Don Juan disse alcune cose assurde come:
"Quando il mondo è a testa in giù
noi siamo a testa in su;
ma quando il mondo è a testa in su
noi siamo a testa in giù...",
e continuò su questo tono a dire sciocchezze,
mentre don Genaro mi faceva il verso
fingendo di prendere appunti.
Scriveva su un taccuino invisibile,
dilatando le narici mentre muoveva le mani,
con gli occhi spalancati e fissi su don Juan.
C. Castaneda, Viaggio a Ixtlan. Le lezioni di don Juan
Roma, Astrolabio, 1973, p. 219.
Uno
Martedì mattina.
Mi chiama Ralf, appena tornato da un walkabout in Spagna con la famiglia.
Mentre ci stiamo accordando per andare ad arrampicare l'indomani a Brentino [le previsioni meteo sono davvero un enigma], Giovanni mi manda un mess. su skype chiedendomi se sono libero per arrampicare nel pomeriggio.
Io, nel pomeriggio, non potrei: sono d'accordo con Stefano per andare a fare qualche tiro in Maddalena.
Chiedo a Giovanni di aspettare un momento: almeno finisco di mettermi d'accordo con Ralf.
Mentre sono sul punto di decidere ora e luogo dell'appuntamento, chiama Stefano al cell.: oggi lui non può? Facciamo giovedì?
Finisco per stabilire le ultime cose con Ralf per mercoledì, via chat comunico a Giovanni che nel pomeriggio posso e mi segno sull'agenda giovedì pomeriggio con Stefano.
Sono iniziate le ferie, eh?
Mah...
Se va avanti così, a fine agosto mi ritrovo tirato come due dobermann.
Tanto, la prossima settimana, ci penserà mia zia, a togliermi la forma, con la sua dieta ipercalorica a base di polenta e frico.
Due
La cordata con Ralf è affiatata da anni di salite.
In un'ora e mezza finiamo "Specchio delle mie Brame", mentre in cielo non si vede una delle nuvole foriere di pioggia minacciate dai vari siti di previsione.
Poco furbescamente optiamo per la discesa lungo il sentiero.
Eccetto che lungo il raccordo, la traccia che riporta alla base della Bastionata del Boomerang - esile, in più punti soffocata dalla vegetazione e poco battuta - mostra quanto siano abbandonati questo settore e queste vie.
E non credo sia solo una questione stagionale [il monte Cimo, si sa, è meta da mezze stagioni, non estiva].
Come se i 20' necessari ad arrivare all'attacco avessero fatto precipitare nel dimenticatoio una delle aree di arrampicata con vie lunghe ben protette più apprezzabili del nord Italia, con niente da invidiare a Presles. Sic transit gloria mundi.
Avendo tempo, saliamo anche "Mille e non più Mille", che la guida descrive come bellissima.
In effetti - chiodatura a prova di coniglio a parte - l'itinerario si insinua astuto tra strapiombi compatti per concludere in placca dopo uno spettacolare ed esposto traverso in lieve discesa.
Ci caliamo nel vuoto e torniamo alla base.
Quindi, constatata la totale inutilizzabilità dei nostri piedi, ridotti a sottilette lesse dalle spalmate sulle placche brentiniane e dai 32° agostani della giornata, ci riteniamo paghi e scendiamo a valle.
Tre
Non siamo molto in vena di chiacchiere serie, al ritorno.
Mentre stiamo parlando delle viste e dei commenti a queste pagine, Ralf rilancia la questione del "guru".
Io sbrigo la questione in poche parole: è ovvio che in tempi nei quali tutto è confuso, alcuni cerchino chiarezza; ma scambiare la solidità dei contenuti con la chiarezza espositiva è una trappola: non è detto che quello che è scritto in modo scorrevole sia anche valido; poi ribadisco la mia poco popolare idea secondo la quale la ricerca di guru da parte di alcuni possa nascondere, da parte di chi cerca il guru, la rinuncia ad assumersi la responsabilità della propria vita e da parte di chi, il guru, lo fa, il rischio, pur eccitante, di assumersi il ruolo del divino, ruolo che a un uomo non compete [il guru, presso gli induisti, è considerato una reincarnazione di Dio - cfr. wikipedia, a questo link, gia segnalato].
E' pericoloso - ripeto: pericoloso! - lasciarsi invadere da contenuti mentali archetipici più o meno inconsci.
Se ne viene spappolati.
Jung attribuiva a questo motivo - a un'identificazione inconscia, avvenuta a cavallo tra Otto e Novecento, con il dio Wotan da parte dei maggiori intellettuali tedeschi e di buona parte della comunità germanica - molte delle disgrazie capitate agli intellettuali in questione [tra i quali Nietzsche] e alla civiltà europea nel secolo scorso, Seconda Guerra Mondiale compresa [cfr. C.G. Jung, "Wotan", in Aspetti del dramma contemporaneo, consultabile qui].
Quindi meglio restare lontani da qualunque pretesa divinizzante, etero o autoattribuita che sia.
Anche per scherzo.
Ralf ribatte: "Ma anche Castaneda - che tu hai citato in uno dei tuoi post - non aveva il suo guru, don Juan?"
"Come mai Castaneda, adesso?", penso.
Poi accetto di seguire la pista: sono curioso di vedere dove porta...
"Primo", rispondo, "è molto probabile che Castaneda si sia inventato il 90% di quello che ha scritto. Secondo, a detta di un amico che ha lavorato in stretto contatto con le comunità amerindie, Castaneda era ritenuto da molti dei maggiori esponenti 'spirituali' di queste comunità come un impostore, uno che aveva saccheggiato tradizioni millenarie sfruttandole a proprio uso e consumo. Quindi..."
Poi mi viene in mente la frase di Viaggio a Ixtlan che ho citato in eserga: ""Quando il mondo è a testa in giù, noi siamo a testa in su; ma quando il mondo è a testa in su, noi siamo a testa in giù..."
La riporto a Ralf e aggiungo:
"Se anche don Juan è davvero esistito, lui non si considerava di certo un guru. Uno che se ne esce con una perla di saggezza simile, sapendo di farlo, non ha certo di sé l'idea di essere un deva o un bodhisattva."
Quattro
Per curiosità, vado a rileggermi il testo che a Ralf ho citato così, a memoria.
Nella vicenda narrata don Juan e don Genaro stanno dandosi da fare per ottenere che Carlos "fermi il mondo".
In concreto questo comporta che lui non trovi più la sua auto là dove l'ha lasciata, nei pressi della casa di don Juan.
Più in astratto questo presuppone che Carlos passi, senza accorgersene, dalla consapevolezza di ogni giorno alla consapevolezza del sogno e agisca in questa consapevolezza come se fosse nella vita di tutti i giorni.
Carlos è portato dai due a sviluppare una replica onirica esatta del mondo di tutti i giorni, nel quale però la sua auto non c'è.
O - forse più semplice ma meno probabile - a percepire il mondo di tutti i giorni con la sola variante onirica che la sua auto è stata resa inaccessibile alla percezione.
Come fanno don Juan e don Genaro a ottenere un simile risultato?
Rileggendo la struttura della relazione tra i tre, un occhio allenato a certi trucchi comunicativi non può non notare che:
don Juan usa uno schema ipnotico di induzione della forma "quanto più, tanto più": quanto più il mondo è sottosopra, tanto più noi siamo per il verso giusto; quanto più il mondo è per il verso giusto, tanto più noi siamo sottosopra; una lieve vertigine? E' colpa dello schema di induzione;
al tempo stesso don Genaro fa il verso a Carlos, portandolo con astuzia a percepirsi da fuori; ma, se Carlos è don Genaro, colui che guarda don Genaro-Carlos chi è? Semplice: nessuno [la PNL chiamerebbe un simile approccio "dissociazione"; niente di nuovo: nel buddhismo a ciò si dà nome "identificarsi con l'osservatore"].
Per "fermare il mondo" è necessario che a percepire sia "nessuno": in un niente l'ego di Carlos è messo fuori gioco.
E nel vuoto mentale così creato, con un minimo suggerimento implicito da parte di don Juan o di don Genaro [magari un cappello usato a mo' di aquilone], tutto è possibile.
Anche che il mondo ordinario si fermi.
Anche che il cappello, lanciato per aria, cadendo si trasformi nell'auto scomparsa, che si rimaterializza.
Niente di tutto questo è illuminante.
Niente di tutto questo è tranquillizzante.
No, don Juan - personaggio letterario o uomo davvero esistito che fosse - non aveva niente del "guru".
Non so quanto di vero e di valido ci sia nelle storie così ben raccontate da Carlos.
Una cosa resta per me sicura: di fronte al grande sconcerto del mondo, l'unica è respirare a fondo, mantenere la calma, assumersi la responsabilità di chi si è e di ciò che si sta facendo e andare avanti.
E, dietro l'angolo, chissà che cosa si andrà a trovare...
***
"Pensi di saper afferrare il tuo centimetro cubo di opportunità?", mi chiese don Juan in tono incredulo.
"Credo di farlo sempre", risposi.
"Io penso che tu stai all'erta solo per le cose che conosci", disse don Juan.
"Forse mi illudo, ma io credo oggi di essere molto più consapevole di quanto lo sia mai stato in tutta la mia vita", dissi veramente convinto di quello che dicevo.
Don Genaro approvo con un cenno di capo.
"Sì", disse sottovoce, come parlando tra sé. "Il piccolo Carlos è veramente compatto e assolutamente all'erta".
[...]
"Non volevo vantarmi", dissi.
Don Genaro inarcò le sopracciglia e dilatò le narici. Lanciò un'occhiata al mio taccuino e finse di scrivere.
"Penso che Carlos sia più compatto che mai", disse don Juan a don Genaro.
"Forse è troppo compatto", ribatté don Genaro.
"Probabilissimo", ammise don Juan [op. cit., p. 216].
Cinque
Che l'oscura affermazione di don Juan possa evere un significato non solo formale, ma anche di contenuto [nel senso che nel mondo le cose sembrano andare avanti per ondate di polarizzazione: all'ordine segue il disordine, al disordine l'ordine; al desiderio l'apatia e all'apatia il desiderio; alla gioia la tristezza alla tristezza la gioia; alla quiete la tempesta alla tempesta la quiete; al riposo l'ingaggio all'ingaggio il riposo; cose così, insomma], sembrerebbe dimostrato da una serie di eventi concomitanti, di per sé slegati tra loro, che si sono imposti alla mia attenzione in questi giorni:
Scrivo che Mittersteiner ha smesso di fare alpinismo impegnativo; e Mittersteiner torna a fare alpinismo impegnativo [libera di "Quarant'anni per il Falier", in Marmolada, 7c+]; altro moto enantiodromico, nel verso opposto: la salita ha suscitato polemiche [fuorivia.com perchè Mittersteiner ha piazzato uno spit su tiro chiave, non rispettando la chiodatura dei primi salitori;
Inoltre Silvestro Stucchi mi comunica di aver salito "Paco" alla Nord della Presolana e invita me e Andrea ad andare a ripeterla [belle le foto; e illuminante il commento sul suo blog: "Solo una parola: allenarsi!"]; beh, complimentoni a Silvestro e al suo socio, sempre sulla cresta dell'onda; ed è di questi giorni la notizia di due incidenti in montagna per forumisti e alpinisti di una certa fama: Adriano e Roberto; per il primo incidente più serio; a entrambi buona guarigione.
Davvero complicato capire che cosa fare quando il mondo va un po' a testa in giù e un po' a testa in su.
Occorre discernimento.
Sì, è un mondo difficile...
Piccolo gioiello di arrampicata brentiniana su roccia ottima e dalla chiodatura ultraravvicinata.
Consigliata.
L1 - Muro appena strapiombante a grandi prese non sempre buone (16 m. - VI+/VII-).
L2 - Canna; alcuni pass. di complessa impostazione (13 m. - VII-).
L3 - In traverso e in obliquo a dx su spettacolare roccia rossa (16 m. - VII-).
L4 - Espostissimo traverso su pancia dalla roccia lavorata a buche da lettera. Quindi breve strapiombo di difficile lettura. 2 resting per me sul chiave prima di capirlo (15 m. - VII+).
L5 - Placca spietata (20 m. - VII-) [rel. 13 agosto 2010].
Ripetuta in compagnia di Ralf Steinhilber in una fredda
giornata
di fine inverno e, essendomi dimenticato a casa l'imbrago, utilizzando
quello
mignon di Axel, figlio di Ralf. La mia libera non fu un granché.
Via
comunque bella con passi atletici e tecnicamente non banali al 2° e
al
3° tiro.
Ripetuta nella medesima occasione della via precedente.
Ralf
si portò a casa la libera OS (e anche la recrudescenza di uno
strappo
alla spalla). Io me la cavai un po' meglio rispetto che su "Aquila
reale",
ma ugualmente senza farci una bella figura.
La placca strapiombante finale non è proprio sanissima.
L1 - Muro verticale con breve tetto atletico (26 m. - VII-).
L2 - Canna, toboga diritti; poi in traverso e in obliquo a sx. Qualche blocco instabile (30 m. - VII-).
L3 - In lieve obliquo e in traverso a sx (30 m. - VI).
L4 - Diritti, in obliquo a dx e di nuovo diritti per muretto di roccia non sempre sana (30 m. - VII).
L5 - Tettino; poi, per magnifica placca, in obliquo a dx, diritti e in obliquo a sx. Richiesti 14-15 rinvii. Disporre bene le protezioni (40 m. - VII).
L6 - Muretto articolato fino a una cl sulla sx (20 m. - IV).
Discesa - Per tracce su prato ripido nel bosco. Proseguire in verticale fino a incontrare il largo sentiero di raccordo. Seguirlo verso sud fino a un poco visibile bivio che riporta alla base della parete. Occhio al sentiero, che in più punti si perde. E' possibile scendere anche in doppia (S5-S4-S3). Sembrerebbe la soluzione più semplice [rel. 13 agosto 2010].
Ripetuta in solitaria in una mattina di Capodanno, con
in
corpo i postumi del veglione. Fu una faticaccia e per di più
all'ombra
(soffersi in particolare il 3° tiro: 6b+ su lame dolorose -
Rinunciai
quasi subito alla libera). Mi fecero compagnia un picchio muraiolo e un
rondone (!)
evidentemente
in anticipo sulla stagione.
Ripetuta al seguito di Ralf Steinhilber (per lui OS al
2°
tiro: placca a gocce con singolo tecnico molto duro). Il 3° tiro fu
tutta
un'altra faccenda (primo boulder molto violento).
Fu la mia prima esperienza su cliff. Che dire? In
alcuni tratti
molto emozionante: la placca è davvero liscia. E pensare di
appendersi
a certe goccette coi ganci... Ralf Steinhilber tirò la libera al
massimo
sulla 2° lunghezza, ma senza riuscirvi (molte lamette sfondate dai
cliff).
Il tiro successivo (che toccò a me) è ripetibile senza
ricorrere
ai ganci. Utile qualche friend per il 1° tiro e per le lunghezze di
uscita.
Commento
Per conoscenza, Nicola Sartori è passato in libera su tutti i tiri... Antonio
Respondeo
Ciao Antonio.
A me era cosa risaputa.
Ma meglio ribadirlo.
Grazie per la precisazione.
Ciao. Sandro
Desiderio sofferto
Coltri, Laiti, Zanini - VI+ (145 m.)
Fu la mia prima via a Brentino. Allora aveva ancora la
chiodatura
originale (chiodi con anelli di fil di ferro e simili). Emozionante.
Belle
placche erose.
Bel diedro che offre un'arrampicata tra classico e
moderno. Richiodatura ascellare.
L1 - Diedrino, poi a dx per placca rotta con un tratto finale
lichenoso. Poi diritti e a sx per pilastrino con blocchi di dubbio
aspetto (25 m. - VI/VI+).
L2 - A dx della sosta a uno strapiombino, non così difficile se
si risolve l'indovinello: "Prima le prese sono dove non si vedono; poi
le prese sono dove si vedono". Poi diritti per placca e il successivo
diedro appena strapiombante con incredibili concrezioni. Mi fermo al
primo pass. perché non intuisco dove sono le prese nascoste (30
m. - VII+).
L3 - A sx della sosta per placca ipertecnica (più facile stando
bassi a sx), poi diritti a un albero e di nuovo a dx sul fondo del
diedro. Si aggira un tetto a sx e si arriva in sosta (30 m. - VII+).
L4 - Per placca a dx del fondo del diedro. Quando questo si
verticalizza, a sx. Qualche pass. da intuire (20 m. - VI+).
L5 - A dx della sosta per rampa fino al camino in cui si esaurisce il
diedro. Lo si risale e, al suo termine si esce a sx. Da brivido con la
chiodatura tradizionale (20 m. - VII-) (rel. 15 maggio 2006).
Ripetuta in solitaria il giorno dopo... essere stato
licenziato,
il che non è mai una bella cosa. Bello e faticoso il diedro del
3°
tiro, molto sostenuta la placca del 5°.
Commento:
Via fantastica; roccia calcarea veramente bella con un obbligo di 6a più A0 in due tratti sul 3 e 5 tiro. L'ho fatta concatenando i primi due tiri (più facili, ma bellissimi) della Via del Babo a sinistra. Sul terzo tiro obbligo di 6a con spittatura lunga (impossibile barare), ma veramente molto bello ed elegante. Il quarto tiro breve è di 6a+ se si sta a sinistra della placchetta finale, seguendo la verticale, oppure 6a poco più a destra sempre sulla via. Quinto tiro, traverso tecnico di 6C molto ben protetto e tranquillamente azzerabile, così come la successiva placca di 6a+ molto ben protetta. L'ultimo tiro è "gioia di vivere".
Consigliatissima a tutti e a chi come me fatica oltre il 6a, ma ha un po' di malizia.
PS1 - Data l'esposizione a est, se fa caldo, consiglio vivamente di non attaccare prima delle 14:00 pena la disidratazione istantanea.
PS2 - Non lasciate gli zaini in vista all'attacco; sembra incredibile ma nonostante i 40 minuti buoni d'avvicinamento i ladri ci sono anche lì.
Ciao
Nome: Pukina99
Respondeo:
Ciao Pukina99.
Grazie per la precisa e completa relazione.
E per gli avvertimenti, sia climatici che... hem... di pubblica sicurezza...
Sembra che i ladri abbiano fatto... anche vittime illustri!!!
Quindi mi unisco al tuo alert: occhio!
Buone arrampicate!
Sandro
Pala del Boral
Agata tu mi tradisci
Pinamonte, Bazzica - VII/Ao (140 m.)
Bella, con molti tratti sostenuti. Il 1° tiro
è
liberabile, previo adeguato riscaldamento. Mi hanno riferito di alcune
piastrine
tolte all'ultimo tiro.
A questo proposito mi scrive William il 13 aprile 2009:
"Sul penultimo tiro due piastrine spostate su due spit più a destra. Per il resto, ok. Ciao."
Respondeo:
Ciao a te, William.
E grazie per l'integrazione.
Pinamonte, Caputo, Pezzoli - VII+/A1 o VIII (120 m.)
E' probabile che l'abbia ripetuta due volte. Nei tratti
difficili c'è 1 spit al metro.
L1 - Placca, diedrino, a sx a tagliare una zona strapiombante (facile)
e ancora a sx per placca rotta fino alla sosta su cengia erbosa (25 m.
- VI+).
L2 - A dx della sosta, si vince un primo strapiombo e ci si porta sotto
un diedro strapiombante. Lo si sale con bella arrampicata e, dopo aver
dato fondo a tutta la propria riserva di rinvii e moschettoni, si
arriva in sosta. Continuità (35 m. - VII+).
L3 - A sx della sosta ad aggirare un tratto strapiombante. Poi si torna
a dx e si sale diritti per placca strapiombante a buchi (in libera a
dx), di nuovo a sx (le prese non si vedono), diritti sotto un tettino,
ancora a sx (in libera stando alti) e diritti per un canale erboso
senza spit fino alla sosta (S4 di "Cuore di Pietra" (30 m. - VII/A1 o
VIII).
L4 - Strapiombino sopra la sosta, poi placca fin sotto un vago pilastro
che si sale grazie a una sequenza di prese poco visibili (30 m. - VII-)
(rel. 15 maggio 2006).
Sostenuto e molto più difficile del resto
dell'itinerario
il 4° tiro: placca ipertecnica. Essendo da solo e trovandomi con
un'unica
corda, fui costretto ad uscire da sopra (1 tiro di VI sprotetto su
roccia
delicata).
Solitaria. La via era in condizioni perfette, io non
molto.
1° tiro - Strapiombino e diedro-fessura poco invitante. In libera
il passo di 6b+, ma a spizzichi e bocconi, causa 6 kg di zaino sulla
schiena: stavo facendo esperimenti! (29 m. - VII).
2° tiro - Piccolo tetto a sx della sosta, poi placca compatta e, in
alto, traverso molto ravanoso verso la sosta, a sx (32 m. -
VI).
3° tiro - Toboga, poi diedro sinuoso fino alla sosta (1 p. 6b+
all'inizio del diedro, di cui ho trovato la sequenza, ma da secondo).
Necessari 17
rinvii! (38 m. - VII).
4° tiro - Bellissimo muro verticale e lievemente strapiombante a
gocce. Il 6b+ è criptico, ma non boulderoso come nei tiri
sottostanti. Attenzione a 2 blocchi mobili sotto la sosta (23 m. -
VII).
5° tiro - Traverso a dx prima su prese buone, poi 2 spit misteriosi
prima di raggiungere lo spigolo. Aggiratolo, diritti per diedro e
placca fino alla sosta (27 m. - VII-/Ao).
6° tiro - Placca, lame, un traverso a dx a prendere una rampa che
porta alla bella fessura finale (eventualmente 1 friend 5 Ande per
integrare). Di qui per rocce rotte alla sosta (36 m. - VI).
Nel complesso, una sfacchinata!
A mio modesto avviso, la via più bella di
Brentino.
Qualche riposino al 2° tiro e uno stop non necessario al 4°
dopo aver
superato il passo duro (lama strapiombante in obliquo a sinistra).
Magnifica via che, con la chiodatura originale, doveva
essere temibile.
L1 - Diedro con le pareti di viscida calcite, al suo termine a sx per
serie di tettini e poi ancora a sx per magnifica placca a gocce e
diedro terminale (30 m. - VI+).
L2 - A dx della sosta e poi diritti in placca con singolo di difficile
intuizione. Si punta al fondo del grande diedro a dx e se ne esce poco
sotto una cengia erbosa. Passaggio criptico (ma non difficile) per
raggiungere la cengia. Scegliere bene i rovesci (20 m. - VII+).
L3 - A sx della sosta e poi diritti per placca a gocce. Io la supero a
spizzichi e bocconi. Entrati nella nicchia soprastante, si attacca
l'esile fessura che si diparte alla sua destra. Si oltrepassa una
brutta sosta arrugginita sulla dx e si prosegue fino a comoda sosta
alla base del camino in cui la fessura evolve. 3 p. A1 per me e diversi
p. fatti in libera dopo aver moschettonato in artif. (avevo finito la
psiche). Ralf Steinhilber è costretto a 2 p. Ao. La gradazione
di 7b gli sembra strana e non molto realistica. Ma forse, alla 3a via
della giornata, era stanco anche lui (35 m. - VIII-/A1 o VIII/Ao).
L4 - Si sale il faticoso camino e si fa sosta al suo termine (15 m. -
VI+).
L5 - Diedrino con fessura a dx della sosta e poi vago pilastro di rocce
rotte (25 m. - V+).
L6 - A sx della sosta per diedrino fin sotto un piccolo tetto. Lo si
aggira a sx e si sale per lame faticose fino all'albero di sosta.
Chiodatura abbondante (35 m. - VI+) (rel. 15 maggio 2006).
Penitenziagite n° 34.
Comincio a preoccuparmi.
Nello scegliere una via per oggi, sfogliando la guida di Brentino, alle varie proposte dei colleghi mi toccava rispondere in continuazione: "Fatta... Fatta... Fatta...".
Ormai, nel raggio di un centinaio di km circa da dove abito, mi restano quasi solo vie brutte, smarze, erbose, difficili e poco chiodate; e le varie combinazioni tra i cinque tipi. Avrò ancora due anni di autonomia...
E poi?
Dedicarsi al biliardo?
All'uncinetto?
A un secondo giro di ripetizioni, come ha fatto Ginetto?
Mah...
Intanto per la prossima settimana, giovedì [unico giorno libero] neve a 2300 m [e venerdì a 1500!!!].
Temo niente uscita infrasettimanale con Daniele.
E niente programmato tour tra le mughere nel week end.
Ma stiamo a vedere.
La speranza è l'ultima a morire.
Via interessante, con partenza secca e difficoltà concentrate nei primi tre tiri.
Io e Giovanni, senza relazione, riusciamo a sbagliare gli ultimi due tiri [siamo usciti per L5 e L6 di "Brentinomicon" [si veda rel. più sopra].
L1 - Muretti verticali fin sotto un vago toboga appena strapiombante; dure sequenza su buchi dapprima piccoli, poi più grandi (30 m. - VII+; 1 resting per me prima del chiave).
L2 - A sx superando due tettini [il secondo a dx per diedro]; poi in traverso a sx alla sosta (15 m. - VIII/VIII+, molti resting).
L3 - Vago spigolo, poi vago colatoio; sotto strapiombi appena a sx per canne e di nuovo in obliquo a dx fino alla sosta (25 m. - VIII; 3 resting).
L4 - In obliquo a dx fino in cima a un pilastrino rotto; poi in obliquo e in traverso a sx a una cengia con sosta (15 m. - VI-).
L5 - Traverso e obliquo a sx (30 m. - VI+).
L6 - Per vago spigolo a cengia con alberi [S4 di "Brentinomicon"]; la sosta giusta dev'essere qualche m. sulla dx (25 m. - VI+)
L7 - Ipotetica: canalino e placca fino a una sosta con 3 fix.
L8 - Ipotetica: per placca appena a dx a una nicchia e poi a sx alla sosta; roccia delicata.
Discesa - Con 3 doppie la prima puntando a S4 di "Brentinomicon"; da questa a S2, sempre di "Brentinomicon"; da S2 a terra. Attenzione: S5 di "C'Era una Volta" NON E' UNA CALATA! (rel. 28 settembre 2008).
Solitaria. Chi mai potrei convincere a venire con me a
esplorare
questi appartati angoli di mondo verticale? Due tetti superabili in
libera
non senza una certa fatica.
Ripetuta ieri, in pessime condizioni di forma, almeno per me [2 resting su L2, VII di continuità: le prese ci sono tutte; è il bicipite a mancare]. Comincio a pensare che attività impegnative come la progettazione assorbano - non so come - energie non solo fisiche, ma anche di altro tipo.
Altrimenti, a parità di allenamento e con condizioni alimentari non modificate in modo sostanziale, non riesco a spiegarmi un calo di prestazioni così netto nell'arco di 3 settimane. Che la cosa abbia a che fare con l'applicare l'intento per dare ordine - per quanto solo in chiave pianificatoria - ad ambiti dell'esistente che, lasciati a sé stessi, cadrebbero nel caos? Impiegare energia per dare forma forse non è come impiegarla per creare [ad esempio una nuova vita o un'opera d'arte].
Però deve togliere un bel po' di forze.
Bah...
Sempre detto, io.
Il lavoro debilita l'uomo.
L3 e L4 di scarso interesse.
Rel. visuale a questo link [www.laac.it]. Gradi larghetti [ma la cosa non dà fastidio] [rel 19 febbraio 2012]
Bella via, ben protetta e di divertimento su difficoltà continue. Faticosa L1. Usato un fr 2 Ande su L3.
Rel. visuale su www.laac.it. Ralf, hai notato che nella rel. si scrive che nella nicchia a sx della via vi sono i "Ruderi di Castel Presina"? Sì so che tu pensi che quei resti di insediamenti umani siano preistorici. Secondo me no, eh? Altrimenti perché si parlerebbe di "Castel Presina"? I castelli sono medioevali.
PS - E infatti guarda che cosa ti trovo sul sito del Comune di Brentino? "Nel periodo barbarico le orde degli invasori che scendevano dal Nord misero più volte a ferro e fuoco i piccoli borghi che si animavano nel fondovalle e per difendersi dalle loro scorrerie gli abitanti si rifugiavano sulle alture sopra Preabocco nel cosiddetto Castel Presina." [www.comune.brentino.vr.it]. Insomma, l'insediamento sarebbe dell'Alto Medioevo o, al massimo, degli ultimi anni di sopravvivenza dell'Impero Romano di Occidente.
Che cosa?
E la via?
Gradi generosi.
Stop. [rel 19 febbraio 2012]
Itinerario breve, ma molto interessante. Il cordone al primo fix di L1 è secco e segnato: vietato volare. Sarebbe opportuno che qualche anima buona salisse con coltellino e cordone di ricambio per sostituire il canapo vecchio. Da L2 la chiodatura si fa più benevola. Su L5 in libera fino ai 2 fix del muretto terminale. Il dichiarato 7b in libera mi sembra un bel 7b sostenuto, anche considerata la continuità della fessura sottostante.
Rel. testuale su kitalpha.altervista.org. A dire la verità non ricordo impegnativa la chiodatura su L4 e L5. Scherzi dell'età? [rel 19 febbraio 2012]
Avambracci tostati a circa metà di L1, bel VII+ sostenuto e da leggere. Quindi 3 riposi per me [Ralfi passa in libera, solo con un minimo affanno; ma è anche vero che lui, alla gara di boulder del Roc, è avanti a me di un bel po' di punti, avendo chiuso tutti i gialli e perfino un rosso - info aggiornate su www.ibulder.it].
Dopo L1 la via si infila in un colatoio di roccia non impeccabile, vegetata e ricoperta di terra. Insomma l'itinerario vale una ripetizione solo in preparazione ai soliti, più ardui cimenti dolomitici.
In partenza su L3 i primi 3 fix sono stati messi in posizioni all'apparenza illogiche.
Sembrerà strano... Ma si passa proprio di lì. E c'è tutto.
Occhio alla roccia più o meno a metà diedro.
Rel. visuale su www.laac.it. Gradi ok. [rel 19 febbraio 2012]
Ci si dovrebbe alzare alle quattro del mattino,
lavare e pettinare quotidianamente,
mangiare quando sorge il sole,
e ritirare quando calano le tenebre
X, 93 Y. Tsunetomo, Hagakure, Milano, Mondadori, 2001, p. 45
Scusate il ritardo... Mi sono rotto una vertebra.
No, non "un'altra".
Sempre quella di settembre.
Solo che, essendomi rotto "quella" vertebra [e, a dire il vero, anche a causa della meteo infame degli ultimi mesi], quest'anno la mia stagione "da vie lunghe" è iniziata più in giorni di apertura della pesca alla trota che non da inizio di stagione alpinistica vera e propria.
Che sia un presagio?
Comunque oggi tutto è stato un ritardo, non solo il nome della via.
Mi sono anche svegliato giusto, io.
No, non alle 4:00, come vorrebbe Tsunetomo.
Alle 7:00.
Ma, siccome - per chissà quale oscuro motivo - ero girato male, non mi sentivo molto di tentare da solo una via a Brentino, come da buoni propositi pre-domenicali.
E poi avevo fatto strani sogni.
Quindi pondera e meditaci su, magari con l'aiuto di i ching...
Tra un lancio di bastoncini e l'altro - sono tutte scuse, eh? E' solo pigrizia - arrivano le 9:15.
Addio Brentino.
Che fare?
Maddalena? Qualcuno lassù troverò, no? E poi tiri facili a gogò, giusto per fare fondo.
Mi fiondo in auto e parto..
Appena prima del ring una pattuglia di vigili ferma il traffico diretto verso il centro. Tento di aggirare l'ostacolo a dx, ma trovo un tipo con bandiera rossa che, anche lui, ferma il traffico.
E' il maratone di Brescia, temo.
Allora c'è anche Ralf, in mezzo a quei tipi che vedo correre laggiù. Chissà come sta andando?
"Posso andare in Maddalena?", chiedo allo sbandieratore, sottintendendo: "In auto..."
"No, per almeno un'ora. Ma può sempre salire a piedi", fa lui, con un velato tono di rimprovero.
Vorrei spiegarli che io, in Maddalena a piedi, ci vado in media da due a quattro volte a settimana. Ma sarebbe troppo complicato. E poi sono girato male. Quindi gli butto lì un abbastanza insensato: "Non posso: ho lo zaino" e svolto a dx.
Rimugino: andare a Caionvico, non se ne parla; né Virle... Né Placca Rossa... E nemmeno Mazzano...
Ok, allora Brentino.
"Scusate il ritardo" sono 150 m. di via... Non sarò mica così lento da bivaccare, no? Un bivacco su una via di 150 m.... Ma dài...
All'alba delle 9:30 torno a casa, preparo materiale e cibarie, mungo un po' di soldi - dei miei - dal bancomat e parto verso Caprino veronese.
Ore 11:00, imbocco il sentiero.
Ore 11:30, sono all'attacco della via.
Una cordata è ancora [non "già"; "ancora", considerata l'ora] impegnata sulla prima lunghezza.
Vabbe'...
Tanto sarò lento.
Tiro fuori tutto l'armamentario e...
Sequela di improperi irriferibili: ho lasciato il grigri in auto!
E il bello è che l'ho anche fatto di proposito: "Tanto oggi non mi serve...", ho pensato. E l'ho messo nell'altro zaino.
Ma sono proprio deficiente!
Tornare all'auto? Non ci penso neanche...
Cerco in mezzo al materiale e trovo un kevlar.
Ok, solitaria autoassicurata su machard.
Non proprio da manuale. Ma dovrebbe tenere, no? Volarci, ci sono volato sopra ancora. E ha tenuto... E poi la via è massimo 6b, in alto... E io ho o non ho il 6c consolidato in falesia?
Parto.
Con la coda dell'occhio vedo l'ombra scura di qualcosa che cade dalla parete.
"Sasso?", mi appiattisco sotto lo strapiombino di partenza.
Plana a terra lento, alla mia dx.
No, direi che è... Sì, è un berretto, in pile.
Lungo sospiro di sollievo....
"Te me ciapi la bareta?", fa il tipo, in sosta.
"Sì, sì, te ciapo la bareta".
Parto titubante.
La roccia a strati della fascia alta di Brentino è tipo quella della zona a comodini volanti in Mandrea: qua e là blocchi staccati di dubbia solidità e croste di incerta tenuta.
E arrampicare sulla prima via lunga dell'anno con una vertebra non del tutto a posto, da solo e usando come sistema di assicurazione un machard su kevlar non è proprio il massimo per riprendere confidenza con il vuoto delle vie lunghe.
Primo strapiombino, mi muovo rigido e a fatica, ma passo.
Secondo strapiombino... Beh, mica stupido!
Riposino, valà...
Arrivo in sosta.
"Alla faccia del V+", commento.
"Non è V+. E' il tiro più duro della via...", fa il tipo.
"E quindi in alto non c'è nessun 6b?"
"No, no... Il tiro più duro è questo. E se non lo so io che ho aperto la via...", ribatte.
Quindi il distinto signore in baffi bianchi cui ho recuperato la bareta è Emanuele Perolo.
E, sempre tra me e me, proseguo: "6b. Ecco perché trovavo così duro sul secondo strapiombo... Beh, dài... Allora il più è fatto."
"Visto che sei solo, vuoi legarti a noi?", fa lui.
Valuto l'allettante proposta: 120 m. di rilassante arrampicata al traino.
Poi mi dico: "Naah... Continuo in solitaria. Se poi vedo che i tremolii da fifa continuano, vi scrocco un passaggio. Comunque, grazie. Molto gentile da parte vostra."
Già ieri, a Bossico, con Stefano, dove abbiamo fatto una puntata esplorativa ingannati dalla nuova guida delle falesie bergamasche di Parimbelli, ci siamo ritirati dopo solo un 6a, un 6c+ ripetuto per 2/3 e un 7a+ fatto a spizzichi e bocconi [chiodatura malmessa].
Non mi ritirerò mica anche oggi, no?
Altrimenti che scrivo a fare di spirito da samurai, disciplina, silenzio interiore, centratezza e amenità simili?
Disciplina, ci vuole...
Beh, dai, insomma... Vediamo come butta, vah...
Lui parte, da secondo, per L2.
Io scendo, mi carico lo zaino in spalle e risalgo il tiro.
L2 scorre liscia con molti meno tremiti.
E L3 è quasi piacevole: roccia solida e bei movimenti. Comincio a sciogliermi.
Ormai sono già oltre metà via. La parete spiana. Ancora due lunghezze appoggiate e poi sarò fuori.
Riparto per L4.
Appiattendomi alla parete sfrutto l'ultimo tepore della roccia scaldata dal sole, oggi pallido, e sfuggo alla corrente di risalita, fredda per la neve dei giorni scorsi.
Adesso arrampicare è un godimento.
Sono lento, ma fluido.
Alle 14:25 arrivo al bosco sommitale con tutto il materiale recuperato.
In conclusione, tempo impiegato per il mio parziale recupero pseudo-alpinistico: 5 mesi e 15 gg circa.
E adesso: rigare dritto e tenere da conto la salute così a fatica riconquistata.
***
PS1 - Ribadisco: non andate alla falesia di Bossico. La parete è anche bella, ma, eccetto 3 itinerari sulla dx, le vie sono chiodate con spit vecchi dell'8 e bolt con ignoto carico di tenuta. Inoltre la vegetazione sta riprendendo possesso dei suoi spazi e riempie buchi e fessure. Il solo, reale vantaggio di un giro a Bossico è che nell'unico bar del paese fanno un ottimo cappuccino. PS2 - Per l'avvicinamento alla Parete di Castel Presina, cfr. la discussione su Planetmountain, qui. Ci sono problemi con alcuni proprietari per il passaggio della traccia su terreni privati. PS3 - Ralf mi comunicava che, al maratone di Brescia, è arrivato circa trecentesimo. E che - l'indistruttibile - per giugno sta preparando la Proai-Golem. Beh, complimentoni! Up! - Ralf in realtà è arrivato duecentosettantacinquesimo, come mostra questo screenshot preso dal sito www.sdam.it. Brao, Ralf!
***
Soundtrack - Fall from Stars
God Is an Astronaut [The End of the Beginning]
***
Via interessante, anche se breve e su roccia di qualità non impeccabile.
Chiodatura molto buona a fix. Portare fettucce per le soste.
Non aggiungo una mia descrizione dettagliata della via perché in rete ce ne sono già due, entrambe chiare e precise, quella originale degli apritori, riportata su scuolagraffer e quella di Ivan Maghella, a questo link del suo forum.
Ginetto Maffezzoni mi stava odiando, sul
primo tiro.
Gelo, roccia marcia, linea discontinua. Certo, avrebbe preferito il
lecchese. E anche Ralf Steinhilber.
Ma, una volta tanto, per uno strano gioco del caso, avevo deciso io.
Per questo, mentre malediceva il sottoscritto e Iacopelli amante
dell'instabile (nonché galeotto autore della famigerata relazione su internet che aveva dato spunto alla mia
insana proposta), Gino
saliva, mormorava irripetibili giaculatorie e, terrorizzato e
furioso, scagliava blocchi smossi su noi due, venti metri più
sotto. Chissà se sarà in grado di apprezzare, ora, a
distanza di tempo, l'aria fresca e nitida, i colori vividi, il
silenzio,
l'insolita
avventura?
Via per arrampicatori non troppo esigenti (e abituati alla roccia a
conformazione istantaneamente variabile). Alcuni tratti molto
pericolosi per la
qualità della roccia. Possibili stacchi importanti, soprattutto
in corrispondenza dei primi tre tiri.
Per l’avvicinamento, si veda la precisa e completa relazione di
Iacopelli.
L1 – Rampa (di roccia instabile) lievemente ascendente a sx fin sotto
un tettino. Lo si supera direttamente o sulla sx e si arriva a una
cengia sotto il “muro a ciottoli” di Iacopelli (il realtà la
sez. sx di uno strato di rocce rotte tenuto assieme da arenaria
inconsistente). Con cautela si traversa a dx e si va a fare sosta su
una cengetta che costituisce la porzione superiore dello strato di
rocce rotte di cui sopra, un ballatoio dall’aspetto precario (30 m. –
VI+).
L2 – A dx della sosta per placca. Si aggira un vago spigolo e, per
altra placca, a una fessura ascendente a sx. Aggirato un altro vago
spigolo,
diritti per rampa verticale, rimontandone il lato dx appena possibile.
Quindi per la macilenta continuazione di questa alla sosta (35 m. –
VI/VI+).
L3 – Per lama creata da una quinta staccata fino a una strettoia che si
supera con faticosa arrampicata. Al termine della lama si oltrepassa un
faticoso strapiombo e, per rocce erbose, a sx, alla sosta, in una
nicchia alberata (30 m. - VI+).
L4 – A sx della sosta si supera un primo muretto “tarzanando” a un
albero (attenzione alla lama sulla parete a dx: è grande, in
bilico e pericolosa). Poi per canale-diedro erboso via via più
verticale, superandone una strozzatura, alla sosta (50 m. – VI-).
L5 – Ancora nel canale per qualche metro, poi, attraversando con
difficoltà a dx, si entra nella bella placca grigia soprastante
che si sale seguendo i numerosi spit. Attenzione ad alcune tacche solo
appoggiate verso la fine del tiro (45 m. – VIII-/VIII o VII+/Ao).
L6 – A sx per placca appoggiata e poi per diedro verticale con diversi
appigli e appoggi instabili alla sosta. Diversi riposi per me (forse
perché avevo appena dato il cambio a Ralf Steinhilber dopo
l’impegnativa L5?) (35 m. – VII+).
L7 – Per diedro fessurato sopra la sosta. Quindi a dx a un gruppo di
roverelle e di qui per bel diedrino di roccia sana alla sosta (25 m. –
VI).
L8 – Altro breve diedro strapiombante sopra la sosta (occhio al blocco
a lama pencolante in uscita!). Poi a sx per colatoio/diedro erboso e a
sx per rocce erbose (delicato) fino alla sosta in accogliente nicchia.
Libro di via con “Topazio” autografo di Iacopelli (25 m. – VI/VI+).
L9 – Si sale tutto l’entusiasmante diedro a buone prese sopra la sosta
fino al bosco sommitale. Tiro più bello (Ginetto direbbe:
“l’unico”) della via. Gradazione strana della relazione “Iacopelli”,
specie se paragonata al grado dato a L6 (40 m. – VII-).
Dall’albero di sosta a sx fino a un diedro muscoso per il quale si esce
dalla parete (III+). Non c’è più la corda fissa segnalata
da Iacopelli sulla sua relazione.
Ripetuta sabato, ancora un po' sporca.
Alcuni tiri belli, altri meno.
Protetta molto bene!!!
I gradi in alcuni tiri sono un tantino tirati: l'ultimo secondo me è più di 6b+.
Tra le vie fatte al Cimo, è tra quelle che non mi hanno entusiasmato piu' di tanto.
Ivano
Le risposte di ddt
Ciao Ivano.
In effetti la roccia è quella che è.
Però la via ha uno sviluppo interessante, almeno se ci si vuole rifare l'allenamento alla continuità in apertura di stagione.
Grazie per il commento e l'aggiornamento sulla via!