Claudio Chiaudano durante una
ripetizione della
via
Steger - Catinaccio
Catinaccio
Croda di Re Laurino
Hermannstecken
VI+ (350 m.)
Via a tratti erbosa che vince la parete
sottostante il
rifugio
Santner. 2° tiro umido e poco proteggibile. Il tiro di VI+
è ben
chiodato, ma può essere difficile da individuare: una
cordata
davanti
a noi si perse sulle placche alla sua sinistra, incontrando
difficoltà
elevate e niente protezioni.
Percorsi la via con Dario Ballerini. Durante l'avvicinamento, sulla
seggiovia,
mi raccontava di come fosse stanco di impegno e vie dure e di come
cominciasse
ad amare sempre più il piacere faticoso, ma meno rischioso
dello
scialpinismo.
L'anno dopo, mentre Giovanni e io eravamo a Ceuse, venimmo a sapere da
arrampicatori
milanesi che un alpinista bresciano era precipitato in val di Genova.
Telefonammo
a casa. Dario era caduto dalla sosta di una via che aveva appena finito
di
aprire. Si era sfilato il nodo del cordino cui si era appeso.
Ci sarà una specie di paradiso per gli arrampicatori,
nell'aldilà?
Beh, se qualcosa del genere esiste, Dario dev'essere lì da
qualche
parte ad osservare con compassione i nostri assurdi affanni da
arrampicatori
del XXI secolo.
Schrott, Verdofer, Hasse - VII-/A1 o
VII/A1 (345 m., zoccolo escluso)
Quando io e Ralf Steinhilber svoltammo
l'angolo e, in
uno degli angoli più incredibili e appartati delle Dolomiti,
vedemmo il torrione, ammutolimmo e... giù la testa. Se non
si
fosse nel regno della dolomia, verrebbe da pensare di trovarsi in
Patagonia.
Itinerario impegnativo: sui tiri dal V+ in giù le protezioni
sono poche e poco integrabili; sui tiri dal VI in su, i ch diventano
più numerosi, ma senza fare sconti. Pochi i punti in artif.
che
davvero agevolano la salita. In numerose sezioni tra una protezione e
l'altra è necessario progredire con sequenze di libera
sostenuta.
Di seguito riporto una sintetica descrizione della via con alcune
integrazioni alla rel. Rabanser.
L1 - Il grande diedro d'attacco - inclinato a sx e grigio -
è al
termine delle rocce arrampicabili dello zoccolo. 2 ch sul tiro. Prima
sosta poco visibile (Ralf attrezza un punto di fermata su ch macilento
dopo circa 40 m., ma più in alto e a sx ci sono 2 ch di
sosta)
(40 m. - IV).
L2 - Tiro contorto. Dalla sosta piegare a sx fino a una cengetta, sopra
la quale, appena a dx, parte un diedrino con ch. Al suo termine (3 ch
su ripianetto) traversare a dx (delicato), raggiungere una fessura
(ch), rimontare sulla parete alla sua dx e risalire diritti per rocce
delicate fino a una nicchia in una zona di rocce appoggiate (40 m. - V).
L3 - Lunghezza dalla linea controintuitiva. Salire per qualche m. una
fessura appoggiata a sx della sosta. Appena possibile traversare a dx
in placca compatta puntando a un fessurino che punta verso rocce
verticali; salirne 3-4 m. e traversare a dx per 5 m. non appena il muro
si fa più articolato. Arrivati al margine dx del muro, ci si
alza in obliquo verso sx alla sosta. L'ultima protezione messa da Ralf
è uno stopper alla base del fessurino. Forse è
possibile
piazzare un ch nella soprastante più articolata sezione a
buchi.
In ogni caso, vietato sbagliare (35 m. - V+).
L4 - Diritti per diedrino fino a una sosta su pulpito (25 m. - V-).
L5 - Appena a dx della sosta fino alla base di un esile fessurino in
una zona di rocce compatte. Proteggersi (non è facile) e
salire
tra la fessura che in breve si perde e la placca alla sua dx. Ch al suo
termine. Di qui appena a dx e diritti fino a una sosta a sx di un dorso
(20 m. - V+).
L6 - Traversare oltrepassando il dorso e obliquare a dx fin
sotto un
diedro che si sale fino a una comoda cengia. Lo strapiombo terminale si
supera a sx, come indica l'ultima lametta di protezione. 3 p.a. per me
da primo (per la scarsa affidabilità di alcune protezioni in
punti critici) e in libera per Ralf (35 m. - VII-/Ao o VII).
L7 - A dx della sosta per diedri con tratti friabili fino a un netto
diedro con cunei che si sale fino a poter traversare a dx in
corrispondenza di ch (e di una rimbombante lama staccata). Appena
possibile, risalire diritti per diedrino fino alla sosta (30 m. - VI).
L8 - A sx della sosta, prima per placca a sx di un diedro-fessura e poi
nel diedro-fessura fino a un terrazzino. Se la fessura è
asciutta, proseguire per questa arrivando all'altezza di un ch storto e
traversare a sx per placca a buoni buchi. Io trovo la fessura bagnata e
sono costretto a un delicato pass. in artif. per raggiungere il ch
storto. Ralf sale in libera (30 m. - VI/Ao o VI+).
L9 - A sx della sosta seguendo i ch fin sotto una zona di tetti. Si
obliqua e si traversa a sx fino al punto di fermata.
Né io,
né Ralf tentiamo la libera nel crux del traverso. La
stanchezza
inizia a farsi sentire (e comunque il pass. non di chiara impostazione)
(20 m.
- VI+/A1).
L10 - Sopra la sosta per placca strapiombante. Il primo ch è
alto (inutile cuneo intermedio di legno), ma il muro sottostante
è articolato. A uno strapiombo
si
piega a sx e si entra in un diedrino che dà su compatte
rocce
grige. Per esse alla cengia. 3 p.a. per me, riducibili a 2. Anche
Ralf rinuncia alla libera in alcuni punti (30 m. - VII-/A1).
L11 - Diritti sopra la sosta e a dx a prendere il diedro che scende
dall'intagiio di vetta. Nell'ultimo tratto - strapiombo con rocce
friabili - utile un'ampia spaccata disarticolante (40 m. - VI-/VI).
Mi convinse Gino Maffezzoni a ripeterla.
Perdemmo un
po'di
tempo a trovare l'attacco, ma fu poi il tempo a far perdere a noi il
senso
di se stesso mentre, in una giornata di sole spietato senza una nuvola
in
cielo, tiravamo i sandwich di chiodi nei buchi della prima parte.
L'artificiale,
in questo tratto, è delicato: la ferraglia è
molta (anche
30
chiodi a tiro), ma è infilata ad incastro in
cavità di
roccia
non proprio compattissima. Ralf Steinhilber e Ivan Maghella si
ritirarono
proprio in questa sezione dopo che una cordata davanti aveva fatto
precipitare
loro addosso un comodino di svariati chili.
Dopo l'ultimo tiro di artificiale in traverso, la via è
percorribile
interamente in libera, anche se, da un certo punto in poi, le
protezioni si
rarefanno improvvisamente (la leggenda narra che Leviti a
metà
salita
perse il martello). Abituato alla chiodatura abbondante delle lunghezze
precedenti,
nel tiro del camino grigio vissi momenti intensi quando, essendomi
appeso
all'imbrago solo rinvii, un friend e qualche cordino, scoprii che le
uniche
protezioni fisse presenti erano due chiodi (uno a 50 cm. dall'altro)
nel
bel mezzo del camino, per fortuna in corrispondenza del passo chiave.
Sopra
la via diventa facile, ma fa anche molti traversi. E' facile perdersi.
La
relazione più sicura e fedele è quella di
Jacopelli.
Imprecisa,
invece, la rel. Furlani.
Sale il primo evidente spigolo che si
incontra
costeggiando
da Nord a Sud la parete Est del Catinaccio. Sembra impossibile salire
quel
tratto di parete senza far ricorso a chiodi a pressione. Invece la via
è
protetta interamente a chiodi normali, piantati - anche a mo' di
sandwich
- nei
molti buchi della roccia, una dolomia non compattissima che rende
delicata
l'arrampicata libera. Nonostante Furlani, nella sua relazione, descriva
la
via come un itinerario misto libero-artificiale, durante la mia recente
ripetizione salii in libera quasi tutte le lunghezze, tirando un chiodo
al 4°
tiro
(poco affidabile), due al 5° (roccia davvero molto dubbia) e
concedendomi
qualche riposo prima di affrontare i tratti di roccia delicata. Sugli
appigli tracce di magnesio precedenti alle mie ...
Queste le difficoltà in libera (secondo la mia modesta
opinione).
1° tiro - Si attacca su rampa partendo circa 50 m. a sinistra
dello
spigolo;
facile obliquo a destra (IV - 50 m.).
2° tiro - Diritti per fessura a destra della sosta, da
percorrere
fino
al suo termine. Poi traverso a destra. Pochi e poco affidabili i
chiodi. Sosta
in una nicchia. (VI - 40 m.).
3° tiro - Diritti per fessura, poi a destra mirando a un
diedrino
che in
alto evolve in marcata fessura strapiombante. 1 chiodo di protezione
prima
dello strapiombo, poi ci si protegge (bene) solo a friend e nut. Al
termine
della fessura c'è uno spuntone sul quale si può
fare
sosta. Meglio proseguire: chiodi e ottima sosta pochi metri
più
sopra. Il tiro, sprotetto e difficile da capire, mi
è
sembrato
sfiorare il VIII- (6c+ ). Ma forse ero ancora freddo.
4° tiro - Placca verticale a buchi con tratti strapiombanti. 1
p.
a.
per
la qualità della chiodatura. Quando i chiodi finiscono, si
segue
un
esile diedrino che sale tendenzialmente a sinistra (VII /A1 liberabile
- 30
m.).
5° tiro - Dalla sosta non si vedono chiodi. Come da relazione,
la
via prosegue
a sinistra del punto di fermata (vago diedro su roccia delicata)
puntando
al fianco sinistro dell'impressionante prua soprastante. I chiodi
riprendono
prima dello strapiombo, per fortuna ben appigliato
(anche
se con roccia delicata). 2 p. a. prima della sosta (i chiodi sono
piantati
in uno scudo di roccia dall'aspetto malsano) (35 m. - VII+/A1
liberabile).
6° tiro - Traverso a destra, poi diritti e a sinistra. 3 soli
chiodi
sul
tiro, che non mi è parso ulteriormente proteggibile. Sosta
evitabile
(20 m. VI+).
7° tiro - Si prosegue a destra della sosta e poi diritti,
superando
alcuni
tratti di parete oltre la verticale. Sosta scomoda alla base di
un'evidente
fessura- diedro. E' necessario fermarsi (20 m. VII-).
8° tiro - Si sale la fessura fino al suo termine, si traversa a
sinistra
su roccia friabile, poi diritti per diedrino aggettante, ancora a
sinistra,
aggirando comodamente sulla sinistra un tetto, oltre il quale si
prosegue
per 20 m. circa lungo fessure nette. Sosta su pulpito e termine delle
difficoltà
(50 m. - VII+).
9° tiro - Lungo traverso a destra per rampa fino al catino
sommitale. Sosta
su spuntone (50 m. - IV+). Di qui la rel. Furlani suggerisce di
traversare
a destra puntando all'intaglio tra Catinaccio e Punta Frida (doppia e
poi
discesa a piedi per canale sul versante Nord Ovest). Non avendo trovato
il
punto di calata, Gino Maffezzoni ed io fummo costretti a salire fino in
cima
per placche, diedri e spigolo sovrastanti il settore destro del catino
(400
m. ca di III).
In sintesi: una grande via dimenticata, che solo Gino poteva andare a
ripescare
nei polverosi e dimenticati recessi della sua biblioteca alpinistica.
P.S.: Dopo aver ripetuto la Maffei-Frizzera a Torre Vallaccia,
abbasserei
tutto di un grado, un grado e mezzo. Ma a questo punto... che
confusione!
Commento
Il 3\B0 tiro della fessura strapiombante non direi che \E8 un 7a. Io credo che si possa stare tranquillamente sul 7, magari 7+. Poi credo che a livello alpinistico sia una via stupenda. Bisognerebbe raccomandarla pi\F9 che descriverla come una cosa infima. Poi anche la roccia nel complesso non \E8 male. Cristiano Pastorello
Respondeo
Ciao Cristiano.
Anch'io ricordo la "Maffei-Frizzera" come un'avventura grandiosa: una giornata intensissima conclusa con un rientro al buio nei misteriosi boschi della Valle di San Nicol\F2.
Resto per\F2 dell'idea che itinerari simili siano da raccomandare solo a chi sa il fatto suo.
Anche perch\E9, come sai meglio di me, in Vallaccia sulle placche la roccia \E8 solida, lungo le fessure richiede attenzione.
Per questo, nel presentare la via, scrivo: "una via da consigliare ai nemici, a meno che non si parta gi\E0 con l'intenzione di vivere un'avventura d'altri tempi".
Insomma, bisogna essere consapevoli di quello che si va a fare. E' anche vero che gi\E0 il primo tiro fa selezione.
Poi magari, se avessi ripetuto la via - che ne so - due anni fa anzich\E9 nell'ormai lontano 2004, le mie valutazioni sarebbero state meno scoraggianti [s\EC, all'epoca drammatizzavo molto].
Sui gradi della fessura strapiombante mi affido alla tua valutazione, di sicuro pi\F9 oggettiva della mia, considerata la tua maggiore esperienza sulle alte difficolt\E0 in montagna.
Grazie per il tuo commento e le integrazioni alla relazione.
E complimenti per l'attivit\E0.
Buone arrampicate.
Ciao
Sandro
Pala di Socorda
Via Schubert-Werner
Schubert-Werner - VI/VI+ (550 m.)
Bella via su roccia da buona a ottima.
Abbastanza precisa la rel. Rabanser [solo qualche dubbio dalle parti di L10 - Inoltre mancano diversi dei ch indicati].
Per l'avvicinamento non \E8 necessario portarsi fino
a Gardeccia per imboccare il sent. n\B0 583.
E' molto pi\F9 rapido, una volta arrivati nel tratto di strada sulla verticale della parete, salire per rado bosco fino all'attacco [1 h circa da Moncion].
Precisa rel. visuale anche a questo indirizzo [sito "oltrelavetta", di Filippo Nardi e Beppe Prati]: http://oltrelavetta.com/files/Schubert-werner.pdf.
Discesa lunga e complessa.
L1 - Per fessurone sul fondo del gran diedro rosso uscendone sulla dx in corrispondenza di un ch contorto. Di qui diritti per breve tratto e in obliquo a dx fino a poter salire diritti aggirando a dx uno strapiombino; quindi per diedrino a una cresta di rocce rotte ed erba. Allungare bene le protezioni (55 m. - V+).
L2 - In traverso a sx. aggirare uno spigolo e imboccare un diedro-rampa grigio inclinato verso sx. Seguirlo anche quando diventa verticale fino al suo termine, al vertice di un pilastro. Utili friend grandi (45 m. - VI-).
L3 - Per qualch em. In obliquo a dx della sosta fino a imboccare un diedro che muore sotto uno dei tre tettini soprastanti la sosta [quello centrale? Non ricordo - ch nel diedro a indicare la linea]. Si esce a sx del tettino. Altro diedro fin sotto un nuovo tettino. Di nuovo fuori a sx [se bagnato, pass. delicato, tecnico: VI]. Poi diritti per diedro-canale erboso (45 m. - VI-).
L4 - Camino fin sotto un tetto. Se ne esce a sx. Poi pi\F9 o meno diritti [non ricordo] fino alla base di un evidente diedro-rampa visibile anche dal basso (25 m. - VI-).
L5 - Percorrere tutto il diedro-rampa seguendone la biforcazione di sx fino al suo termine. Io trovo bagnato il fondo della fessura e salgo la parete alla sua sx. Quindi diritti per diedrino rotto fino a una nicchia. Sosta da attrezzare (55 m. - V+). 5 m. pi\F9 in alto c'\E8 una sosta attrezzata in una nicchia.
L6 - Canalino e paretina a sx di una grande nicchia. Poi diritti per diedrino (30 m. - IV).
L7 - Ancora diritti fino a uscire dal diedro. Poi in obliquo verso dx fino a una breve fessurina. La si sale. A una nicchia con cordone in cl obliquare a dx mirando a 2 ch. Dopo un breve strapiombo non proprio banale, si entra in un "nido d'aquila" uscendone sulla dx per rocce facili fino a 1 ch di sosta (45 m. - VI/VI+).
L8 - Forse qui Dario si \E8 sbagliato. Comunque, a sx per rampa erbosa fino sotto la verticale di un diedro evidente. Salire la placca sottostante il diedro [poss. sosta?] e il diedro stesso [sprotetto] fino a un punto di fermata con 2 ch [la linea originale sale forse pi\F9 a sx?]. Quindi traversare a dx sotto tetti fino a una sosta sul filo di spigolo (40 m. - VI/VI+).
L9 - Diedrino sopra la sosta, poi rocce rotte e vago spigolo di buona roccia. Al suo termine a dx a uno spuntone [fossili!] (50 m. - IV+).
L10 - A sx della sosta per diedrino. Poi non ricordo. Verso la fine del tiro Dario sale a un'evidente nicchia uscendone sulla sx [via originale a dx] (45 m. - V).
L10 - Per rocce facili sul filo di cresta. Con una lunghezza di 55 m. si arriva in prossimit\E0 della prima calata (rel. 21 luglio 2008).
Breve, ma molto sostenuta, con chiodatura
essenziale e
non
sempre buona. Io e Giovanni Mostarda ne avemmo ragione solo in 8 ore di
lotta
con l'Alpe. Diversi tratti impegnativi con protezioni ballerine qualche
metro
sotto il fondoschiena. Il penultimo tiro, dopo il traverso a destra
(chiodi
e spit), prosegue diritto e lievemente a sinistra lungo fessura, fino
ad una
nicchia (chiodi). Di qui, secondo la relazione Jacopelli, proseguimmo a
sinistra
(passo violento in fessura e poi placche con roccia così
così).
Esaurita la corda, attrezzai una sosta (poco affidabile) a pochi metri
dalla
fine del pilastro. La discesa avviene sul versante opposto, in
direzione
Sud. Breve doppia su cordone vecchio e macilento per calarsi nel canale
sottostante.
Durante un primo tentativo, concluso causa freddo, Gino Maffezzoni ed
io
chiedemmo al padrone di un agriturismo di Ciampac come mai la montagna
si
chiamasse "Pala della Ghiaccia". La risposta fu: "Perché ha
la
forma
di una pala per il ghiaccio". Io penso invece che il toponimo stia per
"Pala
del ghiaccio", date le temperature rigide che lo contraddistinguono
anche
nei giorni più caldi d'estate. Regolarsi di conseguenza.
O. Eisenstecken, F. Rabanser, F. Oberrauch
- VI+ (300 m. ca)
Terapeuta: Questo schizofenico non cerc\F2 mai di spiegare
perch\E9 era diventato matto? Epistemologo: Una volta dichiar\F2: "Bateson, lei vuole che io venga
a vivere nel vostro mondo. Ci ho vissuto dal 1920 al 1943
e non mi piace.
[...]
Quando Frieda Fromm-Reichmann venne a Palo Alto,
Bateson le chiese che cosa gli avrebbe detto lei.
Lei rispose: "S\EC, ho avuto anch'io un paziente
che disse qualcosa di simile e gli risposi:
'Ma io non ti ho mai promesso
un giardino di rose!'"
B.P. Keeney, Estetica del Cambiamento,
Roma, Astrolabio, 1985, pp. 189-190.
1. Uno di Noi - Su fama ed esperienze interiori
Domenica 27 maggio.
Sospetto che Andrea, considerato il mio pietoso stato di forma, voglia tenermi sotto per farmi alzare il grado. Ha in mente realizzazioni a manetta, quest'estate.
Per questo - credo - nonostante la meteo precaria, mi ha convinto a salire con lui "Uno di Noi", al Primo Apostolo del Baffelan.
A guardare i gradi, mi viene da ridere: L1 - VIII+, L2 e L3 - VIII-, L4 - VII.
O forse lo fa per il curriculum.
S\EC, perch\E9 una nota azienda di materiale sportivo lo sponsorizza.
E la sponsorizzazione funziona proprio nella misura in cui si tiene alto il livello della propria attivit\E0.
Come dovrebbe capitare in ambito accademico [parlo dell'universit\E0, eh?]: se fai ricerca e pubblichi, allora mantieni cattedra. Altrimenti a casa.
Una questione di merito.
S\EC, nell'universit\E0 italiana non funziona cos\EC.
Ma nell'alpinismo, per il momento, nonostante i banfoni in circolazione, le aziende sono attente a sponsorizzare solo gli atleti che fanno attivit\E0 di livello.
E che dimostrano di farla davvero.
Il giochino, per quanto redditizio per l'azienda e - in parte - per l'atleta sponsorizzato, ha alcuni aspetti non proprio piacevoli.
Primo, perch\E9, in un mondo di eventi sensazionali, niente \E8 pi\F9 sensazionale [e tale da "bucare lo schermo" e lanciare il marchio, come nelle intenzioni degli uomini di marketing]: sai quanti riescono a fare il "Pesce" in Marmolada, ormai?
Secondo, perch\E9 l'arrampicata e l'alpinismo sono diventati discipline talmente tecniche che capire il senso di un exploit di un alpinista di punta pu\F2 essere impresa ardua per un non iniziato: chi, tra i non addetti ai lavori, conosce il valore di una salita come "Specchio di Sara" a vista? Manco sa dove si trova l'itinerario...
Terzo, perch\E9 per l'alpinista in questione la tentazione di alzare l'asticella per realizzare l'impresa che gli permetter\E0 di guadagnare davvero e/o di ottenere l'agognata fama \E8 via via pi\F9 forte.
E in alpinismo alzare l'asticella significa o "aumento delle difficolt\E0" o "riduzione della sicurezza".
O l'uno e l'altro.
E la combinazione tra difficolt\E0 e rischio non \E8 esattamente un toccasana.
Specie se i pericoli corsi sono paragonati agli effettivi benefici economici conseguiti: solo i pi\F9 forti a livello mondiale, oggi come oggi, vivono bene di arrampicata.
Io subisco il fascino di una tentazione analoga a quella dell'alpinista sponsorizzato; ma la mia trova il suo fuoco attorno all'intensit\E0 del vissuto.
L'arrampicata pu\F2 dare molto, interiormente: pu\F2 far sperimentare emozioni che poche altre esperienze al mondo garantiscono.
E anche in questo caso il guadagno [le emozioni] \E8 tanto pi\F9 elevato quanto pi\F9 alta \E8 la difficolt\E0 della salita che si affronta e ridotti i margini di sicurezza.
Anzi, la diminuzione dei margini di sicurezza, cos\EC, a sensazione, mi pare abbia - nel mio gioco - una parte maggiore rispetto alla difficolt\E0: l'avvicinamento al confine ultimo allenta le relazioni dell'alpinista col mondo ordinario ed \E8 come se aprisse alla percezione di altri piani di esistenza.
Per questo chi fa alpinismo di ricerca tende ad alzare il livello di rischio dei suoi trip.
Una variante introversa del giochino "sponsorship", insomma.
Forse con - in aggiunta - un velo di inesistente nobilt\E0 "etica" [essendo il guadagno per lo pi\F9 interiore]; ma, appunto, senza nemmeno i limitati proventi economici che la sponsorship comunque garantisce.
Rischiare la schiena - o la vita - per un'esperienza interiore?
C'\E8 da meditarci sopra.
Sulla via Andrea arrampica bene nonostante la febbre alta [cfr. guerza.wordpress.com].
Sono io ad arrancare.
Sfido, io: farmi partire su un 7a+, cos\EC, la mattina presto.
E all'ombra...
La via, nei primi due tiri su un conglomerato abbastanza solido anche se scivoloso, \E8 carina e si fa arrampicare volentieri [ad avere il grado].
Altrimenti \E8 una penitenza.
Meglio in periodi asciutti: la copertura di lichene su appigli e appoggi \E8 davvero fastidiosa.
2. Domenica - Punteruolo di ferro
Per il 2 e il 3 giugno Ralf mi propone un we in Dolomiti.
Da quanto tempo non mi concedo due gg di sola arrampicata?
Una goduria.
Non titubo nemmeno un attimo, anche se la meteo \E8 un mezzo disastro.
Il primo giorno, dopo non poche incertezze, optiamo per la "Eisenstecken" alla ovest della Roda di Va\E8l. Manca a tutti e due. E ce ne ha parlato bene anche Ivan.
Salendo al passo di Costalunga, Ralf mi spiega che "Eisenstecken" significa pi\F9 o meno "Cosa che si ficca, di ferro".
Hem...
Di ferro?
Chiodo?
Punteruolo?
Mah...
Comunque nomen omen: arrivati sotto la parete non possiamo non restare stupiti per l'ardimento - come si sarebbe scritto nel 1947, anno in cui fu aperto l'itinerario - di Eisenstecken nel cacciarsi sullo stretto diedro fessurato e strapiombante che taglia la parete ovest nel suo margine sinistro.
"Punteruolo di ferro", s\EC.
Corredato anche di un bel paio di palle d'acciaio.
Mentre striscio incastrato su uno dei tratti off width di L3 [dato di VI dall'apritore, grado uniformemente confermato dai ripetitori] mi sfugge un "Cazz... Ma 'sta roba \E8 pi\F9 tosta della Tromba di Oceano Irrazionale...", il famoso tiro chiave di un itinerario aperto sul Precipizio degli Asteroidi da I. Guerini e soci negli anni Ottanta e all'epoca spacciato come "Il primo VII delle Alpi" [cfr. www.sassbaloss.it].
Anche Ralf, arrivato in sosta [e dopo essersi affannato non poco sul tiro successivo], confermer\E0 di aver trovato duro.
Sar\E0 che, con l'et\E0, stiamo diventando pippe noi?
Anche perch\E9, tutti e due, continuiamo a trovare duro dove una volta saremmo saliti saltellando.
Chiudiamo l\EC la faccenda. Inutile arrovellarsi. Gli anni passano.
Comunque da S5 le corde penzolano nel vuoto, distanti, in fondo, ben 5 m. dalla parete.
No, non \E8 VI.
D\E0i, facciamo che \E8 un VI+.
3. Insidia dalle gocce di luce
Mentre me ne sto comodamente seduto a S5, assicurando Ralf, guardo verso valle.
Dall'alto, non so da dove [dal cielo? Dalla roccia?], scendono gocce d'acqua [pioggia? Una colata?] di cui la termica devia la traiettoria di caduta ora a sinistra, ora a destra, ora vicino alla parete, ora pi\F9 verso l'esterno.
Una danza a onde sincrone di perle di luce sullo sfondo dei ghiaioni grigi, delle abetine e della verde piana di Costalunga, sotto di noi.
Mi perdo un po' a osservarle.
Anche Ralf, recuperandomi, le nota.
Su L8, dopo aver superato il risalto al termine del primo tratto di placca tecnica, scopro l'origine del fenomeno: un ruscello di acque di fusione scende nel bel mezzo del muro e, cadendo nel vuoto, si frantuma in una miriade di piccoli globi luminosi.
Davvero meraviglioso...
Peccato che io debba passare proprio in mezzo alla cascatella.
E peccato che il tiro sia poco protetto.
E che la roccia bagnata sia, nella media, pi\F9 scivolosa di quella asciutta.
Sulle prime tento di aggirare l'ostacolo traversando pi\F9 in basso, dove la placca si abbatte.
Ma oltre la colata la parete si impenna: a occhio, per recuperare la linea di salita, dovrei farmi un buon VII, senza ch [che, come il pi\F9 pirla dei principianti, ho lasciato - col martello - a Ralf in sosta].
No.
Riattraverso la cascatella, mi battezzo per l'ennesima volta, e, con rassegnazione, salgo all'altro, unico punto debole del muro, 6 m. pi\F9 in alto, a sx della colata, dove la parete diventa - s\EC - pi\F9 verticale, ma anche pi\F9 mossa.
Alla base del risalto trovo un ch.
Far salire Ralf e mandare avanti lui, l'uomo-ventosa, con prodigiose qualit\E0 di arrampicata sul bagnato, che vanta un a-vista di 6b+ su dolomia fradicia?
Ci faccio un pensierino.
Poi considero i casini che questo comporterebbe [recupera Ralf su un solo ch, fallo partire senza protezioni sopra la sosta, rischia il volo fattore-di-caduta-2, fai sosta dopo 15 m., spreca tempo] e lascio perdere.
Tocca a me, no?
Vado.
Diritto un paio di m. per accennato strapiombo, poi traverso 5-6 m. [l'acqua di fusione passa dalla roccia alle mani e mi si infila sotto l'antivento, inzuppando pile e braccia], altro ch, poi su: 3 ch di sosta, proprio al margine dx del flusso d'acqua.
3 m. pi\F9 a dx, no, eh?
Non posso fermarmi qui.
Devo obliquare ancora, sperando di trovare pi\F9 in l\E0 un punto per recuperare il socio.
Ai primi movimenti sulla roccia asciutta scopro che per chiss\E0 quale curioso fenomeno fisico le dita, bagnate, tengono meno che sul bagnato.
Avr\F2 attivato la siddhi dell'effetto ventosa, come Ralf?
Ma che funziona solo sul bagnato?
Sempre le cose sbagliate nel momento sbagliato, insomma.
Poi trovo un ch.
E, mentre mi arrabatto per rinforzare la misera protezione con qualcos'altro di mobile [un fr, un nut si piazzer\E0, no?], davanti agli occhi, un po' pi\F9 in alto, mi si materializza un altro ch.
Qualche altro pellegrino della Roda dev'essere incappato prima di me nella trappola dell'infida colata generatrice di gocce di luce.
4. Apparenze
Domenica mattina il programma prevederebbe "falesia": alle 13:00 danno acqua.
Poi a Ralf scappa detto: "Se fossimo duri davvero, andremmo lo stesso".
Intende "su una via lunga".
Due giorni in dolomiti e vai in falesia?
Ma siamo matti?
Non \E8 facile scegliere l'obiettivo, perch\E9 - davvero - alle 13:00 danno acqua. E dobbiamo poter scendere svelti in doppia, in caso di necessit\E0.
Quindi via possibilmente a spit e possibilmente con le soste attrezzate per le calate.
Non ci sono molti itinerari con queste caratteristiche in giro, almeno tra quelli di cui abbiamo le rell..
"Via le Moto dal Sella" sembrerebbe perfetta: 300 m., a fix, rientro facile.
All'attacco troviamo M. Stuffer l\EC per la "Rampa Del Torso", che ha in programma di fare in scioltezza con cliente.
Chiediamo lumi.
E lui ci rassicura: soste per le calate ok.
E poi aggiunge: "L'acqua fa bene alla campagna". E sottintende: "E non fa poi cos\EC male agli alpinisti". Al massimo fa loro crescere un po' i capelli.
Potremmo anche averne bisogno, eh?
Sagge parole.
Mentre lui e il cliente salgono spediti verso la parte alta della rampa, noi pieghiamo a sx e imbocchiamo "Via le Moto dal Sella".
Non dobbiamo essere molto concentrati sull'arduo cimento che abbiamo intrapreso perch\E9, nelle prime due ore di arrampicata riusciamo, nell'ordine:
a inchiodarci su L2, per attriti eccessivi sulle corde, ancora umide dell'acqua presa ieri;
di conseguenza ad attrezzare una ridicola sosta proprio nel mezzo del tiro, con 2 fix a 3 m. l'uno dall'altro;
a perderci, sempre su L2, su una via a spit [noi, alpinisti con vent'anni di esperienza]: la rel. dopo il terzo fix, segnerebbe di andare a dx; ma io, non vedendo la piastrina successiva e abbindolato da Ralf, che mi dice di andare a sx, vado dove dice lui [8 m., camino], salgo in placca a una cl con vecchi cordini, rinforzo il punto di protezione con un kevlar mio, vedo i fix di via - che sono ovviamente 10 m. a dx - e inizio un lungo, delicato traverso a dx muovendomi come se camminassi sulle uova [in caso di volo, qualora tenesse la clessidra, pendolerei e mi insaccherei nel camino; invece, qualora la clessidra non tenesse, buonanotte]; sento i famosi angeli delle visioni attaccare, in un gregoriano sommesso, i versetti centrali del salmo 23: "Nam et si ambulavero in valle umbrae mortis, non timebo mala" [Salmo 23,4]; poi, per fortuna, le percezioni alterate svaniscono;
a scoprire, un po' alla volta, per induzione, che gli apritori di "Via le Moto dal Sella" hanno usato una ben curiosa regola di chiodatura: dal VII in su spit al max a 1,5 m, dal VI al VI+ spit a max a 5-6 m., dal VI- in gi\F9 niente protezioni [ma niente di niente]; motivo per cui noi che, aspettandoci una via spittata, cerchiamo - per l'appunto - spit, non trovandone sul facile, non ci capiamo una cippa; e perdiamo un mucchio di tempo, sul facile, per capire dove andare; poi comprendiamo l'antifona e, per fortuna, procediamo pi\F9 rapidi; non sia mai che - come da me temuto all'attacco - davvero il temporale ci lasci salire fino a due tiri dall'uscita e poi ci costringa a 6 doppie sotto l'acqua.
Alla fine alle 13:00 non piove.
E terminiamo la via in tempo utile per una placida scampagnata sulla Cengia del Camosci e un'altrettanto rilassata birra con panino ad Alba di Canazei.
Poi arriva il triste momento del ritorno.
La quotidiana valle di lacrime ci attende.
L\EC s\EC un aiuto di YHWH gioverebbe.
Penitenziag\ECte, homines, quia peccata vestra multa...
Maddech\E9?
PS - Un "in bocca al lupo" a Sandro Zizioli, infortunato durante un'apertura sull'Aiguille Rouge di Peuterey per lo stacco improvviso di alcune masse di roccia poco sopra la sosta da cui era appena partito.
In molti siamo in attesa di buone notizie, confidando nella sua forte fibra.
Precise in particolare le indicazioni di www.climbers.altervista.com.
Non vi tedio con la descrizione di come noi abbiamo diviso i tiri.
Mi limito a segnalare:
- su L1 la roccia molto viscida e con prese spioventi [che, a dita fredde, sono difficili da tenere; quindi \E8 meglio salire l'itinerario solo con temperature alte, o quantomeno, non partendo troppo presto la mattina];
- su L3 l'importanza di saltare il primo blocco incastrato [con cordone bianco di sosta] per andare a fermarsi sopra il secondo blocco incastrato, 10 m. sopra il precedente, in un punto pi\F9 comodo e con minori attriti della corda per il primo quando sar\E0 sul tiro successivo;
- in generale l'importanza di valutare le condizioni delle ultime lunghezze [le placche alte sono "nere" perch\E9 spesso bagnate] e di avere una buona mobilit\E0 articolare di spalle e anche per salire senza troppa fatica le sezioni in diedro aperto [rel. 5 giugno 2012]
Riporto la rel. dei soli 2 tiri che
abbiamo salito, come promemoria per un'eventuale prossimo tentativo.
Con Dario Sandrini e Giovanni Mostarda ci ritiriamo dalla seconda
lunghezza
perché lenti (causa stanchezza), preoccupati per i previsti
temporali pomeridiani e per forti dolori alla caviglia di Dario.
Attacco - Il sentiero che passa sotto la parete
541), proprio nel punto in
cui la tocca, si infila sotto una grande lastra staccata. E' il punto
d'attacco.
L1 - Salire in obliquo a sx la bella parete articolata grigia in
corrispondenza del margine sx della lastra; al suo termine in obliquo a
dx fin sotto una fessura con un breve tratto strapiombante; oltre lo
strapiombo salire qualche m. per rampa di rocce erbose fino a poter
rimontare lo spigolo che delimita a dx la rampa; in obliquo verso dx
alla sosta, sotto un sistema di diedri non visibile dall'attacco (45 m.
- IV+).
L2 - Diritti nel diedro; dopo 20 m. poss. sosta; ancora diritti per
camino fino a una sosta sotto una verticalizzazione del sistema di
fratture (40 m. - V-) (rel. 10 luglio 2007).
La relazione di Furlani è
sostanzialmente
corretta.
Ripetuta con Filippo Nardi e Giovanni Mostarda (c'era una quarta
persona,
di cui non ricordo né il volto, né il nome). La
via non
è
sostenuta, ma è poco chiodata. E la roccia in alcuni tratti
lascia
a desiderare. Tuttavia la linea è estetica e i luoghi sono
selvaggi
e affascinanti. Discesa complicata. Utili i chiodi.
Linea logicissima (tre evidenti diedri in successione,
come suggerisce il nome, nel settore dx del pilastro) e roccia molto
buona per questa bella via. Credo sia difficile trovarla in
condizioni ottimali, come è capitato a noi. Gradi dolomitici
standard..
Integrazioni alle rel. Iacopelli e Furlani.
L1 - Per bella placca a buchi puntando alla base del primo diedro. Se
ne salgono i primi metri friabili prestando attenzione alla
qualità della roccia. Poche possibilità di protezioni
buone nel tratto mediano (40 m. - V-).
L2 - Si continua sul fondo del diedro uscendone a sx in placca quando
questo piega a sx. Quando, per un breve tratto, il diedro si
verticalizza di nuovo, rientrarvi e, al suo esaurirsi, traversare a dx
in cengia (45 m. - V+).
L3 - Tiro di raccordo. Traverso a dx per cengia e rocce facili (20 m. - II).
L4 - Diritti, in obliquo e in traverso a sx per bella placca con roccia
non sempre solidissima (non è facile proteggersi adeguatamente)
fino a un diedro che si risale. Al suo termine, su terrazzino, la sosta
(40 m. - VI-).
L5 - Inizio del secondo sistema di diedri. Sopra la sosta per breve
diedro fino a un tetto (1 ch) che obbliga a traversare a dx su blocchi
instabili fino a entrare in un diedro sotto un tetto umido; sotto
questo traversare a sx (se bagnato, il pass. può essere
ostico) e proseguire per qualche m. nel diedro soprastante (30 m. -
VI-).
L6 - Sempre sul fondo del diedro, uscendone sulla sx quando il muro si
appoggia; sosta sulla verticale di grandi tetti (40 m., mi pare - V+).
L7 - In obliquo a sx per placca fino a un diedrino che conduce di nuovo
sul fondo del secondo grande diedro; lo si risale tutto fino a che
questo si esaurisce in una rampa inclinata a dx; salirla per quanto lo
consente la corda; sosta da attrezzare, per me cl + 1 ch dopo circa 55
m. (55 m. - V+).
L8 - Facile muretto sopra la sosta; poi in obliquo e in traverso a dx su cenge fino all'inizio del terzo diedro (25 m. - IV).
L9 - Sul fondo del diedro con divagazioni sulla placca alla sua sx; magnifica arrampicata; sosta da attrezzare (55 m. - VI).
L10 - Sempre sul fondo del diedro; quando questo sta per concludersi
sotto tetti, traversare 3 m. a dx a un diedro secondario che si sale
fino a una sosta con 3 ch, sulla verticale dei tetti sommitali (50 m.,
mi pare - VI-).
L11 - Proseguire sul fondo del diedro fessurato fin sotto i tetti sommitali (20 m. scarsi - V+).
L12 - In traverso a dx fin sulla verticale del chiodato diedrino
d'uscita; lo si supera (roccia delicata), si sale per qualche m. su
rocce più facili e, in cresta, si traversa a dx fino a uno
spuntone con cordoni di calata (40 m. - VI+) (Rel. 21 luglio 2007).
Maffei, Frizzera - VII/A1 (gradi
Marmolada) (565 m. ca
fino
al termine delle difficoltà)
Relazione di Furlani da integrare, secondo me, così.
Attacco in corrispondenza di un pilastro appoggiato alla parete,
cordino
azzurro in clessidra alla base.
1° tiro - Per fessura a sx del pilastrino (ch in buco al suo
termine),
di qui 2-3 m a dx (ch) e poi in obliquo a dx per placca a buoni buchi
puntando
ad un piccolo tetto (per proteggersi, solitaria e infima clessidrina,
friend
sotto il tetto e poi ch in fessura); proseguire per la soprastante
fessurina
(VII-), al termine della quale a sx alla sosta (30 m.).
2° tiro - Proseguire per l'evidente diedro-fessura sopra la
sosta;
alla
sua conclusione prendere per la rampa-fessura a tratti friabile che
taglia
la soprastante placca appoggiata (55 m. - VI+ - Possibile sosta
all'inizio
della rampa).
3° tiro - Salire tutta l'opprimente fessura strapiombante e di
roccia
cattiva che sovrasta la sosta e proseguire per il successivo diedro.
Tiro
chiave (60 m. - VII/A1, qualcosa di molto simile ad un 7a - Sosta su 2
ch nel diedro, 1 lasciato da
Dario Sandrini).
4° tiro - Ancora per diedro, aggirando sulla sx un tratto
strapiombante
e su roccia infima e rientrando sulla linea con traverso a dx su cengia
friabile;
diritti per fessure rotte (2 parallele sopra la cengia, 1 ch poco
visibile) e, al loro
termine,
a sx (sosta in nicchia - V+ - 30 m.).
5° tiro - A sx della sosta e poi diritti per diedro di roccia
compatta;
al suo termine ancora diritti per vago colatoio verticale di rocce
rotte ed
erbose; sosta su ampia cengia alla base di un vasto catino (65 m. - VI+
-
A circa 2/3 del tiro 2 chiodi affiancati, non di sosta, uno abbandonato
dal
sottoscritto, ritenendolo di via, mentre era stato piantato da Dario
per
ulteriore sicurezza).
6° tiro - A sx per canale, poi camino; sosta su chiodo e
spuntone
dopo
circa 60 m. Allungare bene la propria assicurazione alla sosta per
potersi
proteggere sotto il piccolo tetto a dx in caso di scariche (IV).
7° tiro - Sempre nel camino con bella arrampicata (60 m. - V).
8° tiro - Traversare nettamente a dx per placca di rocce rotte,
oltrepassare
un canale e proseguire per avancorpo accidentato puntando ad un sistema
di
fessure che taglia la Torre di dx delle due che incombono sulla dx (60
m. - III+ - sosta in nicchia - 1 ch angolare
rosso mio
lasciato).
9° tiro - A dx per rocce verticali, ma articolate, poi diritti
e a
sx,
puntando a un diedro inclinato verso dx. Sosta in nicchia su clessidra
al
suo termine (45 m. - V/V+).
10° tiro - Diritti sopra la sosta per fessure strapiombanti
parallele
e successivo camino; al suo termine a dx (1 ch di via), puntando a un
sistema di
rampe
e fessure verso dx che si segue fino al suo termine; si supera una lama
verticale
e si prosegue ancora a dx per rampe fino ad una nicchia (60 m. -
sosta da attrezzare - nessun
chiodo
lasciato - VI/VI+).
11° tiro - A sx della sosta e poi diritti, puntando ad un
diedrino
che
si segue fino ad oltrepassare il filo di cresta sulla cima della Torre
(40
m. - sosta su spuntone).
A questo punto, si traversa per cengia verso Sud-Est e si scende ad una
forcella
tra le due Torri. Di qui un lungo tiro su rocce rotte, caminetti e
placca
friabile (70 m. - III +) conduce in vetta alla Torre Sud (la
più
alta
delle due, quella che appariva a sx guardandola dal catino dei tiri 7 e
8
- Sasso delle Undici?). Si prosegue per cresta sempre in direzione
Sud-Est
(60 m.) fino ad un camino friabile (III) tramite il quale si scende ad
una
forcella. Un (mio) cordino blu in classidra sul versante opposto
segnala la
prima delle calate tramite le quali si scende nel lungo
canale
orientato verso la Val San Nicolò (Est). Le
prime
calate sono di 30 m, l'ultima, se si vuole scendere direttamente nel
canalone
sottostante, di circa 45. Un'ulteriore breve calata (30 m)
consente
di risparmiarsene il primo disagevole tratto. Di lì in
avanti si
scende
a piedi ora per canale, ora per prati alla sua dx (tracce di camosci).
Spostarsi sempre per pendii erbosi verso dx (rispetto al
senso
di marcia - Est) fino a un secondo canalone nel quale ci si immette grazie a un'esile cengia su paretina percorsa dai camosci.
Per il canale o, pi\F9 facilmente, per
pendio erboso alla sua sx a un dosso boscoso [capanno di caccia].
Scendere sempre diritti per il ripido bosco fino
a
tagliare un sentiero segnato.
Ancora in discesa nel bosco sempre ripido [eventualmente tenere la sx] fino a incrociare un secondo sentiero che si segue in discesa verso sx [ovest].
Per questo a fondovalle, fino alla strada, appena sotto Malga Crocifisso.
(rel. settembre 2004).
Negli
ultimi
4 tiri, niente chiodi, né
difficoltà,
né artificiale, né camini d'uscita come indicato
da
Furlani.
Solo il tracciato corrispondeva abbastanza alla descrizione.
Avremo seguito la via originale o ci saremo infilati su una linea
autonoma?
Secondo Dario è vera la prima ipotesi, secondo me la seconda.
In conclusione, roccia infima, protezioni rarefatte, gradi sostenuti
(il
3° tiro aveva secondo me tutta l'aria di un 7a da falesia con
chiodi
così così e roccia marcia): una via da
consigliare ai
nemici,
a meno che non si parta già con l'intenzione di vivere
un'avventura
d'altri tempi.
Bella via su roccia insolitamente buona per la Vallaccia.
Meriterebbe maggiore fortuna.
Purtroppo la rel. Furlani indica l'attacco in modo poco preciso, rendendo difficile il reperimento della linea sulla parete.
Attacco - Per canale ghiaioso portarsi sotto lo Spigolo dei Fassani. Traversare a sx sotto la parete, oltrepassando il cordone di partenza della "Maffei-Frizzera", oltrepassare una quinta della parete, tralasciare un primo e un secondo sistema di evidenti fessuroni e camini e salire fino al punto pi\F9 alto della conoide sotto la parete. Sulla sx, su una cengia a circa 50 m. da terra, si nota una rada macchia di larici. La prima sosta \E8 in corrispondenza del grande larice pi\F9 a dx, tra quelli cresciuti sulla cengia. La via sale pi\F9 o meno sulla verticale del larice, prima per fessure a dx di un pilastro e poi per placche fessurate sulla dx di un grande naso giallo che dal basso incute timore.
L1 - Per diedro canale (appena a dx) e placca di rocce rotte (a sx) fino al larice (50 m. - III).
L2 - Portarsi sotto la parete e traversare a sx fino a una breve placca di roccia friabile che porta all'attacco del sistema di fessure a dx del pilastro di cui nell'intro. Salire a sx di un tratto molto friabile grazie a uno spuntone, per roccia pi\F9 solida portarsi sotto uno strapiombino, traversare a dx ed entrare nella fessura [ch con fettuccia blu], salendone il primo tratto off width. Sotto uno strapiombo, quando questa si biforca, prenderne il ramo di dx. Sosta da attrezzare in placca alla sua dx con 1 ch a U in buco e cl (30 m. - VI/VI+). [10 m. sopra, sul vertice del pilastro, c'\E8 una sosta attrezzata].
L3 - A dx della sosta per placca. Poi di nuovo a sx nel fessurone [1 ch e 1 cuneo sul fondo]. Salirlo per il bordo esterno [dulfer strana in partenza], raggiungere il vertice del pilastro, salirlo, scendere nel diedro camino alla sua sx e percorrerlo fino al suo termine. Per canale e rocce rotte a uno spuntone sotto placche fessurate (40 m. - VI/VI+).
L4 - Diritti sopra la sosta per fessure. Quindi si supera un breve tratto strapiombante da sx a dx e si sale per rampe e fessurine inclinate a dx fino a entrare in un camino. Al suo termine qualche m. a sx per cengia (50 m. - VI-). E' possibile evitare il camino per fessura di dita alla sua sx (VI).
L5 - Diritti per rocce rotte fino a un ch in fessurino in mezzo a una placca. Al ch si traversa a sx entrando in una rampa obliqua da sx a dx che si segue fino al suo esaurirsi sotto uno strapiombo "ad ala di pipistrello". Alla sua base una fessura rotta consente di aggirarlo sulla dx. Salire la fessura e il successivo diedro. Sosta con 3 ch (40 m. - V+).
L6 - Per fessura sopra la sosta e a sx. Al suo termine traverso a dx per qualche m.. Poi diritti per muro di ottima roccia. Sosta in nicchia (30 m. - V+).
L7 - A dx della nicchia per roccia molto lavorata. Diritti fin sotto uno spigolino poco accennato; lo si sale [1 ch grigio poco visibile] e si punta a una fessura-camino friabile; salirla fino al suo termine e procedere per il seguente diedro appoggiato (55 m. - V+/VI-).
L8 - Si aggira sulla dx un ultimo risalto della parete (45 m. - III).
L9 - Per prato a sx e rocce facili a dx in cresta (55 m. - II).
Discesa - Spostarsi per prati verso il canalone che scende dall'intaglio tra Torre Vallaccia e Cima Undici. Raggiuntolo, cfr. rel prec. (rel. 21 luglio 2008)
Commento
Nel corso di una ripetizione [30 giugno 1996, insieme a Stefano Righetti] ho aperto una variante di uscita diretta salendo l'ultimo risalto per il diedro in parte strapiombante di 40 metri; nel corso della mia prima ascensione della via del 4 agosto 1989 insieme ad Antonio Bernard avevamo giudicato poco logica e forse troppo difficile la linea. Nel 1996 abbiamo valutato la variante di VI, un p. VI+; il tiro è omogeneo con le difficoltà del resto della via. Usati 2 friend.
Mario Vigo
Respondeo
Ciao Mario.
Grazie per l'integrazione.
Un'info utile per eventuali ripetitori.
E anche un incoraggiamento: con gli anni si migliora. Anche se non ad libitum, putroppo...