Come sarà lo strapiombo?
Ralf Steinhilber alle prese
col 6° tiro della Gogna - Medale
Forcellino
Astra
Garbi, Bergliavaz - VI+/A1 (400 m.)
Bella via con difficoltà da non
sottovalutare,
valida
introduzione al verticale mondo del Forcellino. Qualche spit piazzato
in modo
non ottimale. Calate emozionanti.
Via sostenuta su roccia da buona a ottima.
Anche in
questo
caso, gli spit non sono sistemati in modo ottimale, in particolare al
1°
(possibilità di volare a terra nei primi metri) e al
2°
(linea
di salita lontana dagli spit). Nonostante questo, consigliabile.
Via magnifica su roccia ottima.
Ripetuta come "ripiego" dopo aver fallito sulla Cassin (o qualcosa di
simile da quelle parti: fessurino esile, diedrino, placca e
strapiombino fin sotto un tetto, con le seguenti protezioni: 1 ch
brutto dopo il primo salto, prima di un diedrino, 2 ch buoni alla fine
del diedrino e 1 ch arancione mio ottimo prima dello strapiombino
finale - sosta con 2 universali nuovi, 2 kevlar e moschettone di calata
- secondo la rel. Versante Sud - ed. 1994, difficoltà: V;
secondo me, anche paragonato al I° tiro di "Cavallo Pazzo", VI,
su
roccia infida).
Ma, tornando alla mitica "Dieci Piani...", alcune integrazioni alla
ottima
rel. climbonthenet.
Attacco - All'estrema dx della parete, pochi m. a sx
della fine
del canale della Val Cassina. Sopra un avancorpo erboso si vede un
diedro alla cui sx ci sono 3/4 fix vicini, il secondo dei quali con
cordone.
L1 - Si sale l'avancorpo e si supera il diedrino con 2 incastri di mano
(io, che non sono capace ad incastrare, tiro in Ao 2 fix...) (VII+ o
VI/Ao - 25 m.).
L2 - Obliquo a dx su placca tecnica. Più
possibilità di
salita nel tratto centrale (VI+ - 30 m.).
L3 - Traverso a dx sotto uno strapiombo, lo si aggira a dx e si sale la
seguente bella placca e il magnifico diedro soprastante (VII/VII+ col
trucco - 30 m.).
L4 - Placca tecnica, obliquo a dx e muro strapiombante a buchi, nel
primo tratto arrampicabile e poi, per i brocchi, da superare in artif.
faticosa (VII/A1 - 35 m.).
L5 - Delicato traverso a sx (VII-), poi 2 fix in artif. e di nuovo
diritti in libera per bella placca a buchi (VI+/VII-) (VII-/A1 - 30 m.).
L6 - Breve muretto sopra la sosta, traverso a dx a un fix e di qui in
orizzontale e in obliquo a dx per alcuni m. Il primo passo duro
è protetto bene (almeno per il primo - eventualmente, lungo
cordone al fix per il secondo). Il resto del traverso (VI max) si
protegge
bene con un friend Ande 5 (e, volendo, un 2 un paio di m. oltre).
Raggiunto il fix,
si traversa ancora brevemente a dx a una nicchia con erba (dynema in
clessidra come segnavia) e si sale in verticale per vago toboga e
placca fino al fix successivo (tratto chiave: VII+). Di qui in obliquo
a dx su placca a buchi e, all'ultimo fix, traverso a dx e alla sosta
per diedro fessurato obliquo a sx (al suo termine ch a U a proteggere
l'ultimo passo) (VII+ - 30 m.).
L7 - Diritti sopra la sosta e poi in lieve obliquo a sx per stupenda
placca da superare con intelligenza. Fix distanti (VII- - 35 m.).
L8 - Per magnifica placca sopra la sosta, scegliendo i pass. migliori.
All'ultimo fix a sx stando bassi (VI+ - 30 m.).
L9 - A sx della sosta, poi diritti per placca fino alla base di un
diedro obliquo a sx. Si sale per la parete alla sua sx puntando al fix
al suo termine. Di qui in obliquo verso dx (un paio di tratti obbligati
lontani dalla protezione) e, a una rampa-diedro fessurata, si piega a
sx fino a entrare in un diedro verticale di rocce articolate. Al suo
termine sosta su terrazzino a sx. Non abbiamo trovato la sosta
intermedia segnalata nella rel. climbonthenet a dx dell'inizio della
rampa-diedro (VII/VII+ - 52 m.).
Per uscire dalla parete, altri 3 tiri (il 1° di 58 m., sosta su
clessidra e spuntone sotto pino cembro - il 2° per canale a sx
e
poi diritti
fino sotto una paretina, sosta su nut e friend, 55 m. - il 3°
non
ricordo; comunque circa 25/30 m.) (rel. 7 agosto 2006).
Che dire?
Impressionante pensare che una banda di ragazzacci del lontano 1938
abbia potuto aprire una via di concezione così moderna con
un'attrezzatura non certo all'altezza di quella attuale, vincendo la
parete nel centro, dove sale verticale e strapiombante, lungo il
sistema di diedri e fessure che ha inizio in corrispondenza del gran
diedro giallo obliquo verso dx in mezzo alla pala.
Grandiosa.
Noi non abbiamo usato ch.
PS - Sono incerto su difficoltà e lunghezza dei tiri. Troppi
metri di arrampicata nel week end...
L1 - Di "Cavallo Pazzo" (l'attacco originale - diedro friabile ed erba
sulla verticale dell'inizio del gran diedro giallo - è
sconsigliato da molte guide). Placca rotta con erbe da superare prima
diritti (ch con cordone), poi appena a dx, ancora in obliquo a sx e poi
diritti, aggirando a dx un tettino di blocchi instabili (molti ch. -
roccia delicata). Sosta su cengia, dalla quale, traversando altri 20 m.
a sx, si va a S1 della "Oppio" (VI- - 40 m.).
L2 - Ancora per cengia a sx fino alla base del diedro giallo. Se ne
salgono i primi m. in obliquo a dx per tornare sul fondo in
corrispondenza di uno strapiombo. Superatolo, a dx per rampa alla sosta
(VI+/VII- - 30 m.).
L3 - Ancora in obliquo a dx con faticosa arrampicata artificiale. Poi
qualche m. in libera a dx (lama) e diritti per placca a buchi. Ancora
brevemente
in obliiquo (artif.) e in traverso a dx e poi diritti e a sx alla sosta
(tirando la libera al massimo, da
secondo, per me VII/VII+e A1 - 30 m.).
L4 - Non ricordo la prima parte del tiro. Poi placca sotto una lama e,
raggiunta la lama (1 p. A1 per me), a sx per essa e diritti per diedro.
Al suo termine a sx per bella placca a gocce alla sosta (VII-/A1 o VII
- 25 m.).
L5 - Si ridiscende la placca e si traversa 3/4 m. a dx a prendere un
diedro
faticoso che si sale fino a una nicchia erbosa (VII- - 20 m.).
L6 - A dx della sosta ad aggirare uno spigolino. Si entra in un diedro
più a dx e, seguendo i ch, lo si sale. Al suo termine a dx
per
placca, poi fessura obliqua a dx. Quando si esaurisce, traverso a dx
sotto
uno scudo che si aggira sulla dx per tornare a sx alla sosta. Tiro
molto faticoso, con pochi passi in libera per me (VI/A1 - 25 m.).
L7 - Diritti sopra la sosta per rampa. Dopo circa 10 m. a sx per cengia
erbosa. A un ch diritti per diedrino erboso. Al suo termine a dx. Si
è sotto il secondo grande salto della parete (30 m. - IV+).
L8 - La cordata davanti a noi non segue i ch che obliquano verso dx in
placca sopra la sosta ("Cavallo Pazzo"?), ma piegano a sx per fessura
strapiombante erbosa. Noi li seguiamo. Fessura strapiombante erbosa,
appunto, poi diritti e in obliquo a dx per bella placca fino a una
sosta. Di qui ci si alza di qualche m. (lametta gialla in mezzo alla
placca)
e si traversa a dx per circa 10 m. fino alla sosta (VI/VI+ - 40 m.).
L9 - Altra variante proposta dalla cordata apripista. Dalla sosta
diritti a un bello spuntone - il tratto finale di una salda fessura - e
di qui traverso a dx per placca di bella roccia. Si oltrepassa uno
spigolino sotto strapiombi e si obliqua a dx seguendo i ch. Sotto un
rigonfiamento della parete diritti
per placca a buchi e per vago diedro alla sosta (VI/VI+ - 30 m.).
L10 - Bel diedro sopra la sosta. Al suo termine in obliquo a sx alla
sosta (VI - 20 m.).
L11 - A sx della sosta per fessura con spuntoni. Si supera una
difficile "schiena di mulo" e si prosegue fino a dove la fessura si
esaurisce sotto muri verticali.
Traverso a sx e poi diritti per diedro faticoso fino alla sosta (VII -
35 m.).
L12 - Diedro inclinato a sx fino al suo termine. Sosta a dx (V/V+ - 25
m.).
L13 - Tracciato ad arco per raggiungere l'ultimo grande salto della
parete: si inizia per cengia erbosa obliqua a sx che si segue fin quasi
a una sosta. Di qui in obliquo a dx per erbe e paretine fino a un punto
di fermata alla base di un diedro inclinato a dx (IV - 60 m.).
L14 - Si sale il diedro fino a un terrazzo erboso sotto un tettino (V -
20 m.).
L15 - Si aggira a sx il tettino, si sale un primo breve diedro
inclinato verso dx e il soprastante bel diedro verticale, visibile
anche da
S12. Al suo termine in obliquo a sx per rampa interrotta da un faticoso
strapiombino (poco prima dello strapiombino, sosta di altra via). Sosta
su terrazzino panoramico (VI+ - 30 m.).
L16 - A sx della sosta e diritti per rocce erbose. Sosta su mughi o a
spalla dalla vetta (III - 20 m.) (rel. 7 agosto 2006).
Sembra che dalle parti di Lecco, sulla Grigna Meridionale, abbiano l'abitudine di concatenare vie su vie tracciate negli anni che furono dai grandi padri dell'arrampicata locale sui torrioni sparsi qua e là sull'immenso versante sud della montagna.
Uno di questi concatenamenti è il Giro del Fungo.
Niente passeggiata montana alla ricerca di Psilocybe...
E' proprio un giro alpinistico: sali una torre, scendi in doppia, sali su un'altra torre, scendi in doppia...
E così per quattro volte, finché ti ritrovi al punto di partenza.
Curioso e divertente.
E anche un po' allucinatorio...
L'ideale per un sabato di deboli piogge in cui l'esplorazione poteva fare da buona alternativa al fancazzismo...
Ripetuto con Ralf.
Non ne riporto la rel. integrale perchè in rete ci sono già molte rel. del percorso.
Concatenamento di quattro itinerari su quattro torri del gruppo: il Campaniletto [Diretta del Condor], la Torre [Via Corti], il Fungo [Spigolo del Fungo], la Lancia [Via degli Accademici].
Maggiori info su apritori e itinerari sono reperibili qui: http://www.rifugiosoldanella.it/itinerari.html; o qui: www.sassbaloss.com/pagine/uscite/girofungo/girofungo.htm; o qui: http://larioclimb.paolo-sonja.net/bacheca/cmlo_grigne_medale.html.
Uniche note:
1. gl itinerari sono ben protetti a fittoni resinati e qualche vecchio ch; noi abbiamo usato anche friend medio-piccoli e cordini;
2. L2 della "Diretta del Condor" è al massimo VI- [se paragonato al VI+ di L1 de "Lo Spigolo";
3. L1 e L2 de "Lo Spigolo" sono di difficoltà analoghe;
4. La calata dalla Lancia è di 30 m. giusti: si arriva al pelo alla esposta cengia da cui attacca la via normale (rel. 27 luglio 2008).
Bella salita su roccia da buona a ottima.
Non riporto alcuna relazione né visuale (non sono riuscito a
prendere un'immagine della parete), né testuale (considerata
l'ottima descrizione che si può trovare a questo link).
Segnalo solo che noi abbiamo unito più tiri (L1+L2, 65 m.;
L3, 20 m.; L4+L5, 45 m.; L6, 35 m.; L7, 35 m.; L8+L9, 50 m.; L10+L11,
60 m.), riuscendo a concludere la via in 8 lunghezze, e che le
lunghezze tra L6 e L10 non sono poi
di difficoltà così inferiori rispetto ai due tiri
in questione (VII+), forse per effetto di
qualche tratto raddrizzato in sede di richiodatura.
Utile qualche nut medio-piccolo e friend Ande dal 2 al 4.
Ah, dimenticavo. Le foto...
Linea coraggiosa che attraversa il Medale
in una zona
di strapiombi
rossi. L'accesso è complicato: si percorre la ferrata fino a
circa
2/3 del suo sviluppo; in corrispondenza del canale che costeggia la
parete
si scende (tracce) fino a uno spuntone; di qui breve doppia e traverso
su
cenge (delicato) fino all'attacco. 1° tiro poco chiodato, ma
proteggibile.
Sui tratti saliti in artificiale dagli apritori, i chiodi a pressione
sono
stati sostituiti con grandi golfari con un carico di tenuta di almeno
5.000
kn! Al 2° tiro, la libera del passo chiave richiede intuito,
mentre
al
6° la roccia si presenta molto unta e di non facile lettura (3
p.
Ao).
Attenzione, in uscita, ai comodini volanti.
Are you ready for the time of life?
Its time to stand up and fight
So alright
So alright
Hand in hand we take a caravan to the marble land
One by one we gonna stand up with pride
One that can't be denied
Stand up
Stand up
From the highest mountain of valley old
We all shall together with heart of gold
Now the children of the world can see
This a better place for us to be
The place is which we were born
So neglected and torn apart
Housemartins, Caravan of Love
Sto leggendo, di Hillman, Un terribile amore per la guerra.
Nel libro l'autore esplora con la solita perizia e ricchezza di intuizioni le contorte dimensioni metaforiche dell'archetipo guerresco di Ares-Marte-Indra.
Sì, perché...
Ucci, ucci, dietro il mio ventennale walkabout montano ho subodorato la presenza del dio: il "campo di battaglia" come luogo principe del rivelarsi del senso, la furia gelida di chi è nel mezzo del combattimento, l'illusione di invulnerabilità, l'inumano, il sublime come modo di manifestarsi di Afrodite al cospetto di Ares, la debolezza e il piangere in preda alla paura quando l'esperienza si fa soverchiante e qualcosa dentro cede, il rapporto tra fratelli in armi...
Metafore belliche disseminate qua e là a marcare quello che noi "..." [non saprei nemmeno come definirci] facciamo: "lotta con l'alpe" e poi "Katana" [una marca di scarpette], "La via del guerriero" [un manuale sulla gestione della paura in arrampicata], l'"attacco" di una
via, i caduti in parete [anche qualcuno che conoscevo, purtroppo]...
Tutto questo non è solo sospetto.
E' più che sospetto.
No, non è male che l'arrampicata sia anche guerra...
Il fatto è che, quando si è presi da stati d'animo intensi, univoci, debordanti, non siamo noi ad agire.
E' il dio ad agire in noi.
Ma noi non siamo dei.
E questo potrebbe spezzarci.
Hillman spiega che gli alchimisti, quando lavoravano con le essenze, preferivano distillarle tenendosi separati da esse e dal loro effetto tramite la barriera del vetro: ampolle, boccette, alambicchi...
Sì, meglio starsene a distanza.
Quindi, questa domenica, via tranquilla.
Voglio capire che cosa mi stia succedendo. E non da ieri.
Con Ralf mi accordo per la "Boga", in Medale: via classica, ma con molti tiri di IV+ e ben chiodata sul duro. Sulla carta una pedalata: un modesto D+.
La domenica mattina alla cordata si aggiunge anche Giovanni.
Siamo così rilassati e sereni che ci diamo appuntamento per le 8.00. Arriviamo sotto la via verso le 10.30, non senza aver girovagato la nostra mezz'oretta nel bosco alla ricerca dell'attacco.
Ralf oggi non sa se fare l'alpinista o il turista.
Alla fine guarda in su, vede la parete erbosa e decide: "Vai tu".
Eh sì, ha famiglia.
Primo tiro, IV+.
Mi bastano otto metri.
Poi capisco: "E a chi volevi farla?".
Roccia delicata, erba o troppo secca, color paglia, o troppo fresca, verde: tiene poco. Bisogna scavare a fondo nelle zolle per fare presa con le mani.
Molta terra, inumidita dalla pioggia dei giorni scorsi. Un bijoux per le scarpette: metto il piede su una toppa d'erba, poi lo sposto sulla roccia, ci carico il peso e... sguissh!
E tutto questo su un IV+ d'antan: da altre parti sarebbe un solido V; complimenti, sig. Dell'Oro...
La modalità "campo di battaglia" mi si attiva spontanea. Dentro sento paura e al tempo stesso un gelo distaccato.
Mezz'ora solo per il primo tiro. Non sarà una passeggiata, mi sa.
S2.
Sto recuperando Ralf.
Lui è tre metri circa sotto di me. Sembra intenzionato a salire diritto verso la sosta, rimontando la serie di blocchi
affastellati su cui ho i piedi.
Nel togliere il friend che ho messo per proteggere il pass., batte col moschettone sulla roccia.
Sento una sospetta vibrazione sotto le suole delle scarpette.
"Fa' il giro, va là".
Sarà il tormentone della salita: a ogni profondo e interminabile booong o sordo stumpf prodotti da questo o quel blocco o pilastrino percossi per valutarne la tenuta, Ralf se ne esce con un "good vibrations!".
E ogni tanto inframmezza intonando: "Every woman every man/Join the caravan of love".
Che sia un presagio? O un messaggio subliminale di Ralf, l'astuto? Che cosa vorrà dirmi?
E poi: "Ma è meglio questa erba, o quella delle Pale di San Lucano?".
"Meglio quella delle Pale", rispondo io. "L'erba del vicino è sempre più verde".
"Sì, perché, quella delle Pale, tu e Dario ve la fumate".
E giù a ridere.
Lui.
A tre tiri dalla fine, mentre siamo appesi - in tre - a un più o meno solido tronco d'albero secco e a un paio di arbusti [non ho trovato di meglio per fare sosta], scappa anche qualche goccia di pioggia.
Sospesi come siamo su quell'imbuto sopra strapiombi e su terreno sporco e vegetato, dovessimo prendere l'acqua non sarebbe il massimo.
Già la lunghezza appena salita ["scabrosa", recita una relazione trovata in rete], con un bel runout di 7-8 m. su roccia "buona, ma da verificare" sul solito IV+ "per modo di dire" bagnato dalla pioggia, ci ha risvegliato dentro una certa inquietudine.
Soprattutto a me.
E adesso da che parte?
Abbiamo perso la sosta. E quindi la via.
In alto, nella sezione a sx degli strapiombi terminali, penzolano cordini.
Di là...
Mi stacco dalla sosta e, affidandomi all'istinto, traverso a sx.
Solita attenzione concentrata, soliti movimenti guardinghi, solita sensazione di invulnerabilità: "Tu è in botte di ferro. Tu mette mano lì und piede là. Occhio, viscido: fango, lì".
Vago senza apparente metodo sulla placconata erbosa [tutto a sx, poi obliquo a dx] finché non trovo un ch e, più sopra, la sosta.
Usciamo dalla parete dopo 6h e 30'.
E doveva essere una via tranquilla: D+...
Già all'ultima sosta, mentre recupero Giovanni e Ralf, sento che inizia a montarmi dentro quel nonsoché da "mondo perfetto" che conosco fin troppo bene.
E in auto, per un'ora almeno, nel dormiveglia mi godrò il mio privato post-war dream.
Occhio, Sandro.
Occhio.
Arriva anche l'onda cupa, dopo...
"Tu mette tuo cuore in ampolla di vetro, lì. Und distilla in alambicco tua emozione", sembra suggerirmi il motoneurone teutone.
Itinerario per amanti del genere.
Precisa la rel. reperibile a questo link: http://www.fraclimb.com/R13_bogamedale.html.
Solo alcune integrazioni: lunghezza e distribuzione dei tiri e difficoltà [mettiamoci pure che sono a inizio stagione; però...].
Noi abbiamo usato friend, nut e cordini. Ch e martello sono stati inutili. Però la chiodatura in loco non ha una bella aria.
L1 - (50 m. - V/V+). Meglio spezzare alla sosta che si incontra salendo: notevoli gli attriti di corda.
L2 - (25 m. - V+).
L3 - In obliquo a sx fino a un camino. Uscirne a sx e puntare alla cengia di S3 di Milano '68. Di qui in traverso e in obliquo a dx. Faccio sosta al primo punto di fermata segnalato dalla rel. di cui sopra: attriti. Meglio spezzare il tiro fermandosi a S3 della Milano '68 (55 m. - V).
L4 - Fessura fino a una sosta. Poi diedrino, fessura difficile e unta. Al suo termine a dx per lama e cengette (35 m. - VI+).
L5 - In obliquo a dx stando a dx di un tettino; poi rampa erbosa in obliquo a dx circa 10 m. sotto la fascia di tetti (20 m. - V/V+).
L6 - Per placca fin sotto il diedro bianco; 2 m. duri, poi in traverso e in obliquo a sx per circa 15 m. (30 m. - VI+/VII-). 1 resting per me sul chiave.
L7 - Appena a sx, poi diritti e a dx entrando sul fondo del gran diedro che delimita a sx la placca soprastrante la sosta. A un ch con cordone traversare a dx (40 m. - VI).
L8 - A dx sul fondo di un altro diedro che si sale fino a una sosta. Oltrepassatala, alzarsi in obliquo a sx per bella placca, fessura e muro rotto affiancando sulla sx il margine sx del diedro appena salito, ora strapiombante. La sosta dovrebbe essere da qualche parte a sx, non appena si è arrivati su rocce facili. Io sbaglio e vado a fare sosta a una macchia di alberi circa 10 m. in obliquo a sx e più in alto rispetto al margine del tratto strapiombante del diedro (45 m. - V+).
L9 - In traverso a sx fino al margine sx della placca. Per vago canalino a dx alla sosta (25 m. - IV+).
L10 - Placca in obliquo a sx [volendo, con qualche saliscendi], poi sotto il diedro strapiombante verso sx con evidenti e numerosi cordini penzolanti. Lo si segue fino al suo termine (35 m. - VII). 2 resting per me: non mi fidavo dei ch in loco.
L11 - Diedro sopra la sosta. Al ch a sx fino a portarsi sulla verticale di un evidente spigolo. Io sono proseguito in traverso a sx e per facili rocce sono uscito dalla parete (35 m. - VI-, 1 p.) (rel. 6 aprile 2009).
Chemical Brothers Shake, Break, Bounce
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Uno - Sbump
Sabato mattina.
Diretti al solito Predore, come spesso capita io e Stefano approfittiamo del viaggio per una consulenza reciproca.
Lui mi racconta dei suoi problemi sul lavoro [è assistente sociale] e io delle mie pare esistenziali.
Certe volte il mix che si crea è davvero esplosivo.
Oggi è uno di quei giorni.
Dopo che lui mi ha raccontato di uno dei casi che sta seguendo, mi parte il nastro.
In venti minuti [più o meno nel tragitto da Clusane - il famoso paese della tinca al forno - a Predore], riesco a piazzargli lì una concisa, concitata e al tempo stesso precisa nonché sintetica storia delle metafore profonde operanti nell'organizzazione delle relazioni nell'ambito del patriarcato occidentale [dalle radici elleniche, ebraiche e cristiane] contrapponendola alla struttura del matriarcato popolare caraibico [dalle radici caribe ed europee].
E il bello è che Stefano mi sta anche a sentire...
Mentre arriviamo sotto la parete e stiamo per prepararci a partire su uno dei 6a "per modo di dire" [nel senso che i primi 3 m., di 6b, non fanno né grado, né testo] chiodati da Ralf e soci sulla sx della falesia classica, Stefano fa: "Oh, ma... Mi gira la testa!"
Cervicale incipiente, sbalzi di pressione o svarioni da esposizione a flusso di coscienza ad alta densità simbolica?
Domanda inutile.
Anch'io non devo essere del tutto centrato: dopo un'ennesimo giro di riscaldamento su "Bowling" e dopo aver messo i rinvii su "Los Hippies" [un 7b che mi riesce di rado], riparto sul tiro e al secondo fix, agguantata una presa palesemente marcescente che mi resta - come prevedibile - in mano, volo a testa in giù.
E anche quando, sceso, risalgo...
Dal fico a sx sotto lo scudo.
Poi nuova presa per la mano sx [quella precedente si è - appunto - sgretolata].
Punto il manettone in alto a dx, fletto le gambe, spingo e... Sbump!
Sento un colpo a livello dello sterno e vengo respinto indietro come da una molla. La mano dx, gia pronta ad afferrare la manigila, ne viene allontanata di colpo, trascinata verso il basso dal peso del mio corpaccione.
Tengo la sbandierata di rimbalzo e riesco a stare su.
Che diavolo è successo?
Stefano, sotto, è piegato dalle risate.
Non capisco.
Poi l'illuminazione: lanciando e nel vano tentativo di spingere l'allungamento del braccio dx ben oltre i suoi limiti fisici, ho picchiato il torace contro la roccia. L'elasticità di costole e sterno ha fatto il resto.
Aspetto che passi la ridolera ["Centrato!", mi dico. "Centrato!"] e ri-riparto.
Ridacchiando arrivo al chiave, ridacchiando e ballonzolando carico l'ulteriore lancio, ridacchiando, oscillando e facendo il possibile per non farmi distrarre dalle gocce di pioggia che iniziano a cadere fitte e dal bagnato sugli appoggi, afferro il manettone d'uscita del chiave e chiudo la via.
No, non è giornata...
Due - Splat
Decidere che cosa fare domenica è stata ardua.
Ralf non voleva andare ad Arco. Né a Brentino.
Invece Giovanni deve tornare a casa presto per "contare le pagnocchine" [sic!] di un laboratorio alimentare di cui sta curando il passaggio di proprietà: da bravo commercialista vuole fare le cose per bene e per questa transazione ha deciso di fare personalmente anche l'inventario.
E io sono abbastanza sugli affari inutili: la pioggia di ieri, che ha bagnato le pareti, non mi ispira nessuna voglia di imprese.
Alla fine l'accordo sembra focalizzarsi sull'Antimedale.
Ralf suggerisce "Stelle Cadenti".
Io gli dico: "Guarda che l'abbiamo già fatta..."
"Ah, sì. E' vero...", fa lui.
L'età...
"E allora?"
"Bah, andiamo su. Poi vediamo..."
A Rancio non ho nemmeno il tempo di scendere dall'auto che sento: "Sandrodetoni!"
Eh? Chi? Io?
Faccio finta di niente.
Ma Crodaiolo, forumista di Planetmountain con decine di salite in Medale e centinaia in dolomiti [per intenderci, mentre io faccio ripetute sui 20 m. scarsi di "Tito Tobegia" o "Non Baciatemi", in Maddalena, o di "CO.LI.CA", o "Arresting Domiciliari" o "Ciao, Ciao Belle Tettine" a Mazzano, lui le fa sui 300 della "Gogna" o di "Milano '68" in Medale], con la coda del suo occhio di falco ha visto la mia lunga chioma grigia e mi ha sgamato.
Niente da fare: scoperto.
Salto fuori dal mio nascondiglio dietro l'auto.
Presentazioni e strette di mano.
Così conosciamo dal vivo anche Changabang [altrimenti noto come "Montagna di Luce"; il nome sanscrito del terrificante e bellissimo picco del Garhwal indiano mi piace di più], X, uno dei veterani dell'arrampicata lombarda [non so se ha un nick su qualche forum: preferisco garantirgli l'anonimato], storico compagno del duo, e Vecchio Bonfo, nella vita psichiatra presso un ospedale emiliano nel quale svolge ricerche sull'influenza delle relazioni sulla strutturazione delle architetture neurali.
Sempre persone con percorsi di vita particolari, gli arrampicatori.
Chiediamo loro come mai qui, e non in dolomiti, in una così bella giornata di sole. E loro a noi.
Poi chiediamo loro che cosa intendono fare. E noi a loro.
Sentito che saremmo orientati per il Medale, loro fanno di tutto per spedirci su qualche diavoleria medalesca.
Ma questa volta le scuse sono buone. Ralf ha salito quasi tutto sulla classica parete lecchese; Giovanni è reduce da una brutta bronchite; non abbiamo i cliff; e, per finire, siamo in disarmo: la stagione alpinistica estiva 2010 è finita.
Quindi optiamo per la "Taveggia".
"Brutta: tutta unta", fa X.
Pazienza...
Oggi va come va.
Mentre partiamo sulle rampe erbose dei primi tiri della via di Nardella e c., loro si accodano a una cordata femminile impegnata su "Anniversario".
La salita procede tranquilla, tra le solite erbe velenose, oggi più frondose del solito per le piogge di ieri [e Ralf che, imperterrito, fa gardening su appigli e appoggi, senza temere le probabili ustioni da edera americana; "Quello che non uccide, rafforza", eh?], i soliti pilastrini mobili del Medale [oggi nascosti dalle fronde di cui sopra], i soliti ragni crociati, lontani parenti di quelli dei borai lucani.
Arrivati alla sosta dopo il tiro di VII, mentre io e Ralf siamo impegnati a scambiarci le corde, dalla nostra sx sentiamo una voce femminile urlare:
"Ah, aaaahhhhhh!" Splat.
E poi gemiti.
Ci si ghiaccia il sangue nelle vene.
Già mi immagino la tipa schiantata contro la parete con due o tre fratture esposte agli arti.
Se succede a un uomo, passi.
Ma a una donna... A uno di quei teneri esseri indifesi...
Ci facciamo coraggio e buttiamo lo sguardo oltre il pilastro alla nostra sx.
"Teneri esseri indifesi" un corno...
La tipa se ne sta lì, appesa alla corda, gambe divaricate in posizione stabile di riposo e sembra essere tutto fuorché disposta a farsi aiutare dalle cordate maschili che la seguono e la precedono.
"No, no... Faccio io..."
Dagli scambi di battute tra la donna e i rudi alpinisti che le offrono aiuto, capiamo che, a parte un grande spavento per i 10 m. di volo con atterraggio a testa in giù, non è successo nulla di grave.
Torniamo a concentrarci sulla nostra epica "Taveggia".
Prima di ripartire Ralf mi dice: "Sandro, scrivi sul tuo sito, eh? E magari racconta un po' di più anche di quello che succede sui tiri, lungo la via..."
Obietto che, a parte che scrivere mi porta via un mucchio di tempo [e, per quanto possa sembrare strano, ho anch'io un lavoro], non è sempre così facile trovare qualcosa di interessante da raccontare.
Mica si è sempre in giro in preda a raptus allucinogeni, no?
Ma lui e Giovanni insistono.
Quindi, ecco.
Ralf parte, sparisce dietro lo spigolo alla nostra dx e impiega i suoi buoni venti minuti per arrivare in sosta.
Intanto il sole sta girando dietro la parete. E il vento da sopra sta abbassando le temperature.
Ralf ci recupera.
Lo raggiungiamo.
Riparte.
Combatte una ventina di minuti con un primo e un secondo sistema di fessure ["V+", recita la guida], prosegue fino al termine della corda, poi si ferma.
Non succede niente per altri venti minuti.
Il vento freddo, il dolore ai piedi per le scarpette e l'urgenza di tornare a Brescia a "contare le pagnocchine" esasperano un pochino Giovanni che si mette a urlare improperi nei confronti del teutonico.
Mi vedo Ralf impegnato nel tentare di attrezzare una sosta decente per recuperarci in sicurezza evitando che un eventuale volo produca un triplo splat senza possibilità di ripartire dal via.
Mica siamo "teneri esseri indifesi", noi: non sopravvivremmo a un volo planare a tre giù e giù, lungo il verticale fianco dello spigolo E del Medale.
Finalmente, lente, le corde cominciano a scorrere verso l'alto.
Giovanni infila i suoi dolorosi stivaletti malesi da combattimento e parte, porconando per l'atroce dolore ai piedi e perché Ralf non tiene la sua corda corta come dovrebbe [secondo me è che non sente; e gli attriti dovuti alle contorsioni del tiro gli impediscono di capire se le corde sono in tensione o meno e quindi se vanno recuperate o meno].
Poi parto anch'io.
In effetti Ralf non recupera un qaz.
Mi faccio 6 m. a corda libera, con il vago timore che un eventuale volo - a questo punto lungo, per quanto io sia da secondo - spianti la sosta e ci faccia davvero splattare laggiù, in basso, da qualche parte sulla parete o alla sua base.
Poi penso al tempo che Ralf ha impiegato per attrezzare il punto di fermata.
E penso che Ralf è un bravo ingegnere, teutonico per di più [come la mia nuova lavatrice Bosch, una cannonata]. E smetto di preoccuparmi.
Sì, so che Ralf è ingegnere elettronico e non meccanico.
Ma non vorremo mica star qui a sottilizzare, vero?
Le teorie del campo unificato non assumono forse che forza elettromagnetica e gravitazione siano espressione di un'unica forza fondamentale?
E poi, sì, ci sono i fittoni: al massimo facciamo un triplo splat alla "Vertical Limit", ma con tenuta degli ancoraggi: quei "cosi" - i fittoni - con cui è protetta buona parte del tiro tengono o non tengono 5 tonnellate l'uno?
PS - Giusto per farsi quattro risate...
Ragazzi, le mettete, cintura e bretelle, quando arrampicate?
Per chi non arrampica: non c'è una parte della scena che, dal punto di vista tecnico, non sia farlocca.
Improbabile l'incidente, improbabile lo stile di scalata [io lancio sempre a culo in fuori, per superare gli strapiombi...], improbabili gli arrampicatori...
Tre - Stonf
Ho aggiunto il par. così, perché mi è venuto.
Che sia l'esigenza di completare il climax dei sottotitoli onomatopeici inizianti per "s"?
In effetti sento incompleta la serie di due: sbump, splat... Stonf.
Sì, manca. E ci sta...
Oppure che sia il rumore del martello che Ralf e Giovanni di sicuro mi caleranno sul cranio dopo aver letto il post?
O il suono dell'ennesima ribattuta per Andrea e socio [questa volta Beppe] niente meno che su "Guru Bassi" in Colodri [8a con 7c obbligato al primo tiro; loro si sono calati al secondo]?
In effetti "stonf" - come suono - ha un che di deprimente...
Eppure domenica sera Andrea mi ha chiamato e mi diceva che la sconfitta non lo ha per niente avvilito: ormai ci ha fatto l'abitudine.
A me è venuto da rispondergli: "Eh, sì. E' come nel boulder. Se non provi i blocchi difficili, quelli che non ti riescono, non migliori. Ma sui blocchi difficili il 90% delle volte fallisci".
"Hai ragione, Sandro. Non ci avevo mai pensato... Illuminante parlare con te..."
Eh, con tutto quello che ho studiato...
Anche se una via cazzuta in montagna non è proprio proprio come un boulder, eh?
I margini di errore sono, per così dire, meno ampi.
***
La prossima settimana, niente aggiornamenti, temo: sabato matrimonio [e comunque pioggia]; e domenica pioggia.
Meglio per la sposa che, grazie alle abbondanti benedizioni di Giove Pluvio, godrà di comunque strameritata fortuna.
Soundtrack - Shake, Break, Bounce
Chemical Brothers - Album: Push the Button
***
Non di certo tra le più interessanti della parete: unta e molto vegetata, specie nella bella stagione.
Comunque a Ralf è piaciuta più della "Boga"...
Molte le relazioni presenti in rete.
Tra quelle visuali, discreta questa [www.muroduro.it].
Aggiungo solo qualche nota di commento.
Usati 12 rinvii e qualche nut e fr medio [4 Ande] e medio-piccolo.
Saliamo slegati i primi 20 m. di zoccolo (II-III). Al primo fittone ci leghiamo.
L1 - In obliquo a sx per placca e rampa erbosa. Unisco 2 tiri, mi pare, fin sotto il diedro che segna l'inizio delle difficoltà (50 m. - IV-, 1 p.).
L2 - Nel diedro, uscendone a sx a 2/3 dell'altezza. Quindi rampa, parete rotta e spigolo appena a sx di una canalino fessurato erboso (30 m. - V).
L3 - Diritti per canale fino a un alberello. Supero il pass. in placca a dx e proseguo fino alla sosta sotto il diedro obliquo a sx. Salgo anche il tiro successivo [unto e impegnativo, ma ben chiodato] (50 m. - VI+/VII- - Ralf, arrivando in sosta, dà al tiro difficoltà di 6b; Crodaiolo ci spiegava alcuni trucchi che semplificano di molto i passaggi più criptici).
L4 - Per rocce rotte fin sotto una nicchia [poss. sosta]. Io proseguo per tettino, placca e seguente diedro (40 m. - V).
L5 - In obliquo a sx per placca a sx di una fessura che si evolve in strapiombo. Quando la parete torna verticale, diritti per fessura e buchi; quindi appena a sx fino alla base di una bella canna strapiombante; uscita per capre (35 m. - VII - Crodaiolo stima il tiro non così difficile; tuttavia, per quanto io sia passato in libera, Ralf e Giovanni si sono fermati: il chiave ha un paio di appigli risolutivi poco evidenti; secondo me il VII ci sta).
L6 - Traverso a dx per banca fin dietro uno spigolo; raggiungere l'attacco di un diedro erboso circa 2-3 m. a dx dello spigolo e salirlo su roccia via via più pulita; chiave secco su singolo unto; sosta su terrazzino a sx dei diedro(35 m. - VI+/VII-).
L7 - Secco pass. per uscire dalla sosta; quindi a dx a un sistema di fessure; quando questo si insinua in zona strapiombante, passare al sistema di fessure alla sua dx; ancora diritti per canale con blocchi instabili [sosta, che non abbiamo trovato, da qualche parte]. Ralf prosegue diritto e attrezza sosta in una zona di blocchi quasi al termine della parete. La soluzione non è ottimale. Meglio attrezzare sosta più in basso e uscire dalla parete puntando a dx non abbiamo capito bene dove (60 m. - VI-) [rel. 22 settembre 2010].
Via breve, elegante, ben
protetta e dalla roccia solida sull'inclinato e
vegetato avancorpo a O (Antimedale) della parete SE del Medale.
Riporto rel. testuale e visuale, visto che su Internet ci
sono duecento richiami alla via, ma nemmeno una descrizione completa.
Prendete topo e gradi con beneficio di inventario (sono molto incerto
sull'una e sugli altri, causa mancanza di riferimenti certi). Gradite
integrazioni e correzioni.
Avvicinamento come per la ferrata e attacco in
comune con la
"Via degli
Istruttori".
L1 - Placca appoggiata a ottime prese con atletico muretto iniziale
(III/ 1 p. IV - 40 m.).
L2 - A dx della sosta per bella placca a gocce e poi ancora a dx per
muro inclinato al punto di fermata. Dubbi sulla linea (fittoni a dx e
a sx). Secondo un local, le protezioni giuste sono
quelle di sx
(V+ -
30 m.).
L3 - A dx della sosta (scritta "Stelle c." blu di direzione) per placca
compatta (astuzia!) fino a cengia con albero. Ancora diritti per placca
impegnativa fino a traversare a sx alla sosta. Il passo chiave del tiro
(stare centrali sulla linea dei fittoni - diff. ? - Ralf in libera da
secondo) può essere agevolmente superato sulla dx con
difficoltà di VI+ max (VI+ - 40 m.).
L4 - Dal punto di fermata diritti, poi a sx a una fessura, diritti per
bella
placca compatta e appena a sx alla sosta (VI- - 25 m.).
L5 - Diritti per placca rotta fino alla base di un diedrino, se ne
supera un breve tratto strapiombante (io sono stato sulla linea dei
fittoni e ho impiegato un po' a capire il passaggio che sembra sia
più facile stando a dx), si traversa a dx a un altro diedro,
lo
si sale fin sotto un tettino e si prosegue per il diedro fessurato a dx
di questo (VII- - 40 m.).
L6 - Proseguire sopra la sosta stando sulla linea dei fittoni (forzato
e su roccia da valutare con attenzione) per piegare in obliquo a sx
appena possibile. Sotto un tettino si traversa a sx e, a un diedrino
strapiombante con prese maldisposte, si sale diritti, uscendo dalla
parete (VI+ non obbligato - 35 m.). Discesa - Sopra la sosta per roccette (6-8 m.
circa), si piega a
sx (O), si scende un salto e si prosegue verso O, con qualche
saliscendi,
fino a incontrare le fisse che, sempre traversando verso O, conducono
fuori dalla parete. Attenzione a non lasciar partire scariche! (rel.
dicembre 2005)
Via discreta, abbondantemente protetta. La
roccia della
parete
non è molto stabile, in particolare nella prima sezione.
Evitare
di
percorrere la via se ci sono altre cordate davanti (o, comunque,
lasciare
loro un buon vantaggio). Da non ripetere assolutamente col caldo:
rischio
disidratazione (la parete, concava, funziona come uno specchio
ustorio). Discesa
non brevissima in ambiente magnifico.
Ginetto Maffezzoni, in occasione della
nostra accidentata avventura su "Il Ritorno di DDT", ci aveva
magnificato "Alto Lario" come una via stupenda e as-so-lu-ta-men-te da
ripetere. Io mi ricordavo che, all'epoca della loro ripetizione,
Ginetto
e il povero Dario Ballerini avevano sganciato su Giovanni Mostarda e
sul sottoscritto un comodino volante di svariati chili e che erano
scesi all'ultimo tiro, maledicendo Vitali e i suoi spit
sempre troppo alti di almeno cinque cm. Per questo la via non mi
ispirava un granché. Bolso com'ero al periodo
della mia
ripetizione (inverno 2005), poi, mi ispirava ancora meno...
Ma Ralf Steinhilber era caduto nella trappola. Inutile tentare di farlo
desistere. A motivo di questo inaggirabile trabocchetto tesoci dal
fato, domenica
11 dicembre 2005, in una stupenda giornata di sole (non senza qualche
brivido, non solo di freddo), il teutonico ed io ci ritrovammo sul muro
giallogrigio a blocchi accatastati del monte San Martino (quella specie
di muro a secco che alcuni di voi conoscono molto bene) per ripetere la
famigerata via.
Tre ore per i primi tre tiri: non proprio il massimo della
velocità.
Per fortuna sulle lunghezze successive fummo più rapidi e
giungemmo al terminus accompagnati dall'ultimo
raggio di sole.
Alla chiesetta di San Martino lo spettacolo era superbo: le montagne
erano tinte di rosa e un vento gelido e tagliente rendeva l'aria
limpida e
allontanava l'incessante fragore della città che arrivava a
noi
smorzato
come da un velo più che fisico.
Il solito, prezioso frammento di eterno che talvolta l'arrampicatore ha
la fortuna di cogliere sul suo intricato e poco frequentato sentiero...
Avrei voluto ulteriormente "immortalare" quell'attimo enigmatico
("immortalare l'eterno" - mmm..) con una foto della mia digitale, ma
pensavo di averla lasciata in auto. Invece, arrivato all'auto, scoprii
che l'avevo sempre avuta con me.
Avrei dovuto aspettarmelo: l'eterno non si può catturare,
né compenetrare col terreno, come avrei scoperto di
lì a qualche minuto, imbufalito perché
imprigionato
nell'immancabile, caotico traffico lecchese delle 17,30. Centinaia di
milanesi
scendevano da Ballabio al ritorno dal week end in Valsassina e altre
centinaia di locali uscivano dal solito super-mega-centro commerciale
dopo una domenica passata ad immergersi nella tenue, ipnotica e
imbambolante luce delle inutili cose
Sono indeciso se consigliare la via a tutti o se
consigliarla solo
ai nemici: sui primi due tiri (così come su L6) vi sono
tratti
con scaglie e blocchi sospesi di preoccupanti dimensioni. Inoltre
spesso i fix siano piazzati a misura "Vitali" (e non "comuni
mortali"). E questo a volte costringe a moschettonare in posizioni
scomode e innaturali. Tuttavia almeno due lunghezze in alto meritano
una visita.
Al lettor l'ardua sentenza (circa l'opportunità o meno della
ripetizione, I mean).
Attacco - Nulla da aggiungere alla relazione di
Vitali a questo
link). Forse più comodo l'accesso presentato nella
guida
"Arrampicate scelte a Lecco e dintorni". Di brutto aspetto le fisse che
portano alla cengia d'attacco. Cautela!
L1 - Fessura obliqua a sx con blocchi pericolanti nel tratto iniziale.
Tratto sprotetto e difficile da proteggere, ma facile, tra 1° e
2° fix. Poi si sale la placca appena a sx di un diedrino fin
sotto
uno strapiombino che si supera con astuta arrampicata atletica (ottimo
manettone a dx dell'ultimo spit e altro manettone ancora più
a
dx, dietro uno spigolino, per rimontare lo strapiombo). Prese delicate
e
passaggi morfologici - favoriti i lunghi - nella placca
centrale.
Un riposino anche per Ralf Steinhilber. Di qui il grado, più
elevato rispetto a quello attribuito dall'apritore (VII - 35 m.).
L2 - A sx della sosta per muro con prese a tenuta random;
si
arriva fin
sotto un rigonfiamento della parete, lo si supera e si va a prendere un
fix sopra una brutta e larga scaglia rimbombante (sulla verticale della
sosta:
occhio!). Di qui a dx su appigli e appoggi di dubbia tenuta e di nuovo
diritti e appena a sx per vago spigolo fino alla sosta. Svariati
resting per
Ralf. 3 p.a. per me, preoccupato dai blocchi in bilico (VII+ o
VII-/Ao - 40 m.).
L3 - In libera a sx della sosta fino a un evidente camino e poi a dx e
diritti con faticosa arrampicata artificiale per
muro grigio strapiombante. Penultimo e terzultimo spit difficili da
raggiungere (e alzati di 10
cm. in fase di richiodatura - Grrr!!!). Qualche passo in libera su
placca prima
della sosta. Parte dello strapiombo è sicuramente liberabile
(VI+/A1 - 25 m.).
L4 - A dx della sosta con sequenza di movimenti delicati e poi diritti
e appena a sx per placca
fino al punto di fermata (VII-/VII - 20 m.).
L5 - Esposto traverso a sx (protezioni: cordino in clessidra, spit,
spit): stare bassi e zigzagare! Poi per rampa/camino alla sosta.
Attenzione al blocco che si tiene per moschettonare il 3° spit:
suonava bene, ma mi
è sembrato staccato... (VII- - 15 m.).
L6 - Si prosegue nel camino uscendone a dx in corrispondenza del
1°
spit, si supera uno strapiombino (blocchi instabili) e si afferra la
sfuggente fessura
soprastante che si segue fino al 2° spit (forse all'inizio
della
fessura ci sta un friend 4 o 5 Ande, ma è più
faticoso
piazzarlo che proseguire). Di qui per caminetti e muro
rotto alla possibile sosta (VI+ - 30 m.). Ralf continua per l'estetica
fessura sopra il punto di fermata (friend 3 Ande e nut medio di
protezione) e, al
suo termine, si tiene sulla dx della placca in cui si vedono le
protezioni ricorrendo alle prese generose offerte dallo spigolo che
delimita a dx il muro e a.. immani blocchi che non si capisce come
facciano a non precipitare! All'ultimo spit del muro bianco, rientra
in placca, superando con eleganza l'ultimo tratto strapiombante. Poi
per paretina inclinata, alla sosta (VII - 50 m.).
L7 - Tiro di raccordo: per diedro fin sotto un tratto di rocce
articolate. Al 2° spit si sale la bella placca a gocce
immediatamente
soprastante. Occhio alla roccia rotta nei pressi del 2° spit!
(V -
15 m.)
L8 - Stupendo muro strapiombante a canne, poi diedrino e ancora
strapiombo a buone prese da superare in obliquo a dx. Sotto l'ultimo
rigonfiamento dello strapiombo ci si tiene ancora a dx (ottimo
spigolo), si torna a sx e si entra in uno
stretto diedrino da cui si esce a sx per magnifica placca a gocce. Un
solo resting, non necessario, per me (da secondo).
Tiro
faticoso, continuo e impegnativo (VII+ - 28 m.).
L9 - Sopra la sosta un muro senza punti deboli invita all'artificiale
(A1) fino
alla successiva rampa inclinata che si supera per diedrino solo
accennato.
Lo si segue anche quando diventa verticale e se ne esce a dx per andare
a raggiungere, con fatica, uno spit fuori linea, piazzato in
quella posizione probabilmente per aggirare la lama pericolante in cui
si esaurisce il diedro. 1 p.a., non necessario, sia per me che per
Ralf onde aggirare la lama, poi diritti per belle rocce bianche fino
alla sosta su terrazzino (VII/A1 - 25 m.).
Discesa - Si esce dalla parete superando un ultimo
breve salto e
si sale la vaga
cresta in cui si esaurisce il pilastro fino a raggiungere un
comodo sentiero che, verso dx (E) conduce alla cappella di San Martino.
Di qui per il sentiero n° 52 a loc. Rancio.
Ralf, tanto per concludere in modo degno l'avventura, allo scopo di
traversare
dalla zona delle serre al punto in cui abbiamo lasciato l'auto (in
corrispondenza dell'attacco dell'Alta Via delle Grigne) mi fa fare un
giro (al buio) per fossi invasi dalla vegetazione. Consigliabile e
imperdibile! (rel. dicembre 2005)
Savini, Manenti, Ceregalli -
VII/Ao o VII+/Ao
(180m. fino a L7)
Ovvero, "Il ritorno del Dottor De Toni"...
Questo secondo nome, liberamente attribuito all'itinerario dal
sottoscritto, si riferisce alla ripresa delle mie attività
arrampicatorie su vie
lunghe, dopo la "disgrazia" del monte Pelmo (vedasi relativa...
relazione dell'agosto 2005).
Info aggiuntive invatemi via email da Marco Lanzavecchia, che ringrazio.
Ginetto Maffezzoni, Ralf Steinhilber (e io) ci siamo arrivati - per
sbaglio, è ovvio - dopo aver a lungo
cercato (e a stento trovato) "Il
Dente del Lupo", un pinnacolo roccioso
segnalato da Vitali sul suo sito come caratterizzato da belle vie (ma
ombroso, ventoso e freddo, almeno in autunno, aggiungo io).
A dire il vero, anche in questo secondo caso, ossia dopo aver
rinunciato al "Dente del Lupo" per ripiegare sul più tiepido
"San Martino", cercavamo un'altra
via, "Alto Lario", sempre di Vitali,
vicino a "Franchino",
ma siamo
finiti nella conca sbagliata: quella di dx (a est) delle due che
caratterizzano la parete, sulla dx di un immane diedro giallo.
Siamo saliti, senza sapere su che via fossimo, fino al 7°
tiro. Poi l'itinerario piegava a sx. E noi non avendo le
scarpe per la discesa, ci siamo
dovuti calare in doppia (la 1a molto vertiginosa).
Comunque, la via sale la conca di dx (est) del monte San Martino,
sul fondo di un ampio e vago colatoio, lungo un sistema di fessure
dalla roccia solida, nonostante l'aspetto
(cfr foto). Moltissimi i fix. Portare solo rinvii.
Attacco - Da loc. Rancio, si imbocca il sent. 53 (in
dir
ovest)
fino a
un bivio a dx, nelle vicinanze del grande sperone roccioso che domina
il bosco nella zona in basso e a
sx rispetto alla parete. Si segue il sentiero (frecce disegnate in
rosso a intervalli regolari) verso dx (est) fino ad arrivare a un
ghiaione sotto la parete.
Lo si risale seguendo alcuni ometti segnavia e, dopo aver lasciato
sulla sx un sentierino che, in breve, porta alla falesia della Pala del
San Martino, si perviene alla base di un grande diedro giallo. Sulla dx
alcune corde fisse permettono di salire alla cengia d'attacco.
E' possibile arrivare al ghiaione anche salendo direttamente per boschi
(o per il sentiero indicato da Vitali a questo link).
L1 - Spit giallo d'attacco. Si supera un muretto grigio e si va a
sx, puntando a un diedro con alcuni tratti strapiombanti che si segue
fino al suo termine. 1° strapiombo in artif per me e in libera
per
Ralf Steinhilber (VI/Ao o VII-/Ao - 40 m.).
L2 - Si rimonta la cengia sopra la sosta, si traversa a dx e, raggiunto
un diedrino fessurato nel mezzo di un muro grigio, lo si risale fino
alla comoda cengia di sosta (V+ - 25 m.).
L3 - A dx della sosta per fessure, diritti per un tratto con prese a
tenuta "random" e a sx su lama, che nella prima sezione rimbomba a
vuoto e poi si fa solida (VI - 20 m.).
L4 - Impegnativo diedro appena strapiombante a prese viscide. Un riposo
sul passo centrale (il Dito Del Dottor De Toni protestava vivacemente)
(VII - 20 m.).
L5 - Ancora nel diedro. Si prosegue per la fessura nella quale evolve
il
diedro, superandone alcune verticalizzazioni. Per me in Ao i
primi 2 spit e 1 spit al passaggio in corrispondenza del cuneo di nylon
(!): DDDDT non ne voleva sapere di farsi incastrare nella fessura. Ralf
Steinhilber passa tranquillo su questo secondo passaggio. Primi 2 spit
da lavorare (VII-/Ao o VII/Ao - 25 m.).
L6 - Il mio dito, stanco di essere torturato, va in sciopero. Passa
davanti Ralf. Ancora fessura atletica verso sx, poi a dx per muro a
buone prese e fessure, fino alla sosta (VI+ - 20 m.).
L7 - Fessurino di dita (ahi!) e muro a buone prese fino a sotto il
grande tetto. A questo punto un delicato traverso a dx (artif per me)
porta al diedro fessurato - continuazione del colatoio che
si è fin lì salito - che, a sua volta, porta
sotto il
secondo grande
tetto (VII-/Ao o VII+/VIII- - 30 m.)
L8 - Ralf traversa a sx sotto il soffitto e dà un'occhiata
oltre: la via piega a sx. Dobbiamo scendere: da più sopra
non
riusciremmo a calarci sulla via e abbiamo lasciato alla base
scarpe e zaini.
Discesa - 3 doppie, la 1a attrezzata con moschettone
arcaico su
molti
cordini vetusti, le altre 2 ottime su piastra di acciaio (o alluminio)
con 3 fix da 10 mm. Attenzione alla prima doppia: tenere le corde il
più possibile verso dx (est). Altrimenti ci si cala su un
tratto
di tetto molto distante dalla parete e si fatica a ritornare sulla
"terra ferma". Io sono
dovuto scendere 10 m. sotto S5, pendolare per prendere al pelo uno
spuntone staccato e salire in arrampicata fino alla sosta. Sono stati
momenti intensi (Ginetto Maffezzoni diceva che avevo la voce rotta -
Oltre al dito, ci mancava solo quella!).
PS1 - "Rubo" a Vitali una foto sulla quale indico il tracciato della
via. Magari qualcuno mi sa dire di che itinerario si tratta...
PS2 - Le relazioni di Vitali vanno interpretate con arte. Ad esempio,
lui così descrive la prima parte dell'avvicinamento
consigliato
al "Dente
del Lupo": "... poco prima del bivio per Morterone e il centro sportivo
"La Clavicola" parcheggiare nei pressi di una piccola serra. Scendere
sulla strada sterrata di servizio per la nuova Lecco-Ballabio fino a 50
metri prima del ponte. Nei pressi di un cancello dismesso salire a
sinistra una placca con bollo rosso per imboccare una traccia nel bosco
a sbalzo sul torrente Caldone...".
Dopo aver girovagato per circa un'ora alla ricerca del sentiero sul
primo accesso consigliato, rinunciato all'impresa e dedicata un'altra
mezz'ora a cercare il bivio per Morterone e il centro sportivo "La
Clavicola", siamo tornati sulla statale che da Lecco porta a Ballabio,
l'abbiamo risalita, al colletto che fa da ingresso a Ballabio abbiamo
girato a dx verso Morterone, abbiamo lasciato l'auto in uno spiazzo a
qualche decina di metri da un bivio (in effetti, a dx si va a Morterone
e a sx al centro sportivo "La Clavicola" - ma è un bivio
"tra",
non un bivio "per"), abbiamo imboccato una sterrata che puntava a una
stretta sella (e non "serra") e a un evidente impianto di depurazione
di acque reflue; seguendo la strada siamo arrivati a un cancello che
pareva rimesso (e non "dismesso"), alla cui dx c'era un pilastrino di
cemento con un bollo rosso, ma niente sentieri nel bosco (ci siamo
anche messi a ridere: sembrava che gli indizi ci fossero tutti, ma
fossero stati mescolati assieme apposta in modo casuale e criptico).
Indecisi, abbiamo oltrepassato il cancello, siamo scesi sulla sterrata
per circa 300/400 m. e siamo arrivati ad un ponte prima di una galleria
(sicuramente la nuova strada da Lecco a Ballabio) dal quale si vedeva
il "Dente del Lupo", sulla vertiginosa gola di un torrente. Dalla valle
spirava un vento freddo e umido. Ci siamo ritirati, non senza cercare
il sentiero segnalato da Vitali, che pare esistere e sembra si possa
imboccare circa 100 m. prima del ponte, sulla sx (est), nel bosco.
"Pare", perché non lo abbiamo seguito: chissà
quali altre
sorprese ci avrebbero aspettato, se avessimo partecipato a quella
specie di "caccia al tesoro del climber"... (rel. settembre 2005)
Divertente, su roccia buona. Valido
approccio alla parete.
L1 - Attacco a sx della struttura per fessura appena strapiombante e
tettino, oltre il quale si prosegue per placche articolate fino alla
sosta su cengia vegetata (30 m. - VI+).
L2 - A dx della sosta puntando a una sosta intermedia e poi diritti per
fessure e rocce articolate, aggirando un tettino sulla sx.
Seguire i ch (35 m. - V+).
L3 - A dx della sosta per placca con 1 pass. da intuire, poi diritti e
appena a sx superando uno strapiombino sotto una strettoia. Entrativi,
si prosegue per essa fino a poter piegare a dx sull'orlo dello spigolo
che delimita a sx il camino terminale. Per lo spigolo e per
rocce articolate alla calata (35 m. - VII).
Elegante, segue una bella linea sulla
verticale dell'evidente spigolo Est. Suggeritaci niente meno che da
Giudirel, forumista di Fuorivia in uscita sulle falesie di casa e
testimone dei nostri numeri da circo sulla parete...
L1 - Placca tecnica con alcuni buconi da allungo (30 m. - VII).
L2 - Sulla verticale della sosta superando due bombamenti sul filo di
un vago spigolo. L'ultimo di questi si supera a sx, entrando in un vago
diedro-rampa a gocce che porta alla sosta. Al secondo strapiombo Ralf
tenta 3 volte di passare diritto (VIII), ma senza esito e si rassegna,
anche lui, a salire a sx (25 m. - VII+/VIII-).
L3 - Vago camino sopra la sosta, rampa inclinata a dx e breve paretina
sotto un evidente tetto (15 m. - VII-).
L4 - A dx della sosta a prendere il netto spigolo, lo si risale per 3
fix, si traversa appena a sx, si sale diritti per muro articolato a
gocce puntando a uno strapiombo. Se ne esce a dx con pass. esposto su
spigolo, si entra per pochi passi in un largo camino alla sua dx e per
placca da leggere si va alla sosta sotto un albero (30 m. - VII+/VIII-).
L5 - A sx della sosta si prende un difficile fessurino obliquo a dx. A
una buona banca per le mani si traversa a sx e, con pochi difficili
movimenti, si entra in un camino che porta in vetta al pilastro. 4
resting per me sul chiave, che non capisco. Ralf supera il passaggio
con una naturalezza per me sconcertante (15 m. -
VIII).