Nome sottilmente polemico per una bella via che,
purtroppo,
incrocia "Il figlio del Nepal" al 2° tiro. 1° tiro: placca .
2°
tiro: diedro strapiombante e traverso in placca. 3° tiro: placca e
muro
strapiombante a buchi.
CAI - EEA in condizioni estive; circa M1-M2 e Ao [3 p.] nelle condizioni di innevamento in cui la abbiamo trovata noi, salita senza set da ferrata e il più possibile in libera (200 m.)
Aφ'ανανχης
αρετη
Ieri.
Mi chiama Ralf.
"Posso onorarmi di arrampicare col famoso ddt?".
Ralf non ha bisogno di sentire fischi alle orecchie per sapere che sto parlando male di lui: gli ripondo insultandolo.
E' tardi per una puntatina in falesia.
Ma non per una sgambata.
"Che cosa facciamo? Corna Trentapassi?".
"S', dài. Magari da Toline. Dovrebbe esserci una ferrata che sale dritta in vetta da lì. Non l'ho mai fatta. Ma non ho la relazione...".
"La cerco io, su internet", concludo.
Un rapido giro su gugol.
E in un nanosecondo ho tutte le info indispensabili per l'ascensione.
Inoltre scopro che un buon tratto di traccia attraversa prati ripidi ["Ma mai quanto gli zoccoli delle Pale lucane", spero].
E che il tratto attrezzato si limita agli ultimi 100 m. di dislivello.
Però mi dimentico di verificare la linea di discesa.
Mi accorgo di essermene dimenticato per strada, quasi a fine viaggio.
E nello stesso momento mi viene in mente che il versante della Corna sopra Toline è esposto a nord ["E l'altroieri ha nevicato"].
Passeremo?
Boh...
Ma la cosa non mi preoccupa: siamo alpinisti o caporali?
Arriviamo a Toline, parcheggiamo l'auto e guardiamo in su.
Hem...
In effetti la montagna è bianca, con le rocce in alto ricoperte di neve.
"Fresca o ghiacciata?
", è il dubbio.
Se è ghiacciata, senza picca e ramponi non si sale...
Imbocchiamo il sentiero.
Un signore del posto al quale chiediamo info ci fa: "Si va su di là. Ma oggi non so come sia...".
"Se è brutto, torniamo indietro", rispondiamo.
Saliamo rapidi nel bosco fino ai costoni erbosi esposti ["Mica come sulle le Pale lucane, eh?"].
E poi su, fino all'attacco della ferrata.
Prima e unica scaletta.
Poi afferro la catena per salire alla tirolese, ma...
I guanti in pile, ricoperti di neve compattata, sull'acciaio scivolano peggio che pattini sul ghiaccio.
Niente da fare. O arrampico davvero o non salgo.
Per fortuna la neve è poca, asciutta e polverosa.
Mi incastro di corpo nel camino d'attacco e inizio a lavorare sulle prese con i guanti alle mani, come la maggior parte delle persone pensa facciano di norma quelli che arrampicano.
E come quelli che arrampicano non fanno.
Almeno di norma.
E almeno su roccia.
Riesco a usare le catene per la progressione solo in due punti esposti e con molta difficoltà.
Invece Ralf, il fortunello, ha un paio di guanti con un grip incredibile sulle catene.
E, pacifico, sale alla tirolese tutta la ferrata.
In due ore siamo in vetta.
Panorama incredibile [e digitale dimenticata].
Poi giù per il sent. 206 che, comodo, in un'ora ci riporta a valle.
Sì, non è stata una vera e propria ascensione in stile "ferrata": in più di qualche occasione, durante la salita, avevo gli occhi sbarrati e... qualcos'altro bello strizzato.
Invece oggi piacevole salita natalizia di "In Memoria di Ugo Ischia", a San Paolo.
Tre ore di rapida arrampicata prima della neve.
Ralf lascia sul libro di via il seguente messaggio: "Secondo comandamento: 'Aprire il nido del cuculo...'".
E poi dicono che sono io quello strano.
Se qualcuno indovina che cosa intendesse scrivere il teutonico, gli pago da bere...
***
PS - Info su Ugo Ischia sono reperibili su Bollettino SAT, 2006, 4, pp. 27-29 [a questo link: http://www.sat.tn.it/bollettino/4_2006.pdf].
Numerose le relazioni in rete.
Tra tutte, segnalo questa: http://www.vieferrate.it/ferratatrentapassi.htm; e questa: http://clubaquilerampa.forumer.it/about216-clubaquilerampa.html.
Tre note a integrazione.
1. I costoloni erbosi segnalati come esposti lo sono davvero. Prestare attenzione a come si piazzano i piedi. Meglio non soffrire di vertigini. Tuttavia la traccia, marcata, aiuta.
2. La ferrata è attrezzata [secondo me bene] con catene nuove e una scaletta. Ma si sa... Le mie valutazioni su terreni infidi sono infide: sono abituato male...
3. L'itinerario ha un dislivello di circa 1.000 m.; di questi, 900 su tracce per prati e boschi, 100 su crestina rocciosa; lo sviluppo del tratto a ferrata è di circa 200 m. [la cresta ha tratti appoggiati] [rel. 31 dicembre 2008].
Curiose strutture di verrucano lombardo che
caratterizzano
la destra orografica della val Camonica poco a nord di Pisogne.
Arrampicata
su placca tecnica con protezioni talora distanziate.
Piramide di Cheope
Il digiuno delle galline
Facchinetti, Spadaccini, Andreoli - VI (120 m.)
Bella. Delicata in corrispondenza dello strapiombino
del 2°
tiro. Commenta la relazione
Commenti
Messaggio inviato nel maggio 2009
Commento
Ciao Sandro.
Ieri ho ripetuto col mio compagno di cordata questa bella via. Forse non eravamo ancora pronti ad affrontare un sesto grado; comunque, dopo quattro ore abbondanti, siamo usciti...
Per fortuna non c' era nessun altro in parete: almeno non abbiam creato code.
Credo che lo strapiombo al quale ti riferisci [nella tua relazione qui] sia sul terzo tiro e non sul secondo.
Il secondo tiro era su placca, salvo che magari voi abbiate fatto tiri più lunghi rispetto alle soste attrezzate. Noi abbiam avuto serie difficoltà più che altro a superare il tettino, sempre sul terzo tiro, prima dello strapiombo. Con stima... Paolo Dolcini
Respondeo
Ciao Paolo.
Non vado a Rogno da una vita e ricordo a mala pena le caratteristiche de "Il Digiuno..."
E' possibile, se non addirittura probabile, che gli itinerari siano stati richiodati.
Quindi ti ringrazio per la correzione.
E, quanto alle difficoltà della via e al tempo impiegato, l'evoluzione in arrampicata arriva proprio mettendosi alla prova su vie al proprio limite, sempre che siano sicure e ben protette, come mi pare di ricordare sia il caso della via delle "Pollastre a Stecchetto", su cui mi mandi il commento.
Continua così
Con prudenza, eh?
Ciao e buone arrampicate.
Alla prossima... Sandro
Mazinga
VI (80 m.)
Ricordo poco: uno strapiombino delicato da qualche
parte.
Bel diedro tecnico, salito in solitaria autoassicurato.
In
un primo tentativo molti anni fa, Riccardo Colosio ed io ci ritirammo a
causa
di un groviglio di rovi all'accesso del diedro. Verificare la
percorribilità
della via.
Molto bella, con un 2° tiro tecnico e l'ultimo
davvero
impegnativo, tra strapiombini, placche e diedri. Mai banale. La mia
seconda
ripetizione mi costò il menisco interno del ginocchio destro
(attenzione
ai piedi in torsione sulle microtacche).
Il "must" di Rogno. Primo tiro in diedro tecnico, poi
placca,
tettino, ancora placca in traverso e uscita per parete articolata
(diedri
e tettini). Davvero bella.
Roccia compatta per questa via che al 1° tiro
intimidisce
(passaggi tecnici su chiodatura non proprio da falesia), ma poi si
lascia
arrampicare con soddisfazione. Molto belle alcune lunghezze, tra queste
la
terzultima in particolare. Con un po' di convinzione l'ultimo tiro
può
riuscire a vista.
Dite: che cosa è peggio dell'erboring?
O dell'arrampicata su parete smarza?
La risposta esatta è: l'erboring su parete smarza.
Noi eravamo anche intenzionati a comportarci da arrampicatori in pre-pensionamento quali siamo e a fare il giro largo, passando per la "Bramani".
Ma un nevaietto ghiacciato alla base del canale ce ne impediva l'accesso.
E quindi abbiamo tirato diritto per lo zoccolo.
Primo tiro.
Faccio "m'ama-non m'ama" con i blocchetti di roccia che ho tra le mani [tanto so che lei, la roccia, "non m'ama"] e ne butto la metà nel vuoto, cercando di non cilindrare in testa Ralf più sotto.
E il tedesco ad avermelo suggerito: "Disgaggia!".
E io disgaggio.
Poi mi viene un dubbio...
E se "finissi" lo zoccolo?
E se tutto crollasse, assieme al pilastro sopra le nostre teste?
Che il ghiaione là sotto sia stato creato da torme di alpinisti disgaggiatori?
Smetto.
Mi concentro sull'arrampicata e, lento come un palombaro, raggiungo la sosta, sospesa.
Venti m. sopra.
Altro punto di fermata.
Il prossimo tiro dovrebbe essere "V+".
Ralf vede un ch alla mia sinistra.
A me il tratto protetto dal ch sembra poco "V+".
Ralf insiste.
Vado a vedere.
Infilo con delicatezza le dita sotto un "coso", a occhio 4-5 tonnellate, che, "bussato", produce un cupo e rimbombante "booghhh" [brutto segno], lo traziono piano piano, mi alzo, traverso e guardo.
Nah!.
6b...
Torno indietro.
Passano gli anni. Ma Ralf resta sempre cablato sul 7a...
La solita storia del lupo, del pelo e del vizio...
Un vizio montano, che pensate?
Più in alto ancora.
Dalle parti di S8.
Alla base di un diedro.
La rel. reperita a questo link [http://www.scalve.it/passeggiate/Bagozza-Cassin.htm] recita:
"Diedro bellissimo"...
Ralf: "Ma è questo il 'diedro bellissimo'?"
In effetti lui è alla base di un ordinario diedro aperto.
"Non è che magari è quel diedro là, più a sx?", continua.
Io sto salendo per la linea da lui seguita sul tiro, più a sx e - ovvio - più difficile della linea "Cassin-original"...
Guardo su.
Un diedro strapiombante, dalla geometria spezzata e senza prese.
6c?
"Non è che magari il diedro è bellissimo per chi fa il IV?", gli chiedo.
Tocca a me.
Riparto.
Primi movimenti spingendo di piedi sui due lati di quel roccioso libro aperto...
Il solito diedro...
Quello facile...
Gnà brut, gnà bel...
Fratello di diecimila diedri così, in giro per le Alpi.
Intanto alle nostre spalle il sole del grande meriggio investe con tutta la forza della sua luce i magnifici pendii erbosi della Valle dei Teiassi.
Butto un sasso nel vuoto - uno più o uno meno, che cosa vuoi che sia? - e lo guardo precipitare a parabola verso il nevaio, laggiù.
Arriva in fondo senza nemmeno un tonfo.
PS - Secondo il dbase che mi serve a organizzare le vie, è il mio itinerario n° 500!
Cifra tonda.
Mi autocomplimento con me!
Brao ddt!!!
Solo alcune integrazioni alla rel. reperibile a questa pagina: http://www.scalve.it/passeggiate/Bagozza-Cassin.htm.
In generale i tiri della rel. segnalata sono meno lunghi di quanto indicato da R. Cioccarelli.
Inoltre dev'essere passato Alpineman con lo sbrigaciodi: su alcuni tiri e in corrispondenza di diverse soste si trovano meno protezioni di quanto segnalato.
Usati friend fino al 5 Ande e nut piccoli e medi. Martello utile per ribattere i ch.
Itinerario descritto dall'attacco originale.
L1 - Rampa [da dx a sx] a dx del filo di spigolo, partendo in corrispondenza di una targa in bronzo. Poi per spigolo e a sx in canale. Il tutto parecchio franabbile (20 m. - V).
L2 - Fessura sul fondo del canale-diedro (15 m. - V).
L3 - Diritti per fessura a dx di uno scudo strapiombante staccato. Al suo termine più o meno sempre diritti prima per rocce e prato inglese verticale. Poi per gradoni. Sosta a dx dello spigolo [cordone attorno a grande blocco] (60 m. - V+).
L4 - In obliquo e in traverso a sx rientrando poi a dx nei pressi di una forcella [congiunzione con var. da dx] (30 m. - IV).
L5 - Si rimonta da dx a sx il bordo verticale di una rampa con andamento da sx a dx. Si risale la rampa (poss. sosta dopo 20 m.), si traversa ancora qualche m a dx e si obliqua a sx per facile placca fino alla sommità di un grande pinnacolo, sotto una parete strapiombante. Sosta sul suo fianco sx (45 m. - IV).
L6 - Si raggiunge la forcella tra pinnacolo e parete strapiombante, si scende 4-5 m. per canale alla sua dx e si traversa a dx su terrazzino fino a una scomoda sosta (15 m. - V-).
L7 - Diritti sopra la sosta; a un bombé si piega a sx per rientrare subito sulla verticale della sosta, puntando a una fessura prima verticale e poi obliqua a sx che conduce fuori dal tratto strapiombante (30 m. - VI+).
L8 - In obliquo a sx fino a una cengia (poss. sosta - 7 m.), si traversa a sx e, sulla verticale di un diedro aperto e appoggiato, si sale puntando alla base del diedro in questione (30 m. - IV?). Un solo ch di sosta (mi pare). Ralf sale più a sx [cengia. obliquo a sx su placca, diritti fin sotto un tettino, che si supera a dx rientrando poi a dx alla base del diedro, con difficoltà di V-.
L9 - Diedro, se ne esce a dx poco sotto un grande tetto, placca appoggiata, muretto sotto rampa, rampa a dx. A dx di un fix [Alpineman non ha fatto pulizia per bene] c'è 1 ch universale rosso di sosta (35 m. - IV).
L10 - Diedro sopra la sosta, piegando a dx in nicchia in un punto nel quale questo si fa verticale; quindi si rientra a sx e si esce dal diedro a dx. Per facili rocce alla sosta in nicchia (40 m. - V+).
L11 - Si segue la bella fessura obliqua a dx che parte a dx della nicchia fino al punto in cui si esaurisce [cordone in clessidra]; poi si obliqua a sx per bella placca fino a un ch vecchissimo. Di qui diritti alla sosta, alla base di un caratteristico e bel diedro (30 m. - V-).
L12 - Per il diedro in cima a un pinnacolo. Quindi per breve tratto in fessura e in obliquo a dx in una nicchia grazie a buone prese. Si entra nell'ampio canale appoggiato che sale fino in vetta e lo si segue fino al suo esaurirsi (80 m. - V+). Svariate possibilità di sosta intermedia su spuntoni o affini [Rel. 16 luglio 2008].
In Africa c'è un adagio che dice:
nella boscaglia un elefante può ucciderti, un leopardo può ucciderti e un black mamba può ucciderti; ma solo con il black mamba - e questo è vero in Africa fin dall'alba dei tempi - la morte è sicura.
Da qui il suo soprannome:
la morte incarnata.
Fico, no?!
Elle a Budd,
in Q. Tarantino
Kill Bill, vol. 2
USA, 2004
1. Black Mamba
Andrea sta puntando alla linea da un po'.
È in Concarena, appena a dx della "Cassin", sui Gölem [Gölem, vetta - dialettizzazione di "culmen"; non "Golem" - Info wikipedia].
La sua idea sarebbe, più o meno, placca strapiombante iniziale nel punto più debole, placche sotto il tetto a sette, arrivarci sotto e uscirne a dx per lame, ancora placche sopra, cengia mediana, quindi pilastro sommitale per linea da individuare.
Attira tutti e due il caminone strapiombante nel mezzo; a lui più la placca [sempre strapiombante] a dx di questo.
E da un po', per l'occasione, propone nomi.
Fantasiosi.
Quantomeno.
"Viados", perché lui, quando parte dalla sosta da primo, dice "Viados". E io gli chiedo: "Scherzi"?
La variante al precedente "Quo Viados", per fare il verso alla ben più famosa "Quo Vadis" di N. Tondini. A questo punto perché non "Qui, Quo, Qua Viados"?
"Mamba Nero" [perché "Mamba Nero"? Boh...].
Beh, adesso che sono qui - da un'ora e mezza - su L2, carico di materiale che non mi serve a molto, dopo aver provato a uscire dalla placca nera appena strapiombante sopra la mia testa passando prima a dx [fessura, con difficoltà notevoli a rientrare sulla linea per placca a prese piccole] e poi a sx [fessura, poi placca spietata improteggibile], un'idea per il nome, ce l'avrei...
Dopo un tentativo al centro [fessura di cui alla var. di sx, quindi appena a dx, dove intuisco un banchetto alla base del muretto in lieve strapiombo; con i piedi là sopra dovrei riuscire ad arrivare a un buco che intravedo; lì forse mi proteggo per i 3 m. di placca terminale, oltre la quale la salvezza], ridiscendo al trivio sotto il pass. e mi riposo.
Riparto.
Fessura.
Fr 4,0 Camalot in buco sotto la continuazione della fessura.
Ci sta.
Al punto che, con cautela, mi appendo per sghisare le braccia.
Ri-vado.
Mega-rovescio, pinzata, spallatina, movimento in precario equilibrio.
Ora sono con i piedi sul banchetto.
Tacca, tacca, buco.
È pieno d'erba.
E con fango sul fondo.
Con una mano mi tengo e con l'altra strappo erba e tolgo fango.
Poi giù, al banchetto.
Sghiso e pulizia sui calzoni delle mani [prima una, dopo l'altra] dal fango.
Su, tacca, tacca. Quella di dx mi sfugge un po'. Pulirla meglio, scemo.
Tento il BD rosso: non ci sta.
Giù.
BD giallo.
Accurata pulizia alla manina.
Su.
Il BD ci sta, ma lavora male. Le camme, sotto sforzo, fanno ruotare l'attrezzo un po' troppo fuori dal buco.
Se lo carico oltre un certo limite, salta fuori a molla.
Ma non ci sono alternative.
O così, o nada.
Giù.
Sghiso.
Pulizia alla manina.
Devo muovermi: non ho ancora molti tentativi a mia disposizione.
Studio la sequenza oltre: buco mano sx e dx; pinzata; su di piedi; allungo benebenebene e punto alla fessura in alto, da prendere rovescia.
Sì, è così.
Parto, vuoto.
Buco mano sx e dx; pinzata; su di piedi; allungo benebenebene e alla fessura in alto, rovescia.
Breve allungo a sx, cl gigante.
Salvo.
Vibro tutto.
"Dài, 'ché così ti mantieni giovane", fa il Guerz dalla sosta.
"Eh, come no. In aeternum", penso.
Il nome della via? Non so.
Ma il tiro so che si chiamerà Black Mamba.
2. Profanazioni
Non volevamo portarli, di principio.
Ma poi...
"Metti caso", abbiamo pensato.
Quindi alla fine abbiamo portato bulino a mano e 10 spit.
Ci sono tornati utili gia a S1: altrimenti avremmo dovuto fare sosta a una cl in fessura, dall'aria non molto solida. E, considerate le difficoltà di L1 [diedro, placca con cl, in traverso e in obliquo per magnifico muro a buchi - VII+] e le ariose protezioni sul tiro, non era il caso di fare troppo i brillanti.
E anche così 1 spit e 1 cliff di sosta non sono proprio da "manuale dell'alpinista previdente".
Ne abbiamo piazzato uno anche su S2, di spit, forse non necessario, giusto per ridurre l'angolo del vertice di sosta.
Però, sui tiri, non avrei proprio voluto.
Partendo da S3, Andrea commentava: "Larcher dice che lui non fa più di 3/4 tiri duri al giorno; altrimenti poi va in palla e inizia a fare cazzate."
Io, una mia prima cazzata, l'ho già fatta nella scorsa ora.
Tentativo sopra la sosta: cl, 2 fr e 1 ch di protezione; non sono riuscito a passare né diritto [fessurino e placca], né a sx [bella placca a buchi e spalmi] e sono dovuto scendere recuperando tutto.
Però speravo di aver ormai pagato dazio al dio delle cazzate.
E invece: parto per breve prato sospeso e fessurino a dx della sosta; al suo termine guardo a dx, ma non vedo come proseguire; vado a sx: placca con ciuffi d'erba e e vaga rigola; provo a salire proteggendomi con un tricam in un piccolo buco; ma se metto il tricam non riesco a tenere il buco e a raggiungere il ciuffo d'erba risolutivo a dx; e se tento di caricare il tricam in artif, vedo i bordi aguzzi dell'attrezzo smangiare il sottile margine del buco.
Purtroppo la cl in cui ho messo l'ultima protezione suona a vuoto.
Meglio non fidarsi.
Mi rassegno: spit.
Inizio a smartellare.
È un tormento.
Smetto 3 volte per vedere di passare senza bucare. Anche perché ho i piedi in pressofusione e il polso sx anchilosato a forza di girare il bulino.
E 3 volte, rassegnato, ricomincio.
Alla fine, dopo 45' di smartellamenti, lo spit è lì, bello in mezzo alla placca, a profanare parete e via.
Pazienza. Quando morirò, se non prima, finirò nell'inferno degli arrampicatori: mare, spiaggia, ombrellone, mojito e belle gnocche seminude.
Ma intanto sono qui. Mei 'nà.
E siccome, come anche il più sprovveduto dei principianti sa, "la protezione fa il grado", passo in libera coi piedi in spalmo sulla placca e tarzanando con eleganza solidi ciuffi d'erba.
3. Falso allarme
Per quanto le nostre intenzioni fossero di chiudere la salita in un unico tentativo [sabato 30 giugno e domenica 1 luglio], la scorsa settimana ci siamo calati alla fine di L4: le nostre previsioni [sbagliate] davano brutto per domenica; e noi eravamo cotti.
Quindi siamo tornati a una settimana di distanza.
Oggi, sabato, superati i primi due tiri con le fisse, abbiamo attrezzato bivacco poco sopra S2: praticello comodo e parete strapiombante a proteggerci dalle scariche.
Tiriamo le corde per l'assicurazione e ci sediamo a mangiare che sono le 22:00.
A un certo punto Andrea dice: "Oh, qualcuno, dalle baite Natù, ci fa i segnali di luce".
Guardo.
In effetti c'è un vero e proprio faro puntato nella nostra direzione che si spegne e si riaccende a intermittenza.
Che abbiano visto le nostre frontali?
"Guarda, ci rispondono anche", fa Andrea che, pure lui, manda segnali.
E quelli ammiccano di loro.
Io mi disinteresso della cosa e mi infilo nel sacco a pelo: domani sarà una lunga giornata. E "il piccolo telegrafista luminescente" non è esattamente il mio gioco preferito, specie qui e a quest'ora.
Tento di dormire.
Dopo mezz'ora - una bella luna dalla gobba calante è sorta nel cielo - mentre mi sto per assopire, Andrea mi sveglia e fa: "Abbiamo un problema..."
Mi alzo a guardare.
Alcune luci nel bosco si stanno portando nella nostra direzione.
Non è possibile!
Considerato che in Concarena non c'è anima viva [neanche anime morte, a dire il vero], quelli avranno pensato o che sui Gölem ci sono i marziani o che qualcuno è in difficoltà, e si stanno facendo l'insidioso sent. del Toc de la Nef al buio per venire a vedere.
Pericolosissimo...
Metti che uno si rompe una gamba...
E per andare a salvare qualcuno che non vuole essere salvato.
Sarebbe da scriverci sopra un trattato, eh?
Andrea chiama il 118 per sincerarsi che nessuno abbia allertato i soccorsi ufficiali.
La signorina al centralino ci comunica che non hanno ricevuto richieste. E chiede di avvisarli, nel caso i soccorritori non ufficiali abbiano bisogno di... soccorsi!
No, per noi sarebbe abbastanza complicato scendere dalla parete, adesso.
E poi siamo dell'idea: "Aiutati, 'ché il Ciel ti aiuta".
E dell'idea: "A ognuno il suo".
E, ancora, dell'idea: "Non andare a cercarti guai, se non è proprio indispensabile".
Quindi è meglio che i soccorritori non ufficiali siano soccorsi dai soccorritori ufficiali, se sarà il caso.
Altrimenti a che pro esistono?
Però, per un po' stiamo a vedere se i soccorritori non ufficiali sbucano sullo spallone d'ingresso ai ghiaioni del Toc. Metti che, davvero, qualcuno si faccia male.
Ma dai pendii ombrosi, niente.
Saranno tornati indietro...
Speriamo.
Ci stendiamo per dormire, ma senza riuscirci per la preoccupazione.
Finché, dopo mezz'ora, dal vallone di là arriva una voce: "Ehi..."
Eccoli.
Ci tiriamo su di scatto.
"Tutto ok. Stiamo bene. Non abbiamo bisogno di niente", urla Andrea.
"Meno male, avevamo paura che fosse successo qualcosa", dice la voce nel buio.
"Niente, niente... Grazie, eh? Buonanotte", risponde Andrea.
"Grazie a voi. Buonanotte", fa la voce.
Torna il silenzio.
"Ecco come potremmo chiamare la via: 'Falso Allarme'", propone Andrea.
"Sì... 'Notte, eh?"
"'Notte..."
Metto giù la testa e piombo in un sonno profondissimo.
4. I sinuosi andirivieni del Mamba Nero
Per fortuna i tiri successivi non si sono rivelati continui come i precedenti.
La linea che avevamo scelto [raggiungere il tetto a sette per placche erbose] era impercorribile: bagnate le placche sottostanti e friabili i margini inferiori degli strapiombi. Abbiamo quindi optato per la linea più logica: una rampa erbosa inclinata a dx, al margine delle grandi placconate, puntando a una visibile fessura - ahimé, anch'essa erbosa - appena a dx dei tetti.
Ne sono venuti fuori tre bei tiri eleganti e di media difficoltà.
Quindi per facili placche adagiate siamo saliti rapidamente verso la cengia mediana.
Ora stiamo guardando al pilastro sommitale.
Per qualche oscura ragione topologica, noi, che pure siamo stati sulla verticale della direttiva immaginata, ci stiamo però allontanando dal grande camino centrale, uno dei nostri potenziali obiettivi: adesso, per raggiungerlo, dovremmo traversare 100-150 m. a dx e prendere un vago dorso a dx di grandi nicchie: troppo in là.
Quindi non resta che puntare a uno dei due diedri che si vedono sopra di noi e che, purtroppo, non mirano alla sommità del pilastro, ma vanno a terminare solo sull'ampio spigolo della Cassin.
Entriamo nel canale-colatoio nel quale, in basso, le due linee confluiscono.
Se, finora, la roccia era stata da buona a ottima, da qui inizia a dar corpo alle dicerie sulla pericolosità degli sfascumi concarenitici: il calcare è rotto, a blocchi squadrati, piccoli, ma più spesso grandi, dai bordi taglienti.
Prima lunghezza in camino; abbiamo l'accortezza di piazzare la sosta sotto un tetto; non si sa mai; seconda lunghezza, sempre nel colatoio; da una cengia intermedia la linea di dx, ormai vicina, appare poco percorribile: il diedro nero che avevamo individuato come accesso naturale alla parte alta del pilastro, oltre che strapiombante, è bagnato e friabile; non resta che mantenere la sx.
La roccia è sempre più cattiva, rotta e di difficile chiodatura.
Andrea si fa un tiro da 35 m. arrampicando sulle uova [uova, a dire il vero, dure, un po' squadrate e aguzze] e mi recupera in una nicchia poco sotto quello che sembra il termine del camino.
Tiretto di 10 m. ed esco sullo spigolo: il fondo su cui appoggio i piedi è tutto rotto; a dx la parete è un coacervo di scaglie, inarrampicabile; a sx si finisce sulla Cassin: linea finita.
Mentre pianto lo spit per la calata, Andrea lascia alla penultima sosta il barattolo con il libro di via.
"Allora la chiamiamo 'Mambo Nero'?", fa.
"Eh? Perché sulla via si balla e ci si spaventa? O è per quella cosa dei viados?"
"Ah, no. 'Mamba Nero': velenosa fino alla fine."
Eh, già...
5. Ixodes Ricinus in Concarena
Sì...
Me ne sono presa una, piccolina, in un punto dietro al ginocchio dx nel quale con la pinzetta non riuscivo a operare.
Quindi, non volendo perdere tutta la mattina al Pronto Soccorso per una stupidissima zecca, l'ho strappata di malagrazia.
Dicono che in Valcamonica la borreliosi non ci sia.
Speriamo...
6. Alla fine...
... potevo anche evitare di mettere lo spit su L4.
A dx si usciva senza, con difficoltà non superiori al VI+.
Che prezzo karmico dovrò pagare, ora?
Quale sarà la punizione dei superni per il misfatto compiuto?
Incrociamo le dita.
***
Soundtrack - Malaguena Salerosa
Chingon - Mexican Spaghetti Western [2004]
***
Sono uno yogi che vaga per il paese,
Un mendicante che viaggia solo,
Un povero che non possiede nulla.
Ho lasciato dietro di me la terra che mi ha visto nascere,
Ho voltato le spalle alla mia bella casa,
Ho abbandonato i miei fertili campi.
Sono stato in ritiro solitario, sulle montagne,
Ho praticato in caverne di roccia circondate dalla neve,
E ho trovato il cibo come fanno gli uccelli
Così è stato fino ad ora.
È impossibile predire il giorno della mia morte,
Ma io ho uno scopo prima di morire.
Questa è la storia di me, lo yogi;
Ora, vi darò qualche consiglio:
Cercando di controllare gli eventi di questa vita,
Cercando di continuo di essere cosi furbi,
Sempre tentando di manipolare il vostro mondo,
Coinvolti in ripetitive relazioni sociali...
Nel mezzo di questo continuo arrovellarvi sul futuro
Arrivate senza saperlo alla fine dei vostri anni,
Senza realizzare che la vostra fronte è piena di rughe,
Inconsapevoli che i capelli sono diventati bianchi.
Mentre siete inseguiti dagli emissari della morte
Continuate a cercare piaceri di un momento.
Senza sapere se la vita durerà fino a domani,
Continuate a pianificare il vostro futuro.
Senza sapere dove rinascerete,
Insistete nella vostra compiacente contentezza.
Ora è il momento di prepararsi alla morte,
Questo è il mio sincero consiglio;
Se ne capite il valore, iniziate a praticare.
1. Guai a gogo
"Continui ad andartele a cercare, eh?", mi dice Alberto, al cell, dopo aver saputo dell'apertura della via. "Quando perderai il vizio?"
"Mah... In effetti... È che l'alpinismo mi dà qualcosa che non riesco a trovare altrove."
Lì per lì non riesco a spiegargli che cos'è.
Ma ripensandoci oggi a mente fredda, credo che il tutto abbia a che fare con quello cui accenna Milarepa, sopra.
No, lui era di sicuro uno che non le mandava a dire.
2. La rel.
Via impegnativa, con roccia da buona a ottima e arrampicata di soddisfazione fino a S9; decisamente sprint L1 e L2; sostenuti i tiri fino a S7; 2-3 tiri di relax e poi a dir poco insidioso il canale-camino terminale.
Richiede capacità di orientamento: poche le protezioni sui tiri.
Materiale consigliato: fr BD da micro fino a viola grande; tricam da micro a grandi: i nut non lavorano molto bene nelle fessure del particolare calcare della Concarena, quasi tenero e scivoloso in superficie. Cordini e kevlar per le frequenti clessidre. Roccia di difficile chiodatura. Nel caso portarsi una scelta di lame, lamette e universali.
L'itinerario può essere diviso in 4 sezioni:
- muro strapiombante iniziale [sezione chiave - 2 tiri molto sostenuti e poco protetti, 1 faticoso];
- placche sotto il tetto a sette [4 tiri su bei muri appoggiati con lunghezze di difficoltà media];
- tiri di raccordo alla cengia mediana [3 tiri facili e appoggiati];
- colatoio e camino terminale [4 tiri di difficoltà media su roccia fatiscente e pericolosa].
La via ha soste chiodate e predisposte per le calate.
I pochi ch e alcuni cordini usati sui tiri sono stati lasciati. Sulla via sono presenti 5 spit [piantati a mano], 4 di sosta e 1 di passaggio su L4.
Attacco - A dx della sezione più strapiombante alla base della parete. Kevlar in cl. alla partenza.
L1 - Superare il muretto di partenza, poi in obliquo a dx per diedro-rampa; al suo termine diritti per ca 10 m. su placca compatta; a un ch traversare e obliquare a dx fino alla sosta, alla base di un'evidente fessura ad arco verso sx; sosta su 1 spit e 1 fittone di alluminio in buco naturale [35 m. - VII+];
L2 - Raggiungere la base della fessura ad arco e percorrerla fino a una conca [2 cl con cordone]; qui appena a sx per lama fino a poter rientrare a dx alla base di una placca nera appena strapiombante; proteggersi a un buco poco visibile [1 fr giallo BD o, meglio, tricam di analoga misura] e salire la placca; al suo termine [cl con 1 kevlar] più o meno diritti per salti via via più facili fino a un'ampia cengia; sosta su 1 spit e 1 ch [55 m. - VII+/VIII-];
L3 - Superare facili rocce e portarsi alla base di un'evidente fessura a sx del muro strapiombante soprastante [1 ch con cordino alla base]; salire la fessura [1 cordino in cl] e al suo termine obliquare a dx per rocce appoggiate; sosta su 2 bong [30 m. - VI-];
L4 - Salire a dx a un praticello sospeso e proseguire diritti per facile fessura; al suo termine traversare a sx 2 m e salire la bella placca servita da 1 spit di sicurezza fino a una fessura obliqua a dx [1 ch]; ancora in obliquo a dx [1 cl con cordone] fino alla sosta [2 ch] [40 m. - VII/VII+];
L5 - Per fessura sopra la sosta, quindi in obliquo per canale-colatoio; appena possibile abbandonarlo lasciandolo a dx e procedere in obliquo a dx per bella placca bianca a gradoni [55 m. - V - nella rel. visuale ho sbagliato, scrivendo IV+; correggo quando riesco];
L6 - Tiro lungo e poco lineare; allungare bene le protezioni. In traverso a dx fino alla base di 2 fessure erbose parallele [sempre sulla sx del canale-colatoio]; al loro termine in obliquo a sx per placche appoggiate [1 cl] puntando a un diedrino [1 ch] che porta a una bella lama stondata, sulla dx del margine dx dei grandi strapiombi a sette; seguire il diedrino e la lama, al suo termine [1 ch] traversare 2 m a sx [sosta su 2 ch][60 m. - VI-];
L7 - Per elegante - per quanto erbosa - fessura sopra la sosta; 1 cordino in cl [sosta su 2 ch, mi pare] [50 m. - V+];
L8 - Più o meno diritti per rocce facili [1 fittone di alluminio come segnavia più o meno a metà tiro, se ricordo bene], puntando in alto a un piccolo larice sopra un ripido praticello e a dx di un piccolo anfiteatro roccioso [sosta su 1 ch e larice bonsai] [60 m. - II];
L9 - Per rocce articolate sopra la sosta [1 ch con cordone di segnavia]; quindi più o meno diritti [sosta su 2 ch] [50 m. - IV];
L10 - Diritti e in obliquo a sx, puntando all'evidente canale-colatoio appena a dx dello spigolo [sosta su 2 ch, nel mezzo del canale; non è il massimo, quanto a esposizione a eventuali cadute di sassi] [60 m. - II];
L11 - Salire la parete di dx del canale, superandone una prima verticalizzazione; poss. sosta sulla sx, sotto una zona di strapiombi, abbastanza riparata dalle scariche; 2 ch] [50 m. - IV+];
L12 - A dx per canale; superarne una prima verticalizzazione fino a un ampio catino; sulla sx possibile sosta [2 ch - da noi usata per le calate; riparata dalle scariche - S12bis]; proseguire per diedro fessurato sul fondo - ormai stretto - del canale; parecchie prese instabili; pericoloso; a una cengetta poss. sosta [4 ch, di cui 3 collegati], comoda, ma esposta alle scariche [40 m. - V+];
L13 - Sempre sul fondo del canale per fessure; roccia molto delicata; sosta [1 ch e 1 spit] in antro poco sotto l'uscita sullo spigolo [35 m. - VI+];
L14 - Uscire dall'antro con arrampicata a incastro di corpo; nel salire verso la sosta, prestare la massima attenzione a non far crollare il tappo di rocce che fa da tetto all'antro [sosta su 1 spit e sandwich di chiodi] [10 m. - V+].
Discesa - Tutte le soste hanno moschettone di calata [eccetto la nostra S12, che noi noi abbiamo usato per le doppie]; quindi la sequenza più sicura è, S14, S13, S12bis; poi come da rel. di salita]; attenzione, nel calarsi da S14: abbiamo lasciato una fettuccia lunga proprio per evitare che le corde lavorassero sul tappo di rocce sopra S13 [rel. 9 luglio 2012].
***
Soundtrack - Un aviatore Irlandese Prevede la sua Morte
A. Branduardi - Branduardi Canta Yeats - Dieci Ballate su Liriche di William Butler Yeats [1986]
Fungo di Ladrinai
Tra Classico e Moderno
Guerzoni, De Toni - VII+ (280 m. ca)
La via sale l'evidente camino - poi evolvente in diedro appoggiato - che taglia la parete S del Fungo, a partire dall'ampia cengia alla base dell'imponente salto terminale a E, fino al termine del pilastro di cui il camino costituisce il lato sx. Dalla cima del pilastro si prosegue in obliquo a sx per placche appoggiate e rampa fin sotto la cuspide, che si aggira in un primo momento sulla sx [S] per poi tornare brevemente sul versante E.
Linea elegante, ma roccia parecchio vegetata e difficoltà purtroppo discontinue.
Per amanti dell'arrampicata esplorativa.
Avvicinamento - Seguire il sentiero per il Toc de la Nef [ai giorni in cui scrivo ormai dissolto] fino a entrare nel vallone sotto i Gölem. Costeggiare le pareti sulla sx orografica del canale e portarsi presso l'ampia cengia sotto il tratto più verticale della linea di cresta [parete E del "Fungo di Ladrinai"]; imboccata la cengia, raggiungere la verticale dell'evidente camino. 1h da Baite Natù.
Attacco - Per facili rocce, puntando a un mugo a ca 8 m. dal suolo [cordone rosso non molto visibile alla base del tronco].
L1 - Raggiungere il mugo e aggirare sulla dx un primo, breve salto verticale per cengia e fessura inclinata a sx; quindi entrare nel camino [1 cl] e fermarsi a un punto di sosta - 3 cl con cordone [45 m. - V];
L2 - Proseguire sul fondo del camino - 1 cl - e uscirne al suo termine con pass. molto atletico [VII+ obbl., da verificare]; oltre lo strapiombo proseguire per diedro inclinato verso dx con svariate strozzature [1 cl] fino a un'ultima fessura che porta sulla cima del pilastro basale, ben distinguibile sulla parete E; sosta su mugo, da attrezzare [55 m. - VII+];
L3 - Aggirare il mugo sulla dx - poss. sosta con cordone in cl. - e, dopo una cengia, proseguire per camino [cl con cordone alla sua base]; giunti sotto una macchia di mughi che ostacola la progressione, portarsi a sx [nicchia nascosta] per cengia e muro, prima strapiombante, poi verticale; diritti per 5 m. e, a una macchia di mughi, a sx, puntando a un altro barancio; sopra questo diritti fino a una cengia; sosta con cordone attorno a masso incastrato [45 m. - VI];
L4 - Salire l'evidente rampa-diedro, ingombra di mughi e inclinata verso sx, alla cui base si è sostato; 4 cordoni su mughi lungo il tiro; sosta c/o mugo con cordone in una nicchia; attenzione ai blocchi instabili [60 m. - V-];
L5 - Lungo un elegante spigolo a sx della sosta fino a una fessura che consente di tagliare verso dx la placca compatta a dx del canale appena salito; al termine della fessura si segue la rampa inclinata verso sx che porta prima sotto la parete sommitale e poi, aggirando uno spigolo sulla sx, verso la parete S; lungo questa per facili rocce si raggiunge la base del fungo terminale [2-3 cordoni lungo il tiro] [sosta c/o arbusto con cordone] [45 m. - IV+];
L6 - In obliquo a dx per rocce gradinate con blocchi fin sotto il salto terminale; aggirare, questa volta verso dx, lo spigolo tra parete S e parete E e portarsi su una cengia sotto l'ultima verticalizzazione del "Fungo"; salire il breve muro strapiombante sopra la cengia [BD 1 e 3,5 di protezione alla sua base; poss. buona protezione con BD 0,50 o 0,75 dopo lo strapiombo] e, appena possibile, traversare a dx per placca verso uno strapiombino [tenersi pronto un BD 3,5]; quindi per fessura e placche alla sx di quest'ultimo alla crestina terminale e a S5 di "Fonzies" [35 m. - VI].
Discesa - In doppia lungo "Fonzies": S5-S4, S4-S3, S3-S2, S2-Terra [rel. 8 ottobre 2012].
Danzando con gli spiriti
La settimana scorsa L. si è dato la morte.
A quanto ho capito pensava di aver fatto qualcosa - che a me sfugge: L. era una persona integra; ce ne fossero... - che lo avesse reso indegno della felicità concessagli per un tempo troppo breve dalle forze che governano il destino.
E domenica se ne è andato Beppe.
No, non è un bel periodo.
Andrea e io abbiamo saputo dell'incidente appena arrivati a terra, al crepuscolo, dopo i 15 tiri di "Atlantide", via di Beppe e di Matteo del 1999, ai Gölem, in Concarena, al termine di una giornata fino a quel momento perfetta.
I Gölem sono le cime più alte di un desolato anfiteatro di pareti, dove ancora - sulle rocce, nell'aria gelida, sfiorando l'isiga - danzano gli spiriti, quelli di cui gli uomini vorrebbero dimenticarsi.
Per questo gli spiriti con insistenza chiamano tra le montagne quei pochi che - in qualche modo - li percepiscono: perché ricordino agli altri che la trama profonda della vita è sogno.
Il mondo mi appare sempre più incomprensibile.
E sempre più incomprensibile quello che accade.
Però, se posso scegliere come considerare la morte di Beppe - in sé un fatto brutale, come le scariche di sassi che ogni tanto ci sibilavano vicino domenica o il sole che, beffardo, se n'è stato dietro la montagna tutto il giorno, lasciandoci al gelo - preferisco considerarla come se lui avesse sognato molto, troppo forte.
Così forte che dal "di là", dal mondo di sogno, è rimasto ammaliato.
E ancora, in qualche modo, là vive, sotto un cielo blu profondo, tra rocce vertiginose e ghiacci perenni, con gli esseri di sogno che là abitano.
Anche lui a ricordarci che la trama profonda della vita è sogno.
A parte un "in bocca al lupo" ad Anello per una rapida guarigione, non riesco a scrivere molto altro.
Mi limito a poche righe di condoglianze a Rossella, ai genitori, alle sorelle, allo zio Andrea, anche lui alpinista, al Guerza, suo socio di cordata.
E a esprimere il mio grande dispiacere per quello che è successo.
Ciao, Beppe.
***
Soundtrack: "Molten Universe"
Kyuss - Blues for the Red Sun [1992]
Via continua dalla linea elegante su roccia da discreta a ottima, purtroppo molto erbosa. Solo per cordate consapevoli: non sempre ci si riesce a proteggere in modo adeguato [rel. 18 settembre 2012].