Un giovane che cercava la verità
si recò da un maestro zen e gli chiese:
"Come possiamo evitare il caldo e il freddo?"
In maniera metaforica la domanda del giovane era:
"Come possiamo evitare piacere e dolore?"
Infatti è così che lo zen parla di piacere e dolore: "Caldo e freddo".
Il giovane dunque chiese: "Come possiamo evitare il caldo e il freddo?"
Il maestro rispose: "Avendo caldo e avendo freddo".
M.F. Twight, Alpinismo estremo. Salire leggeri, veloci ed efficaci,
Milano, Versante Sud, 2009
Uno
Sabato sera.
Ralf insiste perché provi la sua poltrona dei massaggi shiatsu.
In effetti, dopo una giornata di contorsionistiche sfacchinate sul tecnico e atletico verrucano della nuovissima falesia di Cimbergo, un massaggino ci vorrebbe proprio.
Ma ho paura che le sfere rotanti della poltrona dei massaggi shiatsu di Ralf modifichino il nuovo allineamento ad accennata spirale sinistrorsa delle mie vertebre.
Con tutto il dolore che mi è costato...
"No, no... Guarda... Non è il caso..."
"Dài, prova! Limito il trattamento alle vertebre cervicali e dorsali".
"Vabbe'...".
Incrocio le dita.
Quando le sfere rotanti della poltrona dei massaggi shiatsu di Ralf passano sui margini esterni delle mie vertebre alte e sui muscoli dorsali, ho strane sensazioni.
Mah...
Due
Domenica mattina.
Pinnacolo di Maslana.
Io e Giovanni volevamo fare prima "Mastro Geppetto" e poi "Con O.B. vai tranquilla" [sic!].
Ma devo aver sbagliato qualcosa sul primo tiro.
E così siamo finiti su "Il Risveglio" [rel. testuale qui: scuolaguidodellatorre; visuale qui: www.maslana.it], già percorsa qualche eone fa.
Sono sul diedro strapiombante di L4.
Nonostante il sabato in falesia [1 7a flash con acchiappo al volo della catena e svariate ribattute su 6c ipertecnici e boulderosi], la sveglia alle 4:50, il fastidioso dolore ai bassi lombari [figurarsi se la poltrona dei massaggi shiatsu di Ralf non faceva danni], sto arrampicando bene.
Non un pensiero o un sentimento...
Solo roccia davanti a me e movimento organizzato da non so che cosa, laggiù, in risposta alla roccia così com'è.
Me ne rendo conto.
E dico tra me e me: "Fosse così anche in basso..."
Subito la fluidità si incrina: inizio a vacillare; e i movimenti si fanno incerti, imprecisi.
"Ok, meglio piantarla di fare gli idioti, eh?"
Sbilanciamento, con correzione via colpo di reni e inevitabile fitta in fondo alla schiena.
Incredibile...
Mi tornano in mente brandelli di frase di un libro letto nei giorni scorsi: "Senza furia e senza orgoglio..."
Sì, senza furia. E, soprattutto, senza orgoglio.
Compostezza.
Calma.
Tutto - per il momento - torna a posto.
In vetta Giovanni si guarda intorno e dice: "Non mi ricordavo che il panorama fosse così bello, da quassù..."
Sì, è bello.
Il cerchio di montagne, il cielo azzurro, il sole forte e caldo - ma non fastidioso - di inizio estate, innocui cumulonembi estivi sopra le cime, lo specchio d'acqua della diga e la sottostante cascata davanti a noi, gli scisti rossastri e grigi, la vegetazione in pieno rigoglio...
E che è finita la stagione della fioritura dei maggiociondoli...
Altrimenti la conca sarebbe qua e là accesa da lampi di un giallo carico.
"Altri tre tiri fino in cima al Secondo Pinnacolo?", chiedo a Giovanni.
"Nah, ho i piedi sfondati".
Ok, giù.
PS
Domenica è stata inaugurata e ufficialmente "aperta al pubblico" la falesia di Cimbergo [e io e Ralf pensavamo che la festa fosse sabato...]. Bella roccia, esposizione nord-ovest, parete immersa in un magnifico bosco di castagni che ricorda Cresciano, ottima chiodatura, gran lavoro di Giacomo e degli altri ragazzi della Valle. Consigliatissima una visita, a patto di rispettare l'ambiente [si è all'interno del Parco dell'Adamello, in una zona di incisioni rupestri soggetta a vincolo]; quindi contenuto delle budella nelle budella [o previamente svuotato] e rifiuti nello zaino.
Qualche info qui: www.up-climbing.com.
Soundtrack - R U Still Into It (Dj Q Remix)
Mogwai - Album: Kicking a Dead Pig
Penitenziagite n° 32.
Virle, Placca Rossa.
"Allora, che via hai fatto ieri?", mi chiede qualcuno.
"L'Ultimo Shampoo del Generale Custer", rispondo.
"'L'Ultimo...' che?".
"L'Ultimo Shampoo del Generale Custer", ribadisco.
L'interlocutore scoppia in una risata.
Solo gli alpinisti meno giovani tacciono con rispetto nei confronti del temibile itinerario, tracciato da Savonitto nel lontano 1983 sulla direttiva dell'impressionante diedro strapiombante che delimita a dx la parete S del Pinnacolo di Maslana.
Quasi che ridere di cotanto nome potesse evocare l'apparizione del fantasmatico generale e del suo scalpo biondo.
Inoltre sanno che la via non è propriamente quello che si dice "una cazzata".
Solo poco più di 100 m. di sviluppo.
Ma 100 m. concentrati.
Come dimostrano le 5 ore che abbiamo impiegato a salirla, due tiri terminali dello "Spigolo SE" compresi [1 ora per L3, 45' per L4 (velocità da meditazione zen, insomma; o, meglio, da arrampicatori stagionati) - 1 resting per me in uscita dal chiave di L5, protetta da una lunga teoria di chiodi sifoli, quasi tutti da artificiale, della cui tenuta è meglio dubitare].
Certo, il nome è curioso.
E può far ridere chi non conosce la labirintica storia del generale e della lineare via che ne porta il nome.
Quindi, onde evitare che Custer e la sua bionda zazzera vengano a perseguitare me nei sogni per non aver indotto giusto rispetto di giovani e ignari nei confronti del nome, meglio approfondire: che cosa avrà voluto intendere Savonitto nel battezzare "L'Ultimo Shampoo..." "L'Ultimo Shampoo..."?
Secondo Ralf, che era con me ieri a Maslana, la risposta è: "La via è una bastonata. Quindi...".
Sì, la soluzione dell'enigma deve andare in questo senso.
Ma mi mancano i passi intermedi tra il significato e il simbolo.
Cerco in internet, sui motori di ricerca.
La stringa "L'Ultimo Shampoo del Generale Custer", inserita tra virgolette nell'apposita form, non produce alcun risultato, se non il rimando alle poche relazioni on line della via [reperibili qui: http://www.alpilandia.com/Montagna/maslana.htm; e qui: http://www.fuorivia.com/forum/viewtopic.php?t=1099].
Quindi il nome è stato inventato di sana pianta da Savonitto.
Provo ad andare di intuito.
Il gen. [in realtà ten. col.] Custer morì a Little Bighorn, scontrandosi con un piccolo esercito di lakota, cheyenne, brulé, piedi neri, santee, sans-arcs, assiniboin, yankton, arapaho comandati da Toro Seduto.
Sembra che tra le principali cause della sconfitta di Custer vi sia stata l'avventatezza del tenente colonnello statunitense nel forzare allo stremo le truppe al suo comando allo scopo di portarle a ridosso delle meno organizzate e peggio attrezzate, ma più numerose bande armate dei nativi americani [maggiori info su wikipedia alle voci "George_Armstrong_Custer" e "Battaglia_del_Little_Bighorn"].
Custer era famoso per i lunghi capelli biondi [per ironia della sorte, tagliati corti all'epoca della battaglia].
Quindi - e la faccio breve - "L'Ultimo Shampoo del Generale Custer" significherebbe "Fessura tracciata apposta dai deva per far abbassare la cresta ad arrampicatori che, tronfi per la loro forza e ingannati dall'apparente facilità della vittoria, tengano suddetta cresta troppo alta".
Per fortuna io e Ralf abbiamo ben poche possibilità di alzare la cresta: il teutonico ha... hemm... una stempiatura bella alta...
E io, di capelli, ne ho ben pochi. E grigi anche quelli.
E infatti siamo passati.
Non senza contare perdite: io ho fatto fischiare a valle - per un errore di manovra - il moschettone che Ralf usava in abbinamento alla piastrina.
E Ralf, in calata, ha perduto una scarpetta ["Cobra" - La Sportiva - sx, mi pare], precipitata tra le erbe rigogliose sotto la parete e da queste inghiottita.
Però dall'ascensione abbiamo anche guadagnato, nell'ordine, un nut Camp, che ho recuperato io su L4, un coltello da tavola [?] e un chiodo a lama artigianale, entrambi trovati dal "Cenerentolo" Ralf mentre cercava tra le erbe la sua scarpetta smarrita.
La storia dà di che pensare...
Bella via, sostenuta.
Portare friend dal rosso piccolo dmm all'Ande n° 7 ed excentric per fessure da 6-8 cm.
Noi abbiamo usato anche 1 friend 5 BD.
Utili qualche nut medio e medio-piccolo e un martello per ribattere i ch presenti.
Attacco - Portarsi a una cengia circa 30 m. sotto il grande tetto che caratterizza la parte bassa di "Vent'Anni di Sfiga".
Al suo margine sx un vecchio ch ad anello identifica il punto nel quale inizia la via.
L1 - Per pilastrino fin sotto uno strapiombino (1 ch universale in esile fessura a dx del pilastrino); di qui in traverso a dx seguendo una vena di quarzo. Appena possibile diritti fino a terrazzini; poi in obliquo a dx per fessure superficiali fino a un sistema di fratture verticali che, se asciutte, si salgono direttamente o, bagnate, si affiancano sulla sx (VI+ - 45 m.).
L2 - Diritti per fessure fino a entrare nel gran diedro che caratterizza la via (VI- - 35 m.).
L3 - Diedro prima verticale e verso la fine strapiombante. Da meditazione... Sosta precaria ed esposta, con protezioni da integrare (VII- - 20 m.).
L4 - Per la fessura in cui il diedro evolve, nell'ultimo tratto con faticosa arrampicata ad incastro off width (VII - 25
m.).
L5 - Per uscire in vetta, proseguire lungo un vago spigolo e la placca verticale alla sua sx [molti ch., pochi dei quali affidabili - roccia a tratti delicata - poco sopra il termine del tratto verticale 3 ch. vicini (forse sosta, da tralasciare)]. Si continua diritti fino a un poss. punto di fermata sotto un tettino [altri 3 ch]. Da qui non si vedono possibili prosecuzioni. Io mi sono portato 3 m. a dx e sono salito diritto e a sx fino a tornare sulla verticale della direttice principale puntando a rocce pià facili. Da queste in lieve obliquo a sx alla sosta [fessura con 2 ch.]. Una volta superato il tettino, ho visto sotto di me un ch tra ciuffi d'erba sulla verticale della poss. sosta. E' presumibile che la linea originale aggiri lo strapiombino a sx per portarsi di nuovo diritta sulla verticale di questa. Inevitabile il lungo run out (VII - 35 m.).
L6 - Ralf cerca il tiro terminale di IV, obliquando a sx per facile rampa. Ma, non trovando prosecuzione, dopo una decina di m. di obliquo, sale in vetta seguendo i fix di una nuova via (VI+ - 60 m.).
Discesa - Per noi 4 doppie (50 - 40? - 30 - 55) dalla "sosta con calata" di vetta, lungo la parete S [cercavamo la scarpetta di Ralf].
Maslana, d'inverno e con i
suoi boschi di faggi, mi ricorda l'infanzia.
E il Pinnacolo ha geometrie così strane, quasi di un
rigore metafisico, da generare in me un'attrazione che altri
posti
non mi suscitano.
Per questo il sabato di un po' di tempo fa, nonostante la caviglia non ancora del tutto a posto
e due cene fuori nelle due sere precedenti,
non ero riuscito a dire di no a Ralf che, per il giorno dopo, mi
proponeva di tentare "Pegaso Machine", l'incredibile via con radici
nel mito ma dalla sconcertante modernità aperta da Ivan
Guerini
sul versante est dell'aguzzo monolite.
In gioventù il Pinnacolo fu una delle prime mete
alpinistiche di
Riccardo Colosio e del sottoscritto. Mi ricordo la vera e
propria
"spedizione" in stile pesante che organizzammo in quell'occasione: 2
giorni di permanenza per i quali ci portammo tanto di zaini, pentole,
viveri in abbondanza - tra cui sugo e spaghetti - e tanica da 5 l.
piena d'acqua (sulla guida c'era scritto che nei dintorni non se ne
trovava). Scegliemmo come posto da bivacco - un bivacco che costruimmo
con frasche - il boschetto sospeso sul tozzo vertice del costone
roccioso a est della torre.
Memorabile fu la prima alba.
Dopo un sonno agitato, la mattina svegliai urlando me stesso e il mio
collega per un incubo nel quale sognavo che due bambini si
avvicinavano al nostro giaciglio e mi dicevano: "Non vedi che cosa sta
arrivando?".
Qualunque cosa fosse, non avevo nessuna voglia di vederla. E, con
l'immane fatica tipica degli sforzi onirici, mi costrinsi
a uscire dal sogno
prima che la "cosa" arrivasse. Da qui l'urlo e la sveglia
traumatica.
Nonostante gli anni e l'esperienza, il Pinnacolo resta un posto strano.
Domenica 19 marzo 2007.
Ore 12.00.
"Pegaso Machine".
Mentre, sistemato in tutta comodità sulla cengia mediana,
faccio
sosta a Ralf messo a dura prova dalla fessura del 3° tiro,
inizia a
soffiare la solita corrente di risalita, fredda data la stagione.
All'ennesima folata gelida cerco riparo dietro un piccolo avancorpo di
roccia a dx della sosta. Il vento cala quasi subito.
Io esco dalla conca di roccia: non voglio perdere gli ultimi raggi di
sole che presto girerà dietro lo spigolo.
E quello ricomincia.
Così per tre volte.
Arrivati in cima, nuvole da neve hanno già avvolto le cime
più alte.
Forse lassù fa già burrasca.
Ralf, che la mattina ha proposto almeno qualche tiro di un'altra via
per concludere in bellezza la giornata, è d'accordo con me
quando propongo di scendere subito.
Il vento sta rinforzando.
Al rientro, a metà del costone sopra Maslana, incontriamo
due
stambecchi che pascolano tranquilli vicino al sentiero. Non ci fermiamo
più di 15 secondi a guardarli che dal dirupo soprastante
cade un
blocco.
Ecchecc...!
Qui qualcuno non ci vuole proprio!!!
Siamo entrambi tutti rotti (la via è molto fisica e
faticosa).
Ma scendiamo in fretta all'auto.
Non si sa mai...
Che cosa?
Perché questa piccola, gratuita storia dell'orrore?
Per tentare di rendere la strana atmosfera che permea quel posto ai
confini del mondo.
E perché chi desidera salire "Macchina Pegaso", il congegno
per
esperienze oltre l'ordinario più potente delle Alpi
Orobiche, si
prepari a sfruttarne appieno le potenzialità.
Buon viaggio!
Via continua e sostenuta. Non inganni
l'esiguo sviluppo.
Attacco - Aggirare da dx l'avancorpo erboso
sottostante la parete
salendo il canale alla sua dx e piegando a sx non appena i salti
rocciosi si fanno meno ripidi. Puntare a una betulla poco sotto
una lama inclinata a dx (possibile fittone di sosta).
L1 - Salire la lama puntando all'evidente diedro obliquo a dx che
taglia la prima parte della parete. Si supera
una prima difficile strozzatura del diedro e poi si sale per fessure
prima facili poi di nuovo impegnative fino alla sosta, alla base di un
allargamento della fessura. Sosta su anelloni (VI+ - 50 m.).
L2 - Si continua nel diedro (io sono salito con arrampicata esterna) e
se ne supera un breve tratto strapiombante a blocchi. Si aggira il
soprastante maggiociondolo, cresciuto sul fondo del diedro ora
appoggiato e più sopra chiuso da un tetto. Se ne
esce a dx
dopo un
arzigogolato passaggio (che io ho risolto con incastro di corpo). Poi
per placca appoggiata alla sosta (VI- - 30 m.). Si è alla
base del tiro chiave.
L3 - Si sale un netto diedrino a dx della sosta e si arriva sotto
un'evidente e impressionante fessura. Dulfer nei primi metri. Poi
ancora un mix di dulfer, arrampicata a incastro ed esterna
fino a un
piccolo tetto oltre il quale un passaggio enigmatico - risolvibile sia
ad incastro che con arrampicata esterna - sbarra l'accesso al
tratto appoggiato di fessura prima della sosta, con 2 ch e 1 spit da 8
mm. in alto a sx (VIII- - 30 m.). 1 riposo per Ralf, 3 per me.
L4 - Si continua nella fessura sopra la sosta, ora tornata appena
strapiombante per la presenza di blocchi incastrati. Quando questa, di
nuovo appoggiata, si biforca, tenere il ramo dx fino a che questo
sembra esaurirsi in una
concavità sotto uno strapiombino che sembra senza via
d'uscita.
Ma c'è il trucco. Più sopra la fessura si abbatte
e muore. Io ho lasciato sulla dx una sosta a fittoni e sono
salito in obliquo a dx per altri 15 m. seguendo una rampa a blocchi
fino a uno spuntone sotto un'evidente fessura obliqua a sx (VI/VI+ - 50
m.).
L5 - Si sale la difficile fessura (la via originale forse sale
più a dx), il seguente diedro inclinato a sx (1 ch nascosto)
e il camino terminale, anch'esso col trucco, fino al diedrino d'uscita
e alla cima (VI-/VI - 30 m.).
Discesa - Dalla sosta con una doppia di 40 m.
è possibile
arrivare agli anelloni da me evitati prima della nostra S4; da
qui con un'altra doppia da 45 m. alla cengia mediana (risulta
faticoso recuperare le corde); da questa all'attacco di "Bingo Bongo"
sono altri 45 m..
Delicato l'ingresso alla placca del
1° tiro. E
molto
suggestivo il giringiro sotto il tetto del 3°, così
come
unica
è la fessura seguente. Via di altri tempi girovagando tra
gli
insoliti
volumi del settore destro del Pinnacolo. Friend e nut necessari.
Via curiosa che segue dapprima una
rampa-camino verso
sinistra,
all'interno del quale, ad un certo punto, mi trovai faccia a faccia con
un
insolito colettoero alpino gigante: 5-6 cm. di lunghezza. Ci scambiammo
le
generalità, lui mi lasciò passare e io proseguii.
A
Riccardo
Colosio feci sosta "alla vecchia" (a spalla, stando sull'altro versante
del
risalto). Poi proseguimmo per facili placche fino in cima, dove ci
attendeva
il panorama offerto dai pendii del Pizzo Coca sui quali, tra una
macchia e
l'altra di rocce rosse, occhieggiava qua e là il giallo dei
maggiociondoli
in fiore. Bello.
Non l'ho aperta io, il Gigante, ma probabilmente Umberto Villotta, "la finestra di Landerloof"; ed il nome originario era "I Funghi Buoni"...
Onor di cronaca.
Andrea Savonitto
Le risposte di ddt
Il Gigante?
In persona?
Quale onore!
Correggo subito!
Grazie!
A proposito, che cosa vorrà dire "La finestra di Landerloof"? Quien sabe?
Sandro
Messaggio inviato nel novembre 2008
"La finestra di Landerloof" era il nomignolo che Ivan Guerini aveva affibbiato a Umberto Villotta perchè gli mancava un dente... Sempre ermetico, il Gig.
Giudirel
Le risposte di ddt
Mi piace quando fai una domanda... E il mondo risponde...
Chiara - e poco misteriosa - la spiegazione.
E io che pensavo a chissà che cosa... Grassie! PS- Che cosa? No, non chiedo a Giudirel chi è o che cos'è Landerloof... Non lo sa neanche gugol!