ripulita, le lunghezze sopra l'Alpenzoo, che,
arrivato al
provvidenziale buco di S9, il temporale che dalla mattina mi
stazionava sulla testa avrebbe scaricato - poca - grandine, neve e
pioggia sulla
parete (ma con grandi effetti speciali - vedi foto), che avrei ripetuto
gli ultimi tre tiri con la roccia da bagnata
a umida e con i colatoi impiastrati di fango, che, comunque, avrei di
fatto
ripetuto la via due volte, questa - la via intendo - non mi
è
piaciuta un granché.
Anche perché ero partito pregustandomi silenzi siderali
simili a
quelli che
devono regnare tra le Pale di San Lucano (stavo leggendo la giuda di De
Biasio, in quei giorni), ma avevo fatto tutta la salita con, nelle
orecchie, lo sferragliare delle pale meccaniche al lavoro nella
cava di ghiaia, più sotto.
Comunque, volendo, si può ripetere. C'è di
peggio, in
giro. Relazione degli apritori a
questo link.
L1 - Seguendo le tracce alla base del Croz, sbaglio l'attacco e parto
per L2 di "L'Impero dei sensi" (me ne renderò conto solo in
discesa, al punto che, nel libro di via scriverò di aver
salito
i primi 2 tiri di una via a me ignota sulla verticale di L6
de'"L'Impero" - non mi ci voleva molto che sulla verticale
dell'"Impero", c'è - appunto - "L'Impero"). Comunque Ao
sulla
sosta
per raggiungere la banca che consente di moschettonare il primo spit
(la scusa è che sono da solo e ho paura, cadendo, di
rompermi le
caviglie), poi lama obliqua a sx fino ad albero. Meglio fare sosta.
Io
proseguo sempre obliquando a sx fino a una fessura che salgo con 1 p.
A1 (durante la mia prima ripetizione, 8 anni fa, sempre da solo,
superato pulito e
a vista - sto invecchiando). Finiti rinvii e moschettoni, sono
costretto a fare sosta alla fine del traverso a dx, sotto l'ultima
verticalizzazione della fessura (50 m. - VII-/A1 o VII/Ao).
L2 - Salgo l'ultimo tratto verticale ed entro nella nicchia in cui
c'è S4 di
"L'Impero dei sensi". Proseguo per la successiva rampa a dx, supero
il seguente ostico strapiombino e arrivo alla cengia sulla quale passa
la ferrata (40 m. - VI+).
L3 - Rintronato, salgo L6 di "L'Impero", più o meno a
metà trovo un moschettoncino di calata. Incrodandomi sul
passo
di 6c+, mi risveglio, mi rendo conto di essere su "L'Impero" e del
fatto che il moschettoncino è di Ginetto, anche lui finito
per
sbaglio sul tiro. Arrivo in sosta, calandomi recupero il moschettone,
ripeto il tiro pulito (al 4° passaggio, seppure in 8
anni) e mi calo, cercando "Hasta siempre comandante", traversando a dx
lungo la ferrata (VII+/VIII- - 40 m.).
L4 - Trovo L5 di "Hasta siempre" 15 m. a dx circa. La via è
riconoscibile per le piastrine bronzate (o zincate?). Placca con
obliquo prima a sx e
poi a dx, a superare brevi muretti non proprio banali e con tratti di
roccia delicata (40 m. - VI-).
L5 - Bella rampa con fessura dai bordi svasati sul fondo. 1 p.
impegnativo per passare a un sistema di fessure superiore quando il
sistema inferiore diventa ostico. Da primo mi fermo a riposare e
risolvo il passo con agilità. Da secondo - sarà
lo zaino?
- faccio una fatica boia (35 m. - VII+).
L6 - Traverso a sx (prese migliorate con la sika) e poi diritti per
bella fessura. In uscita altre prese migliorate (40 m. - VII-).
L7 - Traverso a sx per sentiero nel bosco. Non seguire le tracce che
proseguono sopra la sosta, ma la traccia evidente verso sx (20 m. -
facile).
L8 - Breve passo su placca tecnica e poi muro continuo in obliquo a dx
su prese a volte dubbie (35 m. - VII-).
L9 - Obliquo a dx per sequenza di prese da valutare. Occhio a quello
che si
usa (20 m. - VI+/VII-).
Arriva il temporale. Sono costretto a fermarmi
40 minuti e ad attendere che spiova.
L10 - Strapiombo a buone prese sopra la sosta, breve traverso a dx, poi
in obliquo a sx per un sistema di fessure e il successivo muro di rocce
rotte, fino a un diedro a dx di un colatoio. Lo si sale fino a un
albero. Tiro faticoso. In risalita, un altro scroscio. Arrivo in sosta
tarzanando sulla corda: il diedro finale è lavato
(40 m. -
VII-).
L11 - Nel colatoio - tratti friabili - fino a strapiombi che
costringono a uscire a dx (25 m. - V/V+).
L12 - Per placche compatte sopra la sosta fino all'uscita. La relazione
degli apritori segnala "roccia ottima". Non è del tutto
vero:
occhio a quello che si tira (50 m. - VI-).
Tempo impegato: 8 ore circa. Relazione del 5 aprile 2006.
Il bricolage presente lungo il tracciato è brutto e insensato. Bastava una piastrina da A0 in un paio di punti... Io "che non sono proprio altissimo" ho trovato la chiodatura fastidiosina [al punto da ghisarmi i polpacci] su quasi tutte le lunghezze: gli spit sono 5-10 cm più alti di dove io potrei moschettare da una presa buona e con i piedi appoggiati...
Così si è costretti ad andare in punta di piedi o a sollevare un piede in aderenza..
Federico Piazzon
Ciao Federico.
Nonostante abbia ripetuto la via da solo, io non ricordo grandi difficoltà di chiodatura.
Ma, come dicevo tempo fa a Stefano Dallera sotto "Forza 4", in Maddalena, "Non ho le tue geometrie".
Quanto al bricolage, anche a me non piace.
E comunque di grazia che qualcuno si sbatte per chiodare.
Certo, noi umani siamo un po' invadenti, eh?
Sandro
Messaggio inviato il 1 aprile 2009
Federico, fatti fare le scarpe come quelle del Berluska!!!
gbf
Mmm...
Buona idea...
Fossi in te, ci farei un pensierino.
Anzi, giriamo il suggerimento a Grip?
Sandro
Pilastro
Einstein
Stenghel, Sartori - VII/VII+ (340 m.)
Via "per fare metri", salita con Daniele Fausti, ricercatore di fisica
in quel di Groeningen, Olanda.
Forse non è stato un caso che il viaggio di andata si sia svolto a
velocità prossime a quelle della luce grazie alle...
hem... illuminanti spiegazioni su teoria della
relatività ristretta e generale, nonché sulla
meccanica quantistica che il buon Daniele mi ha elargito generoso.
E, forse proprio in virtù di qualche effetto quantistico evocato
dalle chiacchiere di viaggio, la traiettoria seguita dalla
cordata "Fausti-DDT" tra l'attacco della via e la sua
conclusione non è stata quella prevista: abbiamo tracciato
una variante nel tratto mediano dell'itinerario, tenendoci
sempre a sx dello spigolo del pilastro.
Che qualcuno abbia posto un "rivelatore di cordate" all'imbocco della
sezione mediana della salita?
Mah...
Forse, più banalmente, la rel. Filippi è
imprecisa.
E il nuovo tracciato della ferrata "Che Guevara" disorienta.
Comunque qualche strano fenomeno di distorsione dello spazio-tempo
nella zona del Croz dei Pin e dintorni si dev'essere verificato.
Al ritorno all'auto il ferocissimo gatto di Schroedinger che avevamo
lasciato nel baule a guardia dei nostri portafogli era sparito...
Che cosa? Se erano spariti anche i portafogli?
No, no. Per fortuna erano ancora lì.
La rel. grafica di Filippi può disorientare, Meglio
affidarsi a queste rel. reperibili sul web (sui siti
clubgiovani.it/ontherocks
e www.sassbaloss.com),
rispetto alle quali
io mi limito a integrare quanto segue.
L1 - Non ho trovato alcuna "E" scolpita sulla parete alla base..
L2 - Un solo ch, poco visibile, poco prima dello strapiombino
all'inizio della fessura obliqua.
L3 - Niente da dichiarare. Si tenga presente che, arrivati alla
ferrata, la si deve seguire sino all'inizio di L4 originale.
L4 - Daniele Fausti, su mia indicazione, sale un diedrino erboso 3-4 m.
a dx della placca iniziale di L5 di "Hasta Siempre", ha i suoi minuti
di terrore sulla rampa erbosa seguente e in corrispondenza alla placca
d'ingresso al muro soprastante e va a fare sosta a un albero
(30 m. - V+ delicato e sprotetto).
L5 - Breve fessura prima verticale e poi orizzontale che si segue verso
dx (1 fr 4 Ande e 1 nut medio), rampa appoggiata a dx fino a una sosta
a fix di via ignota, strettoia delicata, ancora a dx per rampa, si
aggira una pianta e si sale il soprastante bel diedrino fessurato
tecnico (1 fr 2 e 1 fr 3 Ande). Si esce per terrazzino erboso (p.
chiave), si incontra 1 ch, si traversa di poco a sx e si esce
su cengia per fessura (1 nut medio). Si sormonta una pianta e si arriva
a una sosta con cordone giallo - S6 della via originale (55 m. - VII-).
L6 - Il VI+ assegnato al tiro è ottimistico e sballato se
rapportato al VI+ del penultimo. A occhio è un bel VII/VII+.
Forse è saltata via qualche presa. Comunque raggiungo il
3° ch in libera e, onde evitare potenziali voli disastrosi
sulla lametta - all'apparenza buona - che costituisce la seconda
protezione, lo moschettono in artif. Poi riparto arrampicando dalla
lametta. Meglio attrezzare S6 sotto il diedro del tiro successivo (35
m. - VII/VII+).
L7 - Attenzione alla roccia.
L8 - Può forse essere considerato VI+, ma solo per la
continuità. Non ci sono passaggi davvero difficili. E il
tratto iniziale di fessura non è di dita, come riportato in
altra rel.. Poche le protezioni una volta entrati nel tratto a camino.
Attenzione ai blocchi sospesi.
L9 - Niente da dichiarare.
Discesa - Poco prima che il sentiero svolti a dx
verso la ferrata,
è possibile traversare a sx (N) sotto le pareti del Casale
per andare a prendere la traccia che sale agli attacchi delle vie sul
Secondo Pilastro. Segnavia con bolli rossi. E' più lungo ma
meno brigoso che scendere dalla ferrata. (rel. 19 febbraio 2007.
PS - Immagini "orende". Tutte le soste sono su cenge e ripiani che
impediscono belle foto al secondo.
Il giusto attacco di L4 si trova seguendo la ferrata per circa 50 m: si deve arrivare a dx (faccia a monte) dello spigolo formato da un pilastrino aguzzo che si salda alla parete con fessura grigia larga e compatta e lungo il quale si vede un pulpito a circa 20-25 m di altezza.
Da qui:
L4 - In diagonale alla fessura e poi per essa al pulpito (25 m. - V+/VI-). Nessun ch; utile friend enorme (noi ce l'avevamo!!!).
L5 - Muro grigio molto tecnico e ben chiodato, su roccia ottima (30 m. - VI+). 3 ch poi nut.
La tua valutazione di L6 è corretta: stavo uscendo dal chiave O.S., ma, dopo aver messo il rinvio nel ch fuori dal duro, il compagno mi ha convinto a tirarlo... Si è scusato dicendo che lui vede quando sto per volare... Comunque sul 6b+... allegro!
La via presenta un arrampicata davvero piacevole e divertente, a dispetto della sostenutezza delle difficoltà, grazie alla roccia ottima e alla chiodatura assai più generosa che su altre vie della valle... In sostanza bella ma non così alpinistica.
Federico Piazzon
Messaggio inviato nel gennaio 2008
Nella mia prima ascensione tanti anni fa non ho riscontrato difficoltà superiori al 6° sup.; e mi dispiace che qualcuno abbia voluto intaccare questa salita con una ferrata.
Bisognerebbe avere più rispetto degli altri.
Una via nuova è per un alpinista qualcosa di speciale, come per un pittore un quadro o per un artista un'opera d'arte; e credo fortemente che nessuno abbia il diritto di cancellarne la storia o addirittura alterarne le difficoltà con spit (per di più messi in malo modo) o altro. È accaduto su molte vie che ho aperto con chiodi normali e collaudati da centinaia di cordate (vedi le mie vie sui Colodri) e su altre pareti. Tutto ciò è barbarie; è triste vedere alpinisti (non meritano di essere chiamati tali) non rispettare e amare l'alpinismo di chi, con intuito, coraggio e rischio ha precedentemente legato il suo nome alla montagna.
Ci sono poveri arrampicatori che hanno lo scopo di eliminare i rischi, dimenticando che eliminare il rischio dall'alpinismo significa soltanto ucciderlo.
Pazienza!
Povero vecchio chiodo, che giaci in qualche mucchio di ferro di un rottamaio, strappato da qualcuno per essere sostituito con spit messi con il trapano e calandosi dall'alto.
Povero vecchio chiodo... Non lamentarti e porta pazienza, perchè un giorno risorgerai.
Grazie
Giuliano Stenghel (Sten)
Messaggio inviato nel marzo 2008
Sten, ciò che dici è tristemente vero...
La valle era (e per chi vuole è ancora) una grandiosa miniera di grandi avventure fuori porta; ma la gestione che negli anni alpinisti ed arrampicatori ne hanno avuto è stata a volte scellerata, ne ha intaccato il fascino e ha rovinato molte salite.
E' triste; e quando ci penso mi fa proprio inqazzare.
Per fortuna, prima che altri vi mettessero le mani, tu e pochi altri avete salito le grandi vie della valle secondo le linee naturali della roccia forzando passaggi che a 20 anni di distanza fanno ancora paura.
E senza considerare che noi affrontiamo le stesse pareti con friend, dadi, suole ad alta aderenza ecc. che voi non usavate!
Quello che hanno fatto sulla Stenico, sulla Katia, che avevano provato a fare sul pil. Gabrielli, sulle soste dell'Agostina..ecc..ecc è uno SCEMPIO.
Infiniti complimenti per le tue vie straordinarie e per l'audacia con cui le hai aperte.
Anche se ogni tanto i tuoi V son VI...
E anche se, su alcune vie, mi è capitato di dover scendere e rinunciare...
GRAZIE PER QUELLO CHE HAI FATTO".
Federico Piazzon
L'impero dei sensi
Galvagni, Pfitscher - VII/Ao (400 m.)
Solitaria di ormai un po' di tempo fa.
Impiegai circa
10 ore
a percorrerla (2 volte in salita e 1 in discesa). Fu una sfacchinata,
ma
anche un incredibile viaggio tra placche assolate e boschetti sospesi,
dei
quali approfittavo per riposarmi di tanto in tanto. Ne venivo cacciato
dal
vento che frusciava sinistro tra i rami. Percorsi l'ultimo tiro con le
residue
energie in affievolimento (ringrazio ancora l'alberello che mi concsse
un
riposo nel tratto finale). Scesi la ferrata "Che Guevara" al crepuscolo.
Bello! E bella anche la via.
I due triestini che erano davanti a noi
quando
ripetemmo la
via, in corrispondenza del 7° tiro, commentando la lunga fila
di
chiodi
che saliva verso la sosta, dissero: "Se qui si vola, si strappa tutto".
In
effetti Beppe Prati, nel corso di una precedente ripetizione, al
4°
tiro
era precipitato su cengia con un chiodo in mano. Prestare attenzione
alle
protezioni presenti, numerose, ma talvolta non molto affidabili.
Impegnativo
il terzultimo tiro (tratti con chiodatura lunga) e uscita non banale
per quello
successivo (roccia e chiodi sospetti). Via da non sottovalutare.<
L'ho trovata divertente e psicologicamente poco impegnativa rispetto alle difficoltà tecniche.
Il lavoro di chiodatura è incredibile! Raro vedere placche in valle salite con pochi buchi...
Una quindicina in 400 m. non è male affatto.
Il tiro del pilastrino [il primo sopra la prima cengia] è forzato e illogico; ma la terzultima e la penultima lunghezza restituiscono carattere alpinistico all'itinerario.
Bel misto libera-artificiale con qualche ch da verificare.
Federico Piazzon
Ciao Federico.
Sì, molti ch.
Ribadisco quanto scrivevo all'epoca: ch non sempre affidabili. Portare il martello per ribatterli.
Ormai è passato un bel po' di tempo dall'apertura.
Sandro
Parete Centrale
Ipercasale
Sartori, Zanetti, Bonvecchio
- VII+ e Ao o VII- e Ao (circa 650 m. fino al punto da noi raggiunto - S16)
Serra la bocca, non far scivolare lo scudo
Stringi bene la tua maschera antiproiettile
E se loro cercano
Di distruggere il tuo travestimento
Con le loro domande
Ti puoi sempre nascondere
Dietro occhi paranoici
[...]
Hai creduto alle loro storie
Di fama, fortuna e gloria
Ora sei perso nella nebbia
d'una soffice mezz'età alcolizzata
Alla fine il traguardo si è rivelato esser troppo alto
E tu ti nascondi
Dietro miti occhi castani
Nel ciclo delle mie numerose vite, sono stato una dopo l'altra ogni creatura;
Io non ne ho che un oscuro ricordo,
pressappoco deve essere stato così:
Se oggi amo molto la birra, sicuramente devo esser stato un'ape;
Se sono sempre libidinoso, ciò è perché sono stato anche un gallo;
Se a volte sono collerico,
ciò è perché devo esser stato un serpente;
Se spesso sono pigro, questo è perché fui di sicuro un maiale;
Se sono così miserevole, è perché sarò stato ricco e avaro;
Se sono senza vergogna, sarò stato sicuramente un folle;
Se sono talvolta bugiardo, è perché sono stato un attore;
Se i miei modi sono così grossolani, è perché fui pure una scimmia;
Se ho il gusto del sangue, è perché di certo fui un lupo;
[...]
Ma non posso certificarvi che tutto ciò sia vero.
Provate a vedere da voi stessi. Che cosa ne pensate?
G. Chapu Il folle divino. Drukpa Kunley yogi tantrico tibetano del XVI secolo, cap. IV
trad. it. A. Mengoni, Centro Nirvana, Roma
1. Lungo termine, breve termine
Tempo fa mi chiedevo che senso avesse la programmazione, il lungo termine, in un mondo nel quale ciò che vale davvero sembra essere racchiuso nell'istante estatico del qui-e-ora o dell'eterno [uno dei più classici esempi di coincidentia oppositorum].
Adesso forse ho qualche elemento in più per rispondere.
Alla fine perché l'attimo ha tutto questo fascino? Che cosa dà al qui-e-ora tanta forza?
L'incertezza del domani [in comunità povere le persone spesso non sanno nemmeno se il giorno dopo saranno ancora vive; quindi mangiano l'uovo oggi, sapendo per esperienza che la gallina di domani è frutto di pura immaginazione; in questi ultimi anni nella nostra stessa società fare programmi che durino più di un tot, in un contesto che cambia in continuazione e in modo imprevedibile, è diventato sempre più aleatorio: dei progetti che ho scritto e seguito in questi ultimi due anni, non ce n'è uno che non sia stato soggetto a revisioni più o meno ampie nell'arco di pochi mesi];
Il fatto che, vincolandosi a un piano, ci si imbriglia in ruoli o limiti che potrebbero impedirci di dare risposta a esigenze per noi fondamentali - magari cambiate rispetto al passato - sfruttando occasioni che si presentano ora e - lo sappiamo - non si presenteranno mai più;
L'intensità di ciò che si prova in quelle occasioni;
La facilità con cui si possono sperimentare certe forme di benessere estatico [non ci vuole poi molto per bersi una buona birra o farsi un caffé];
L'apparente casualità con cui - negli altri casi - il godimento del qui-e-ora è conseguito, al punto che in diverse tradizioni si sostiene che puntare consapevolmente a tale condizione è controproducente: il momento perfetto arriva se deve arrivare; al fondo di questa posizione c'è una contestazione radicale all'idea per la quale, al mondo, chi fa il bravo è premiato e i cattivi sono puniti.
Questi stessi motivi sembrano scoraggiare la programmazione e l'impegno a lungo termine.
Ma sono molte anche le insidiose trappole che si spalancano sotto i piedi di chi ha un atteggiamento orientato al qui-e-ora e nemmeno tenta di anticipare quello che verrà e di influenzare a proprio vantaggio gli eventi della propria vita.
Bruci le poche risorse che hai solo per sfamarti oggi? Ti privi della possibilità di avere riserve che ti consentano di migliorare la tua vita anche domani e oltre; e domani sarai al punto di partenza, con l'unica certezza di non avere nemmeno le risorse su cui potevi contare oggi;
Cavalchi l'onda e insegui le opportunità del momento, dando risposta ai tuoi bisogni non appena si manifestano? Alla fine ti ritroverai con, in mano, il pugno di mosche di una serie di esperienze occasionali ormai bruciate, slegate, senza valore; e tu sarai a malapena i "centomila io" che sei stato momento per momento;
Godi dell'istante? Preparati al rebound, all'enantiodromica ricaduta verso il basso; tutto sta già congiurando perché arrivi;
Agisci senza valutare le conseguenze della tua azione, nella vaga speranza di un'imprevista e imprevedibile esperienza di picco? Come dicono i latini, "Primum edere, dein philosophare"; se muori di fame, avoja di aspettare l'estasi; sì, le visioni sono garantite, ma in forma allucinatoria.
Certo, ovvio che il mondo non premia chi fa il bravo: questa è una delle panzane più grandi che ci hanno inculcato da piccoli.
Però deve esistere un sentiero, una traccia sottile, che consenta di evitare le conseguenze peggiori dei due opposti approcci.
Ci dev'essere un modo per prendere in mano la propria vita.
O no?
O siamo condannati a oscillare vita natural durante tra una libera, ma inconcludente spontaneità senza direzione e rigide regole che garantiscono - sì - la pancia piena, ma solo in cambio di un'esistenza mediocre?
Bel dilemma.
Dicono che, quando tu poni domande, la vita risponda.
Chissà come risponde, quando le domande sono dilemmatiche?
Risponderà "Forse che sì, forse che no"?
Che cosa te ne fai, di una risposta così?
Che le risposte possibili siano invece tre, o quattro, o cinque?
Bah...
2. Down
L13 di "Ipercasale".
Secondo fix.
Mentre me ne sto lì, allungato al massimo con la punta delle dita della mano dx su un nasetto abbastanza infinitesimale, ma all'apparenza sano, tentando di moschettonare la piastrina successiva, ... strack!
Il nasetto si stacca.
E io precipito.
O, meglio, volo.
Un voletto di un metro e mezzo.
Robetta.
Però, siccome - come il più imbranato dei principianti - nel cadere tento di prendere la corda per stoppare da me la discesa verso il basso, mi avvicino troppo alla parete e, invece di venir giù con una bella, rotonda planata ad arco come da manuale, precipito a mo' di mattone, picchiando il ginocchio sx contro la parete.
Solita ondata di dolore. Ormai mi ci sto abituando.
"Tutto bene?", chiede Dario. Ormai ci si sta abituando anche lui.
"Sì, sì", rispondo.
La rotula è sanguinante, ma ancora lì.
Quando il dolore si attenua, riparto.
Fix successivo agguantato in artif.: la gamba è dolente e tremolante.
Sempre con foga afferro il ch che segue, piantato in una fessura terrosa.
Quello, una lama sottile, mentre lo carico, come farebbe ogni lametta piantata nelle infide fessure del Casale, inizia a sfilarsi; ma poi decide di graziarmi e ferma la sua fuoriuscita a 2 cm massimo da fine corsa.
Mi precipito con le mani sulla prima presa buona e carico subito i piedi.
Sarebbe stato un altro bel volo.
Sandro, lo sai.
Sì, il male al ginocchio ti rintrona il cervello.
Ma adesso basta con le cazzate, eh?
Con arrampicata zoppicante finisco il tiro e recupero Dario.
Riusciremo a salire ancora L14, L15 e L16.
Poi, dopo aver solo adocchiato i maestosi e opprimenti 500 m di parete terminale sopra il pilastro Zambaldi [un "coso" piuttosto impressionante alto 300 m, che appare un triangolino giallo e grigio, da valle], siamo costretti a valutare il da farsi.
Il mio ginocchio, soprattutto nelle lunghe attese in sosta, si irrigidisce e si gonfia.
E ogni volta ripartire è sempre più doloroso.
Nonostante i tempi, ottimi [in 5 ore siamo arrivati a metà via], non riuscirei a salire altri 12 tiri e a farmi 4 ore in discesa nel bosco, al buio, con la gamba ridotta così.
Dobbiamo buttare le doppie.
Giù.
3. Buona Pasqua
Non scriverò per un po', temo.
Approfitto di questo aggiornamento per augurare una buona Pasqua a quanti passeranno di qua.
Fate i bravi.
***
Soundtrack - Paranoid Eyes
Pink Floyd - The Final Cut [1982]
***
Precisa rel. su scuolagraffer. Discutibile solo la gradazione degli apritori: L1, L2 e L3 [rispettivamente V+, VI e VI+ sulla carta] sono più difficili di L4 [VII- sulla carta]. Questa disomogeneità tra difficoltà dichiarate e difficoltà effettive si riscontra anche sui tiri seguenti. Non mi è chiaro se hanno gradato i tiri passando in libera [improbabile: L2 salito arrampicando è un buon 6c], se si sono "dimenticati" di dichiarare i tratti di artif., alla vecchia [negli anni Sessanta un tiro di VI con passi di artif. era dato, per convenzione, di VI+], o se hanno salito la via senza tentare la libera e dando quindi i gradi a occhio ["massì, dài; questo tiro sarà VI].
In ogni caso prestare attenzione alla gradazione: anche un tiro dato di V può risultare molto impegnativo.
Chiodatura buona a fix con occasionali ch. Attenzione ai ch a lama nelle fessure verticali: la roccia tende a non trattenerli.
Noi abbiamo usato - con soddisfazione - anche i fr. viola, rosso e giallo BD.
Roccia di qualità molto variabile, con frequenti prese spioventi o verticali. Verificare gli appigli, prima di caricarli [anche se, a volte, non serve a molto; lo so per esperienza diretta].
Alcune note sui tiri.
L1 - In libera ca VI/VI+ [1 p.].
L2 - In libera ca VII+.
L3 - Singolo di VII.
L4 - VI, non di più [in paragone al VI di L2].
L5 - Obliquare parecchio a sx. Omissis. Seguire i fix zincati e non quelli bronzati che si incrociano sui facili tiri mediani.
L12 - VI.
L13 - VII e Ao.
L14 - VI/VI+.
L15 - 1 o 2 p. Ao e VII- [la difficoltà è rappresentata da una sezione di tiro con chiodatura a 4 m. su roccia non proprio compattissima]; meglio far sosta a fix e albero prima di uscire dal pilastro a sx, per evitare attriti [40 m. da S14]; S15 è raggiungibile con altri 10 m. di facile arrampicata su roccia molto precaria.
L16 - V; il canale è tra S15 e S16 e non tra S14 e S15. Impressionante la visione sulle giogaie alte della bastionata.
Discesa da S16 - Doppie S16, S15, fix S14 intermedia [cordone rosa lasciato], S12; da qui per cenge a sud fino a incrociare la ferrata Che Guevara, per la quale, per me con penoso trascinamento della gamba offesa, fino alla base della parete.
***
La risoluzione del problema della vita
si scorge
allo sparire di esso
L. Wittgenstein Tractatus Logico-Philosophicus,
6.521
1. Alla sosta dei bombardati
S16.
Dario, sul tiro, commenta laconico: "Occhio che qui viene via roba anche solo a muovere le corde".
Sta puntando a una fessura che ha un aspetto orrido.
Ma anche la cengia obliqua a sx che vi si esaurisce sotto dev'essere un bel merdaio.
Per prudenza mi stacco dalla sosta e mi sposto a dx sulla - per fortuna - ampia cengia che ospita la sosta. Non troppo, perché anche a dx, dall'ampio colatoio per il quale dovrebbe salire la "Detassis", piovono pietre.
Non passano due minuti che un sasso grosso come una pera, smosso dalle corde, parte e si disintegra tra i due fix del punto di fermata.
La rosa di schegge mi avrebbe preso in pieno.
Intanto Dario continua con la sua strenua lotta con l'orrenda fessura. Sempre in libera. Quando io arriverò in zona non mi farò scrupolo a tirare tutto il tirabile: il rischio di volare appesi a lame di un qualche centinaio di kg non è per niente remoto.
Finito il tratto strapiombante, Dario rallenta.
Tituba.
Poi urla: "Occhio!"
Una scaglia di una decina di kg si stacca sotto il suo piede e scende roteando verso il punto di sosta.
Si schianta sul ghiaione circa 3 m. dietro.
Beh...
Complimenti agli apritori.
Ottima scelta per la sosta, eh?
2. L'iperuranio dei comodini volanti
Mai trovata roccia così brutta, in Val di Sarca.
4 ore e 30' per salire i primi 700 m. di via. E 6 per arrivare fino a L24.
Dopo la fessura orrenda, la via prosegue prima per un vago spigolo [L18 e L19, il III più delicato del mondo], poi per un'ampia rampa-camino vegetata, e quindi torna ancora sulla continuazione dello spigolo di cui sopra.
Si avanza lenti perché si deve verificare tutto.
E spesso si è costretti a usare per la progressione gli appigli e gli appoggi "meno-peggio".
Gli spit, piazzati dove la roccia è sufficientemente solida da tenere, e quindi a distanze random, non sono sufficienti a rendere la via sicura.
In certi punti, in caso di volo, si verrebbe giù accompagnati da una discreta cubatura di blocchi smossi, oltre che dal fix di protezione e dal macigno in cui è piantato.
Su L22 inizio a cedere.
Supero il primo strapiombino [VI+ abbondante], poi sono costretto a progredire a suon di fix: arco plantare e alluci gridano vendetta anche solo a indossare le Cobra da combattimento [che pensavo più larghe]; e i piedi non sopportano più il minimo contatto con la roccia.
Dario risolve L23 con 2-3 p. di artif. [sono i primi].
Quindi io riparto per L24 [che non è IV]. Passo in libera solo il primo muretto, fatiscente.
Poi il dolore ai piedi e la qualità della roccia hanno la meglio: e mi metto a tirare tutto il tirabile.
In sosta sono costretto a far passare davanti Dario: gli farò da piccolo fino all'uscita, arrampicando in scarpe da ginnastica.
Se stessi davanti sui tiri che ancora mi toccherebbero da primo, rischieremmo di fare notte.
3. "Senso" lèghetai pollakòs
Tempo fa mi sarebbe piaciuto scrivere un post sull'argomento.
Poi avevo rinunciato: non riuscivo a dare una definizione analitica del concetto di "senso".
"Sensata" è una frase che ha significato, ma anche una traccia che porta da qualche parte, o un'esperienza che suscita sentimenti di pienezza.
E "insensato" che cos'è?
Una frase con parole messe a caso?
O parole fatte di lettere combinate assieme alla sanfasò?
O un sentiero che si perde?
O un bosco con totale assenza di tracce?
O esperienze che suscitino sentimenti di vuoto, o di disperazione?
O assenza di sentimento?
No, non funge.
Non funge proprio.
Il fatto è che "senso" [nel senso di "senso" dell'esistenza] è una metafora, un simbolo: ciò a cui la parola rimanda sfugge sempre; si dirama in molti rivoli di significato, alcuni dei quali incompatibili gli uni con gli altri.
Quindi hai voglia di cercare di dare una definizione a quello che, per definizione, non è definibile.
Però la domanda su che cosa dia senso è ancora lì, in sospeso.
Per esempio, perchè, adesso che sto scendendo nel bosco, al buio, per il comodo sentiero 411 che dal Rif. Don Zio porta a Comano, sono felice?
E perché lo sono dopo aver percorso 1.300 m di parete in disgregazione, su una via proprio brutta e soffrendo come un fachiro?
Mi tornano in mente le parole di Drukpa Kunley: "Illusoria" è qualunque esperienza che ci capiti di vivere, così come i sentimenti che la accompagnano.
Illusorio l'amore.
Illusoria la tristezza dell'abbandono.
Illusoria la felicità per il successo.
Illusorio il dispiacere per il fallimento.
Aggiungerei alla lista: "illusoria è anche l'esaltazione a fine battaglia".
Sarei ancora felice, adesso, se uno dei blocchi speditimi giù dall'incolpevole Dario mi avesse centrato?
E ancora, questa sensazione di pienezza non è, forse, un inganno elevato al quadrato, nel senso che potrebbe portarmi ad affrontare ancora salite simili e a far aumentare le probabilità che il mio povero corpo incappi in qualche macigno volante in parete?
Ma resta la domanda del senso della felicità di questi momenti.
Salendo "Ipercasale" ho fatto qualcosa di particolarmente giusto?
Quali miei comportamenti sta marcando come particolarmente significativi, se non addirittura di importanza vitale la mia emotività esasperata da fame, sete e stanchezza?
Che sia solo un effetto rebound?
Che sia tutto dovuto solo al fatto che, dopo essere usciti dalla parete [caos incoerente di blocchi accatastati inframmezzati da alberi, arbusti, sterpi] - salito il canalone che, sopra il margine alto della muraglia verso dx porta alle faggete dei pendii settentrionali -, siamo poi sbucati sui rasserenanti prati sommitali del Casale, con magnifica vista sulla piana del Bleggio e sul Brenta innevato, più in là?
No.
Anche sull'ultimo tiro, mentre - in sosta - sentivo il cupo frombolio dei blocchi che Dario sganciava a intervalli irregolari e indifferente li osservavo perdersi nell'abisso dietro di me, o mentre guardavo i camosci sul pilastro sommitale a dx dell'uscita di "Fiore di Melo" che guardavano noi, stavo bene.
Masochismo?
Non ci capisco più niente.
Poi, senza motivo, mi viene in mente una delle note all'intro al testo di Drukpa Kunley: "Il mondo della sofferenza e della confusione [samsara] alla fine è identico alla pacificata essenzialità [nirvana] che si raggiunge quando si sfugge al cerchio delle trasmigrazioni."
Che sia qualcosa del genere?
Si, però... Alla fine che me ne importa?
Sono felice, no?
Allora meglio godersela.
Finché dura.
4. Ipercasale - Seconda parte - Integrazioni alla rel.
L17 - Spigolino, rampa a sx e fessura fatiscente. Tiro molto pericoloso [VII- o V+ e Ao];
L18 - Uscire a sx dal camino in cui evolve la fessura e proseguire per il successivo, vago spigolo di roccia friabile [V]; sosta su ballatoio sulla sx.
L19 - Ancora per lo spigolo, muretto inconsistente [IV], quindi obliquo a dx fin sotto un ampio camino.
L20 - A dx, a prendere una rampa per la quale si torna a sx. Per gli attriti della corda faccio sosta a un albero a sx di un fix con maillon rapide di calata. S19 è circa 10 m. più in alto, sulla sx, a camino concluso.
L21 - Spigolo fatiscente; tenere la sx. Impressionante la vista sul muraglione giallo alla sua sx.
L22 - Fessura obliqua verso dx e serie di strapiombini; libera per Dario [VII/VII+];
L23 - Breve placca compattissima; 3 p.A. anche per il socio.
L24 - 15 m. in traverso a sx su cengia; poi muretto friabile, placca, diedro [tutto molto instabile], cengia, ancora a sx; sosta su 1 fix [VI o V+/Ao];
L25 - Non ricordo bene; parete rotta; comunque non è III. Noi abbiamo fatto sosta su cengia sopra una macchia di mughi; la sosta giusta dev'essere sotto; la nostra sosta è in posizione pericolosa per la possibile caduta di macigni sospesi; anche la sosta originale non dev'essere messa bene, quanto a potenziali bombardamenti;
L26 - Fessura, al suo termine 1 m a sx fino a un albero, quindi di nuovo a dx; da qui in obliquo a dx per parete rotta a un pino; Dario vi attrezza una sosta intermedia per evitare eccessivi attriti [30 m - VII+];
L27 - A sx per parete erbosa a un bel toboga scavato nel muro; quindi diritti e a dx;
L28 - Muro strapiombante a tacche; atletico; per Dario 2 p.A., mi pare;
L29 - Strapiombo fatiscente; in pochi m 5 fix, che Dario tira senza ritegno [la roccia è davvero pessima]; quindi più o meno diritti per roccia vegetata a blocchi, un po' più solida, fino a poter obliquare a sx a un boschetto sospeso sotto la nicchia di fine itinerario; sul libro di via sono riportate 2 ripetizioni [2011] oltre a quella degli apritori;
L30 - Dario non trova la traccia d'uscita segnalata dagli apritori e sale un diedro-fessura inclinato che vince il muro terminale circa 20 m a sx rispetto alla nicchia di fine via; ben proteggibile a friend, roccia discreta.
Discesa
Salire il bosco sommitale sfruttando un vasto, ripido canale sulla dx e uscendovi dal colletto al suo termine; da qui è ci si imbatte nel sentiero [poco segnato] che sale dalle Sarche; a questo punto o si scende per esso fino a fondovalle [circa 3 ore - noi l'abbiamo trovato innevato e abbiamo abbandonato l'idea] o si sale per altri 50 m. di dislivello circa fino al bellissimo pianoro sommitale e al rif. Don Zio. Di qui diverse possibilità di discesa.
Noi abbiamo imboccato il sent. 411 fino a Comano dove siamo stati raccattati da mio fratello Stefano che - gliene sarò infinitamente grato - ci ha poi scarrozzati comodamente in auto fino a Pietramurata.
Sono su L2.
Ora lo so: abbiamo sbagliato attacco.
Dritti sulla verticale della "nicchia friabile".
E invece la via sale più a sx, per facili rampe.
Ma ormai è fatta.
E' stato Dario.
Anche lui, come Ralf uomo da VII+ sprotetto in montagna, non riesce a distinguere tra un III e un V+.
Abbiamo attaccato alla dx del canale creato dai colatoi che scendono dalla nicchia friabile. Invece che a sx.
Motivo?
"Attacchi qui, segui l'esile cengia verso sx e poi ti butti sulle rampe ascendenti verso dx", ha detto lui.
Beh...
Uscito dall'esile cengia, io ho provato a portarmi a sx.
Ma, a meno di lanciarmi su compatte placche di VI [e non avevo piazzato niente su tutto il tiro], l'unica alternativa di salita era il canale all'immediata sx dell'esile cengia. Per esso al catino soprastante. Sosta su 2 fix ["Transylvania"?].
Poi lui era partito in obliquo a sx su ripida placca mirando alle facili rampe, laggiù in fondo.
Ma, siccome oggi arrampica con gli scarponi rigidi causa dito rotto a un piede, è dovuto tornare in sosta: gli scarponi rigidi su placca non si spalmano.
Così sono ripartito io.
Rigola, traverso a sx in placca, diedro poi evolvente in due fessure, una a sx e una a dx.
Quella a dx sembrava più proteggibile [friend Ande 5 in ottima spaccatura].
Ma non ci arrivavo.
Quindi su a sx.
E adesso sono qui, incastrato contorto nella fessura, ad ansimare.
Niente di piacevole, purtroppo.
Per fortuna ho piantato un ch un paio di m. sotto.
Sto cercando di capire come proseguire e, soprattutto, dove mettere la prossima protezione.
Dario mi fa: "Ormai è tardi. E, con gli scarponi, in aderenza non riesco ad arrampicare. Buttiamo le doppie e andiamo a fare la 'Che Guevara' [la ferrata che attraversa sulla sx tutto il paretone del Casale]. Almeno non buttiamo via la giornata...".
Ansimo e sbuffo.
"Adesso non riesco a piantare ch; figurati attrezzare calate... Fammi salire ancora un po'...", rispondo.
Mi alzo trenta cm.
Davanti ai miei occhi nella fessura si materializza un ch., refugium peccatorum.
Più in alto un ch a U.
Qualche altro avventato pellegrino dev'essere passato di qua.
In libera equilibristica salgo l'ultimo tratto di fessura e il diedro seguente e attrezzo sosta [1 ch e 1 fr] nella soprastante nicchia.
A meno di abbandonare il friend, di qui non ci si cala
Dario, nonostante gli scarponi, sale imperterrito il suo VII di placca e fessura e mi raggiunge.
"Vado a vedere se di là [a dx] trovo un'altra sosta a fix. E ci caliamo", propongo.
Quando sono "di là", niente soste a fix.
Sarà così per tutto il giorno.
Prima saliamo per vedere se dalla cengia mediana si riesce a traversare alla ferrata.
Poi, considerato che abbiamo tempo, saliamo per verificare che il diedro Steinkotter sia ancora al suo posto [è ancora lì; gli arbusti sono diventati alberelli, ma lui è ancora lì].
Quindi ci spingiamo ancora più a sx e in alto per dare un occhio ai camini al margine sx della placconata di "Fiore di Melo", che invece già conosciamo.
E. arrivati a questo punto, perché non proseguire altri 200 m. per un thé tardivo al boschetto sospeso sommitale?
Infine, visto che sei lì, vuoi lasciare inscalato il piacevole camino friabile di IV+ [per modo di dire] con cui si conclude la via?
Così, tra un "dài, ancora cento m." e l'altro, alle 19.00 siamo alla "bella vallecola verdeggiante" d'uscita [cit.].
Sta calando il buio.
Qualcuno ha lasciato lì, sotto l'albero di sosta, tre lugubri pali, ben stondati e tagliati netti alla base, ciascuno con un ancor più lugubre ch da roccia conficcato sul fondo.
E qualcun altro [camosci, spiriti, il vento?] da sopra fa cadere pietre.
Su noi, miseri naufraghi del Casale.
Dario telefona a casa: "Faremo tardi".
La discesa nel bosco sarà lunga.
Partiamo lasciandoci alle spalle la parete e quel posto misterioso e, nel silenzio più completo, ci inoltriamo nella foresta.
V - Pedalato ieri, eh? D - E come no: su L4 [sulla carta V, in realtà un bel VI poco proteggibile su roccia marcia], altro che pedalate! Qui, sul petto, ho tutto un ciuffo di peli nuovi nuovi... V - Neri? D - Eh no... Si sono sbiancati già nello spuntare, per lo spavento...
Ride.
D - Comunque è stata una bella giornata. Hai presente quella storiellina zen... ? V - Quale? D - Quella
del tipo che, inseguito da una tigre, nella fuga si trova sull'orlo di un dirupo e, con la belva che gli sta addosso, non può fare altro che azzardare la salvezza buttandosi nel vuoto.
Nel cadere, si trova tra le mani un arbusto.
D'istinto lo afferra.
Ma questo si spezza e resta attaccato alle radici solo con qualche esile fibra.
L'uomo, avvinghiato alla parete [e alla vita] tramite un così fragile ancoraggio, si rende conto che non può fare altro che aspettare la fine.
In quel momento vede davanti a sé una pianticella di fragole, nata chissà come sull'orlo del precipizio.
Un frutto rosso maturo è lì, pronto per essere mangiato.
L'uomo lo afferra e, senza tanti complimenti, ... gnam! V - Sì, conosco la storia. E allora? D - E allora ieri, mentre ero su L4, l'ultima protezione [un ch così così] tre m. sotto il culo, le mani su roccia terrosa e puntando a un ciuffo di ridicoli rametti da usare come protezione aggiuntiva... Beh... Ti sembrerà strano... Ma mi stavo godendo la giornata... V - Te l'ho già detto: dovresti farti curare! Ci sono maniere più sane e meno contorte di spassarsela... D - Non mi hai capito. Non è che stessi provando piacere perché ero lì. Ma ero sereno nonostante fossi lì. V - Vuoi dirmi che non avevi gli occhi sbarrati per il terrore e la gola secca? D - Certo... Occhi sbarrati e tutto il resto... Però ero anche contento. V - Mah... Resto dell'idea che non sia necessario cacciarsi in guai simili per stare bene. D - E se qualcuno avesse la testa così dura che, senza esperienze del genere, non riesce a rendersene conto? V - Mmm...
Silenzio.
D - Senti... Ma eri tu a tirarci le pietre ieri sera, nella valletta d'uscita? V - E certo che ero io? Chi vuoi che fosse? Il babau?
Ride.
D - E perché lo facevi? Avresti potuto colpirci... V - Chi lo sa? Un impulso del momento... Forse perché qualcuno ha la testa così dura che capisce certe cose solo a sassate?
Ride.
Poi sento solo un fruscio tra i rami.
Meno interessante e con roccia più friabile rispetto a "Fiore di Melo".
Solo per amanti del genere.
Noi abbiamo usato friend e microfriend [fino al 5 Ande], nut, ch,
cordini.
Quasi tutte le soste sono da attrezzare.
Ho molti dubbi su caratteristiche delle lunghezze e loro susseguirsi [!].
Attacco [sbagliato] - A dx del canale nella conoide che costituisce la continuazione dei colatoi originati dalla "nicchia friabile" [rel. Filippi].
L1 - Per paretina a un'esile cengetta che si segue a sx fino al suo esaurirsi nel colatoio principale; per esso a un catino. Sosta con 2 fix (30 m. – V).
L2 In lieve obliquo a sx per vago toboga. Sotto una verticalizzazione della parete a sx per placca compatta fino a un diedro obliquo a dx. Quando questo si biforca, salirne il ramo sx [2 ch] e il diedro in cui la fessura evolve. Sosta da attrezzare in una nicchia (50 m. – VII-).
L3 – Si aggira uno spigolino a dx della nicchia di sosta [ch con vecchio cordone]; ancora in obliquo a dx fino a un fessurino [ch in alto] per il quale si perviene a un catino; per il suo margine sx alla "nicchia friabile" (50 m. – VI).
L4 – A dx della nicchia friabile per rampa ancor più friabile. A un ch a sx e diritti fino a un cespuglietto; puntare a uno stiminzito, ma solido bonsai; oltrepassarlo sulla sx e proseguire lungo l'esile fessura in cui l'alberello ha posto radici; appena possibile, per placca friabile a sx a un colatoio terroso; sosta su albero (40 m. – VI+).
L5 – Per spigolo friabile che origina a dx della nicchia in cui si trova l'albero; al suo termine a dx per 3 m.; poi diritti per facili rocce fino a uno spuntone a dx di un alberello (55 m. – V).
L6 – Rampa [1 ch circa 10 m. sopra lo spuntone di sosta]; appena possibile uscirne a sx per parete articolata, obliquando per essa a sx. Sosta su alberello e - mi pare - ch da piantare non ricordo dove (45 m. – V).
L7 – In obliquo a sx rimontando diverse costole fino a un camino. Sosta con 2 fr sotto un tetto (45 m. - III).
L8 – Sul fondo del diedro e per le successive paretine più o meno diritti con sosta non ricordo dove (50 m.
–
V).
L9 – Più o meno in obliquo a sx per muretti e paretine. Sosta su sano alberello (50 m.?
–
V-).
Proseguire traversando in conserva per circa 200 m. sulla vasta cengia mediana fino all'evidente diedro alberato che, sulla sx, interrompe la continuità della muraglia soprastante [II].
L10 – Come per "Fiore di Melo": si sale il camino (roccia a tratti friabile), al suo
termine si
esce a sx e si prosegue poi per il canale successivo fino ad un albero
di sosta. Un vecchio chiodo e cordini antichi assai dimostrano
precedenti passaggi: Steinkhotter? Amigoni? (40 m. – V).
L11 – Diritti qualche m. nel diedro soprastante. Poi obliquare a sx fino a prendere un sistema di cenge friabili che porta verso sx. Oltrepassare uno spuntone con vecchissima fettuccia e il seguente tratto friabile e fare sosta da qualche parte in un punto nel quale la cengia si allarga (50 m. ca
–
V).
L12 – Ancora in traverso e in obliquo a sx fino a prendere un diedro sovrastato da un albero [meglio fare sosta qui]; raggiunto l'albero, a sx per placca e successivo diedro; prima che questo entri in un catino, sosta [da attrezzare con 2 ch] (45 m. – V).
L13 – Diritti sopra la sosta a un bonsai; da questo a dx a uno strapiombo friabile; superatolo, in obliquo a sx a un vago spigolo con alberi. Sosta da attrezzare da qualche parte a dx dello spigolo (50 m. ca – V+).
L14 – [Forse] per canale di nuovo sullo spigolo. Restando sul filo, si raggiunge un terrazzo pianeggiante con un grande mugo (30
m. – IV+).
L15 – [Forse] Placca e diedro a sx del mugo; poi a dx non ricordo bene come [mi pare fessure] (40-45 m.
m. – V).
L16 – [Forse] Si è alla base di una placca a gradoni, delimitata a dx da un pilastrino addossato alla parete; salire la placca, rimontare il pilastrino e tornare a sx fino a un ch di via; da questo in obliquo a dx fino a un albero; ancora a dx in un canale alberato [sosta su uno degli alberi sulla dx del canale, per evitare la certa sassaiola che scaricherà il primo salendo il tiro successivo (IV+ – 35 m.).
L17 Nel canale puntando a dx a una cengia con alberi
(40 m.? –
IV-).
L18 – A dx fin sotto una bella placca a gradoni, improteggibile. Salirla più o meno diritti fino a 2 solidi alberelli di sosta (50 m. – V-).
L19 – In traverso a dx entrando in un canale. Salirlo e, appena possibile, a dx per fessure con alberi [?] fino a una cengia (50 m.? – V).
L20 – A dx, alla base di un diedrino. Salirlo e, al suo termine, appena a sx a un ch alla base di una bella placca [altri ch visibili]. Salirla in lieve obliquo a sx fino a una nicchia erbosa con 3 ch di sosta (45 m. [?] – VI).
L21 – In lieve obliquo a sx per placca: rimontare uno spuntone [cautela]; poi diritti e appena a sx per placche e fessurine fino a un pilastrino [fin qui qualche ch]; dal vertice del pilastrino diritti puntando a grandi mughi (50 m. -
VI).
L22 – Oltrepassare a dx la macchia di mughi e superare il salto soprastante per diedrino e fessure che puntano a dx fino a una sosta sotto un pilastro più o meno sul filo di spigolo tra il diedro della Detassis e la parete appena salita (45 m. -
V-).
L23 – In traverso e in lieve obliquo a dx fino all'ultimo boschetto sospeso. Sosta su albero (50 m.
– IV).
L24 – Sul vago filo di spigolo, ghiaioso. Appena possibile, traversare a dx nel bosco fino a una macchia d'alberi sotto una paretina (45
m. – I).
L25 – Superare la paretina e traversare a dx fino al blocco megalitico che ostruisce l'uscita verso i boschi sommitali (45 m. – III).
L26 – Si sale una fessura non molto sana a dx della paretina erbosa e friabile descritta come L23 nella seguente rel. [kevlar giallo lasciato da prec. ripetitori], si entra a dx in un varco invisibile da sotto e si traversa a dx per 15 m. su rocce facili e conca erbosa fino a un comodo albero di sosta (35 m. – VI-).
Tempo impiegato: 11 ore circa.
Discesa: cfr. rel seguente [qualcuno ha tracciato con bolli gialli la prima parte del traverso] (rel. 6 ottobre 2008).
Azzoni, Amigoni, Zanchi, Della
Longa - VI+ (1235
m.)
Dialogo avvenuto in uscita tra
me e Dario
Sandrini.
- Dario: "Bella via!".
- Sandro: "Sì, è come attraversare un deserto
verticale".
- D (con ironia): "Come sei poetico!".
Dario aveva ragione. Mi sarei dovuto esprimere in altro modo. Qualcosa
tipo: "Sì, bella ravanata tra comodini volanti".
In realtà la via mi aveva lasciato dentro qualcosa.
Osservando
le creste selvagge sulla destra della linea di salita, con faggi
immensi che protendevano i loro rami su un vuoto nauseante e le pareti
gialle, sempre alla nostra destra, tagliate da un immane e minaccioso
camino
di roccia livida, avevo come la sensazione di essere entrato
in un mondo "altro".
E questo aveva trasformato la "ravanata tra
comodini volanti" in qualcosa di diverso. Ne avevo nostalgia
già
in auto, al ritorno.
Comunque, ecco la
(lunga) relazione.
L1 – Si attacca per diedro con erbosa fessura di fondo. Si
supera una
prima difficile verticalizzazione (1 ch. angolare non molto visibile
poco sopra l’arbusto) e si prosegue oltre la prima sosta,
lungo la
continuazione del diedro. Al suo termine ancora a dx per rampa e
cengia. Sosta
su spit nuovo (60 m. – VI+).
L2 – Sopra la sosta per rocce articolate, poi a sx per cengia
fino a un
evidente camino. Lo si sale e, traversando a sx per cengia, si va a
fare sosta ad un albero alla base del gran diedro grigio visibile fin
dalla strada (60 m. – IV+).
L3 – Si percorre il diedro, prima alla sua sx e poi sul
fondo,
superando alcuni strapiombini. Gli ultimi 20 m. prima della nicchia di
sosta sono proteggibili solo con friend grandi (max misure Camalot ).
Al termine del tiro faccio a Dario: "Se mi fischiavi giù
nell'ultimo passo duro, arrivavi in sosta...". Risposta di Dario: "Non
dirlo neanche per scherzo!" (60 m. – V+).
L4 – Si salgono gli ultimi metri del diedro. Poi per cenge a
sx. Sosta
su spuntone (40 m. – IV+).
L5 – A sx della sosta per rampa, poi diritti e lievemente a
dx. Sosta
su albero (70 m. – III+).
L6 – Diritti e un po' a sx per rado bosco puntando ad un vago
colatoio
alla base di
un salto grigio (65 m. – Facile).
L7 – Si sale la facile placca fino al suo termine e si fa
sosta (da
attrezzare) in un'accogliente nicchia (65 m. - IV-).
L8 – Per rampa e fessura sopra la sosta (il passo
è proteggibile
con un friend medio in buco non molto visibile) e poi per boschi,
puntando a dx. Sosta su alberi in corrispondenza di un crinale (60 m.
–
IV+).
L9 – Si può procedere in conserva breve ad
aggirare sulla dx un
avancorpo sul quale è posto il camino di L10, traversando
prima
a dx per rado bosco e cenge, salendo poi diritti per rocce rotte e
tornando poi a sx per terrazze erbose fino alla base di un camino
ostruito da alberi. Sosta alla sua base su nut e friend (100 m.
–
II/III).
L10 – Si sale il camino (roccia a tratti friabile), al suo
termine si
esce a sx e si prosegue poi per il canale successivo fino ad un albero
di sosta. Un vecchio chiodo e cordini antichi assai dimostrano
precedenti passaggi: Steinkhotter? Amigoni? (40 m. – V).
L11 – Si prosegue per il camino fino ad una cengia, si
obliqua a dx,
si risale un muretto fino ad arbusti e si traversa a dx
usando per le mani una spaccatura netta. Sosta da attrezzare con chiodo
e friend alla base di un diedrino grigio appena inclinato a sx (30 m.
–
V+).
L12 – Si sale il diedrino, si raggiunge uno strapiombino
fessurato, lo
si supera tirando con delicatezza le prese, si traversa 1 m. a sx e si
prosegue diritti per bella placca a gradini con buone prese (alternate
a prese già meno buone: scegliere con cura!), si arriva ad
una
nicchia con arbusto, si sale di altri 5 m e alla successiva nicchia con
alberello si fa sosta. Usati 2 friend medio-piccoli, 3 nut piccoli, 1
ch di passaggio e 1 ch di sosta (45 m. – VI/VI+).
L13 – A dx della sosta e poi diritti per placca a gradini
dalle
difficoltà contenute, ma che offrono scarse
possibilità
di protezione. Sosta su arbusto (mi pare) (60 m. – IV).
L14 – Appena a dx della sosta puntando a due mughi, poi
lievemente a sx
in direzione di un vago diedrino dalla roccia delicata (usato 1 ch di
passaggio), se ne esce a sx appena possibile e per bella placca a
gradini si arriva sulla cima di un vago pilastrone. Sosta su albero (60
m. – IV+).
L15 – Per muretti e dossi di roccia friabile alla base di un
diedro. Se
ne sale il lato sx e si prosegue lungo la parete alla sua sx fino ad
una nicchia sopra il diedro. Sosta da attrezzare con 2 chiodi in roccia
molto dubbia (V+ – 55 m.). Meglio far sosta
all’albero alla base del
diedro.
L16 – Si esce dalla nicchia a dx, si prosegue per camino
dalla roccia
friabile, lo si abbandona puntando a dx e si va a sx a due alberelli da
usare come protezioni per l’attraversamento della
soprastante, bella
placca compatta di roccia grigia, che si supera con un obliquo da sx a
dx fino a una vaga fessura. Raggiuntala, si pianta 1 ch (anche se a
quel punto non serve più a molto) e si raggiungono 2
striminziti
getti di mugo, ai quali si fa sosta. Qualcun altro aveva scavato prima
di me attorno alle radici delle sventurate piante (50 m. –
V+).
L17 – Diritti per placche appoggiate fino ad arbusti di sosta
(60 m. –
IV).
L18 – Si aggira a dx un breve salto di placche compatte e si
raggiunge
un pilastrino alla base di una delle fessure erbose che tagliano la
bastionata grigia terminale (noi abbiamo scelto quella sulla
verticale di S18). Sosta su nut e friend (40 m. – II e 1 p.
V- per
arrivare al pilastrino).
L19 – Per fessura e pilastrino si supera la prima
verticalizzazione del
muro e si prosegue per rocce più facili fino a un chiodo a
lama
(di via) che protegge (per modo di dire) una magnifica placca grigia.
Si punta a dx, a una sottile fessura. Si chioda (con
difficoltà)
dopo circa 10 m. e si prosegue diritti per rocce più facili
fino
alla sosta su cengia – 1 chiodo di sosta lasciato da altri.
Per il tiro
Dario ha usato 2 friend micro, 1 ch angolare e 1 nut medio (60 m. -
VI/VI+).
L20 – A sx della sosta si sale una bella placca compatta e
improteggibile, puntando alla base di un diedro verticale (buoni
alloggiamenti per friend medio-piccoli), se ne sale la fessura di fondo
fino al suo termine e si esce su pendio ghiaioso con passaggio
delicato: trazione su ciuffi d’erba. Se volavo, non avendo un
friend 5
Ande per l'ultjmo tratto della fessura, fischiavo fino in fondo alla
parete, cenge permettendo, in compagnia del buon Dario. Meglio avere il
friend per proteggersi! Poi si punta a una nicchia con albero. Volendo,
si può proseguire per altri 10 m. fino ad un cespuglio (V+ -
60
m.).
L21 – Per rado bosco, diritti e lievemente a sx (45 m.
– facile).
L22 – Si aggira sulla sx un breve risalto roccioso (vista
impressionante su grande voragine gialla – "Via del Gran
Diedro"?) e si
traversa a dx puntando al grande camino d’uscita. Sosta su
alberi (60
m. – III).
L23 – Si sale una paretina erbosa e friabile a sx dei grandi
macigni
incastrati, si entra a dx in un varco invisibile da sotto e si fa sosta
su spuntone (20 m. – V molto delicato – Roccia
pericolosa: Dario ha
impiegato un bel po' prima di superare il passaggio. Forse sono
possibili
alternative).
L24 – Si scende il pilastrino e si accede alla bella
vallecola
verdeggiante che facilmente conduce all'uscita (25 m. - III).
La "bella vallecola verdeggiante" è per far contento Ginetto
Maffezzoni. Dice che sarebbe più interessante leggermi se
scrivessi in modo più fantasioso...
Tempo impiegato: 9 ore e 30' circa.
La discesa avviene tagliando in obliquo e in discesa la pala boscosa
oltre il colletto che delimita la "vallecola". In 10'-15' si arriva al
sentiero per il rif Don Zio che tra stupendi boschi di faggi
comodamente riporta a valle.
Alla capanna forestale Dario spera sempre di trovare due procaci
ragazze (una per ciascuno) che, dopo averci preparato l'acqua calda per
il bagno e dopo averci rifocillati a dovere, non desiderino altro che
di rincuorare gli alpinisti stanchi e provati (cioé noi).
Questa volta abbiamo incontrato una coppia di signori di mezza
età in SUV.
Mi sa che Dario ha qualche problema di comunicazione col suo genio
della lampada...
Ah, dimenticavo: poche foto! Durante la via, avevo altro a cui pensare.
Filippi, Bazzanella - VII+ (fino a L9
della rel.
Filippi )
Bella via sportiva su placche compatte.
Alcuni tratti
su ghiaione richiedono cautela.
L1 - Attacco circa 40 m. a sx dell'attacco di "Alba Chiara" - Bel
diedrino formato da un pilastro addossato alla parete. Al suo termine
si traversa a sx per salire poi diritti alla sosta (40 m. - VII-).
L2 - A sx della sosta fino a un diedro. Lo si sale e si prosegue per il
successivo colatoio fessurato. Poi in lieve obliquo a dx per difficile
sistema di fessure superficiali e placca. Da qualche parte ci deve
essere una sosta intermedia che Dario Sandrini non trova. Dario si
ferma all'inizio del traverso di L3 della rel. Filippi (40 m. - VII+).
L3 - Si completa il traverso a dx e poi si torna a sx per belle
placche, fin sotto un risalto (15 m. - VI+).
L4 - Si sale un muretto a dx della sosta, il successivo tratto di
ghiaione e un secondo muretto e per cresta di rocce rotte si va alla
scomoda sosta sospesa (40 m. - IV).
L5 - Si supera il difficile muretto sopra la sosta, si piega a sx e si
torna a dx con alcuni difficili pass. (mi è sembrato strano
il
6a attribuito da Filippi al tiro); si perviene a una rampa obliqua
verso dx (non ho trovato la sosta indicata da Filippi), la si segue e,
al suo termine, si scende a dx, a un'ampia cengia (spit da usare come
sosta provvisoria - 60 m. - VII). Si traversa lungo la cengia
per 10 m. fino alla sosta giusta (10 m. - facile).
L6 - Placca a sx della sosta fin sotto un tettino. Se ne esce a dx e si
sale la placca successiva in obliquo a sx (25 m. - 6b).
L7 - A dx della sosta per rocce articolate, poi diritti e di nuovo a sx
per pilastrini e placche. 3 spit impegnativi sotto la sosta, il primo
dei quali così così. Mi riposo sullo spit prima
di
provare il pass. in libera. Dalla prima sosta che si incontra salendo,
è meglio proseguire a sx per 10
m. circa: sosta molto più comoda su cengia (40 m. -
VII+/VIII-).
L8 - Sopra la sosta per vago diedrino. Arrivato all'altezza di S7 di
"Viaggio nel Passato", Dario piega a destra e sale L8 di quest'ultima -
(rel. 25
maggio 2006).
I gradi riportati - in traduzione UIAA della gradazione sportiva di
Filippi - non sono paragonabili ai gradi UIAA della via che segue,
molto più impegnativi.
la sosta al 5 tiro c'è; ma gli spit sono stati schiacciati da sassi caduti (sarebbe meglio cambiarli: la sosta è precaria).
E' comunque vero che il tiro è un 6a molto delicato; e forse uno spit intermedio eviterebbe di schiantarsi sulla cengia 15 metri sotto in caso di volo...
Anche l'uscita del 3 tiro dopo il traverso di 6b è delicata; e una protezione prima della sosta non ci starebbe male...
Portare qualche cordino da sostituire alle soste: quelli esistenti sono marci..,
Comunque bella salita, non di forza ma di tecnica sottile...
Bravi gli apritori per l'ottimo lavoro
Mario Taller
Viaggio nel Passato
Larcher, Sebastiani - VII (745 m.)
Note a margine del primo tentativo...
Ginetto Maffezzoni si è appena
staccato dalla sosta e, come da abitudine, chiacchiera anche
arrampicando. Può permetterselo: più sopra
c'è
Dario Sandrini ad assicurarlo. Se fosse da primo, sul tiro chiave della
via (e che tiro chiave!), il suo cervello sarebbe impegnato in
tutt'altro che nel fargli muovere i muscoli della lingua.
"Ero sul traverso e... track, mi si è staccato un
pilastrino.
Che m...", fa.
"Già, che marceria", ribatte Ralf Steinhilber che, sul
traverso,
per la rottura di un appiglio è appena volato, per fortuna
da
secondo e con l'unica protezione di quel tratto vicina, e sta
aspettando in sosta - una sosta bruttina (2 ch e 1 friend: la
protezione migliore è il friend) - il suo turno di partire.
SBRAANGGG!!!
Ralf e il sottoscritto si ritrovano curvi con Ginetto sul groppone.
Il tedesco ha un'escoriazione al polso, io un dolore sordo al ginocchio
sinistro.
Che cosa diavolo è successo?
Alziamo la testa.
Ginetto si lamenta, alza il pantalone sinistro e si guarda lo stinco:
un taglio, piccolo ma profondo, gli attraversa lo spigolo della tibia.
Più sopra, due simpatici pilastrini dall'aria macilenta...
non
ci sono più, precipitati a valle dopo averci sfiorati.
Ginetto grida a Dario: "Tiraaaa!!!" e in breve conclude il tiro.
Poi parte anche Ralf, da primo. Nonostante i chiodi lasciati da Dario,
sale rigido.
Del resto, dopo il voletto sul traverso e lo "SBRAANGGG"...
Io ripeto il tiro schiodando e li raggiungo.
"Che cosa facciamo?", chiede Dario. Vicino, a sx, ci sono i fix di
"Mani di Fata".
Il cielo si è rannuvolato e ha già lasciato
scappare
qualche goccia di pioggia.
Ginetto è per scendere, Dario e Ralf per proseguire.
"Allora, che cosa decidi?", insiste Ralf.
"Devo decidere io? Che responsabilità!
"Mmm... Beh, la parete chiama... E i modelli meteo matematici indicano
un miglioramento dalle 15.00. Andiamo avanti?", rispondo.
"Bene. Vai avanti tu?", fanno i colleghi.
"Sì, sì...".
La relazione di Filippi - questa è una di quelle random -
dà un tiro di VII. Ma il diedro a dx della sosta sembra
facile.
Prendo il materiale e parto. Supero il diedro e il successivo muretto.
Mentre cerco la sosta sulle merdose placche a dx indicate dalla
relazione, ricomincia a piovere.
Dopo aver a lungo cercato i chiodi in quella direzione, abbandono le
indicazioni della relazione random e seguo l'istinto. Uno facile
spigolo arrotondato sopra il diedro sembra condurre verso l'alto.
Muovendomi goffo tra rocce ballerine, arrivo a una sosta, alla dx di un
cengione in cui si allarga l'"orrido canale" descritto da Filippi come
riferimento per la "Via Vedovella".
Sarà la sosta giusta?
"Sostaaaa!!! Molla tuttoooo!!!", grido.
"Scendiiii!!!", mi risponde Ralf". "Il tempo è
bruttooo!!!".
Mi calo, mentre già il sole torna a fare capolino tra le
nuvole.
Non era destino...
Nota a margine del secondo tentativo
Sono le 22,30.
Nel bosco è buio pesto. E non si sente cantare né
una sgjarovana
(gufo in carnico) né un pivic
(civetta). Anche i
grilli tacciono. Corre qualche brivido lungo la schiena, al muoversi
minaccioso
delle ombre alla oscillante luce dell'unica frontale in nostro possesso.
Dario e io usciamo dal sentiero e arriviamo sulla statale che sale
dalle Sarche.
"Prendiamo la scorciatoia", gli chiedo.
"Mah, proviamo a scendere lungo la strada e a fare autostop. Magari
qualche buon samaritano ci dà un passaggio", risponde.
Io ci credo poco, ma mi incammino con lui sull'asfalto e caccio fuori
il dito al passaggio delle auto.
La seconda si ferma e ci carica...
Devo almeno un paio di birre (e due ne deve Dario) al gentilissimo
ragazzo di Pietramurata che, ieri, dopo 13 ore di lotta con l'Alpe sul
Secondo Pilastro del Monte Casale e 1 ora e mezza di discesa nel bosco
di notte, nonostante puzzassimo come caproni e avessimo l'aspetto di
due briganti, ci ha riportati alla nostra auto.
Insomma, è stata una fortuna che domenica 21 maggio 2006
l'Allegra
Compagnia in
Viaggio per il Passato si sia ritirata.
Se avessimo deciso di proseguire, avremmo di sicuro passato la notte
tra comodini volanti e... improvvisati letti traballanti!
Meditare a lungo e in profondità prima di
deciderne la ripetizione. La roccia
è in più punti dubbia e l'arrampicata difficile
da
proteggere.
L1 - Attacco come per "Alba Chiara". Diedro inclinato a dx. Difficile
passaggio di ingresso. Conclusa la prima parte del diedro, traversare a
sx, prendendone il ramo di sx. Verso il suo termine a dx per facili
placche. Sosta su 1 spit (60 m. - V+).
L2 - Si supera un facile muro di rocce rotte e si attraversa a dx, fino
a una sosta con uno spit nuovo (30 m. - III).
L3 - Si aggira a dx un avancorpo, si imbocca una rampa verso sx e si
entra in un evidente, lungo diedro erboso, difficile da proteggere.
Verso il suo termine, uscirne sulla sx per rocce più facili
e
rientrarvi appena possibile per cengia con striminzito alberello.
Cautela! (55 m. - IV+).
L4 - A dx della sosta per muretto e cengia. Ancora a dx e, sotto la
verticale del diedro che costituisce il confine dx dei grandi tetti
soprastanti, salire diritti fino all'albero di sosta di "Alba Chiara"
(30 m. - V).
L5 - Traverso a sx per cengia erbosa (45 m. - IV).
L6 - Sul fondo del soprastante diedro ad arco, tenendosi a sx in placca
dopo 5/6 m. da S5. Traversare a sx per muro a tacche con tenuta a
sorpresa, superarne una difficile verticalizzazione e tornare sul fondo
del diedro quando questo ritorna a salire diritto. Sosta scomoda (35 m.
- VI).
L7 - Per fessura orizzontale a prese dubbie fino a uno spit. Si sale la
soprastante placca fino allo spit successivo e, a un ch, si piega a sx
seguendo il soprastante sistema di fessure orizzontali. Si prosegue in
traverso a sx (in lieve ascesa) per muro a mammelloni con tenuta random
(non è facile preoteggersi - occhio!) fino a sotto un poco
evidente pulpito sostenuto da un agglomerato di comodini volanti e
situato verso la fine della linea di tetti. Proteggersi alla meglio
(friend 2 Ande in una fessura di dubbia tenuta e lama - da piantare -
in fessurino più alto) e traversare nella nicchia. 1 ch di
sosta
(40 m. - V/VI+).
L8 - Sopra la sosta fin sotto il tettino (possibilità di
piantare 1 knife blade nella sottile fessura sottostante), si sale la
soprastante lama (friend 0,5 Ande e analoghi), si entra in placca
(possibilità di piantare 1 ch universale in una fessura
orizzontale 2 m. sotto il primo ch di via), si sale diritti e in lieve
obliquo a dx e, al 2° ch di via (lama), si traversa
netti a
dx. Ci si protegge come meglio si riesce (Dario ha usato una lama in
una fessura in alto, ma il bordo sottostante ora è rotto -
durante il secondo tentativo sè protetto con un microfriend)
e
si
segue una difficile fessura orizzontale a dx, fino a rocce
più
facili. Di qui diritti alla sosta (30 m. - VII).
L9 - Sopra la sosta e poi a dx fino a entrare in un diedro
(proteggibile con un ch a U al suo inizio, anche se temo che il bordo
sx della fessura in cui l'ho piantato si sia staccata: il ch, a fine
battitura, non cantava più). Lo si sale. Al suo termine se
ne
esce a dx per aggirare una macilenta verticalizzazione della parete e
appena possibile si torna a sx per salire lo spigolo arrotondato sopra
il diedro. Per rocce delicate ma facili a una sosta, che non so se
è di via (2 ch universali uniti da 1 kevlar e 1 cordino
vecchi)
(40 m. - V/V+). Fin qui il terminus raggiunto il 21
maggio 2006.
L10 - A dx per rampa fino a un'erbosa fessura obliqua a dx. Posto per
ch alla sua dx. Si sale di qualche metro (2 ch buoni di sosta), si
traversa appena a dx e si continua a salire lungo la fessura fino a una
sosta con 1 nut incastrato e 1 ch. 1 pass molto difficile, proteggibile
con 1 ch (anche se ho massacrato la fessura per recuperare la
protezione piantata
da Dario Sandrini) per arrivare al punto di fermata (35 m. - VII-).
L11 - In traverso a dx seguendo una netta fessura orizzontale. Appena
possibile si sale in obliquo a dx per facile placca. Sotto l'ultima
verticalizzazione del salto si piega a sx (2 ch buoni di sosta, a circa
40 m dai ch in mezzo alla nostra L10) e si sale alla cengia. Si
traversa a dx fino a un gruppo di alberi e si fa sosta al
più
solido di essi (40 m. - V).
L12 - Ancora a dx per cengia. Appena possibile, si rimonta un sistema
di gradini sotto la parete e si continua a traversare a dx fino
all'inizio del canale sulla verticale dell'evidente "diedro di 70 m."
per il quale sale la via. Si imbocca il canale e, con arrampicata
delicata, si arriva a un alberello. Si sale la placca alla sua dx per
tornare a sx verso la fine dela paretina. Sosta - brutta - da
attrezzare a ch in una nicchia sulla dx della vaga cengia in cui si
esaurisce la parete (50 m. - V+). La rel. originale dà sosta
prima. Forse si deve salire per il sistema di rampe a sx del canale da
noi salito.
L13 - Si prosegue sotto un tettino di roccia fatiscente, sempre sulla
verticale del diedro, e si continua a salire nel canale in lieve
obliquo
a dx. Ottima sosta dopo pochi metri (15 m. - V+).
L14 - Sul fondo del canale, ora evolventesi in diedro, seguendo la
linea migliore. Roccia appena meno marcia che sotto. Sosta a sx nel
punto in cui il diedro si fa netto (20 m. - VI).
L15 - Si afferra la fessura sul fondo del diedro e la si sale fino a 1
spit e 1 ch di sosta. Utili misure doppie friend 4 e 5 Ande, 3.5
Metolius (30 m. - VI+).
L16 - Sempre sul fondo del diedro, si supera un tettino e si prosegue
nella fessura anche quando il diedro si esaurisce. Dario fa sosta in
una nicchia con albero (30 m. - VI+).
L17 - Per fessura a una cengia (spit e ch di sosta a 8 m. dalla sosta
attrezzata da Dario). Di qui per roccia friabile sotto un tettino che
sovrasta la sosta puntando a dx a una lama di roccia rossa. Per essa si
traversa a dx e, a una fessura, si sale diritti superando un albero.
Ancora diritti fino a un pilastro staccato (è un po'...
tutto
staccato; attenzione!). A causa dell'attrito delle corde io sono
costretto ad attrezzare sosta - pessima - con 1 knife blade e 2
fettucce in un blocco incastrato (25 m. - VI).
L18 - Saliti sulla cima del pilastro staccato si entra nell'evidente
diedro a dx e lo si sale, aggirando a dx una zona di tetti. Al termine
del diedro a dx alla sosta. Arrampicata faticosa (20 m. -
VI/VI+).
L19 - Il pilastro sopra la sosta è tagliato da un sistema di
fessure. Lo si segue proteggendosi con nut e, quando questo si
esaurisce sotto una placca compatta, si traversa a sx un paio di m
sotto un piccolo colatoio con bidito. Lo si sale (ultima protezione -
nut piccolo in scaglia di dubbia tenuta) e, al suo termine, si prosegue
per diedro macilento fino a cengia sotto tetti gialli e rossi. Sosta da
attrezzare con 2 ch in fessura (30 m. - VI+). La rel dice di fare sosta
sotto una larga fessura. Per arrivarci è probabile che si
debba
traversare 2/3 m. a dx una volta arrivati alla base del diedro
fatiscente.
L20 - Si traversa a dx sulla cengia fino alla larga fessura, la si sale
(VI-) e, al suo termine, si traversa a dx (facile). Spit (di sosta?) in
corrispondenza di un comodo terrazzino. Si prosegue per un pilastro di
blocchi accatastati sulla verticale dello spit, sotto strapiombi si
esce a dx e si prosegue diritti per rocce rotte e diedrini fino a una
fessura netta che taglia una placca grigia. Salirla. Dario piega a dx e
va a fare una - brutta - sosta in corrispondenza della
sommità
di un pilastro, sotto un tetto e una placca gialla (40 m. - VI+).
Meglio proseguire diritti per diedrino
(ch) fino ad arrivare a un comodo terrazzino con spit di sosta.
L21 - Io taglio a sx per la placca gialla - con prese dubbie - e arrivo
al terrazzino con spit. Si è alla base del
grande diedro d'uscita. Lo si sale stando dapprima sulla sx (fessure e
lama rimbombante da usare al meglio per andare prendere il filo di un
vago spigolo a sx - ch a lama sotto mini-tetto), per entrare sul suo
fondo (a dx) appena possibile. Si segue la fessura di fondo, che in
alto evolve in camino-fessura e richiede incastri contorsionstici, fino
al suo termine. Torna utile doppio il 3.5 della Metolius.
Comunque non
è facile proteggersi: 2 sassi incastrati nella parte alta
della
fessura. Attenzione all'attrito delle corde. Sosta su alberi (45 m. -
VI+) - (rel. 25 maggio 2006).
Messaggio inviato nell'ottobre 2008 Noi l'abbiamo ripetuta il 5 ottobre 2008 quando voi eravate sulla Steinkotter; ringrazio per la foto sul tiro chiave. La via richiede una certa attenzione nei tratti meno "sani" e una buona dose di sangue freddo dove la roccia è talmente compatta che sembra di essere in Marmolada piuttosto che sul Casale (quindi niente chiodi!!!).
Posso dire che i tiri concepiti in origine sono 19, uno in piu rispetto a quelli che segna Filippi nella sua guida.
Il tiro non relazionato sulla guida "Versante Sud" sta nella parte bassa, sotto il diedro dove si dirama la via Alba Chiara.
Seppure i chiodi siano pochi (l'R3 di Filippi mi sembra molto stretto), la via è logica e chiara. Itinerario severo, ma che dona un'infinita soddisfazione.
Marco Abram
Le risposte di ddt
Presumo non foste voi una delle cordate attardatesi in parete...
Grazie per l'integrazione alla mia rel. di "Viaggio nel Passato".
Per curiosità, qualche parentela con quell'Abram?
Ciao e buone arrampicate!
Sandro
Le Placche di Ugand
Zanetti, Elfer - VIII-/A1 (700
m.)
Via molto bella, soprattutto nei tiri di
placca.
Arrivati
alla cengia sotto l'ultimo salto della parete, alla fine delle placche
grige, conviene scendere
(doppie comode):
gli ultimi due tiri salgono canali erbosi friabili, molto pericolosi.
Inoltre,
arrivati in cima, non ci si può calare, come potrebbero far
supporre
le ottime soste attrezzate della sezione sul grande pilastro.
Buona
parte delle lunghezze è ripetibile in libera, con
difficoltà
non superiori al 6c/6c+. Gli ultimi tre tiri prima della cengia sono
invece
un'altra faccenda: artificiale tecnico e faticoso e, in alcuni tratti,
libera
sostenuta tra uno spit e l'altro (6c o giù di li - La
relazione
di
Filippi relativa a quest'ultima sezione è del tutto
sballata).
Da non
sottovalutare.
Con Gino Maffezzoni, che mi
accompagnò
nell'occasione,
penso di essere uno dei pochi ripetitori. La via non è bella
in
sè,
ma per le esperienze psichedeliche che induce: ho un vivido ricordo del
terzultimo
tiro, nel quale mi trovai avvinghiato ad un comodino in fase di prevolo
(il
comodino, non io), a circa 3 metri dal sottostante chiodo (estraibile a
mano)
e alla disperata ricerca, non tanto di pertugi per piazzare le
protezioni
(tutto aveva l'aria di essere particolarmente instabile), quanto di una
presa
buona. Dopo quattro o cinque palpeggiamenti a vuoto, puntai in alto. Mi
andò
bene.
Comunque, niente manici da scopa. Si vede che qualcuno, che ne so...
una fattucchiera,
cui servivano per la sua ramazza volante, li ha portati via. I due tiri
in
traverso di A1 sono stati liberati da Ivan Maghella (VIII-). Se si
ritiene
di non passare in libera, meglio procurarsi un "furbo" per il secondo
dei
due: un friend cui mi ero appeso per raggiungere la protezione
successiva
decise di sgretolare la roccia che lo alloggiava e mi
abbandonò
alla
forza di gravità. Fui trattenuto da due nut "Jacopelli
original", apparentemente
ben incastrati (ma non si sa mai, anche considerando che la sosta
è
su chiodi a pressione). Detta così, sembra una cosa
drammatica.
Non
è poi così male, se si ha voglia di farsi quattro
(macabre)
risate, una volta finita la via.
Schnitzer, Habler, Mairoesl, Huber - VII+
(490 m.)
Via interessante, con chiodatura mista a
fix e chiodi
che necessita di un'integrazione a friend e nut. Tra 5 anni, a cunei di
legno consunti, sarà necessario 1 camalot grigio o viola
grande
per proteggere L4 e L7.
Belli i diedri di L4-L5, L7 e L8 e il pilastro attraversato dagli
ultimi 4 tiri. L9, L10 e l'inizio di L11 pericolose per blocchi
instabili.
Di seguito riporto alcune integrazioni alla rel. Scuolagraffer.
L1 - Un po' più lunga di 35 m.. Forse gli apritori avevano
corde
da 55 e pensavano di averne da 50. Molti tiri sono riportati
con lunghezze in difetto di circa 5 m. (40 m. - IV+).
L2 - Diedro a dx della sosta, poi lungo tratto sprotetto su roccia
dubbia in obliquo a sx. Sosta scomoda su pulpito (30 m. - V+).
L3 - Delicato traverso a sx, poi diritti per diedro fessurato. Sosta a
dx sotto il tetto. Può sfuggire a chi sale la lama in dulfer
e
non guarda a dx al suo termine (25 m. - VII-).
L4 - A sx sotto il tetto (cunei), poi ancora in traverso a sx.
Oltrepassato uno strapiombo, in verticale per fessura-diedro interrotta
da uno strapiombino (35 m. - VI).
L5 - Traverso degli Dei. Molto bello (25 m. - V).
L6 - Diritti per bella placca a gocce fino alla base del gran diedro
visibile dal basso (35 m. - V+).
L7 - Nel gran diedro con bella arrampicata (40 m. - VI-). Occhio ai ch:
non sempre si vedono.
L8 - Sempre nel diedro, assecondandone l'andamento. Quando torna
verticale, diritti per qualche m., poi uscire a dx per rocce rotte e
obliquare a sx fino alla sosta. E' possibile preseguire anche lungo la
continuazione del diedro, ma il tratto è strapiombante,
friabile
e sprotetto. A dx è solo friabile e sprotetto. Giovanni
Mostarda
sgancia un comodino da 2 kg sulla sua verticale 2 sec. dopo che io mi
sono spostato alla sua dx. Occhio! (40 m. - VI).
L9 - Merda varia diritti e in obliquo a dx. Sosta su albero (cordone)
(40 m. - IV-).
L10 - Merda varia diritti fino a un gruppo di alberi a sx. Partito
dalla sosta, non faccio nemmeno a tempo a dire ai miei
colleghi:
"Attenzione, qui si muove tutto", che tocco con il casco un blocco.
Quello, neanche a farlo apposta, si stacca e mi si appoggia sul casco.
Impossibile alzare la testa per capire che cosa sta succedendo. Sposto
appena il piede dx e lascio sfilare il macigno (5 kg circa) tra roccia
e petto. Il masso mi sfiora la caviglia e precipita con fragore
evitando per miracolo corde e colleghi. Davvero un
bel posto
di merda... Stare iper-attenti (40 m. - IV).
L11 - Tiro dalla partenza incerta, su roccia frabile. Superare uno
strapiombino sotto un evidente ch scuro. Raggiuntolo, traversare a sx
di 5 m. fino a oltrepassare uno spigolo e seguire i ch e gli spit fino
alla sosta (che è non alla prima, ma alla seconda cengia che
si
incontra) (40 m. - VI).
L12 - Tiro chiave. Seguire i fix fino al tettino del passaggio chiave,
la cui difficoltà consiste nel capire se lo si deve passare
a sx
o a dx. Io, che non intuisco, sono costretto a fermarmi dopo essermi
incrodato per essere salito dalla parte sbagliata (30 m. - VII+).
L13 - Bell'obliquo a dx su roccia ottima (30 m. - VI).
L14 - Seguire i ch (o, con analoga difficoltà, per placca
compatta sprotetta, ma sana sopra la sosta) fino al fix,
superare
un tettino e procedere in obliquo a sx e diritti per camino su roccia
dubbia fino all'uscita (40 m. - VI-) (Rel. 7 novembre 2006).
Grande via alpinistica, impegnativa e
dalla linea
logica.
Al 5° tiro c'è un passo duro molto unto. E al tiro
successivo è
bene spostarsi il prima possibile sul fondo del grande diedro giallo a
destra,
che costituisce la direttiva di salita. Io mi lasciai attrarre dal
diedro
di roccia scura direttamente sopra la sosta, ma ebbi i miei cinque
minuti
di terrore quando, al suo termine, sotto un tettino, fui costretto a
rientrare
nel diedro principale: nel bel mezzo del traverso mi rimase in mano un
maniglione
all'apparenza solido. Entusiasmante la fessura soprastante.
Diversamente da quanto riportato da Filippi, all'ultimo tiro Giovanni
Mostarda
salì prima diritto, poi traversò a sinistra e
raggiunse
un diedro
verticale, con sorpresa finale, attraverso il quale uscì sul
bosco
sommitale. Ma forse abbiamo sbagliato qualcosa.
Aggiornamento 2010
Sul filo
della lama
Uno - Doveva piovere...
E invece, sabato, non piove.
Il tramonto è da "rosso di sera". Non ho ancora internet, ma so già che domani sarà bello.
Quindi tiro il pacco a Stefano e Giovanni, con cui mi ero accordato di andare in falesia, e telefono a Dario.
L'obiettivo è presto stabilito: "Ugo Merz", Pilastro Giusti, Monte Casale.
Poche le righe sulla guida di Filippi: "Roccia buona in basso, friabile e discreta in alto. Non si conoscono ripetizioni".
L'ultima nota mi preoccupa.
Però è massimo VI...
Vedremo domani.
Lascio in anticipo la cena di nozze alle 22:30.
Due - Sul filo della lama
Domenica mattina.
Sono inquieto.
Sarà l'anniversario dell'incidente, capitatomi giusto quasi un anno fa?
Passiamo dal bar delle Placche per la colazione e saliamo sotto la parete.
La linea è evidente, un coerente sistema di fessure - in basso inerbate - che sale sul fianco sx del pilastro e aggira a sx lo spigolo SE in alto.
Sento che chiama: è un buon segno.
Arriviamo all'attacco.
Come da tradizione parto io.
Dopo i primi 3 m. di facile rampa impiego 15' a convincermi a traversare a dx tenendo per le mani un "coso" staccato di svariati quintali, che poi mi rassegno a tirare - verso il basso, rigorosamente verso il basso - con la massima prudenza, e trascorro altri 15' sotto il primo salto verticale della successiva rampa-canale, intasata dell'erba secca di inizio autunno, quella che - si sa - non tiene una mazza.
Sarò anche bolso; ma il muretto mi sembra ben più del IV+ promesso dalla rel.
Sono protetto da un cordino in arbusto, un fr piccolo insinuato tra un sasso incastrato e il lato sx del "coso", 3 m. più in là, e da un fr 5 Ande nella fessura a dx del "coso".
Se volassi, forse il fr non scalzerebbe di pochi mm. il blocco e non allargherebbe la fessura retrostante.
E, forse, non finirei 8 m. più in basso, alla base della parete.
In quei 15' ho tutto il tempo di pensare ai progetti - grossi - che salterebbero in caso di un mio infortunio, ai coordinatori dei vari servizi coinvolti e ai destinatari finali: gli alunni di alcune scuole della provincia di Brescia e persone e gruppi dell'associazionismo formale e informale in città.
Difficile che i progetti cambino davvero le loro vite.
Però all'idea di farmi male mi sento in colpa: metterei nei casini un mucchio di gente.
Guardo in alto.
Oltre il muretto rampe e fessure intasate di erba.
Quella giallastra, di scarsa tenuta, di fine estate.
Per 200 m almeno.
Poi roccia da friabile a discreta.
Riprovo.
A sx, niente; a dx, niente.
Non salgo proprio.
Qualcosa mi tiene giù.
Quindi quando Dario mi dice: "Scendi", senza troppi patemi d'animo arrampico all'indietro, tolgo le protezioni piazzate e ritorno all'attacco.
Mi sono sempre dato da fare per "tenere assieme i pezzi" di me stesso su pareti come quella che ho sopra la testa.
Mi chiedo se non ci sia qualcosa che vuole che ora tenga assieme pezzi in basso [cosa che, in effetti e tutto sommato, mi riesce bene anche nel lavoro che faccio].
Da dodici anni almeno "camminare sul filo della lama" per me significa salire tracce percorse da pochi nella particolare sezione dell'oltremondo costituita da pareti e rumeghi selvaggi.
In questi mesi sta tornando a voler dire restare qua, tentando di mantenere equilibri precari tra disgregazione e aggregazione nella vita di tutti i giorni, nei labirintici bassifondi della valle, il mondo di uomini e donne.
Delusi ci accordiamo per l'ennesima ripetizione del "Missile", qualche centinaio di m. più a N.
Durante la salita siamo lenti, goffi.
Io perdo un rinvio dalle parti di L2, salita in continuità con L1 [se a qualcuno interessa, il cimelio dev'essere rimasto nel primo canale a sx di S1, 5 o 6 m sopra la sosta].
E me le sento - pacatamente - su da Dario quando attrezzo sosta in fessura usando 3 dei 7 fr buoni in nostra dotazione: "E io che cosa uso, adesso?"
Poi lui tira dritto nel punto nel quale - su L3 - la via di Stenghel traversa a sx.
Sghignazzo: pari!
Alpinisti? Bocciati!
Per fortuna un po' alla volta qualcosa si scioglie dentro. E, per quanto sempre con esasperante lentezza [ormai sappiamo bene tutti e due di essere vulnerabili], riusciamo a percorrere l'ultima parte della via in discreta serenità.
In discesa il bosco di faggi sul versante NE del Casale è ancora una volta magnifico.
Tre - Canti di grilli in San Lucano - I
Mercoledì.
Fine sessione di allenamento in cava.
Dario si è ripetuto allo sfinimento "Pinziculì" e "Polifemo".
Io ho ceduto parecchio prima: ieri prima seduta seria di boulder al Roc.
"Ormai quest'anno niente San Lucano", fa lui.
"Ormai mi sa di no..."
"Però, che quiete, il bivacco in Seconda Pala... Ti ricordi? Il prato ripido era scomodo; e che sete! Ma quel silenzio, con i grilli che cantavano..."
"Sì: una pace...", butto lì.
Poi mi incazzo: "Ma è possibile che quelli come noi possano trovare qualche momento di quiete solo in posti del genere, dopo una fatica boia, con il filo della scure che gratta sul collo?".
E lui: "E magari potevamo provare la stessa quiete senza farci settecento m. di dislivello tirando erba secca su prati verticali, ma - che ne so? - passeggiando nei campi di grano tra Botticino e Rezzato una sera d'estate. Altro che Pale di San Lucano!".
"Probabile", ridacchio e scuoto la testa.
Quattro - Canti di grilli in San Lucano - II
Giovedì, in sala boulder, racconto a Stefano della chiacchierata tra me e Dario.
Lui commenta: "Realizzare sogni, puntare al massimo, vivere esperienze intense... Ah, ci hanno imbrogliati da bambini, mi sa... Perché non ci accontentiamo di quello che abbiamo? Se uno gode dei grilli nei campi o degli uccellini in cielo, buono così, no?"
Ridiamo della metafora degli "uccellini in cielo", di cui lui imita lo svolazzare agitando le mani.
"E poi", e finisco, "io e Dario abbiamo fatto quello che volevamo. Forse è davvero ora di darsi una calmata..."
Continuiamo il nostro cazzeggio in sala boulder.
Ma, concluso lo scambio con Stefano, mentre mi dedico al solito boulder - che, da definizione, non mi riesce - mi si insinua dentro un sottile malessere.
Come se le sue parole, applicate alla nostra situazione - alla mia e a quella di Dario - fossero inesatte.
Accettare il limite è giusto.
Ma è davvero così sbagliata, drogata, la quiete provata lassù?
Una cosa è provare serenità sentendo i grilli cantare in un campo di grano durante una tranquilla passeggiata estiva in campagna.
Un'altra è sentirsi in pace col mondo nel bel mezzo di un infernale dedalo verde, stanchi, assetati e affamati dopo una giornata di lotta, preparandosi a bivaccare sotto uno spietato cielo azzurro, circondati da montagne bellissime e indifferenti, pronte a farti a pezzi al minimo errore. E domani sarà uguale...
Se si riesce a essere sereni lassù, si dovrebbe riuscire a essere sereni dappertutto.
O no?
PS - Comunicazione di servizio: David Mueller, amico e collaboratore di Heinz Grill, mi comunica che il 16 ottobre 2010, a partire dalle ore 19:00, presso Spazio d'Incontro, in Via Floriani 12, a Tenno, verrà presentato il nuovo libro di Grill "La luce e l'anima dell'arrampicare".
Ulteriori info sul sito www.arrampicata-arco.com.
***
Soundtrack - Snow [Hey Oh]
Red Hot Chili Peppers - Album: Stadium Arcadium
***
A qualche anno di distanza dalla prima ripetizione, la via si conferma un grande itinerario, impegnativo quanto basta, ma senza far soffrire.
Segnalo per la completezza la rel. scuolaguidodellatorre, datata, ma a grandi linee corretta [alcuni cambiamenti nella chiodatura; niente di determinante].
Segnalo solo che la sosta su albero da loro segnalata per L7 mi è sembrata poco sicura: io ho attrezzato sosta con un BD viola e un nut piccolo alla base della fessura di L8, variante diretta.
E, per finire, siamo ancora usciti a sx, per diedro a tratti intasato dalla vegetazione, bagnato in alto e con uscita precaria - e comunque chiodata - su arbusti e bosco verticale, ma tutto sommato preferibile alle altre due, a giudicare dalle tregende vissute da chi ha voluto andare a cacciarci il naso.
Diff. VI+ [aggiornamento 28 settembre 2010].
Via eccezionale con arrampicata esaltante lungo diedri e lame solidissimi e molto proteggibili; è un po' il simbolo dell'arrampicata tradizionale in valle... Solo un genio come Sten poteva concepirla!
A mio parere la valutazione di VI+ è un po' stretta in due passi: la fine di L3(traverso) dove ci sono i cordoni da A0 e i primi 8 m di L5. Ad entrambi i passi darei un VII-/VII; anche se ciò non cambia l'impegno complessivo (che secondo me rimane sul TD/TD+) perchè le protezioni sono ottime.
Consigliabile un coltellino perchè in un paio di punti vecchi cordoni da A0 rendono pressochè impossibile rinviare i chiodi in maniera sicura.
Per l'uscita sono presenti tre diverse soluzioni, ma nessuna di esse oppone difficoltà di "solo" VI grado. Sarebbe interessante capire qual è quella originale! Consigliabile invece la variante diretta all'ottavo tiro, anche se forse troppo chiodata rispetto al resto della via.
Fondamentale un buon assortimento di friends e dadi.
Federico Piazzon
Messaggio inviato il 18 novembre 2008
Via bellissima, dalla logica impeccabile. Bella roccia e scalata entusiasmante, ottimamente proteggibile a dadi e friends.
Lo so: non dico nulla di nuovo.
Ma era solo per esternare la mia soddisfazione per aver ripetuto questa bella via del grande Sten.
Alberto Benassi
Giuma
Andreotti, Bertoni - VI+/A2 o VII/A2 (430
m.)
Già tentata in passato, eravamo
tornati indietro
perché al 2° tiro si stava già facendo
tardi.
La gradazione "Filippi" è strana: i gradi hanno tutta l'aria
di
essere gradi "Marmolada". Rispetto la tradizione filippiana. Tuttavia
si aggiunga 1 grado UIAA per poter confrontare i gradi della via con i
gradi attribuiti da Filippi ad altri itinerari della sua guida. Anche
l'"R2" dato all'itinerario è un R2 più sostenuto
rispetto
a quello di "Se la conosci la eviti".
Esperimento di relazione in "soggettiva".
L1 - Sapendo che quando faccio "pari e dispari" con Dario per decidere
chi deve partire, poi parto sempre io, evito il "bim-bum-bam" e
attacco. Col "furbo" pesco il primo spit alto e pericoloso e poi
proseguo in obliquo a sx tra tratti in libera e artificiale fino alla
sosta (35 m. - VI-/A1). Dario, per non strinarsi le dita sul primo
passaggio, aggira a dx la prima protezione.
L2 - Ricordandomi che Giovanni era arrivato in sosta a fatica per
l'attrito delle corde, cerco di allungare le protezioni al friend sotto
il primo tettino (VI), al pilastrino sotto la (e a dx della) fessura
rossa, al chiodo rosso che si incontra dopo circa 6 m., al soprastante
spit, al successivo chiodo del traverso a dx, ma, arrivato al chiodo
seguente... la corda non viene! Mi infurio e mi accontento di fare
il tiro in libera a spizzichi e bocconi (45 m. - VI+).
L3 - Dario mi fa: "Lascia la digitale, ché ti facciamo le
foto".
Ma
sono già partito e non voglio tornare alla sosta per qualche
stupidissima immagine di me appeso come un salame ad un soffitto. Dopo
il muro
verticale (V+), metto e tolgo la prima protezione sotto il tetto,
allungo la seconda e, con la tecnica già testata su
"Vertigine",
agevolmente supero l'ostacolo. Della placca soprastante faccio due ch
in libera, tre in artif e un passo di VI- per arrivare in sosta
(appesa: forse la sosta giusta è 20 m. e 5 protezioni
più
sopra, ma io ho finito i miei 12 rinvii) (35 m. - VI-/A2). Ginetto
Maffezzoni, che non ha molta simpatia per le staffe, impiega un po' di
tempo a uscire dal tetto.
L4 - Due passi di artificiale faticoso a prendere un gradino a dx, poi
vado al chiodo. Potrei passare in libera, ma la "pigrizia da
artificiale" (quel particolare stato di mancanza di convinzione che
avvince l'arrampicator dopo aver tirato troppi chiodi) mi frega. Ultime
tre protezioni (diedrino e poi a sx alla sosta) in libera (20 m. -
V+/A1).
L5 - Salgo il diedro di roccia fatiscente a dx della sosta, supero uno
strapiombo faticoso sotto la seconda sezione del diedro, tento di
raggiungere una fettuccia tra arbusti in mezzo alla placca a sx (ma
è un errore: trattasi di oggetto caduto dall'alto e
lì
lasciato da folletti per sviare gli incauti), ritorno nel diedro, salgo
al bell'albero soprastante, supero la placca seguente e vado in libera
fino al penultimo spit. Poi non mi fido di me stesso e, lavorando di
staffe, arrivo all'ultimo (spit), impiego un po' di tempo a capire come
proteggere il 1° simpatico traverso per i miei allegri
compagnoni,
lo proteggo con "pianto e stridore di denti" (niente di particolare in
realtà) e arrivo traversando in sosta (40 m. - VII-/A1 o VII
-
molto simile a un 7a - per Dario, che percorre il tiro in libera).
L6 - Muro tecnico ostico, da cui esco a dx puntando a un alberello con
diedrino. Passando per una placca impegnativa protetta da spit,
recupero uno strano moschettone ricurvo, raggiungo l'albero, preseguo
lungo la fessura soprastante e il successivo diedrino, moschettono un
provvidenziale spit e percorro in discesa il 2° simpatico
traverso
- cfr. foto (40 m. - VI).
L7 - Cambio: passa Dario a condurre. Io ho un braccio sinistro
anchilosato a forza di recuperare la corda in traverso. Battute tra me
Ginetto prima del tiro. Ginetto: "Che fessura di m...! Tutta marcia!".
Io: "Ma no, dai... Dovevi vedere le fessure di 'Fiore di Melo'!". Dopo
neanche 10', Dario, che ha superato agevolmente la fessura
strapiombante sopra la sosta, si ferma. E' fermo da un paio di minuti
quando dall'alto
cade un grappolo di sassi. "Occhio, sassi!", urlo a uno sventurato
ripetitore sul "Missile". Quello si accuccia e dall'orlo dello
strapiombo precipita un bolide di almeno 80 kg che, senza alcun rumore,
e, sembrerebbe, al rallentatore, passa sopra la testa dell'uomo e va a
schiantarsi sull'avancorpo del Pilastro, disgregandosi in una pioggia
di pietre. Dario è ancora lassù (non era lui il
bolide).
Impiega un po' di tempo a riprendersi, poi conclude il diedro, ne esce
a sx per placca tecnica e arriva alla sosta (40 m. - VI+).
L8 - Traverso a sx, prima su cenge e poi per bellissima placca tecnica
a gocce, per la quale in verticale alla sosta. Tiro più
bello
(50 m. - VI+).
L9 - 3° simpatico traverso a dx (un po' più
simpatico degli
altri). Libro di via (anzi "Libro di vetta") in sosta. Non registriamo
il nostro passaggio perché la "biro di via" (anzi, "di
vetta")
non funziona più (15
m. - IV+).
L10 - Bel diedro atletico, ne esco a dx, raggiungo la fessura sotto il
tettino soprastante, traverso a dx e poi salgo alla sosta appesa (30 m.
- VI+).
L11 - Dalla sosta appesa osservo Dario impegnato nel traverso a sx per
vaga cengia, spigolo e diedrino su bella roccia grigia e compatta. Non
riesco a capire come mai sia così lento. Capirò
dopo (30
m. - VI+).
L12 - Mentre Dario è impegnato sul soprastante diedro
d'uscita,
cui fa seguito un'impegnativa lama da dulfer e un ultimo diedro di
rocce delicate, Ginetto mi racconta di quella volta che, in parapendio,
sul punto di atterrare su una pista da sci, era riuscito ad evitare il
reato con una virata stretta. Ma la manovra lo aveva indirizzato
diritto verso un abete. E già si vedeva stampato sull'albero
(e
anzi aveva anche alzato le ginocchia per attutire l'urto) che gli
spiriti dell'aria avevano tenuto il parapendio abbastanza sollevato da
consentirgli di sfiorare appena l'abete. Questo (per ricambiare la
gentilezza?) con la
punta gli aveva solo "pennellato" gli attributi (Ginetto la racconta
proprio così!). Scoppio a ridere. Ma
riderò meno sul tiro, faticoso e
impegnativo (50 m. - VII-).
In discesa ripassiamo dalla casina forestale.
Anche questa volta, niente donne. Solo due signori che ci offrono un
bicchiere di acqua lassativa (è di una sorgente circa 300 m.
sopra la casina, sotto la strada) e ci intrattengono con racconti su
arrampicatori precipitati e recuperati defunti e con la poetica
descrizione di un cardellino da nido trovato da uno dei signori nei
pressi di casa.
Ginetto: "Se ci fossero i bresciani... Bam, bam... col bazooka... E poi
via con lo spiedo!".
Ridiamo.
Salutandoci, il signore del cardellino, commentando la bellezza delle
ali dell'esserino (che, prima di svolazzare via, gli aveva lasciato un
"ricordino" in mano) dice: "Che belle cose fa la natura!".
"Già,
belle, strane, talvolta grottesche... misteriose", penso.
Scendiamo in silenzio nel bosco.
Comunque Dario deve proprio risolverli, i suoi problemi col genio della
lampada!
A
ragione una delle vie più
celebri della valle del Sarca. Richiede gusti maturi ed esperienza.
Gradi e relazione Filippi imprecisi. Molto meglio la rel. Iacopelli a
questo link.
L1 – In verticale per circa 30 m., superando un muro rotto ed
erboso -
attenzione a quello che si tira - e una placca compatta (in libera a
dx) (30 m. – VI+).
L2 – Passaggio impegnativo subito sopra la sosta, poi
più o meno
diritti per rocce rotte fino a un alberello con cordino sulla sx. Di
qui obliquare a dx puntando a una serie di chiodi in placca che prima
verso dx e poi verso sx conducono alla sosta. Un riposo per me prima
del passo più duro (35 m. – VII/VII+).
L3 – A dx della sosta fino a clessidrina. Di qui diritti per
diedro che
ben presto evolve in 2 fessure parallele. Quando possibile passare alla
fessura di dx, al suo termine traversare a dx (la lama in alto rimbomba
minacciosa) e poi salire il diedro soprastante - roccia delicata - fino
a poter traversare a dx per puntare alla sosta, alla base di un diedro
ad arco. Lungo cordone penzolante dalla sosta (?) (25 m. –
VII-).
L4 – Si segue la fessura sul fondo del diedro fino alla
radice del
grande tetto. Di qui in artificiale fino alla fine dello strapiombo e
ancora in artif. sulla placca soprastante (un paio di passi in libera
tra secondo e quarto chiodo, ma, protezioni oscillanti, mi fidavo poco)
(20 m. – VI/A2).
L5 – Si sale il pilastrino sopra la sosta e si traversa a dx,
anche
quando la cengia evolve in esile fessura. Un paio di impegnativi
passaggi (un movimento risolto… in caduta!) consente di
passare
l’ostacolo. Quindi diritti e a dx alla sosta per diedro rotto
ed erbe
(20 m. – VII).
L6 - Placca tecnica (più facile a sx), poi diedrino e
strapiombo
a campana (superato grazie a un provvidenziale blocco spiovente
dall’aria non molto solida sotto l’ultimo tettino)
fino alla sosta (20
m. – VII-).
L7 – A sx all’evidente ch.. Girare dietro lo
spigolo e salire una bella
fessura che porta a un kevlar in clessidra. Di qui a dx per fessura
obliqua faticosa (1 congruo riposo per me prima del passo di uscita
– i
bicipiti iniziavano a gripparsi) e a sx per banca a buone prese fino a
un alberello. Poi a dx per placca tecnica nel cui mezzo
c’è una
sosta (calata?). Io mi ci sono fermato, ma, se le corde non tirano
troppo, è meglio andare alla sosta originale,
all’evidente
albero più in alto a dx (40 m. – VII+, ma forse
cominciavo a
patire la stanchezza).
L8 – Dall’albero a sx, alla base di una
rampa-diedro che si segue fino
a una clessidrina e a due ch. (sosta?). Io mi sono fermato, ma
è
possibile anche proseguire per bella placca tecnica (2 ch.) fino a una
sosta nel grande diedro alla base del secondo tetto (ai primi due ch.,
40 m. dalla sosta nel mezzo della placca tecnica di L7 – VI-).
L9 – Placca tecnica in obliquo a dx fino alla sosta. Poi
diritti per
vago colatoio e a dx, a prendere la spaccatura orizzontale che taglia
da sx a dx l'intero tetto. La si afferra e si traversa in esposizione
incredibile fino ad attraversare tutta la zona aggettante. Passaggio di
uscita traditore, ma più facile di quello che sembra.
Congruo
riposino prima di andare in sosta causa grippaggio dei bicipiti (35 m.
dalla sosta su 2 ch prima della placca tecnica – VII-).
L10 – Strapiombino e muro tecnico sopra la sosta (lo risolvo
in artif
per l’ingombrante e inevitabile presenza di Gino in sosta che
mi occupa
tutta la sezione sx della parete, dove ci sono gli appigli buoni). Poi
a dx per pilastrini da sollecitare con cautela e diritti per placca
molto difficile (Ralf, durante la sua ripetizione, è passato
in
libera, con diff. di VII+/VIII-). Io, che sono un brocco e ho le
braccia in palla, passo in Ao lo spit e il ch. successivo, poi proseguo
in libera fino al ch in nicchia sopra la placca. Di qui a dx per placca
a gocce e diritti a sosta nei pressi di un albero secco (35 m.
–
VII/A1). Ricongiunzione di Giuma.
L11 – A dx per sistema di cenge (15 m. – V-).
L12 – Si prende il diedrino a sx della sosta e lo si sale
fino a poter
traversare a dx in vago colatoio che si segue fin sotto il tetto.
Ancora a dx, usando la generosa fessura alla radice del risalto e, al
suo termine, diritti per diedro fino a nicchia (25 m. – VII-).
L13 – Sopra la sosta con 1 pass. atletico, quindi a sx per
buona banca.
Appena possibile vi si rimonta con i piedi e si cerca l’esile
e
flessibile chiodino a lama che segnala il punto nel quale risalire e
traversare a sx (ch). Dal ch diritti e a sx per serie di pilastrini e
diedrini fino alla sosta in nicchia con albero (30 m. – VI+).
L14 – Diritti per diedro sopra la sosta (non difficile, ma da
impostare), poi per rocce rotte. A questo punto è probabile
che
io abbia sbagliato, andando a prendere un sistema di fessure che mi ha
fatto uscire circa 2/3 m. a dx di “Giuma” (VI, a
tratti delicato). La
rel. originale darebbe una facile rampa preceduta da fessura obliqua a
dx che io non ho trovato (50 m. – VI/VI+).
Anche questa volta, arrivati alla casina forestale in un bosco ancora
addobbato dei tenui colori invernali, niente signorine ad attenderci...
Solo i componenti di due cordate che, usciti in contemporanea con noi
da "Se la conosci, la eviti" e fermatesi ad aspettarsi, avevano
recuperato lo svantaggio per una scorciatoia nel bosco di cui io
conosco l'esistenza, ma non l'ubicazione.
Genio della lampada sempre più fedifrago (rel. 26 marzo
2006).
Via sostenuta, i cui molti chiodi non
addolciscono il
grado
di impegno. Mi procurai un lungo volo (7 metri?) al 9° tiro,
dove,
per
evitare l'attrito delle corde, evitai di mettere, come avrei dovuto, un
friend
nella fessurina sopra la cengia con albero. Così, alzatomi
fluido col
piede sinistro su una toppa d'erba e caricato il precario appoggio, mi
ritrovai
due nanosecondi dopo a chiedermi "Ma sto volando?", mentre
effettivamente
stavo precipitando tra le frasche in direzione della sosta. Fu una
caduta
interminabile. Mi fermai con i piedi a 20 cm. dalla cengia sulla quale
Ralf
Steinhilber mi stava facendo sicurezza. Senza dare tempo alla mia mente
di
elaborare la cosa, ripartii e conclusi il tiro, impegnativo anche sopra
(l'ultima
parte della fessura dopo il traverso è da proteggere a
friend).
Si presti attenzione al 1° tiro, non proprio facile e con
chiodatura non
ravvicinata. Incerta la linea all'8° (forse noi ci siamo
spostati
troppo
a sinistra - Sosta su chiodi a pressione) e dura la lunghezza
successiva.
Ralf fece in libera molti dei passaggi dati in artif. sulla relazione.
Bella via tecnica che sale un muro grigio
a sx della
struttura. Prese disposte in modo strano.
L1 - Saliti oltre la corda fissa all'attacco, si aggira sulla sx un
macigno appoggiato su cengia e si prosegue diritti per placca tecnica
difficile e continua (35 m. - VII).
L2 - Sopra la sosta, poi in traverso a dx e ancora diritti alla sosta
(25 m. - VII).
Relazione visuale, anche per la via seguente, a questo link.
La via dei traversi. In più
punti si sarebbe
potuto optare per linee più dirette. Ma presumo che gli
apritori
ci penseranno a breve...
L1 - Diedro poi a sx per fessura obliqua. Sosta in nicchia (25 m. -
VI+).
L2 - In obliquo a dx della sosta e poi diritti per muro rosso di
difficile lettura
(15 m. - VII-).
L3 - Obliquo a dx per bella placca (in libera stando su vaga rampa
sopra i fix); a un canale diritti per qualche m., poi ancora a dx fino
alla sosta su cengia (30 m. - VI/VI+).
L4 - Diritti e a sx, superando a sx uno strapiombo. Poi verso un
diedrino e, in traverso a dx, per difficile placca alla sosta (VII+ -
25 m.).
L5 - Diritti e in obliquo a sx, poi ancora diritti al bosco sommitale
(25 m. - VI+/VII-).
Via da ingaggio, su roccia in
più sezioni
delicata.
Alcuni dubbi sull'8° tiro: la relazione ci mandava diritti e
poi a
destra
(fessurina sprotetta in diedro), Giovanni Mostarda optò per
la
sinistra
(diedro e placca con fessurina - Protezioni distanti - VII/A1). Io fui
poi
costretto a rientrare a destra per recuperare la sosta sotto la placca
successiva
(che è un bel muro tecnico di 6+). Che variante avremo fatto?
Magnifico il tiro prima della cengia sotto il grande tetto (muro a
gocce e
fessura - VII- max.). Come molti, uscimmo dalla Loss senza affrontare
il grande
tetto terminale (la scusa fu che "tirava vento").
Che cosa è peggio del lavoro,
di un amore
sbagliato, dell'effetto-serra, della fine del petrolio, di una guerra
nucleare?
Sarò forse esagerato, ma... un trasloco?
In occasione del mio tentativo, stavo sfacchinando da 2 settimane a
portare in giro roba (6 tonnellate!), montare e smontare mobili,
pulire, tinteggiare e non riuscivo né ad allenarmi,
nè,
tanto meno, ad arrampicare.
E anche le volte che ci provavo...
Ripetizione parziale (fino all'incrocio con la "Loss"), nel giugno
2005.
All'8° tiro, come da previsione, arrivò la classica
perturbazione domenicale. E io e Ginetto Maffezzoni ci ritirammo.
La via, fin dove l'abbiamo fatta noi, merita solo nella sezione su
roccia (i 3 tiri sotto i tetti a scala). La parte sullo zoccolo
è sconsigliabile: friabile e erbosa. In una parola, mortale.
Meglio traversare a dx dall'attacco della "Loss". Si dovrebbe riuscire
lo stesso ad arrivare a quello che, nella relazione testuale, ho
indicato come 6° tiro (il 3° della relazione Filippi).
Accesso – Si imbocca il sentiero per la
ferrata
Pisetta e, appena entrati nel bosco, lo si lascia per seguire a sx una
traccia che costeggia un muro di cinta a fianco di case e di un terreno
privato. Arrivati all’altezza della chiesa, si sale diritti
per ripida
traccia nel bosco (molte diramazioni – si cerchi di salire
sulla
verticale). Dopo circa 25’ di cammino, si giunge
all’attacco del tratto
attrezzato per Ranzo. Passato il 2° tornante e superata la
traccia
per
“Luce del primo mattino” (ometti), si incontra una
stretta colata di
ghiaia. La si imbocca e, con 10’ di ripida ravanata, si
arriva sotto lo
zoccolo del Dain. Si cammina per qualche m a dx fino a poter imboccare
un ripido e pericoloso canale, al termine del quale (dopo circa 20 m,
sulla dx) inizia una rampa: ci si lega e la si imbocca (percorso
preferibile).
Noi: attraversiamo ancora a dx, scendendo. Arriviamo a un albero con
vecchia fettuccia e attacchiamo.
L1 – Per rocce rotte a una fessura (friend 6 Ande di
protezione), la
salgo, supero il seguente muro "franabbile" e giungo a un arbusto (1
cordino). Tanto per aumentare l’attrito della corda (?),
attraverso a
dx sopra
l’arbusto, giro attorno ad un altro arbusto, salgo un muretto
verso sx,
raggiungo uno striminizito alberello (1 cordino), vado ancora a sx fino
alla base di un muretto grigio di roccia buona, piazzo 1 misero nut di
protezione ed esco dal muretto per pendio ghiaioso (lancio ad arbusto).
Sosta su albero con cordino blu e moschettone di calata (?). Tiro
intenso (35 m. – VI-)
L2 – Ginetto a dx dell’arbusto e poi diritto per
muro rotto fino a
macchia di alberelli, la attraversa, sale una verticalizzazione della
parete e poi piega a sx, per rampa terrosa. Sosta su albero (25 m - V-).
L3 – Aggiro a sx una verticalizzazione della parete, salgo
diritto un
muretto fatiscente e entro nella rampa d’attacco originale,
piego a dx,
raggiungo un albero abbattuto di traverso su un canale, mi proteggo in
qualche modo, salgo il canale e vedo un bel fix (“Rosa dei
venti”?). Lo
raggiungo, vedo un’altra piastrina più sopra,
salgo ancora un
po’ e, per l’attrito della corda, faccio sosta (35
m. – V).
L4 – Traverso a dx su cengia, imbocco di nuovo la rampa,
supero una
strettoia tra un albero e la parete, oltrepasso una sosta a spit,
traverso ancora a dx su cengia, arrivo sotto un canale macilento con
segni di stacchi recenti (albero abbattuto con cordino, da noi
asportato, di traverso), mi proteggo con cordino a un alberello poco
sano, proseguo lungo la rampa e, ad un albero, taglio a sx di qualche
metro puntando ad un altro albero, più comodo per la sosta,
e mi
fermo (45 m. – V).
L5 – Traverso a dx su cengia, superando in traverso una
verticalizzazione della parete, poi
salgo obliquando a sx una placca con appigli ballerini fino ad uno
spuntone e a una fessura con chiodo. Di qui, per breve muro con fessura
di roccia buona, a dx alla sosta su albero (25 m. – V). Forse
si
può salire meglio stando più a sx.
L6 – Finalmente roccia… Salgo uno strapiombino e
la successiva
fessurina sopra la sosta (3 ch) e proseguo lungo l’evidente
diedro
fessurato soprastante. Mentre vi ci sono incastrato, un gheppio,
accoccolato sul fondo della fessura come un ghiro, sguscia fuori, mi
passa tra pancia e roccia e vola via. Utili nut e friend medi (4-5-6
Ande). Sosta attrezzata in cima ad un pilastrino (25 m. –
VI+/VII-).
L7 – Diritto per fessura sopra la sosta (utili nut
medio-piccoli) fino
al 1° ch (circa 7 m dalla sosta). Di qui a sx per lunga teoria
di
ch e spit su roccia così così sotto un tetto che
sembra
sul punto di collassare da un momento all’altro. Uscita per
fessura
atletica (friend 4 Ande utile) (30 m. – VII).
L8 – A sx grazie a prese da tirare con cautela e poi sotto il
tetto a
cordone giallo. Attraverso sempre a sx (diversi chiodi), poi a un
cordone
lungo commetto l’errore di scendere troppo e sono costretto,
pioggia
incombente, a risalire in artif lungo il cordone per completare il
traverso (Ao evitabile stando alti). Raggiungo in libera il 1°
ch
sopra il tetto, poi mi ci appendo, staffo, moschettono il ch successivo
e poi di nuovo in libera, per strapiombante fessura atletica. A una
cengia, traverso a sx e seguo i ch fino alla cengia sulla quale passa
la Loss. Ancora a sx, alla sosta (35 m. – VII+/A1 –
evitabile: VIII?).
Arriva la pioggia.
Con 1 comoda doppia da 60 m all’attacco della Loss. Sotto
l’acqua,
scendiamo alle Sarche e ci beviamo un Teroldego alla faccia del brutto
tempo e dei traslochi.
Impressionante il diedro al 2°
tiro. Commento di
Giovanni
Mostarda in sosta prima che partissi: "Questo tiro per uccelli paduli
lo lascio
a te". Ringraziai di cuore. Guano, fessura in più punti
fuori
misura,
margini viscidi, protezioni rarefatte. Dopo la via migliora: solo
qualche
sezione instabile al 4° tiro e 5° tiro impegnativo su
chiodi a
pressione
vecchi (il primo, sempre che non abbia il grado, non
può
fidarsi
molto a tirare la libera). La sosta nel diedro giallo è
costituita
da tre chiodi a pressione ravvicinati. Io, preso dall'"a vista", passai
diritto
e fui costretto a fermarmi più sopra, facendo sosta su
chiodo a
pressione
e friend. Meglio fermarsi prima.
Rabanser, Comploi, Mazzotti, Scarpellini - VII-/Ao o VII+
(370 m.)
Frammenti di Penitenziagite - Giorno uno.
Sono nel bel mezzo di L1 del Diedro Mayerl, Sass de la Crusc.
Obiettivo: Pilastro di Mezzo.
Il tiro, come ben sanno coloro che l'hanno ripetuto, è smarzo.
Si stacca tutto, al punto che i tuoi unici problemi, mentre stai salendo, sono, nell'ordine:
Quale presa terrà?
Quale delle fessurazioni tra i molti pilastrini in bilico è abbastanza solida da accogliere una buona protezione, in modo da trattenere un'eventuale caduta?
Normale amministrazione, per un crodaiolo dolomitico.
Ma oggi fa freddo.
E nevica, in barba alle condizioni meteo [e io che avevo detto a Dario: "Andiamo a fare la "Via della Falce" alla Torre Innerkofler. Lì è riparato dalla tramontana"; Pasiensa... Come dice Psycho di Fuorivia...].
Le mani sono del tutto insensibili.
Quindi sono costretto a valutare la tenuta dei vari comodini volanti che mi capitano sotto le dita scrollandoli e valutando le oscillazioni che ne ottengo sui gomiti.
Arrivo in sosta.
Recupero Walter e Dario.
Walter urla: "Sasssiii".
Vedo un pilastrino rosso precipitare frantumandosi in mille pezzi.
Nessun problema per Dario.
Invece a Walter è andata peggio: arriva in sosta con la mano sinistra che sembra squartata.
Un blocco in equilibrio precario, smosso dalla corda recuperata, ha abbandonato la sua millenaria posizione e gli è caduto su indice e medio.
Perde molto sangue.
Buttiamo le doppie e ci caliamo.
Dario è infastidito dalla ritirata e dal freddo.
Torniamo a casa.
Frammenti di Penitenziagite - Giorno due.
"Freccia nel Cielo" - L2.
Ho appena finito L1, con nel mezzo un piacevole passaggio a metà strada tra l'erboring e l'arboring: delicata trazione su arbusto dal fusto di 6 mm. di diametro e piedi in spalmo sulla placca sottostante per superare un tratto di fessura intasato da erba e terra.
Mi è servito come sveglia.
Adesso sono qui, in posizione plastica ma delicata, a circa 3 m. dall'ultima protezione [un buon friend in fessura 2 m. sopra la sosta] con le mani a tenere una tacca all'apparenza solida e una pinzatina accennata.
Sono in profonde meditazioni su come procedere.
Tornare indietro, non se ne parla [Dove ho già visto questo film? E sì che il manuale del provetto alpinista recita: "Mai fare un passo se si presume di non essere in grado di farlo anche in direzione opposta"].
Mettere una protezione, non riesco [Forse con una lametta in una fessurina; ma non ho lamette nella mia dotazione di chiodi...].
Mi sa che devo proprio andare avanti.
Magari nel diedro più sopra qualcosa si piazza.
Mi alzo.
Ora sono cinque m. sopra il friend, con l'eventualità di un volo in pendolo a spatascio sul lato dx del diedro di sosta.
Neanche lì niente fessure o buchi per protezioni o simili.
Dura, la vita del crodaiolo sarchigeno.
Salgo altri due m.
La fessura di fondo del diedro si allarga abbastanza da accogliere una protezione.
Ci starebbe giusto giusto il microfriend bianco BD.
Guardo all'imbrago.
Niente friendino...
Lo abbiamo lasciato in auto.
In tutta fretta smartello in fessura un universale che ha l'aria di essere abbastanza psicologico.
Ma confido sulle doti di tenuta in torsione del chiodo.
Un movimento a dx e raggiungo uno spit antidiluviano.
"VI+ e Ao", recita la rel. Rabanser.
Traverso in libera.
Il passo è molto più facile dei sei m. appena saliti.
VI+ e Ao?
Mah...
Misteri del grado.
Walter, le cui dita erano per fortuna messe molto meglio di quanto temuto ieri dopo l'incidente, affronta l'ingresso nel diedro.
Afferra la tacca su cui io mi sono gingillato per dieci minuti circa.
La tacca si stacca.
E Walter vola.
Un voletto da secondo...
Lassù qualcuno mi ama?
Ottima rel. visuale dell'apritore a questo link: http://www.forum.planetmountain.com/phpBB2/viewtopic.php?t=28616&highlight=&sid=547cdb54503b186324faae47c946a1cd.
Nonostante credo sia stata una salita di grande significato per un giovanissimo e già fortissimo Rabanser, la via, pur impegnativa, non è bella, per la qualità della roccia, non sempre impeccabile, e la presenza di vegetazione sui tiri.
Può essere considerata un esercizio di stile e come tale interpretata.
Solo per amanti del genere...
Noi abbiamo usato qualche ch, molti friend e molti nut.
Libera per Dario Sandrini.
Attacco - Come indicato nella rel. Rabanser, in vetta al pilastro arrotondato alla base della parete. Alla base freccia incisa nella roccia.
L1 - In obliquo a sx, si raggiunge un sistema di fessure con alberi e lo si segue finché si esaurisce in un diedro sotto strapiombi (25 m. - VI).
L2 - In obliquo a sx fino a entrare in un diedrino dal quale si esce a dx in placca [spit]. Fin qui lungo tratto sprotetto. In obliquo a dx a una fessura e per questa alla sosta (20 m. - VII-).
L3 - Diedrino sopra la sosta. Poi in traverso per cengetta sotto un tetto fino a uno spit al suo margine sx. Aggiratolo, per diedro alla sosta (20 m. - VI).
L4 - Rampa friabile a sx della sosta. Appena possibile a dx nel diedro-fessura sopra la sosta. Lo si segue fino al suo termine. Poi per rocce rotte alla sosta in una nicchia sopra un albero (25 m. - V/V+).
L5 - Diritti e a sx superando il bordo strapiombante di un primo diedro; ancora in obliquo a sx fino a una seconda quinta strapiombante; la si supera in traverso e si sale diritti e a sx fino a rocce più facili e a un diedro appoggiato che si segue fino al suo termine; per cengia con alberi a dx fino alla base di un gran diedro visibile anche dal basso (35 m. - VII-/Ao o VII+).
L6 - Per placca a sx del diedro. Poi si rientra sul suo fondo e si fa sosta sopra un albero (20 m. - VI).
L7 - Nel diedro e alla sua sx per esili fessure. Uscirne a sx sotto tetti fino a un albero. Di qui per lama e strapiombo a dx alla comoda sosta su pulpito (25 m. - VI).
L8 - Diedro sopra la sosta. Al suo termine a dx per rocce erbose (20 m. - VI+).
L9 - A dx per rampa erbosa, poi a sx per muro lichenoso. Sosta sotto tetto nella zona dei "comodini volanti" [evidentemente presente anche sul Dain delle Sarche...] (15 m. - VI-).
L10 - Appena a sx della sosta per muro rotto; si supera il tettino. Poi in obliquo a sx per rocce delicate (20 m. - V+).
L11 - Fessura sopra la sosta, rocce rotte e a dx a un diedro che si segue fino al suo termine. Se ne esce a dx. Sosta su albero (45 m. - VI+/VII-).
L12 - In traverso a sx per cengia fino a sosta con 1 ch (15 m. - II).
L13 - Per grigie rocce rotte diritti e a dx fino a una nicchia gialla (1 ch a U nella nicchia); se ne esce a sx e si sale diritti per rocce rotte (1 pass. difficile poco sotto l'uscita del muro), Poi ancora diritti a sx di un diedro fino alla sosta tra alberi (45 m. - VII-/VII).
L14 - Appena a sx; poi diritti per canale con grandi massi sospesi. Si può tralasciare la sosta che si incontra su terrazzino alla base della parete e attrezzare un punto di fermata nel bosco terminale (40 m. - V) (rel. 25 luglio 2008).
Via a spit, ma dall'anima alpinistica:
molti gli
obliqui a
cercare i punti deboli della parete e molti i tiri con tratti delicati
e
friabili. OS al 3° tiro (VII/VII+) e tirata di chiodi (2 p.) al
6°,
dopo la fessura (V+): le folate di Borea mi spingevano con una violenza
tale
da rendere inutile ogni mio tentativo di risolvere in arrampicata il
passaggio. Un'evidente
presa
obliqua a dx sembra rendere possibile la libera. Discesa dall'alto,
percorrendo
la parte rimanente della ferrata Pisetta (300 m. ?), per sentiero a
Ranzo
e per strada cementata al castello di Toblino (circa 2 ore e 15'). Col
vento
che c'era ritenemmo poco sicuro il rientro lungo la ferrata,
sicuramente
più rapido.
Uno
Che goduria!
La via mi sta venendo proprio bene: finora tutta in libera. E sul VII/VII+, a chiodi... Mica pugnette...
L'arrampicata è entusiasmante, fisica e di potenza.
Blam, blam, blam...
Riposino...
Blam, di nuovo.
Il corpo vede il movimento ancora prima che io ci pensi, si imposta e fa.
Che cosa sarà successo?
Che l'allenamento invernale inizi a produrre frutti?
Che gli ultimi due giorni di lavoro [boulder venerdì e falesia ieri mattina] abbiano dato l'ultima rifinitura alla forma?
Che sia ormai diventato uno col motoneurone teutone? Ach zu!
Che il vento soffi dalla mia parte, ora?
O sarà il sole magnifico che splende sulla valle e sparge scintillii sull'acqua smeraldo del Sarca, là sotto?
Fatto sta che vado su come un gatto.
Blam, blam, blam...
Riposino...
Blam, di nuovo.
E su ancora.
Riposino.
E...
Stumpf!!!
Occazzoporcaputtanazzafigapelosa...
Chemmmaleee!!!
Il ginocchio... Contro quel cazzo di sporgenza...
Ouuu...
Due
Qualche tiro più in su.
Sempre libera, ma meno entusiastica.
Sembra che l'entusiasmo faccia male, specie alle ginocchia...
Siccome ho dimenticato a casa la relazione [questa volta addirittura riprodotta diligentemente su foglio], siamo salendo a naso.
Dario ha fatto sosta a sx, sul fondo del diedro che, nella parte alta, dà la direttiva di salita. Ma ritiene che lungo la fessura non si salga: in alto il diedro è chiuso da strapiombi.
Esco per cengia a dx e proseguo seguendo uno spigolino friabile in lieve obliquo a dx.
Ma la roccia non doveva migliorare man mano che ci si alzava?
Vedo una sosta con cordone giallo in alto a dx.
Ci si arriva per linea evidente: 2 ch, cordone in lama e punto di fermata.
Vado, disgaggio qualche chilo di massi smossi, volteggio leggiadro come un gibbone e arrivo al cordone giallo.
Nah...
Questo non è VI+ classico.
Mi raggiunge Dario: "No, questo non è VI+ classico".
Giù...
Doppia...
Bisogna proprio rientrare nel diedro, a sx.
Peccato, non eravamo messi male, per il record della pista...
Tre
Sentiero di discesa.
Dario, senza accorgersene, col piede ha appena sfiorato una viperina.
E' color sabbia, molto particolare. Bella.
Lo avviso: "Hai visto?"
Si ferma e guarda indietro.
La nota.
"Strana. Mai viste, così. Spostiamola dal sentiero, valà... O magari qualcuno la pesta."
E con uno stecco inizia a darsi da fare per spingerla verso il bosco.
Quella, paziente, rassegnata quasi, senza mai nemmeno accennare ad attaccare il bastoncino che la stuzzica, con la sua andatura da viperina si sposta.
La rel. di F. Nardi su oltrelavetta [a questo link: http://oltrelavetta.com/?q=node/70] è precisa e completa.
Anche in questa occasione aggiungo poco.
Utile un fr grigio grande Camalot per la sua L9.
L1 - A 2/3 del tiro ci sono due varchi per passare tra la vegetazione. Io passo a sx: l'edera è ben attaccata alla parete (30 m. - V+).
L2 - Diedro e muro strapiombante fin sotto uno strapiombo inclinato a dx. Dario fa sosta a 3 ch vicini (25 m. - VII+).
L3 - Traverso a dx [stare bassi], diedro inclinato a dx, strapiombino, sosta a dx (10 m. - VII-/VII).
L4 - Rientrare a sx, a una lama con andamento ad arco verso dx. Sosta al suo termine in una nicchia (40 m. ca - VII).
L5 - Diedro prima strapiombante, poi verticale, infine inclinato (55 m. - VII- o VII a seconda de la methode).
L6 - Traverso e obliquo a sx fino a un albero (35 m. - II).
L7 - In lieve obliquo a sx aggirando un torrioncino; poi ancora diritti per gradoni fino a un bosco sospeso (45 m. - V).
L8 - In obliquo e in traverso a dx lasciando in alto la sosta su cordone [verde? Giallo? Non ricordo] della "Pegoretti" (55 m. - III).
L9 - Sul fondo del diedro, friabile nella prima parte; sosta su cordone blu a un albero sulla dx. Amministrare con attenzione le protezioni (55 m. - VI).
L10 - A sx per diedro fin sotto l'evidente tetto. Dario lo supera sulla dx per fessura di pugno; poi spigolino friabile. Dario piega a sx e fa sosta a un albero con cordone blu sulla continuazione del diedro (25 m. - VI).
L11 - Io torno a dx, proseguo per lo spigolino friabile, raggiungo 3 ch [sosta?] e proseguo diritto e in obliquo a dx fino a una sosta con 2 spit e cordone giallo. E' sbagliato [V lo spigolino, VI+/VII- il tratto strapiombante verso la sosta con cordone giallo]. Ci caliamo ai 3 ch. Comunque (30 m. - VI+/VII-).
L12 - Dalla sosta con 3 ch in obliquo a sx su roccia sempre più solida fin sotto uno strapiombino nero sulla dx del diedro che dà la direttiva di salita; superarlo diritti [o uscendo a sx al 3° ch] e raggiungere la sosta (30 m. - VII o VII+, più facile a sx).
L13 - Sempre sul fondo del diedro, superando una strozzatura e un primo e un secondo strapiombo fino all'uscita nel bosco (55 m. - VI+/VII-) [rel. 18 maggio 2009].
Vita è penombra.
Alba.
Crepuscolo.
Non ombra.
Non luce.
Uno
Giovedì.
Maddalena, Radar.
Sono sotto "The Big Mind...".
Salto per moschettonare il primo rinvio, ma manco l'occhiello della piastrina e torno già con la coppia in mano.
Nel ricadere, il piede sx atterra storto su uno spuntone e... crack... si gira in modo innaturale.
Ahia...
E chi riesce a chiudere "The Big Mind...", oggi?
E se fosse andata in vacca addirittura l'intera stagione?
Ma sono qui.
E la forma c'è...
Quindi riprovo.
Con la caviglia sx che cede a ogni appoggio un po' forzato di punta, porto su i rinvii.
Scendo, mi riposo e parto.
Primo tentativo, niente.
Secondo tentativo, niente.
Terzo tentativo [piedi su appoggi minimi e delicato dinamico a prendere di mano sx il fessurino risolutivo], passo.
Fatta.
Due
"Dài, andiamo a fare il 'Diedro Maestri', domani?"
E' Giovanni.
Sarebbe in grado di vendere un'auto tarocca persino a un concessionario.
Ma domani non ho voglia.
Perché svegliarsi alle 5.00?
Per rischiare di prendere acqua sul diedro?
E poi quella caviglia ballerina...
E, per finire, ieri ho provato tre volte "Il Cimitero dei Topi", bruciandomi le dita.
Meglio una rilassante mattinata in falesia, dopo una tranquilla sveglia alle 8.00 e un cappuccino al bar.
Ma, ripeto, Giovanni sarebbe capace di vendere un'auto tarocca persino a un concessionario.
Tre
L8.
Ho fatto tutta la salita vuoto, senza desiderio.
Anche ora che sono sotto il primo, indecifrabile tratto strapiombante di una fessura fuori misura, sono lì ad aspettare che mi venga voglia di proseguire.
Alla fine è qualcosa di appartenente al mio profondo, forse un grumo di abitudini, a farmi partire.
Uno, due tentativi in libera, ma senza risultati.
Staffo e moschettono il ch. successivo.
Poi caccio in fessura spalla e gamba dx e inizio a salire strisciando.
E' faticoso: a tratti sento il deltoide dx gripparsi.
Arrivo in sosta in un bagno di sudore.
Mentre recupero Giovanni, guardo il Sarca scorrere placido a fondo valle.
Nuvole temporalesche dall'aria innocua si gonfiano sopra il Baldo, a sud e sopra di noi, sul Brenta.
L'anno prossimo solo falesia.
Giuro.
Molte le rel. su guide e in rete.
Precisa sia la rel. Filippi sul suo "Pareti del Sarca", la rel. Nardi su Oltrelavetta [a questo link: http://oltrelavetta.com/?q=node/52] e la rel. Gulliver [a questo link: http://www.gulliver.it/index.php?modulo=itinerari&template=dettaglio&id_gita=45831].
Inutile aggiungere altro.
Solo poche note sulle limitate discordanze tra quanto riportato da altri e quello che ho riscontrato io.
Gradi assegnati considerando di VII L8 in libera come proposto su planetmountain [qui: http://www.forum.planetmountain.com/phpBB2/viewtopic.php?p=784792&highlight=&sid=9a24fed368d3c9bd1d802efb1b089af8].
Usati friend fino al 6 Ande e qualche nut medio-piccolo.
Martello a inizio stagione per ribattere i ch presenti.
L1 - Fessura erbosa sul fondo, delicata dopo piogge (35 m. - VI).
L2 - Roccette fino a una cengia; per questa a dx a un bosco sospeso traversando netti a dx (45 m. - III).
L3 - Bel diedro (30 m. - VI).
L4 - Ancora per diedro, prima in verticale [roccia delicata], poi in obliquo a dx. Il margine dx del diedro è viscido [roccia di colatoio sotto strapiombi] (40 m. ca - VI+).
L5 - In verticale sul fondo del diedro. Un riposo per me sul chiave: la buona presa risolutiva era bagnata. Sosta scomoda (40 m. - VI+/VII-).
L6 - Ancora nel diedro fin sotto uno strapiombo friabile che si supera in traverso e in obliquo a sx (20 m. - VI).
L7 - Fessura Giacomelli, bella (30 m. - VI/VI+).
L8 - Fin sotto lo strapiombo a campana da cui ha inizio il tratto finale, strapiombante, del diedro. 1 p. A1 per me per imboccare la fessura, poi incastri faticosi fino alla sosta (35 m. - VII- e 1 p. A1).
L9 - Altro strapiombo a campana; se ne esce a sx [bel pilastrino fessurato] e si arriva a una nicchia con ch a pressione; io salto la sosta su ch a pressione e proseguo per il successivo tratto di fessura fino a un boschetto sospeso; sosta su 1 spit e 1 fr 2 Ande (45 m. - VI-).
L10 - A dx, si imbocca un bel diedro verticale fin sotto un tetto [2 ch di sosta poco visibili e non molto buoni proprio alla sua radice] (35 m. - V+).
L11 - Aggirare il tetto a dx; poi per diedro-fessura appena inclinato a sx fino a rocce erbose e all'uscita (30 m. - V+) [rel. 29 giugno 2009].
Bella via a spit, con più di
qualche appiglio
bricolato
o "creato" con la resina. Continua e di soddisfazione. Ambiente
spettacolare,
specie se si percorre l'itinerario d'autunno, col bosco che prende i
colori
più incredibili. Roccia a tratti da ripulire.
Via ultra-bricolata (da cui il nome, per
espressa
intenzione
dell'apritore): la roccia, specie nella parte alta, è molto
compatta,
cosicché Galvagni ha rimodellato molte
prese
con la resina (e ne ha scavate alcune) per mantenere i gradi omogenei.
I
gradi
della relazione presente su Alp sono sbagliati. Il 6° tiro
è
più
duro del 5° e il 7° presenta 2 p. A0 liberabili solo se
si
passa alti
(al traverso, seguire la prima canna fino a poter raggiungere una netta
spaccatura
che consente di traversare a sx) e non si moschettonano due spit oltre
la
seconda canna. Il 1° tiro, dopo piogge, è viscido
all'inverosimile (licheni).