Concatenamento estivo concluso ai limiti
della
disidratazione.
Al termine della parete, se si prosegue lungo il cavo della ferrata, si
arriva
ad un ulteriore salto sul quale sono stati aperti alcuni tiri a spit.
Una
lunghezza della parte alta (6b?) con passo impegnativo non azzerabile.
Cacciatori di camosci - V- (100 m. le
difficoltà
su
roccia)
Da Salino di Paularo, osservando la Creta,
si nota un
evidente
canalone che interrompe la continuità della bastionata.
Salendolo,
si giunge ad un colletto che dà sull'anfiteatro alto della
Creta.
Di lì passavano i valligiani che salivano al Monte Sernio
per
recuperare
l'alluminio di un aereo americano precipitato durante la II guerra
mondiale.
Fui trascinato sull'itinerario da alcuni amici della valle (Andreino,
Galdino,
Silvio) che volevano scoprire se fosse ancora precorribile dopo il
terremoto
del '76. Lo è. Dal colletto si sale a sinistra una paretina
friabile
(2-3 m. - singolo di V-) che dà accesso ad una lastra
inclinata.
La
si segue in discesa fino ad imboccare la cengia che taglia l'anfiteatro
e
conduce, in circa 50 m. di traversata, al canale tramite il quale si
esce
dalla parete (50 m. - tratti friabili - IV+).
De Toni (ma vi è passato
sicuramente qualcun
altro
prima di me) - III (400 m.)
E' l'unica via di cui ho (forse) la
paternità.
Sale
nel canale che divide la Creta dai pilastri a Ovest e sul quale incombe
una
grande frana gialla.
Si segue per ghiaie il Rio di Lovea finché si arriva alla
cascata che
esso forma precipitando dal canale. Si aggira il salto sulla sinistra
per
bosco ripido e si rientra nel canale per pendio terroso. Una volta nel
canale,
lo si segue facilmente fino dove si dirama. Da qui ci sono
più
possibilità
di salita. Io proseguii a destra su placche friabili appoggiate.
L'itinerario
è da trovare, scegliendo i tratti più inclinati,
fino ad
arrivare
alla cresta terminale. Dopo qualche passo tra i mughi, si trova il
sentiero
per Casera del Mestri, dal quale si scende al Rif. Palasecca e, ancora
per
sentiero, a Lovea. 4 ore da Chiaulis di Paularo e ritorno. Una via di
altri
tempi.
Il classico spigolo NNO del Monte Sernio
è una
facile
via alpinistica (max. II) che consente di salire alla vetta con
difficoltà
contenute, ma in ambiente spettacolare. I miei simpatici amici
Andreino, Galdino
e Silvio decisero che, alla mia prima avventura sulle rocce, era
opportuno
mettermi alla prova: se mi "rompevo", pazienza; se ce la facevo, come
montanaro
avrei forse avuto qualche possibilità. E tirarono diritto
non
appena
attaccammo la via. Le difficoltà non sono trascendentali,
anche
se
per un pivello come me potevano esserlo... Per fortuna andavamo cosi
forte
che non feci a tempo a razionalizzare quello che stava succedendo.
Discesa dalla Normale, con mio spettacolare volo a circa
metà
pendio
(incastro del piede in forcella tra macigno e macigno, capriola in aria
e
atterraggio su lembo d'erba sorto provvidenzialmente, io penso proprio
in
quel momento, sotto il mio fondoschiena).
Per essere al nostro meglio
dobbiamo essere costretti in un angolo,
dove non c'è speranza e niente da guadagnare
andando avanti.
E noi andiamo avanti comunque.
Siamo al nostro meglio
quando la morte si sta chinando sopra la nostra spalla
e non c'è nulla che possiamo fare
perché il nostro tempo è quasi finito.
Ma gridiamo "Vaffanculo!" alla linea della nostra vita
e abbracciamo, invece, il momento.
Sto per morire,
ma in questo momento mi sento bene e mi sento forte.
E farò quello che voglio.
Questo momento è completo in sé stesso
e non ha bisogno di trovare giustificazioni
in altri momenti passati e futuri.
Siamo al nostro meglio quando il pit bull della vita
ci afferra alla gola e ci immobilizza a terra.
E noi siamo solo cuccioli di tre mesi
che possono essere facilmente sbranati.
C'è dolore in arrivo - lo sappiamo - e non c'è speranza.
Ma non gridiamo e non piagnucoliamo.
Non lottiamo neppure.
Ma dalle profondità del nostro essere sale un ringhio,
un ringhio calmo e sonoro, che contrasta con la nostra età
e fragilità esistenziale.
E un ringhio che dice: "Vaffanculo!".
M. Rowlands, Il lupo e il filosofo. Lezioni di vita dalla natura selvaggia,
Milano, Mondadori, 2009, pp, 220-221.
Uno - Boletus psichedelici
Vacanza carnica altalenante.
La meteo è quella che è. Quindi niente vie lunghe.
Inoltre A., da falesista di punta, nei suoi corteggiamenti a questa o quella via difficile, lascia passare, come da manuale, un bel po' di tempo tra un tentativo e l'altro. E io, da vecio alpinista, ad aspettare un'ora
sotto un itinerario prima di riprovarlo, mi perdo.
Ah, le specializzazioni divergenti...
Non mi restano che i soliti walkabout per rumeghi dimenticati da uomini e deva.
Ieri ho cercato di raggiungere il monte Salinchiet da Dierico per un sentiero che la cartina assicurava passare attraverso la foresta di faggi sottostante la friabile parete. Ma, disorientato dalle nuvole che coprivano le vette oltre i 1.400 m., ho sbagliato linea e mi sono ritrovato a salire ripidissimi boschi, per fortuna puliti, ma senza sentieri qualche km più a sud ovest, finendo la mia escursione dalle parti di casera Forchiuta.
Unico risultato positivo della giornata: un porcino di 3 etti trovato lungo la vaga cresta che ho seguito per un tratto nella prima parte del bosco. Anche se poi l'ho dovuto lasciare dov'era: non sapevo dove metterlo. E in ogni caso le mani mi servivano libere per salire tarzanando da un faggio all'altro.
Oggi punto al mio personale "record della pista" sul tracciato Cjampeas-Vetta Sernio [tempo migliore: 2h e 30', agosto 2008].
Sì, ognuno si diverte come può.
Mentre percorro i tornanti che il sentiero fa più o meno a metà Costa di Palasecca, ho una lieve nausea.
E' che sto leggendo Suttree, di McCarthy.
E sto trovando la sua prosa bella, ma molto meno efficace che in Trilogia della Frontiera.
Là un linguaggio secco, sempre ricercato ma essenziale, alla Tacito.
Qui vocaboli ricercati su vocaboli ricercati. E periodi lunghi.
Mi sorprendo più di qualche volta a saltare la lettura di paragrafi su paragrafi.
E' il virus di internet? L'urgenza di arrivare subito al dunque? Che avesse ragione l'ormai fu Farfalla?
E poi la storia.
C'è la descrizione di una sbronza apocalittica di Suttree che, al solo ricordarla, mi mette sottosopra lo stomaco [ecco perché, forse, la nausea...]
E' vero che i deva fanno di tutto per renderci la vita impossibile.
Ma, quando siamo noi stessi a picchiarci sulle palle, così, per il
gusto di farlo...
Sì.
C'è la storia del gemello morto che si agita nel profondo.
E la madre prostituta. E il figlio, anche quello morto... Tutti ottimi motivi per passare la vita a farsi male.
Però...
Bah...
Questa descrizione dettagliata di un mondo in putrefazione non riesce proprio a coinvolgermi. Anche perché so che inferni simili esistono. E che le situazioni raccontate da McCarthy non sono solo letteratura.
Mi sono portato da leggere anche altro.
Ad esempio il testo di Rowlands, docente di filosofia niente meno che presso l'Università di Miami [non dev'essere male, Miami, come sede universitaria]. In Il filosofo e il lupo l'autore racconta del suo rapporto con Brenin, un grande lupo americano che lo accompagnò - anche in aula - per 13 anni della sua vita ed espone in forma divulgativa alcune delle sue idee.
Nella mitologia ellenica il lupo è animale sacro ad Apollo. Non è un caso - credo - che lo stile argomentativo di Rowlands, nonostante gli occasionali squarci visionari, sia così apollineo: catene di pensieri collegati da una razionalità solo di superficie.
Per contrasto mi viene in mente il pastore amico di Gobetti che, una decina di anni fa, mi era stato presentato dal socio con cui avevo appena salito "Legione Reale Truppe Leggere", a Punta Cusidore, Sardegna: bevendo un amaro a piccoli sorsi, giusto il tanto sufficiente a mantenere un lieve stupore alcoolico, ci aveva a lungo parlato del rapporto tra la storia del suo paese e la distinzione tra tonal e nagual nella tradizione tolteca di castanediana memoria.
Lui non argomentava.
No, andava per associazioni libere: un'intuizione qua, un'intuizione là, lasciando a noi ascoltatori il compito di rimettere assieme i pezzi.
Un furbacchione...
Al posto di Rowlands Castaneda se la sarebbe sbrigata mettendo sulla bocca di don Juan un paio di battute sulla morte che rende compatti. E via.
Comunque il libro è interessante: Rowlands vede una contrapposizione tra "senso" inteso come "concatenamento tra obiettivo, azione e risultati" [fallace, in quanto il valore di qualunque progetto è destinato a dissolversi al cospetto del momento ultimo, la classica tesi heideggeriana] e "senso" nel "qui e ora" dell'attimo [autentico, in quanto esaltato proprio dall'incombere del momento ultimo].
Certo, questa rabbia... Questo "Vaffanculo!" finale...
Muori e passi i tuoi ultimi istanti a mandare affanculo? Chi? Che cosa?
Un ringhio è diverso da un "vaffanculo"...
Autocommiserazione?
Furia da abbandono primario?
Vabbe'...
Saranno anche affari suoi, no?
Due - Asino sì, asino no?
Alla fine ho impiegato 2h e e 15'.
Il mio tempo, all'imbocco del canalone di accesso allo spigolo era buono, da 2h nette.
Però, ai primi passi sul ghiaione, gli occhi mi sono caduti su una possibile linea facile lungo il pilastro che delimita a sx il canale.
Subito la mia razionalità ha iniziato a elencare tutti i possibili rischi di un'eventuale solitaria: "Non hai già avuto abbastanza guai? E poi così perdi il record della pista!".
Ma i miei piedi hanno dato retta al pizzicore a livello retrosternale e al lieve brivido lungo la schiena con i quali il mio corpo rispondeva al vago richiamo esercitato su di me dal pinnacolo di vetta del pilastro, che, come un aristotelico motore angelico di bassa gerarchia, sentivo mi attirava a sé passando proprio per le linee arrampicabili intuite sulla roccia.
E' una scusa.
In realtà valutavo che avrei trovato difficoltà accessibili [III max.] e che, volendo, mi sarei potuto ritirare con facilità.
Quindi, evitati per cengia i primi 10 m. di basamento del pilastro [lame friabili], sono entrato nel protettivo camino di sx e ho cominciato ad arrampicare.
In una ventina di minuti il pilastro era alle mie spalle.
Confluito sulla traccia segnalata, ne ho percorsi 5 m..
Potevo proseguire per il sentiero, no?
E invece ha tirato dritto...
La roccia della nord ovest è buona e articolata; e a dx il vecchio sentiero costituisce una sempre presente, tranquillizzante via di fuga.
Quindi sono proseguito per placche appoggiate, fessura obliqua a dx, a sx in una nicchia, di qui di nuovo a dx, a superare un primo tratto verticale di parete aggirando sulla dx una sezione strapiombante dello spigolo; poi rampa a sx, placca ben protetta dalla rampa appena salita, fessura-camino, cengia. O qualcosa del genere.
Chi si ricorda?
Quando arrampico da solo, mi concentro sulla linea da seguire e sulle difficoltà dei 2 m. successivi, e mi dimentico il percorso che mi sono lasciato alle spalle.
La mia variante si è conclusa con un'altra cinquantina di m. di arrampicata divertente su placche appoggiate fin sotto la cuspide dell'anticima nord [1 ch universale nuovo trovato qualche m. sotto gli strapiombi, a sx], aggirando sulla sx la sezione aggettante per camino con masso incastrato.
Da qui in breve alla cresta terminale e in vetta.
Via autonoma?
Ho i miei dubbi.
Di sicuro altri sono saliti per la linea che ho seguito, la più facile nel tratto di parete tra spigolo e sentiero segnalato.
In vetta mi chiedo se sono stato asino solo un po' o se lo sono stato del tutto.
Concludo che lo sono stato solo un po': alla fine ho evitato con cura i tratti friabili e oltre il V, sono andato alla sistematica ricerca della linea più facile e ho arrampicato sempre con almeno due mani e un piede [o due piedi e una mano] su prese e appoggi.
Solo in un paio di punti ho incontrato difficoltà superiori al III.
E solo in un punto il pass. era esposto.
E in ogni caso anche solo salire per la normale del Sernio ha un che di penitenziale: tutta quella fatica improduttiva...
E ancora, pure starsene in panciolle a casa "ammazzando il tempo", in quanto causa di aumento di trigliceridi nel sangue e di adipe addominale, magari facendosi condizionare da storie o pensieri altrui, non è detto che faccia poi così bene.
Drogato da trip di adrenalina?
Bah, quassù, in vetta, con le nuvole che giocano a nascondere il sole e il mondo circostante, non mi sento per niente diverso dal solito.
E' stata una salita come altre.
Mi assolvo col beneficio del dubbio.
Tre - Il presagio delle farfalle smerdoline
Al rientro, lungo il sentiero, per due volte, mentre passo attraverso zone inerbate sfiorando cespugli, mi trovo avvolto in un nugolo di quelle farfalle brune che di solito nei prati si posano sulle cacche di vacca.
Alla seconda volta mi viene da pensare che il nero e il bruno sono colori lugubri.
Il messaggio è chiaro: "Che non ridiventi un'abitudine. O ti facciamo un culo così...". Ok, recepito: sono stato asino del tutto.
Niente più farfalle brune fino a Cjampeas.
Quattro - Su guna, motori angelici e alpinisti gonzi
Un vago senso di tormentosa incompletezza mi si agita dentro.
Sospetto sia il motore angelico di infimo livello piazzato sulla vetta del primo pilastro basale del Sernio a caccia di alpinisti gonzi - o il suo alter ego inconscio in me - che si dev'essere offeso perché ho sostenuto di essere stato asino a seguire l'ispirazione da lui suscitata.
E' come se pretendesse che gli venisse riconosciuta dignità.
A lui e all'ispirazione.
In fondo, passando per quelle placche rotte e quelle fessure friabili, ho fatto emergere dal fondo oscuro dell'essere [in termini aristotelici, attratto da una causa finale, "ho dato forma a"] una parte di mondo che, in qualche modo, non era.
Nella Bhagavad Gita Krishna spiega allo sconcertato Arjuna che quanto è e avviene nel mondo è opera delle tre qualità [guna] suscitate nella Natura primordiale [Prakriti] in virtù della sua relazione polare con Purusha, il principio maschile: sattva [illuminazione], rajas [azione] e tamas [ignoranza] [info qui, in part. cap. XIV; sintesi qui: wikipedia].
Spiegata alla buona, se i guna non sono, niente è e niente avviene.
E non è - credo - un caso che ciascuno dei tre deva della Trimurti - Brahma, Vishnu, Shiva - sia per così dire deputato all'amministrazione di uno dei tre gunas [e quindi - se ho capito bene come la intendono gli induisti - al dar forma a una porzione di mondo].
Quindi, se si evita di lasciarsi coinvolgere dai tre guna, non si agisce, non si soffre, ma non si crea.
Se si agisce, si crea e si rischia di soffrire, perdendo quel poco di serenità che si ha ab origine o che si è a fatica riconquistata.
Forse per questo, allora, altre forze immaginali - le "mie" farfalle brune - ti si fanno presenti per avvisarti dell'inevitabile pericolosità dell'agire.
L'unica - e questa sembra essere la lezione dell'aristotelico motore angelico stazionante sulla vetta del primo pilastro basale del Sernio - è agire, e quindi cedere al richiamo dell'intuizione del momento, restando il più possibile centrati e salvaguardando il più possibile sé stessi e gli altri.
Ed evitando con abili zigzag le insidie poste sulla strada da farfalle brune e motori angelici di più o meno alto livello a caccia di alpinisti gonzi che contribuiscano a dar forma al mondo.
Detto tra parentesi, in effetti Krishna così si esprime in merito: "In verità nessuno può rimanere neppure un momento senza agire; perché invero tutti sono ineluttabilmente costretti all'azione dalle qualità [guna] nate dalla Natura [Prakriti] [Bhagavad Gita, III, 5].
E, ancora, qualche cap. dopo, Arjuna chiede a Krishna: "Quali segni contraddistinguono colui che ha trasceso le tre qualità? Qual è il suo comportamento? Come fa ad andare oltre i tre guna?".
La risposta di Krishna è: "Colui che non aborrisce la presenza dei guna - [e dei loro effetti]: illuminazione, attività e ignoranza - né deplora la loro assenza; che rimane indifferente e non turbato dalle tre qualità - realizzando che esse soltanto operano nella creazione; con la mente che non oscilla, ma sempre centrata nel Sé; uguale nel piacere e nel dolore, nella lode e nel biasimo - ben saldo nella sua natura divina; guardando con occhio equanime un pezzo di terra, una pietra e l'oro; uguale nella sua attitudine verso [persone ed esperienze] piacevoli e spiacevoli; fermo di mente", [XIV, 21-24].
Furbacchioni, questi induisti.
Insomma, è un casino.
Che la stia facendo troppo complicata?
Mah...
PS - Ho scelto il video non per le immagini, ma per la musica. Comunque, se volete trovare riferimenti tra video e post, fate pure...
Soundtrack - Mogwai Fear Satan [Surgeon Remix]
Mogwai - Album: Kicking a Dead Pig
***
L'itinerario sale le linee di arrampicata più agevoli dapprima sul pilastro basale a sx del canalone che conduce all'attacco della classica dello Spigolo NNO per tenersi poi tra la classica e la linea di spigolo vera e propria, seguita, se ricordo bene, da un itinerario di Mazzilis.
Salita in solitaria integrale.
Roccia da buona a friabile sul pilastro basale, buona e a tratti ottima sul tratto superiore, in linea di massima ben proteggibile. Pilastro basale - Aggiro i primi 10 m. a lame friabili per cengia erbosa, puntando alla base del camino che delimita a sx il pilastro; lo seguo fino a quando questo, dopo una quarantina di m., spiana (II-III); mi sposto sulla verticale del centro del pilastro e salgo più o meno diritto per roccia delicata; verso la fine, quando il pilastro si fa strapiombante, piego a dx in un canale puntando a un'evidente forcella che dà sull'altro versante dello spigolo [rinuncio a uno dei cimotti del pilastro nel timore di non riuscire a scendere, una volta raggiunto il filo] (III - fin qui circa 100 m.). Muri a dx dello spigolo - Per 5 m. lungo la classica, poi [più o meno] placche appoggiate, rampa-camino in obliquo a dx, a sx appena possibile puntando a una nicchia a sx di un'evidente e bella fessura [che ho evitato stimandola di diff. superiori al V]; dalla nicchia sono uscito a dx [IV+ esposto], quindi a sx per rampa. mi pare: non ricordo bene; ero veloce; e le memorie mi si accavallano. Da questo punto in avanti ricordo: una placca di IV+ protetta da una rampa; un breve camino (IV); placche e muretti fino all'ampia placca sottostante gli strapiombi dell'anticima nord; dalla base degli strapiombi [come riportato, 1 ch universale nuovo, non mio, in loco] a sx per camino con masso incastrato (umido, IV) e quindi in cresta.
V. Burba, F. Quagliaro, R. Sinuello -
III+. o IV+ con var. ddt (400 m. ca)
La linea, logicissima, sale l'evidente e
ampia rampa obliqua che taglia da dx a sx la parete NE appena a sx
dello spigolo NO.
Niente protezioni in loco.
Attacco all'inizio della rampa, attraversando su ghiaione circa 150 m.
a sx in corrispondenza dell'inizio del canalone che conduce alla base
dello spigolo.
Roccia a tratti solida, da colatoio, a tratti delicata e rotta.
Difficoltà omogenee. Ambiente spettacolare: in
più punti
sembra che grandi strapiombi impediscano la prosecuzione.
Inutile descrivere la via tiro per tiro: seguire la rampa individuando
i punti più deboli della parete.
A circa 1/3 della rampa, per un errore di lettura, mi sono tenuto sul
diedro di fondo trovandomi a dover superare - con i miei vecchi
scarponi sfondati - un pass. di aderenza un po' più
impegnativo
di III+. E' stato un bel rischio, non tanto per la
difficoltà
del passaggio quanto per la precarietà del movimento, con i
piedi non supportati da scarpette adeguate.
Verso il termine dell'itinerario, poco prima che la rampa si esaurisca
sotto un gendarme alla cui dx sale un repulsivo camino, tenersi
nel sistema di fessure e caminetti che taglia la rampa sulla sx
fin sotto il pinnacolo e attraversare a sx a rocce facili e
appoggiate per le quali si raggiunge la cresta e la
croce di
vetta (en solo - rel. 11 agosto 2007).
Integrale alle Creste di Palasecca [tentativo - I parte]
Ignoti - IV+ e 3 doppie (dislivello del tratto finora percorso: circa 1.500 m. in salita e altrettanti in discesa)
Penitenziagite n° 23, o penitenziagite con infusione nei mughi.
Dicesi "Penitenziagite con infusione nei mughi" il penitenziagite nel corso del quale il penitente si immerge nei mughi il più a lungo e il più a fondo possibile.
La penitenza è un atto psicomagico: è possibile alleviare i sintomi di un'affezione alle vie respiratorie assumendo infuso di pigne o di germogli di mugo [il mugolio], o, in alternativa, immergendosi nei mughi sic et simpliciter.
Dato che il paziente, tal "Farfalla indigesta", non poteva effettuare l'auto-infusione causa, appunto, indisposizione, mi sono immerso io al suo posto, nel corso di un tentativo, miseramente fallito, di concatenare le varie cime delle infinite Creste di Palasecca partendo dalla vetta del Monte Sernio.
Chissà che, così, ora, dopo essere stati costretti dal malanno capitato a Farfalla Indigesta a rinunciare - nell'unico fine settimana decente di questa infelice estate - a ben più degno obiettivo, non si riesca a combinare qualcosa di buono.
Frammenti di Penitenziagite.
Sono nel mezzo del Mare di Mughi.
Ho appena concluso la discesa dello Spigolo Ovest del Sernio e ora, se voglio tentare di arrivare alla base della Prima Creta di Palasecca, devo attraversare questi magmatici marosi verdi.
E' estenuante.
Tiro con un braccio...
E il mugo che sto tenendo si disassa e mi costringe a trazionarlo con spalla e braccio tesi verso l'esterno. Sto contraendo muscoli che nemmeno pensavo di avere.
Spingo con il piede sinistro su tre tronchi incrociati...
E quelli, nell'assestarsi verso il basso, si disallineano e aprono un varco improvviso sotto la mia gamba. Io sprofondo al rallentatore nel mare di aghi pungenti e mi ritrovo avvolto da fluidi tentacoli che mi intrappolano nel momento stesso in cui mi respingono verso il basso.
Mi ci vuole mezzo minuto buono per toccare il fondo.
Non appena i miei piedi raggiungono qualcosa di solido, i rami sui quali stavo tentando di galleggiare, nel riprendere il loro solito assetto, si alzano e sfregano sugli spigoli delle mie tibie, causandomi un dolore lento, continuo e insopportabile.
Basta, per pietà...
Dicono che camminare sulle acque sia il prototipo dei miracoli.
Ma anche galleggiare sul Mare di Mughi dev'essere alto nell'apposita e relativa classifica...
L'idea di concatenare le infinite Creste di Palasecca mi è venuta leggendo "Alpi Carniche" del CAI TCI.
Secondo gli autori l'integrale aspetterebbe ancora un ardimentoso realizzatore.
Così mi sono lanciato.
Purtroppo il tempo impiegato nel percorrere lo spigolo sud-ovest del Sernio e il primo tratto di cresta, ingombro di mughi, mi ha costretto a desistere dopo averne percorso a mala pena un quarto.
Una ripetizione integrale richiederebbe, a mio avviso, tre giorni di impegno [e quindi adeguata quantità di acqua e cibo, oltre a un minimo di materiale alpinistico: imbrago, almeno una mezza corda, cordini da lascio per attrezzare eventuali calate sui mughi].
Nel complesso l'integrale della Cresta mi è apparsa di difficoltà ambientali quasi paragonabili ad analoghe salite sulle Pale di San Lucano [solo le vie di fuga sono un po' più frequenti e di facile accesso].
Salita al monte Sernio [da Cjampeas per me, carico, 2h e 30']
Per lo spigolo NNO, nel mio caso con significative varianti.
Sono salito diritto non appena imboccato il tracciato, seguendo una linea di roccette e puntando diretto al camino di II (III).
Sopra la strettoia, da benemerito deficiente [con scarponi e zaino da 7 kg sulla schiena], ho percorso l'evidente fessura soprastante [che evolve poi in camino] fino a raggiungere la rampa inclinata da dx a sx cu cui si ritrovano i segnavia (IV+) [salendo in cordata, soluzione raccomandabile, risultano utili friend medio-grandi].
Alcuni m. per la rampa.
Poi non appena le rocce soprastanti spianano, sono proseguito per roccette e placche inclinate fin sotto la cuspide dello Spigolo, uscendone a sx (III/III+).
Variante piacevole.
Discesa per la cresta SO [2h e 10']
Scendere lungo lo spigolo, scegliendo i punti nei quali la discesa è più agevole, fino a un pinnacolo che si sale e del quale si aggirano gli ultimi spuntoni sulla sx [faccia a valle]. Per rampa erbosa si scende a dx in un canale che preannuncia rocce più ripide [l'ultima parte della parete SO del Sernio è caratterizzata da due salti di circa 60 m. il cui andamento è coerente con la piega sinclinale del versante, digradante verso SE].
Si abbandona il canale poco prima che si inforri e diventi più ripido e ci si sposta verso sx [faccia a valle] fino a una macchia di mughi sopra un canale-camino [lasciato 1 cordino viola tra i mughi].
Da qui una serie di 3 doppie da 20 m. conduce alla base del primo salto [1 CD su cordino tra i mughi - 2 CD su sosta attrezzata - 3 CD su altro cordino collocato tra mughi sulla sx del camino [faccia a monte - verificare gli ancoraggi].
Ritengo sia possibile anche scendere arrampicando dal camino, avendo l'accortezza di spostarsi a sx [faccia a monte] poco sotto i mughi della mia ultima doppia [se si continua a scendere diritti, si finisce sopra strapiombi accentuati] [IV+?].
Si è su una banca ghiaiosa con macchie di mughi. Imboccare un canale-colatoio che scende ripido [non prendere il primo, ma il secondo canale sulla sx, faccia a valle].
A circa metà canale, obliquare a dx - faccia a valle - per mughi bassi e radi fino a portarsi sull'orlo del secondo salto.
Individuare un punto nel quale il salto si fa meno verticale e per mughi, caminetti e paretine puntare al canalone di fondo che origina dalla sella in cui si esaurisce la cresta O del Sernio [III/III+; non è facile individuare il punto esatto di discesa].
Dalla sella possibilità di ritirata per i ghiaioni sotto la parete O del Sernio.
Cresta di Palasecca - I parte [2 h]
Mare di Mughi.
Io ho scelto di attraversarlo stando alla base di una serie di basse paretine sotto la cresta fino a raggiungerne di nuovo il filo in prossimità di una selletta [di qui possibilità di ritirata per ghiaione].
Dalla selletta ho proseguito in cresta, a tratti esposta, oltrepassando un'ulteriore, stretto canale-camino e pervenendo a un gendarme che anticipa la prima elevazione della cresta [Pale de la Ris] [tratti di III - reperite tracce di passaggio: mughi tagliati e un nastro bianco e rosso in stoffa legato a un ramo di mugo - segnavia?].
Discesa per Riu da Lambruseet alto, ramo di sx [orografica] [1 h e 45' - circa 1.000 m. di dislivello]
Provato dall'attraversamento del Mare di Mughi e avendo finito viveri e acqua, opto per la discesa.
Un ripido canale colatoio scende verso valle a partire dal fianco NE del gendarme.
Lo si segue attraverso i ghiaioni e fino ai boschi sottostanti [1 p. III - rampa sotto strapiombi - in corrispondenza di un salto di roccia] [il canalone è pericoloso in caso di forti piogge].
Qui si incrocia il sentiero 455.
Io, presumendo che il sentiero corra parallelo alla strada Lunge-Cjampeas e si tenga troppo alto, scendo per il torrente e per boschi alla sua sx fino alla strada [diversi tratti insidiosi, in particolare in corrispondenza della cascata fotografata - Una vaga traccia sulla sx - senso di marcia - anticipa il salto, invitando ad aggirarlo sulla sx].
Dalla strada in breve a Cjampeas.
Tempo totale impiegato: 8h e 25' [rel. 11 agosto 2008].
Penitenziagite n° 24, o penitenziagite da karma negativo accumulato in precedente penitenziagite.
Per "Penitenziagite da karma negativo accumulato in precedente penitenziagite" si intende una penitenza originata da misteriosi e inspiegati errori commessi in una penitenza previa.
Frammenti di Penitenziagite.
Che cosa avrei dovuto fare di diverso, domenica?
Avrei dovuto bere più acqua?
Ne avrei dovuta bere meno?
Mi sarei dovuto rititare prima?
O dopo?
Non capisco...
Il fatto è che oggi avrebbe dovuto essere una bella giornata di sole [pur con qualche possibile temporale nel pomeriggio].
E dovremmo essere sull'Integrale dello Spigolo alla Sfinge, su roccia magnifica.
E invece siamo in mezzo alle nuvole, sotto una pioggerella fastidiosa, in questo diedro umido con appigli e appoggi fangosi e ricoperti di lichene.
Pattinaggio artistico in verticale.
Sul sesto grado.
Per fortuna le prese sono grandi.
E ci sono molti chiodi.
Mah...
Meglio non farsi troppe domande...
Farfalla Indigesta è guarito.
E, comunque, hanno sbagliato anche i meteorologi.
A loro quale malanno avranno inviato gli dei come giusta punizione per l'intemperanza commessa?
Uno squarao improvviso?
Uno stato di costipazione costante?
Un malanno invernale in piena stagione estiva?
Bella via, ripiego di gran classe.
Sale integralmente l'evidente diedro che taglia nel mezzo la parete nord.
La roccia è da buona a ottima, quando è asciutta...
Molti vecchi ch e cunei in loco.
Portare friend, anche delle massime misure Ande [n° 7] e friend e nut piccoli e medi per rinforzare le soste.
Attacco sulla verticale del diedro, si traversa a dx per cengia una quindicina di m., poi si sale diritti per 6 m. e di nuovo a sx per 10 m. fino alla base di un diedro-fessura nero che si chiude sotto strapiombi.
Sosta attrezzata a 5 m. dalla cengia.
L1 - Lungo il diedro-fessura fin sotto il tetto. Poi a sx e in obliquo a sx per lama, seguendola anche quando piega a dx. Sosta su terrazzo. Allungare le protezioni (35 m. - V+).
L2 - A sx nel diedro e sul suo fondo, superandone una verticalizzazione. Si oltrepassa una prima sosta e ci si ferma presso uno scomodo punto di sosta nei pressi di un tratto strapiombante [3 ch - tenersi una fettuccia molto lunga per attrezzare in modo adeguato il punto di fermata] (30 m. - VI-).
L3 - Ci si alza dalla sosta e si torna sul fondo della fessura. Se ne supera un tratto strapiombante [pass. da leggere, specie se il fondo della fessura è bagnato]. Poi ancora lungo essa seguendone il suo andamento verso dx. Sosta su 3 ch (25 m. - VI).
L4 - Lungo la fessura, ora larga e con diversi cunei dei primi salitori [2 di essi, fatiscenti, sono stati tolti da Farfalla Indigesta e riportati all'apritore - Sono sostituibili da 2 molto più validi fr 3 o 4 Ande o misure analoghe]. Io sul tiro ho usato anche un mega excentric prestatomi da Marco [uno degli ospitali gestori del rif. Grauzaria].
La fessura si esaurisce in una cengia [poss. sosta al suo termine - 1 ch]. Io proseguo in obliquo e in traverso a dx fino a un pulpito con 1 ch [per integrare le protezioni di sosta possono risultare utili friend o dadi piccoli e medi - I ch non lavorano molto bene] (50 m. - V+).
L5 - Diritti sopra la sosta per placca o per fessura alla sua sx. Si imbocca un canale inclinato a sx più o meno sulla verticale della sosta e lo si segue fino al suo termine nei pressi di una cengia erbosa. Sosta su spuntone, da scegliere con cura (55 m. - IV, ma può essere che io sia salito troppo a dx).
L6 - Forse tenendomi ancora troppo a dx, risalgo un muretto difficile sopra la cengia, a dx di un largo camino, raggiungo un macigno incastrato al termine del camino, lo scavalco e salgo per belle placce alla cima. Sosta su spuntone di vetta (50 m. - VI+, 1 p., non necessario) (rel. 13 agosto 2008).
Discesa per l'esposta via normale [II], sul versante sud. Seguire gli sbiaditi bolli rossi.
In una recente ripetizione solitaria,
scoprii come, in
certi
casi, anche il III grado (specie se di marca "Castiglioni" e se non si
ha
la corda) può dare emozioni da ricordare. Speleologico il
camino
del
primo terzo, con uscita non proprio banale. Poi diritti, traverso a
destra
su cengia e ancora diritti per emozionante camino aperto sul vuoto.
Dalle
placche appoggiate cui si perviene si ha una visione insolita del
faccione
della Sfinge. Da qui a destra per rampa e poi per spigolo alla sua
destra
(panorama mozzafiato). Si esce su forcella. Segni rossi conducono al
sentiero
di discesa. Se si vuole proseguire in vetta, si può
scegliere la
linea
migliore tra le facili paretine e i caminetti soprastanti.
Bulfoni, Mansutti - De Infanti, Solero - VII- (820 m.)
Quattro all'inizio.
Due nel mezzo.
Tre alla fine.
Uno
Certe volte, in Carniche, sembra che sia piccolo tutto.
Oggi - siamo alla Creta di Mimoias
- è uno di quei giorni. Mignon l'avvicinamento, mignon la parete, mignon la valle, mignon la via.
Peccato siano mignon anche le prese...
Per fortuna è protetta bene.
Aspetta che mi riposo, va'...
"Metti in tiro!"
Due
Alberto sta salendo L7 dell'Integrale alla Sfinge, in Grauzaria.
Intanto Andrea e io, in sosta, chiacchieriamo.
E' il bello delle cordate a tre.
Lui mi racconta di quell'alpinista, famoso, più o meno della nostra età, forte e coraggioso, con anni di salite impegnative alle spalle, che, da qualche tempo a questa parte propone di fare e fare, e all'ultimo momento si tira indietro.
O di quell'altro che, ancor più famoso, anche lui quarantenne, ha abbandonato la disciplina e adesso si dedica a tutt'altro sport.
La storia non mi è nuova.
In effetti...
Dopo vent'anni di penitenze, chi non lo farebbe?
Uno mica arrampica per la gloria. Arrampica per sé.
E, quando ha ottenuto le risposte di cui era alla ricerca, perché dovrebbe continuare?
Tre
"Vai avanti tu?"
E' Alberto.
Finora ha condotto lui.
Guardo su.
Il diedro fessurato di L9 dell'Integrale alla Sfinge non è tanto mignon.
E, soprattutto, ha un che di ributtante nel suo salire così, strapiombante, dritto come un fuso e, al tempo stesso, disarticolato.
Non avrei molta voglia di passare avanti.
Ma devo proprio?
Mmm...
Mi sa di sì.
Bastano pochi passi...
Poi subito mi si fa silenzio dentro e cala l'indifferenza.
Quattro
Mentre sto salendo, Alberto intervista Andrea.
"Andrea, un commento sulla via..."
"Mah... Bellissima via, su roccia stupenda, la solita fila di spit luccicanti... Solo un tiro brutto su tutta la via. Del resto, via consigliabile a tutti. Massima esposizione, chiodata benissimo... Placche eccezionali... Roccia quasi sempre compatta... E, quando non lo è, occio de sotto!"
Hey, laggiù...
Starei arrampicando quassù, io, eh?
E comunque, per chiarire i dubbi a eventuali ripetitori, itinerario protetto bene [a ch] nella prima parte [un po' meno sopra]; e c'è un solo spit su tutta la via.
Cinque
Dopo il VI- carnico della nicchia di L14, il V- carnico dell'attacco del diedro di L18 [Eric, sulla sua rel., scomoda il "VII-", secondo me non sbagliando di molto], il VI carnico dell'inizio di L19 [un pass. a 500 m. da terra che non sfigurerebbe in sala boulder] e il V+ carnico dell'inizio di L20 [poco sopra il tratto a ch a pressione: forse l'unico V+ della mia attività alpinistica superato in lolotte; un V+!] me ne sto lì, a pedalare in obliquo a dx lungo un'interminabile fessura erbosa.
Bella, lei.
Ma i piedi mi fanno un male...
Non è che posso scendere?
"Tu mette piede dx lì, incrocia e mette piede sx là...", fa il motoneurone teutone.
"Non ne avrei molta voglia, eh?"
"Tu mette piede lì, ho detto!"
"Va bene... Va bene... Non ti arrabbiare..."
Metto il piede lì, dove ha detto il motoneurone, e incrocio.
"Ecco... Bravo!"
Beh, anche lui ha le sue ragioni: mica posso smettere di ballare adesso che sto ballando.
Beh, "ballando"...
Diciamo "ballonzolando".
Sei Deva volendo, arriviamo all'ultima sosta.
Mentre mi slego, sento Alberto chiedere: "Ma quella è la cima?"
Non lo sto seguendo.
Sono più interessato allo straordinario panorama che ci circonda: il sole, al tramonto, sta inondando di luce rossa pareti a perdita d'occhio.
So che questo mi mancherà.
Alberto si rivolge a me: "Allora, che cosa
mi dice, il mastino De Toni, della via?" ["mastino" per il mio imperturbabile procedere; une bincjonade, insome, a partire da qui].
Alzo la testa per rispondergli.
Al rallentatore, con marcato accento carnico-bresciano e con la faccia più stravolta che io mi sia mai visto [altro che "un occio che l'varda a ponente e l'altro che 'l varda a levante"!], mi giro verso di lui e rispondo: "Bella."
Mi sta riprendendo con la fotocamera, l'infido.
No.
Per fortuna non mi ha dato il permesso di pubblicare il video.
Sette
"Vi abbiamo seguiti per tutto il giorno.", dice la gestrice del rifugio con un certo stupore.
Ci hanno anche fatto un servizio fotografico col teleobiettivo... Io sono stupito del loro stupore: che quest'anno nessuno abbia salito la via prima di noi?
E che quindi la gestrice e i suoi amici abbiano per la prima volta, quest'estate, visto qualcuno aggirarsi proprio nel mezzo dell'enigmatico volto della Sfinge?
Peccato: una via così bella, dimenticata...
"Dài, per l'occasione vi offriamo un grappino. Che cosa volete?"
"Mmm... Facciamo 'mirtilli'."
"Lamponi."
"Miele."
Salud y suerte, compadres...
Otto
"Mi fa male tutto", mi lamento domenica a casa.
Mio padre coglie al balzo l'assist che gli ho offerto, lì, su un piatto d'argento e...: "E smettere di arrampicare, no?"
"Ancora uno o due anni di alpinismo, a diminuire. Poi basta..."
"Allora poi diventi una persona seria?", aggiunge lui.
"Ma lui è già una persona seria!", interviene mio zio.
Grazie, zio.
Almeno qualcuno mi capisce...
***
Via consigliabile su roccia per lo più da buona a ottima.
Ben chiodata fino alle placche mediane, un po' meno sopra. Portare ch e friend fino al BD blu.
Attacco - Più o meno sulla verticale del filo di spigolo, appena più a nord di un evidente avancorpo appoggiato alla parete.
L1 - Diritti e in obliquo a dx per placca erbosa, fino alla sosta su cengia (IV - 60 m.).
L2 - Fessurino obliquo a sx sopra la sosta, cengia, a dx alla base di un diedro appena strapiombante inclinato a sx; al termine di questo per facile rampa inclinata a dx alla sosta (VI/VI+ - 40 m.).
L3 - Brevemente a sx della sosta, poi traversare a dx oltrepassando lo spigolo; in lieve obliquo a dx per bella placca fino sotto l'evidente, grande tetto; di qui in traverso a sx sotto di esso e rioltrepassare lo spigolo, ma verso sx; sosta appena dietro (V+ - 30
m.).
L4 - Tiro chiave. Superare un tettino sopra la sosta; poi lungo un fessurino o alla sua sx entrare in una placca verticale puntando, con un poco accentuato arco verso dx, alla base di una fessura strapiombante evidente a sx di una fascia di strapiombi soprastanti. Continuità (VII- - 35 m.).
L5 - Per diedro strapiombante a dx della sosta fin sotto strapiombi; aggirarli sulla dx, salire una breve placca e fare sosta a una cengia con mughi (VI- - 55 m.).
L6 - Traversare a sx lungo la cengia fino al suo termine. Sosta su mughi (II/III - 20 m.).
L7 - In deciso obliquo a sx per placconata sotto strapiombi; salire sotto il tratto strapiombante per bella lama staccata e traversare a sx fino a un diedrino appena a dx dello spigolo (poss. sosta); salire 2-3 m., aggirare lo spigolo e fare sosta nei pressi di uno spit alla base di un gran diedro strapiombante (50 m. - V+).
L8 - Salire tutto il diedro con arrampicata tanto meno faticosa quanto più tecnica, uscire sui terrazzi della fascia inclinata mediana e fare sosta su mughi a dx (55 m. - VI/VI+).
L9 - In obliquo a sx per facili risalti fin sul filo di uno spigolino che si sale giungendo a un'ampia nicchia; sosta su spuntoni (55 m. - III).
L10 - In lieve obliquo a dx per placche articolate fino a un diedrino; sosta su spuntone (55 m. - III/IV).
L11 - In lieve obliquo a dx per placche articolate puntando all'inizio di una fessura erbosa obliqua a sx che consente l'accesso alla parte superiore. Sosta su golfaro (30 m. - III/IV).
L12 - In obliquo a sx e diritti per la fessura erbosa fino alla base del gran diedro sotto il Naso della Sfinge visibile anche dal basso (45 m. - V).
L13 - Brevemente nel diedro; poi in obliquo a dx puntando a una fila di ch che traversano a dx tagliando la faccia dx del diedro; all'ultimo ch visibile, obliquare a dx a una nicchia (cuneo con fil di ferro e 1 ch), superare lo strapiombino soprastante con un movimento atletico e proseguire in lieve obliquo a dx fino a una sosta sul filo di spigolo (45 m. - VI/VI+).
L14 - Entrare sul fondo del diedro a dx dello spigolo e seguirlo fino a una sua prima interruzione [cordino macilento a sx]; proseguire lungo il diedro che ora piega appena a sx e, superati due tratti appena strapiombanti, arrivare all'ampia cengia soprastante [sosta sul filo di spigolo su 1 ch a U, presente, e fr BD viola in fessura alta] (45 m. - V/V+).
L15 - Per rocce rotte e
dalla vaga conformazione a diedro a sx dello spigolo fino a un'altra ampia cengia sotto il gran tetto del Naso della Sfinge. Sosta da attrezzare [per me 1 ch a lama e 1 fr 5 Ande] (40 m. - II).
L16 - In discesa a dx lungo la cengia fino a una sosta con 2 ch sotto un diedro articolato nella prima parte strapiombante (20 m. - II).
L17 - Salire il diedro [prima parte molto faticosa] e la seguente, breve
placca fin sotto il margine dx del tetto del Naso; sosta scomoda e difficile da attrezzare in modo sicuro; meglio proseguire (30 m. - VI+/VII-).
L18 - Rimontare da sx verso dx lo strapiombo del Naso [pass. di boulder poco evidente; passo dopo 2 tentativi a vuoto], poi in lieve obliquo verso dx superando un muretto strapiombante articolato [clessidra alla sua base], facendo sosta su cengetta 4 m. sotto la nicchia con i 2 ch a pressione (15 m. - VI+, da capire).
L19 - Alla nicchia con i 2 ch a pressione, oltrepassarla e proseguire prima in verticale poi in obliquo e in traverso a dx, quindi di nuovo in obliquo fino a poter entrare sul fondo del grande camino terminale [2 ch di sosta] (55 m. - VI-, 1 pass.).
L20 - Prima sul fondo del camino, poi per rocce non sempre sane alla sua dx, quindi di nuovo nel camino fino alla cresta sommitale. Sosta su mughi (60 m. - III/IV a seconda della linea seguita).
Discesa - Traversare per crestina verso sud raggiungendo il corpo principale della Creta Grauzaria [ometti]. Di qui noi siamo scesi diritti per diedrini fino all'uscita della Gilberti, traversando poi verso sud [dx, faccia alla parete] su rocce esposte fino a incrociare i bolli rossi della via normale. Forse è meglio traversare a dx [faccia alla parete] stando alti appena usciti fino a incrociare i bolli rossi della via normale [rel. 16 agosto 2009].
Avevo sempre desiderato esplorare il
versante
settentrionale
di questa montagna che domina Lanza come un improbabile pezzo di Far
West
nel bel mezzo della Carnia. Così, durante un giorno di
ferie,
dopo
aver costeggiato tutta la parete Nord, vi arrivai sotto (curiose
stratificazioni
rosse all'attacco - bolli blu) e, indossato casco, imbrago e scarpette
(avevo
anche due friend, per ogni evenienza) mi lanciai a seguire
l'inaspettata serie
di fittoni resinati con cui la via era stata richiodata. Grazie al
segnavia
dei chiodi, arrivai in cima molto rapidamente, tra gli sguardi curiosi
di
chi saliva alla Creta per la ferrata dell'altro versante. Bella e
facile via,
ben protetta. Roccia a tratti delicata.
Chi è quest'uomo, che è sopraggiunto,
questo straniero,
questo ladro di donne, questo nemico dei riti e delle regole, questo errante che ama la cenere dei morti, che parla di cose divine a uomini senza rango, quest'uomo che a tratti sembra un demente, che ha qualcosa di osceno, che si lascia crescere i capelli come una fanciulla, che si adorna di ossa, che ride e piange senza ragione?
Shiva, nella descrizione di Daksha,
in R. Calasso, Ka, Milano, Adelphi
Nel bosco oscuro
Avevamo calcolato, Andrea e io, che ci sarebbe toccato rientrare al buio.
Però non pensavamo che la traccia fosse così esile e poco segnata.
Davvero nelle terre degli spiriti ormai gli uomini non tornano più.
E poi la notizia, appena ricevuta, dell'incidente capitato a Beppe e Anello e della morte di Beppe ha reso ancor più reale la notte nella quale siamo sprofondati.
Per fortuna dall'alto, in calata, abbiamo osservato con attenzione i vaghi segni di passaggio nel vallone sotto i Gölem e almeno siamo riusciti a portarci sulle peste del vecchio sentiero, secondo le relazioni marcato, ma che constatiamo esserlo in modo approssimativo e con segnavia sbiaditi.
La traccia ci porta un po' alla volta fuori dalla conca sotto la parete.
Poi su ghiaie inclinate si perde.
Le frontali illuminano solo i prossimi 5 m., ma non sono di alcun aiuto nel dare la direzione.
Andrea, ventotto anni e un metro e novanta di furia e di sgomento, è davanti e fa strada quasi di corsa.
Io lo rincorro e tento di tenere la direzione.
Dove andiamo?
Di là.
No, di qua.
Per orientarci siamo costretti a guardare il buio più profondo dei vaghi dorsi dei pendii, confrontandolo col buio più tenue del cielo: quindi, sì, di là, nel bosco, in obliquo a sx, in discesa; l'evidente riduzione di pendenza in quella direzione dovrebbe essere il margine dx della conca pianeggiante di Natù.
Se andiamo di là, prima o poi dovremmo incontrare o il sentiero con il quale, questa mattina, abbiamo tagliato i pendii a sud delle malghe o la prosecuzione, alla nostra sx, della traccia che abbiamo appena persa.
Prima o poi usciremo di qui.
C'è da tornare a casa.
Acqua dal cielo
Come al solito, per salire in Tersadia sto seguendo vecchie tracce sulla dx orografica del Riu da Val, appena sopra l'acquedotto di Pornescjas.
L'intenzione è di arrivare in cima e scendere rapidamente riducendo al minimo l'esposizione alla pioggia battente.
Obiettivo, la quota di abituale dislivello settimanale.
O, forse, la segreta, infantile speranza, mai del tutto scomparsa, di trovare tracce dei paesi dei pagans che, secondo le leggende, erano stanziati sugli altopiani a mezza costa della montagna.
Forse per questo, arrivato quasi sotto la pozza di Albareit a bas, cedo all'impulso di seguire un canale a dx dell'ultimo pilastro roccioso sotto la piana.
E' una zona che non ho ancora esplorato.
Procedo prima nel ripido bosco, su un fondo di foglie imbevuto d'acqua, e poi sull'accennato, scosceso filo di spigolo dello spallone erboso sotto malga Albareit ad alt.
Alla malga guardo in alto.
La vetta è avvolta dalle nubi.
E dal cielo continuano a scendere abbondanti, fredde gocce impietose di pioggia.
Rischio di raffreddarmi e di rovinarmi con qualche malanno i pochi giorni di ferie autunnali.
Meglio scendere.
Ma non per la solita, comoda strada che porta a Valle.
No.
Continuo l'esplorazione.
Traverso sotto la friabile parete sommitale, taglio un paio di canali che si insinuano tra i muri, in alto [interessanti, ci tornerò], e scendo su ghiaie verso est.
Passo attraverso un bellissimo bosco sospeso di faggi e abeti, abbandonato da tempo, ma che gli uomini - forse i pagans delle leggende - una volta curavano [diversi tronchi tagliati, qua e là].
Poi, sempre per tracce che si perdono in continuazione, in obliquo a sx su ampia rampa alberata dallo scomodo fondo ghiaioso, mi porto verso i prati ancora per poco coltivati e gli stavoli di Pornescjas.
A cena col vampiro
Mi guarda dubbioso.
Non mi crede quando gli dico: "Se sei nelle tenebre, sei nelle tenebre... E un vampiro, dove vuoi che stia?"
Chi non è del tutto spirato non può che vivere di notte e riposare di giorno.
O no?
La cosa non è tanto male, aggiungo.
La luce sarà anche bella, ma è, alla lettera, superficiale. Non mostra ciò che è di là.
L'ombra, invece...
E' profonda.
Misteriosa.
Dà senso.
E' un ricettacolo di segreti.
Non sai mai quello che c'è dietro l'angolo.
Chiama oltre.
Nella tenebra, è importante starci.
E sapercisi muovere.
Surfing to Hawaii - Signore del vento
Da un po' di tempo vado raccontando che ho visto Thor di K. Branagh [per la trama cfr. wikipedia].
Il film non è chissà che.
Però mi ha colpito l'atteggiamento di Loki che, scoprendo di essere il meno amato, il non prescelto, rovina la vita propria e degli altri per... vendetta? Furia distruttiva?
Mah...
A lui, figlio di re, non sarebbe convenuto piuttosto lasciar perdere e, in quanto figlio - cadetto, sì - ma di re, sfruttare la propria libertà da responsabilità di potere e le proprie ricchezze per godersi la vita?
Io, fossi stato Loki, altro che tramare nell'ombra...
Me ne sarei andato alle Hawaii a surfare vita natural durante.
Il problema è capire che cosa significhi "godersi la vita", "surfare alle Hawaii".
Fuor di metafora, dico.
Fare marameo alle trappole teseci dai giochi relazionali non è difficile.
Difficile è capire che cosa fare al posto di cadere in trappola.
Difficile è capire che cosa faccia stare davvero bene.
Che cosa faccia bene davvero.
E soprattutto farlo.
Per sbrogliare l'intricata matassa, c'è sempre il vecchio trucco dell'esporsi alla possibilità dell'assenza di ciò che si ha per capire che cosa si apprezza davvero di ciò che si ha.
Una solitaria facile è l'ideale: quel po' di pepe al culo che ti ricorda che la vita non è concessa a tempo indeterminato e che non è il caso di sprecarla in azioni inutili, vuote.
Così oggi sono alla base del Pilastro Sud-Est della Creta di Aip.
170 m. di via con un paio di pass. di IV.
Facciamo tre.
Mezz'ora fa ho fatto un primo tentativo poco convinto.
Ma sono tornato indietro: il tiro attacca con una breve fessura verticale dai bordi svasi che ha l'aria di essere un po' di più del IV promesso dalla rel.: i 2 ch vicini vicini sul pass. d'uscita segnalano piuttosto un buon IV/Ao.
Cadere da lì non farebbe molto bene.
Così come starsene allettati per il resto della vita per una lesione alla colonna vertebrale.
Allora ho fatto un tentativo per un canale-camino friabile circa 50 m. a sx.
Ma, dopo 15 m. sono ridisceso: la roccia era davvero marcia e umida.
Quindi sono tornato sul filo di cresta della Sella di Aip e ho guardato con attenzione l'attacco del mio obiettivo originale.
Mi accorgo che un diedrino inclinato sulla dx permette di aggirare il mauvais pas di IV/Ao. E, in caso di malaugurata caduta, è protetto da un bel terrazzino, sotto.
Vado.
Le mie dita stringono con forza le prese.
Perché stringono?
Per istinto di sopravvivenza?
Per paura del dolore?
Che cosa non vogliono perdere, di così prezioso?
La possibilità di camminare liberi?
Di respirare?
Il gusto del caffé, la mattina?
Il vago stupore e il calore donati dall'alcool quando inizia a fare effetto?
Il subitaneo abbandono totale nel momento dell'orgasmo?
Il sole, oggi radioso?
O il vento fresco?
O l'intensità di questi stessi istanti di arrampicata?
Risolvo il secondo pass. di IV - diedro - con uno strampalato incastro rotante.
Poi mi porto sotto la breve fessura del terzo.
E in 10' sono fuori dalla via.
Cammino verso la vetta della Creta di Aip, imbiancata da 40 cm. di neve.
Non c'è nessuno.
Solo tracce di un escursionista passato 2 h prima di me.
Ok, capito.
L'istante...
Ma ciò che è duraturo, il lungo termine?
Che senso ha, che ne so, il faticoso impegnarsi nel lavoro?
O l'allenamento?
Servono solo a guadagnarsi, per strade diverse, l'accesso all'attimo [primum edere, dein...] o hanno anch'essi, nella totale immersione nel compito, qualcosa di estatico?
E l'ammore, come non senza una certa dose di malcelato cinismo, dice C.?
Sì, capire è difficile.
Ci vuole discernimento.
Non cadere nella trappola...
Fuori dai giochi.
Fuori...
***
V [vento] - Heilà. D [ddt] - Heilà. Non ci si vede da un po'... Ma ci sei ancora? V - E come no?
Ride.
D - Allora, visto che ci sei, ne approfitto. Una domanda. Ma come fa Shiva a essere "signore del vento"? Ti mette in una bottiglia? O in una lampada, come il genio di Aladino? Tu non puoi mica essere imbrigliato... V - No, mi sa di no.
Ride.
V - Il trucco è nei capelli: scompigliati. D - I tuoi o quelli di Shiva? V - Ho i capelli, io? Quelli di Shiva.
D - Quindi con i capelli scompigliati si diventa signori del vento? V - Sì. D - Ti si cattura con i capelli? V - Ma no. Catturarmi, dài... Diciamo che un pochino ci si compenetra. D - E che cosa ne viene? V - In generale, non so. Nel tuo caso non hai più bisogno della lama di una spada per spartirmi e difenderti da me. D - Non che mi sembri un grande affare: poter rinunciare a difendersi in via immaginaria da un vento immaginario mentre ci si trova in un deserto immaginario tra mondo di qua e mondo di là... V - Beh, non so che dirti. Così è...
Silenzio.
D - Quindi io, se posso compenetrarmi con te, sono Shiva? V - Non sparare cazzate.
Silenzio.
D - Ok, che cosa facciamo adesso? V - Ah, non so. Che ne dici di stare zitto?
D - Dài, andiamo assieme verso il mondo? Sai che figata apocalittica, io con i capelli scompigliati dal vento, che spira e turbina da dietro. V - Naah, fratellino. Fossi in te, eviterei... D - Allora andiamo di là, verso le profondità del deserto? V - Mmm... Peggio... D - E allora? V - Proprio non ti piace stare qui con me a goderti il silenzio di questa linea di confine tra di qua e di là, tra abisso e mondo degli uomini? D - Beh... Magari c'è di meglio da fare, no? V - Magari... Tipo?
Ride.
Rido anch'io.
D - Quindi è ora di salutare. V - Già... D - Adiòs, eh? V - Adiòs, compadre.
Ridiamo.
Poi ogni suono si riduce a un sommesso mormorio e svanisce.
***
Soundtrack: "Picture of a Bleeding Boy"
The God Machine - The Desert Song [1992]
***
Via di scarso interesse sull'appena accennato pilastro, in più di qualche punto forzata. Prestare attenzione al passaggino iniziale, diciamo un buon V+ boulder, ben chiodato, ma dalle prese viscide e con un bel terrazzino a spuntoni ad attendere il malcapitato che dovesse cadere. Molto più facile, ma sprotetto un diedrino circa 5 m. più a sx [rel novembre 2011].
Ripetei la via con mio fratello Stefano
nel pieno della
mia
giovanile incoscienza. Attaccai più a destra del dovuto,
presi
per
strapiombi marci (descrizione della variante: singolo su fessura
aggettante,
poi facile lama friabile, pausa di riflessione con le mani a tenere un
"coso"
di circa 200 kg dall'aspetto malsano e infine passo tecnico su roccia
infima
dopo che avevo tastato uno a uno gli innumerevoli appiglietti del
muretto
d'uscita, lanciandone nel vuoto la metà) ed ebbi la fortuna
di
arrivare
alla cengia della seconda sosta, dove trovai l'unico chiodo di tutta la
via
(buono) dal quale recuperai mio fratello che, salendo,
disaggiò
i rimanenti
massi in bilico della parete. Da lì in avanti dovetti
attezzare
tutte
le soste (friend e nut, non avevo altro). Il 2° tiro di V nella
parte
alta può essere superato più facilmente a
sinistra. Al
suo
termine ottima sosta su curioso ronchione. La roccia non è
sempre ottimale.
Molti i detriti.
Scrive giannidb
Avendo intenzione di aprire una nuova via sulla nord dello Zermula, ho ripetuto in veste esplorativa la via in questione. Le difficoltà incontrate non mi sono sembrate così elevate. A mio parere max V-.
Posso sbagliare.
Occorre valutare però il tracciato compiuto, dal momento che - uscendo dalla via originale - le difficoltà possono aumentare. giannidb
Respondeo
Lo stesso Mazzilis, su "Arrampicate scelte nelle Alpi Carniche", esprime una valutazione simile.
Per quanto mi riguarda, sono salito troppo a dx in corrispondenza del primo tiro duro e sono stato diritto in placca in alto, nel secondo tratto, sul tiro al termine del quale si fa sosta a un curioso ronchione eroso nella roccia. Confermo i miei gradi per le varianti: rispettivamente VI e V.
Grazie per le info e buona apertura.
Ciao Sandro
Via Ferrata
II (350 m.)
Ripetuta in un giorno interlocutorio
(senza toccare il
cavo).
C'era un mucchio di gente nella conca sotto la parete. Che ci faceva
lì?
Divertente sgambata.
Il Gamspitz, un'impressionante pilastro
strapiombante
che
incombe su Timau, in Alta Valle del But, è attraversato per
tutta la
sua altezza da una via interamente attrezzata a grandi fittoni di ferro
posti
a distanza ravvicinata. Con mio fratello Stefano la percorsi (dalla
prima
cengia boscosa) senza far ricorso ai fittoni per la progressione. La
salita
è spesso disturbata dall'erba, ma la roccia è
ottima.
Negli
ultimi 100 m. la via sale lungo una fessura con difficoltà
(almeno
secondo me) superiori al IV dato da Mazzilis e De Rovere. L'ambiente
è
stupendo. Durante tutta la salita fummo accompagnati da un'aquila che,
con
fare circospetto, sorvegliava il nostro curioso comportamento da bipedi
rampicanti.
Di soddisfazione. Tornato alla base, una
ragazza
triestina
che arrampicava con alcuni amici sui monotiri alla base, mi
rimproverò:
"Così non si fa!". Intendeva che non dovevo salire da solo e
senza
corda. E dire che io mi sentivo in colpa per essermi assicurato con un
paio
di moschettoni sul passo di IV+...
Solitaria parete di fondovalle, il
Panettone offre
un'arrampicata
granitica (aderenza e fessure) su roccia calcarea. Questa è
la
prima
via che ripetei nel settore, accompagnato da mio fratello Stefano. E
qui,
per la prima volta, venni a conoscenza dei gradi carnici (circa a
metà
strada tra i gradi "Dolomiti" e quelli "Marmolada"). All'epoca della
mia ripetizione,
la via era poco chiodata (solo 1 ferro in corrispondenza del passo di
V-
- placca tecnica). Comunque le fessure si proteggono bene con nut e
friend.
Quando noi percorremmo la via, il fessurone del 4° tiro
attraversava
un vero e proprio giardino verticale. Bellissimo.
Bella via su roccia ottima, anche se,
come al solito sul Panettone, disturbata dalla vegetazione.
Portare rinvii, cordini e fettucce per clessidre e spuntoni, friend
medio-piccoli.
Attacco - 10 m. a dx dell'attacco del punto nel
quale il sentiero di
accesso arriva sotto la parete, in una fessura appena a dx della
verticale di 2 fix con piastrine scure che tagliano una breve placca
spesso umida a circa 10 m. da terra.
L1 - Salire la fessura e portarsi sotto una breve placca; per essa in
obliquo prima a sx e poi a dx fino a una fessura che, prima diritta e
poi obliqua a dx, conduce a uno scomodo punto di sosta alla fine del
primo tratto verticale di parete (30 m. - VI+ e 2 p. Ao).
L2 - Breve fessura sopra la sosta, poi placca prima diritti e poi in
obliquo a sx (30 m. - VI).
L3 - Fessura con attacco dietro un abete a sx della sosta, breve e
difficile muro tecnico e di nuovo fessura obliqua a dx (30 m. -
VI+/VII-).
L4 - Fessure superficiali a sx della sosta, poi diritti per rocce
articolate saltando una prima sosta con 2 fittoni (35 m. - V-).
L5 - Traversare 3 m. a sx della sosta e salire per muro a rigole,
stando nei primi m. a sx della rigola principale; al termine del
sistema di rigole diritti ancora per qualche m. sfruttando una breve
fessura; a un fix traversare a sx sul fondo di un
canale, puntando a una sosta con 2 fix (30 m. - VI-).
L6 - A sx della sosta per breve muro strapiombante; seguire la
successiva placca con rigole fin quando si esaurisce; poi obliquare
a sx per placche articolate; a un fix diritti per
placche lavorate puntando a uno strapiombino con fix circa 6-8 m.
più in alto; superarlo e, per
facile placca, obliquare per qualche m. a dx; sosta su clessidra (45 m.
- V+/VI-).
L7 - In traverso a dx per placca di aderenza (molti fix); seguendo le
protezioni, diritti per muro fin sotto una fessura; al suo termine
ancora diritti per placca a rigole superficiali e in traverso e in
discesa a dx per cengia erbosa (30 m - VII).
L8 - In obliquo a dx per placca sotto strapiombo fessurato; al suo
termine per placca compatta con 3 fix; grazie a essi obliquare a dx fin
sotto
articolate rocce verticali che si tagliano in obliquo a dx entrandopoi
in una nicchia con erba e alberi; sosta e calata su cordoni con
moschettone attorno al tronco di un abete (30 m. - VI+).
Discesa - 4 calate di circa 50 m. in verticale a
partire da S8 (Rel. 13
agosto 2007). .
Solitaria (autoassicurato, questa volta).
Tuttavia
l'idea
di proteggermi prevalentemente su friend e nut non mi esaltava. Invece
salendo
scoprii che i passi chiave erano stati protetti con luccicanti fittoni
resinati.
Devo ammettere che, oltre al sollievo, provai anche un lieve
dispiacere. In
un precedente tentativo avevo trovato la via completamente sprotetta.
Allora
richiedeva testa, oltre che tecnica e forza. Fessure al 1°
tiro,
poi
traverso a sinistra sotto nicchia, ancora a destra per facile rampa
(possibile
sosta su grande clessidra che evita di scendere alla sottostante
scomoda sosta
a fittoni). Di qui un impegnativo tiro (placca e fessura) conduce alle
facili
placche d'uscita.
Rispittata. Non oso pensare come fosse
trovarsi
sull'espostissima
lama-camino del 3° tiro (incastro di corpo con movimenti
contorsionistici
in fessura aperta sul vuoto) protetti solo con dadi. Complimenti agli
apritori.
Arrivato al penultimo tiro, avendo solo una corda (insufficiente per le
doppie)
e non capendo dove andasse la via, superai un primo risaltino a destra
della
sosta per proseguire su "ripidi verdi" fino ad un abete sopra la
parete. Attraversando
nei mughi verso Est alla ricerca di un sentiero, mi imbattei
nell'aspide
più grande che mi sia mai capitato di incontrare. Ci
allontanammo in
direzioni opposte con rispetto reciproco. Utile qualche friend per la
fessura
del III tiro (4 - 5 misure "Ande").
La scorsa estate, dopo averla più volte percorsa negli anni, abbiamo voluta provarla alla vecchia maniera, senza usare gli spit...
Ca@@o! Per non dir altro. Bello però!
Luca Chiarcos
Anch'io ho un ricordo piuttosto intenso della via; in particolare della fessura fuori misura del 3° tiro.
E l'ho fatta usando tutti gli spit in loco.
Ma proprio tutti!
Complimenti per... l'esperimento!
Sandro
Achtung Banditen
De Rovere, Lupieri, Mancini - VII-/Ao (150
m.)
Ripetuta dopo piogge, la trovammo bagnata
in più
punti,
in particolare in corrispondenza dell'espostissimo tiro di 6c+. Neanche
Ralf
Steinhilber, da secondo, riuscì a passare pulito (il che
è tutto
dire). Bella, nonostante i continui traversi.
Itinerario divertente su roccia ottima,
anche se
disturbata
dall'erba nei primi tiri e a tratti viscida. Ma forse la sensazione di
scivolamento
era dovuta alla mia... imbecillaggine: il giorno prima era piovuto!
Molte
le protezioni
(spit, fittoni, chiodi - portare comunque friend per integrare, se si
è
al proprio limite) e molte le varianti. Solitaria "all free".
Gruppo montuoso ingiustamente dimenticato,
presenta vie
molte
belle su roccia ottima, davvero simile a quella di ben più
famose pareti
dolomitiche. La via dello spigolo costituisce solo un assaggio dei
notevoli
"numeri" alpinistici dell'apritore. Le protezioni (tranne che sul tetto
di
VII) sono rarefatte, ma ci si può proteggere adeguatamente
con
nut
e friend.
Molto bello il 5° tiro (V di classe).
Superai il passo del tetto al 7° tiro (con una
facilità che
stupì
anche me) incrociando non so come le braccia in stile "fachiro".
Diversamente
da quanto riportato su "Intraisass", la successiva fessura di VI
può
essere aggirata solo se ci si appende alla corda per superare la pancia
e
mirare ai grandi maniglioni che occhieggiano altrimenti irraggiungibili
a
destra. L'unica reale possibilità in libera è
olio di
gomito
(sempre che i gomiti non siano fritti dalla tendinite) e tirare diritti
(1
friend incastrato in loco).
Parete
sud-est del Pilastro della Plote - Via dei Carnici
Mazzilis, Simonetti - VII-/Ao o VII (415
m. fino a L13 - altri 250 m. di facile arrampicata fino in vetta)
Nonostante la via sia paragonata a
più celebrati
itinerari sulla Sud della Marmolada, devo riconoscere che il confronto
non regge: purtroppo le zone di roccia compatta sono intervallate a
sezioni erbose e tratti a comodini volanti che tolgono fascino alla
salita.
Miss Marmolada resta sempre Miss Marmolada...
Attacco - 50 m. a sx del punto più basso della parete; ch
con fettuccia alla base di una lama giallo-nera.
L1 - Salire la lama, traversare 2 m. a dx (passo chiave - 3 ch) e
salire diritti e in lieve obliquo a dx puntando a uno strapiombino nero (2 ch);
superarlo sulla dx e per muro impegnativo salire a un altro
ch fino a poter traversare a sx per rocce più
facili; a una
fessura diritti fino alla sosta. OS per A. C.; io, da
secondo, sono costretto a 1 p. Ao (porcazza la puttanazza!!! - Le
scuse, nell'ordine: n° 1 - ho le dita intirizzite; n° 2
- sono
vecchio; n° 3 - sono in piena dieta a base di trigliceridi a
cura
di mia zia); per ogni evenienza, scaldarsi molto bene le dita prima di
partire e non attaccare se queste sono insensibili; il chiave
è
un passo di blocco per la punta delle ultime falangi che, se la
temperatura è bassina, riduce le dita in inutilizzabili
cliff in
massimo 30'' di indugio) (VII-/Ao o VII - 30 m.).
L2 - Per diedrino e fessurina sopra la sosta; a un ch a dx per placca
fessurata salendo il diedro in cui evolve fino a una rampa inclinata e
obliqua a sx sotto una fascia di strapiombini; seguirla a sx fino a
una sosta (25 m. - VI).
L3 - Ancora a sx per 3-4 m.; nel punto nel quale la fascia di
strapiombi cede salire diritti (sosta a fix da qualche parte) e
piegare poi appena a dx per placca fino a un diedro, per il quale a
un'altra cengetta spiovente sotto un'altra breve fascia strapiombante;
superarla per corto, ma difficile diedro (25 m. - VI/VI+).
L4 - Diritti per diedrini vari di roccia non sempre impeccabile
seguendo una poco evidente linea sulla verticale della sosta (50 m. -
VI-).
L5 - Sopra la sosta per placca ad appigli spioventi (attenzione a
quello che si tira!!!); a una cengia sotto strapiombi si traversa a sx
(cordone in cl) e, con un pass. ostico, si prosegue per la rampa in cui
la cengia evolve; poss. sosta su cl (15 m. - VI).
L6 - Per nicchia e solide placche fessurate sopra e a dx della sosta
fino a poter piegare a sx per evidente diedro-canale (35 m. - V).
L7 - Salire il canale; al suo termine si perviene a un'ampia cengia
(sosta a fix sulla dx); per essa traversare a sx fino a una vaga
forcella sotto un sistema di fessure superficiali che interrompe la
continuità della placca soprastante; salirlo e, dopo circa
20 m.
in corrispondenza di una nicchia a sx del muro, traversare a sx (50 m.
- IV).
L8 - Obliquare e traversare a sx per placche compatte fino a un ch; da
questo salire in leggero obliquo a dx; un ottimo ch protegge il
passo chiave; risolvere il busillis motorio su bel muro a gocce e,
appena possibile, traversare 2 m. a dx (ch) per placca criptica
entrando poi in un sistema di diedrini che, prima in obliquo a dx e in
seguito diritti, consente di uscire dalla sezione verticale della
parete
(30 m. - VII-).
L9 - Per diedro sopra la sosta; sotto strapiombi a dx per placca
articolata (15 m. - V+).
L10 - Tiro con linea di individuazione non sempre agevole; sopra la
sosta c'è una grande nicchia gialla alla cui sx si intuisce
un
vasto muro grigio compatto; la via segue uno dei vari diedrini a sx di
questo; la roccia richiede cautela. Questa è la linea che ho
seguito io: dalla sosta a sx per rocce articolate a una placca
compatta; sempre in obliquo a sx fin sotto un diedrino sbarrato da
blocchi instabili; superare l'ostruzione e, appena possibile, spostarsi
nel diedrino di dx per rientrare a sx dopo qualche m.; a un esile
terrazzino
i ch di sosta (40 m. - VI-).
L11 - Breve traverso a sx; poi diritti per rocce articolate rientrando nel sistema di rampe e diedrini finora seguito; a un
terrazzino al termine di questo A. C. attrezza sosta (25
m. - V-).
L12 - Breve obliquo a sx per placca compatta puntando a un
diedrino inclinato a sx che si segue fino alla base di un bel diedro
fessurato (2 ch di sosta, a 10-15 m. dalla sosta attrezzata da
A.); salire il diedro; a 2 evidenti
fettucce appaiate traversare a dx per 10 m. circa
fino
a un ampio terrazzo (cfr. rel. Mazzilis - non ho trovato sosta,
probabilmente da attrezzare); obliquare a dx a un piccolo catino
sotto una fessura che, con lieve obliquo a sx, conduce alle facili
rocce sotto la cresta; dopo 55 m. sono costretto ad attrezzare sosta;
meglio fermarsi o alla sosta 15 m. dopo il punto di fermata attrezzato
da Alberto, o alle due fettucce, o al terrazzo (55 m. - V+).
L13 - Per facili rocce alla cresta (20 m. - III). A dx (E) sosta di
calata attrezzata a fix.
Proseguire lungo il filo di cresta sino a raggiungere il corpo
principale della Cjanevate; di qui in obliquo a sx per ampio
canale; a una forcella sotto un vago spigolo a dx; salire lo
spigolo e il
successivo canale; quando questo muore sotto la verticale parete,
obliquare a dx per canale-camino (III); al suo termine salire la parete
a sx per placche
articolate (III); arrivati sotto una fascia di strapiombi
obliquanti a dx, piegare a dx per la sottostante rampa fin quasi al
filo di spigolo;
un breve muro con caminetti consente di accedervi e per questo o per
pendii di sfasciumi alla sua dx (N) proseguire fino a incrociare il
sentiero di discesa (20-25').
Se si è saliti alla Cjanevate dal Passo di Monte Croce
Carnico e
non si lascia materiale alla base della parete, dopo il primo lungo
tratto attrezzato che inizia con freccia metallica arancione e consente
la discesa dei salti rocciosi del versante S della dorsale,
è
possibile evitare di scendere nel canalone della Scjalute e proseguire
in discesa per comoda traccia che, tra prati, riporta al sentiero di
accesso (1 h e 50' dalla cima scendendo nel vallone della Cjanevate)
(Rel. 8 agosto 2007).
Via interessante, anche se discontinua e
su roccia
ottima nelle zone compatte, ma insidiosa nelle sezioni di confine tra
strati e lungo i bordi delle fessure (microfratture possono interessare
i bordi di lame e, talvolta, reglette).
Il posto è idilliaco.
Attacco - Circa 50 m. a dx di un evidente diedro obliquo a dx, in
corrispondenza di una nicchia alla cui dx parte una fessura.
L1 - Lungo la fessura e per la successiva rampa fino a un diedro alla
cui sx sale un'ulteriore fessura. Appena possibile traversare 2-3 m. a
sx e salire diritti alla sosta (35 m. - V+).
L2 - Salire il soprastante diedro fessurato. Al suo termine diritti per
placche; a un terrazzino si traversa a sx per 3 m.
imboccando un ulteriore diedrino fessurato che si sale sino a un'ampia
nicchia di sosta (25 m. - VI-).
L3 - Sopra la sosta per bel diedro fessurato. A un ch obliquare a sx
per placca (da secondo volo per la rottura di una reglette); poi ancora per
placca dirigendosi verso un'evidente e spettacolare lama; raggiungere la lama e
salirla entrando poi sul fondo del gran diedro alla cui dx si
è finora svolta la via. Al suo termine, su cengia, sosta su
spuntone (50 m. - VI).
L4 - In obliquo a dx per rampa mirando a un'evidente nicchia nera. Sosta
da attrezzare: 2 fr medio-piccoli (50 m. - II).
L5 - Uscire dalla nicchia a dx e proseguire più o meno
diritti
per diedrini e paretine; sosta in corrispondenza di una cengia con 1 ch sotto un salto
roccioso (55 m. - IV).
L6 - Aggirare il salto compiendo un arco prima a dx a rientrare poi
a sx per diedrini e, nel tratto conclusivo, per camino appoggiato (40
m. - IV).
L7 - Si è sotto la parete terminale. Obliquare a sx fin
sotto
una fessura alla cui base vi è un'ottima clessidra. Salire
la
fessura e la successiva breve placca; a un fessurino inclinato a sx
- ch - si obliqua e si traversa netti a sx su muro giallo.
Sosta in una nicchia in mezzo alla parete (25 m. - VI).
L8 - In obliquo e in traverso a dx per muro prima strapiombante e poi
verticale a buone prese. Appena possibile alzarsi su un terrazzino
roccioso e obliquare a sx per fessura-rampa inclinata a sx fino a una
sosta con 3 ch (25 m. - VI-).
L9 - In traverso a sx puntando a una breve fessura strapiombante (ch.)
che si afferra e si utilizza per traversare a sx e aggirare uno
spigolino; oltre lo spigolo una facile rampa-canale porta alla cresta
(40 m. - V+) (Rel. 8 agosto 2007).
Penitenziagite n° 25, o penitenziagite con congelamento di attributi.
Il "Penitenziagite con congelamento di attributi" è un penitenziagite nel corso del quale il penitente, confidando in fedifraghe previsioni meteo e nonostante le cime siano già avvolte da grigie nubi, in vista della salita indossa pantaloncini anziché la sua solita tuta e, così abbigliato, percorre una via - che definire "esplorativa" sarebbe eufemistico - in mezzo a nebbie sospinte da gelide correnti ascensionali.
Non muore ipotermico per miracolo...
Nel frattempo, e per i medesimi motivi, Farfalla Indigesta torna ad essere, oltre che Indigesta, anche Congestionata.
Un presagio?
Che sia ora di darsi al golf?
O al polo?
Ma anche un pile non farebbe schifo...
Frammenti di Penitenziagite 1.
L4 - La rel. Del Fabbro-Candolini indica di salire diritti a dx di un evidente pilastro.
La rel. CAI-TCI recita: "Partendo dalla base del pilastro, diritti due metri. Poi a dx e, per fessure appena oblique a dx, a uno scomodo terrazzino. 30 m. - VII-.
Tutto giusto fino al traverso a dx.
Poi mi perdo.
Salgo per fessure oblique a dx, ma arrivo in un canale articolato alla dx del pilastro indicato dalla rel. CAI-TCI.
Niente.
Torno indietro.
Traverso a sx [VI-] per vedere se una delle scomode nicchie sulla placca a sx delle fessure ospiti la sosta.
Niente.
Torno indietro.
Salgo di nuovo nel canale e ne raggiungo il margine dx.
"50 m. di corda fuori", fa Farfalù.
E niente soste.
Indietro, alle fessure oblique.
Traverso a sx più alto di prima [VI-].
Lame oblique a sx fin sotto placche compatte, nel bel mezzo del pilastro. Esili terrazzini, ma niente soste.
Indietro.
Sono stufo di tracciare arzigogolate varianti su questo indecifrabile tratto di parete.
Attrezzo sosta e recupero Farfalù e Andrea.
1 h e 30' perse...
In mezzo alla nebbia e alla termica gelida...
Passa davanti Andrea.
Lui, affidandosi alla sua esperienza, traversa a dx, su placca alla dx del canale, ci recupera, riparte e raggiunge il vertice del pilastro con un tiro ad arco a sx per diedrino, placca e strapiombo friabile. VI. Sosta su clessidra.
4 m. più in basso, appena sotto la forcella, una calata.
Boh...
Frammenti di Penitenziagite 2.
Al rientro...
Andrea deve fare la spesa.
Ci fermiamo a un minimarket in un paese della Val Pesarina.
Farfalù, che conosce tutti [ma proprio tutti] gli arrampicatori del Friuli e della Venezia Giulia, nel mezzo di un gruppo di giovani in piazza individua Riccardo Del Fabbro.
Andiamo a chiedergli chiarimenti.
Risposta:
"Mah...
"Quando ho steso la relazione, 15 anni dopo aver ripetuto la via, mi ricordavo lo sviluppo dei tiri solo a spanne.
"E poi in quel tratto la parete è molto articolata e offre molte diverse possibili linee di salita".
Insomma, anche lui non ne sa niente...
Lo lasciamo alla sua compagnia e ce ne andiamo.
Chiederemo a Claudio P., primo ripetitore.
O, meglio, a Florit, l'apritore.
Avranno ricordi più precisi, loro?
E se invece i deva, ingannatori, nel frattempo avessero spostato il pilastro all'insaputa di Florit, di Claudiòn e di Del Fabbro?
Bricconi di deva...
PS di qualche giorno dopo - Arcano risolto. In alto. Rivista della Società Alpinistica Friulana, nell'annuario del 1990, alle pp. 206-207 riporta la rel. dei primi salitori.
Descrizione del tiro incriminato: "Partendo dalla base del pilastro, diritti due metri. Poi a dx e, per fessure appena oblique a sinistra, a uno scomodo terrazzino. 30 m. - VII-. 2 ch sul tiro e 1 ch di sosta lasciati".
Refuso dei compilatori o dei redattori per la rel. CAI-TCI.
E probabile variante a dx del pilastro per Del Fabbro e Candolini.
Per i futuri ripetitori, la via sale a sx, attraversando le belle placche nel bel mezzo del pilastro.
La roccia della Catena Carnica Principale è un calcare vecchio, molto solido e compatto sulle placche, delicato nei punti di frattura.
La parete S dell'Avanza conferma la regola.
Vista dal basso, sembra offrire salite su placche spaziali.
Quando ci si è dentro, a meno di non trovarsi su itinerari a fix dell'ultima generazione, si arrampica spesso su roccia da verificare e con difficoltà discontinue.
"Greenpeace" è una via della penultima generazione, aperta in stile pulito.
Ma, siccome sale lungo i punti deboli della parete [presumo per sfruttare le possibilità di assicurazione offerte dalle fessure], presenta un'arrampicata poco interessante, di carattere esplorativo.
Fa forse eccezione il tiro chiave, che noi non abbiamo trovato, e che, se sale nel mezzo del pilastro sfiorato dalle nostre L4-L5-L6, atraversa belle placche verticali e strapiombanti poco chiodabili.
Certo che un tiro su dieci non è molto per rendere raccomandabile un itinerario...
Trovo davvero eufemistico il "Bella via su roccia ottima" della rel. CAI-TCI.
Se proprio la si vuole ripetere, portare friend, nut e qualche ch per rinforzare o attrezzare le soste.
Attacco - Poco prima della parete S della Cima della Miniera la cengia del Sole, prima stretta 2-3 m. si allarga in un ampio e ripido pendio.
Salire al vertice del pendio ed attaccare la parete nei pressi di una fascia di roccette e canalini erbosi 40 m. a sx del canale che divide l'Avanza dalla Cima della Miniera.
L1 - Per canalini e caminetti erbosi fino a entrare in un ampio canale prima ghiaioso e poi erboso sulla verticale di belle placche grigie. Sosta su friend (50 m. - IV).
L2 - Seguire il canale erboso nel suo inclinarsi a sx e salire un muretto rotto sulla sx delle placche grigie. Al suo termine diritti e a dx per facile canalino. Quando questo si trasforma in cengia fermarsi e attrezzare sosta con 2 friend (50 m. - IV+).
L3 - In obliquo a dx per placca articolata [1 cordino in cl] fino a una rampa obliqua a sx che si segue fino al vertice di un vago spuntone sotto belle placche grigie. Sosta con 2 ch (40 m. - IV).
L4 - La nostra interpretazione della rel.. Diritti 2 m. sopra la sosta. A un ch rosso traversare a dx 6-7 m. per esile cengia fino a un ch. Di qui in traverso e in lieve obliquo a dx pervenendo a un evidente sistema di fessure oblique a dx che si seguono fino al loro esaurirsi nei pressi del margine sx dell'ampio canale che delimita sulla dx il bel pilastro soprastante. Sosta su 2 friend (25 m. - VI-VI+).
L5 - E' probabile che la linea giusta salga le placche a sx della nostra sosta. Andrea, incerto sul da farsi, sale di qualche m. a dx, attraversa il canale alla nostra dx, raggiunge una cengia sotto belle placche e, per essa [e con un breve tratto in discesa], si sposta nel mezzo del muro grigio a dx del canale. Sosta su terrazzino più o meno al livello della nostra S4 [2 nut e 1 friend] (25 m. - IV+).
L6 - Poi Andrea sale diritto per il muro a dx del canale, puntando a sx alla forcella in cui si esaurisce il pilastro, compiendo un tiro ad arco da dx a sx: placca e diedrino friabile appena obliquo a sx, in obliquo a sx per breve placca compatta e traverso a sx per breve muretto appena strapiombante di roccia friabile. Sosta su clessidrone dall'aspetto dubbio 5 m. sopra verticale della forcella tra pilastro e parete (40 m. - VI).
L7 - Diritti per breve fessura obliqua a sx. Si supera un muretto compatto e si prosegue diritti e in lieve obliquo a dx fino a una cengia incassata e obliqua da sx a dx. Sosta su spuntone e friend (50 m. - V+).
L8 - In obliquo a dx per la rampa. Distro uno spigolett diritti per breve camino e poi per rocce rotte in obliquo a dx fino a una cengia inclinata a dx al cui vertice, nei pressi di una forcella, si sosta [punto di fermata da attrezzare] (45 m. - IV+).
L9 - Si è sotto una nicchia incavata in una parete con fasce sedimentarie gialle oblique da sx a dx. Salire nella nicchia (1 ch), traversare a dx segundo le fasce fin sotto un tettino, superarlo e in obliquo a dx raggiungere una fessura per la quale si raggiunge una cengia. 1 ch di sosta circa 3 m. a dx, sulla cengia (35 m. - V+)
L10 - Si segue un lungo diedro appena inclinato a sx fino a poterne uscire sulla dx per muretto e placca appoggiata, puntando a un sistema di diedri parallelo sulla dx. Tiro interessante. Sosta da attrezzare [1 ch a U e 2 fr] (50 m. - V)
L11 - Salire il facile camino friabile inclinato a sx in cui si esaurisce il sistema di diedri raggiunto e continuare per il seguente canalino ghiaioso inclinato a sx fino al suo termine, sotto rocce facili. Sosta da attrezzare [2 fr] (50 m. - III+]. La linea originale sale più a dx, per evidente diedro sopra il camino e per placche alla sua dx? Chi lo sa?
Per roccette alla dorsale di vetta (Rel. 15 agosto 2008).
Sacchi, Priolo, Sterni, Bonin, Pezzolato - VIII- (205 m.)
Bella via su roccia ottima [da verificare nella parte alta].
Peccato solo che sia corta.
La relazione visuale è consultabile qui: http://www.alpinrouten.de/files/routen/z_divergenze.htm.
L1 - Placca fessurata, prima diritti, poi a sx; nei pressi di un'ulteriore verticalizzazione della fessura, a sx alla sosta (VI - 25 m.).
L2 - A sx della sosta, poi diritti e in lieve obliquo a dx per placca a piccole prese; al penultimo fix tenersi a sx [resting per me; pulito per A. C.]; poi in traverso a dx alla sosta (VIII- - 20 m.).
L3 - Diritti sopra la sosta per muro, al primo spit appena a sx, rientrando sulla linea appena possibile; superato il muretto, puntare alla base di un diedrino, salirlo e portarsi in obliquo a sx alla sosta (VII - 20 m.).
L4 - A sx della sosta per vaga cengia, rientrare a dx; quindi diritti per placca gradinata e in obliquo a sx [1 pass. 6c lontano dalla protezione] fino a rocce più facili; in lieve obliquo a sx per muro rotto alla sosta (VII+ - 25 m.).
L5 - Diritti, in obliquo a dx e di nuovo diritti per bella placca con qualche presa delicata (VII - 40 m.).
L6 - Appena a sx della sosta, strapiombo, poi sotto uno strapiombo ad arco; per placca sotto questo in obliquo a dx; quando il margine dx dello strapiombo si esaurisce, nei pressi di rocce facili, a sx alla sosta (V+ - 20 m.).
L7 - Aggirare a sx il muretto sopra la sosta [o salirlo diritto] fin sotto uno strapiombo con 2 fix; superarlo; quindi in obliquo a dx per strapiombini ad aggirare un pilastrino; diritti e in obliquo a sx fino a un canale per il quale si raggiunge l'ultima sosta (55 m. - VI+) [rel. 13 agosto 2009].
Discesa - Con 2 corde da 60 m. calate da S7 - S6 - S4 - S2 - terra. Alcune doppie in obliquo.
Mi sforzo di credere che quello che provo in questi giorni
Mi renda la vita molto più facile
E' duro decidere che cosa sia reale in questi giorni
Nei quali le cose mi appaiono così confuse
Io conosco già i volti dei bambini dei miei bambini
Voci che ho già sentito in passato
C'è sempre di più
C'è sempre di più
Vagabondare, lasciando il mare alle spalle,
Verso la casa che è di tutti,
Vagabondare, vagabondare,
Per luoghi in cui sappiamo fare quello che ci piace.
Io mi sento come se fossero passati cento anni
E sono più giovane di quanto fossi abituato ad essere,
Io mi sento come se il mondo fosse la mia casa, alla fine,
E conosco chiunque mi capiti di incontrare.
Da qualche parte, nella musica, posso sentire le campane
che sentii cento anni fa,
C'è sempre di più,
C'è sempre di più.
Vagabondare è questo: là c'è tutto quello
che c'è
Da quando io sono, da quando ho iniziato ad essere
Vagabondare, vagabondare,
Per luoghi in cui sappiamo fare quello che ci piace.
Massive Attack, Sly (Astuto)
[Protection, 1994].
Uno
Ore 8.00.
Sento risate argentine di ragazze proprio dietro la mia testa, oltre la tenda.
No, non è una delle mie solite allucinazioni da viaggio nell'Oltremondo.
Sono davvero ragazze che ridono.
Fuori dalla mia tenda.
Al campeggio di Osp.
Anni e anni di vagabondaggi tra le montagne senza capire...
Vabbe'...
Il fatto è che alle 4.00 antimeridiane il gallo ha cominciato a cantare.
E non piano: "Chicchiricchiii"...
No, no, forte: "CHICCHIRICCHIII!!!".
E alle 5.00 antimeridiane hanno risvegliato le loro ugole anche gli uccellini.
Ma non piano: "Cip... Cip...".
No, no, forte: "CIIIIP! CIIIIP!".
E alle 6.00 antimeridiane hanno cominciato a suonare le campane.
Ma non piano: "Din... Don...".
No, no, forte: "DINNN! DONNN!".
Quindi, ragazze, vi voglio bene...
Ma...
Per quanto, con la vostra allegria e la vostra voglia di vivere, mi ricordiate, con grazia e non senza una certa perfidia, quanto sia stato stupido da giovane [e quanto continui a essere idiota in età matura], non è che, per caso, potete andare a ridere argentine un po' più in là?
Due
Stiamo salendo al Paretone.
Nostra meta è "Internacjonala" [anche se poi finiremo a fare "Netopir"; e "Svinjam Diamante"].
Alberto, Andrea e Ralf si fermano a guardare il grottone sul soffitto del quale, dice Alberto, hanno aperto un 8a+ lungo 40 m..
Prese buone, ma ci vuole una resistenza bestiale.
I tre se ne stanno lì, in riverente contemplazione dell'antro.
"Beh, Non è il caso di starsene qui in adorazione di un cazzo di buco nella roccia, eh?", intervengo per dar loro una mossa.
Ho fretta di attaccare.
"Ti facevo più poetico... Tu, uno che parla col vento", fa Andrea.
E chiude: "Hai proprio bisogno di un po' di meditazione. Ti lasciamo in cima alla parete, questa notte, ti va? Così parli col vento e ti rinfreschi le idee".
Gli altri due ridono.
Tre
"Parti già?", chiede Ralf.
Sto preparandomi per tentare di chiudere - al secondo giro - un 7a+ a Crni Kal.
"Sì, altrimenti mi raffreddo".
Beh, "raffreddarsi" è una possibilità remota, col sole che sta rosolandoci per bene in questo giorno di estate anticipata.
Però...
Sì, insomma: se sto fermo ancora un po', i muscoli mi si grippano.
"Aspetta, dài. Ripòsati".
No, sento che è il momento giusto.
Parto.
Maniglia, maniglia, verticale, tridito scavato, tacca verticale, lolotte e mano sx in manettone sotto lo strapiombo, fuori: fine della prima sezione dura...
Bidito in fessura, buca da lettera, tacca verticale, seconda tacca verticale, fessura, pass. in equilibrio precario, fuori alla cengia: fine seconda sezione dura...
Buco, tacca, vaschetta, vaschetta, altra vaschetta, buca da lettera, altra buca da lettera, lama a dx, sosta.
Chiusa.
***
V - E poi? Ti hanno lasciato in cima al Paretone, sabato? D - Hai parlato con me, sabato notte? V - No... D - E allora... Non ne deduci che, forse, sono stati buoni con me?
Ride.
V - Però ti è piaciuto il mio regalino di lunedì mattina... D - Quando sono uscito dalla tenda e una folata di vento caldo da nord mi ha avvolto in un turbine di petali di fiori di mandorlo?
Silenzio.
D - Sì. Devo ammetterlo: quando ti ci metti, te la cavi bene, con i tuoi biechi trucchi da vento...
Ride.
***
PS - Per dovere di cronaca, segnalo che della spedizione in terra straniera facevano parte anche Alberto 2, Terminator, e Ivan, il Terribile [per entrambi un 7a e un 7a+ a vista e/o flash, più qualcos'altro per Alberto. E, considerata la non più verde età, scusate se è poco].
Bella via su roccia da verificare su L1 e L2, ottima in seguito.
Portare solo rinvii.
Attacco - Si segue il sentiero di accesso lasciando sulla sx il grottone alla base della muraglia fino a pervenire all'inizio di un breve diedro che costituisce l'accesso più naturale alla sezione bassa, rotta, della parete.
L1 - Per il diedro, poi diritti per roccette (1 spit). Superare una strettoia oltre la quale sulla dx si trova 1 ch. Appena a sx poi in obliquo a dx per rampa di rocce articolate. Sosta su cengia (40 m. - IV-).
L2 - Paretina appena a sx della sosta; quindi si punta a un poco attraente diedro incassato e strapiombante che si sale fino al suo termine, uscendone sulla sx. Placca appoggiata, a sx a un diedro strapiombante a scala e al suo termine a sx alla sosta (35 m. - VII+).
L3 - Bella fessura-diedro strapiombante. Uscirne a sx a una lama, per cui, in obliquo a sx, si raggiungono rocce più facili ed articolate, ma verticali, per le quali si raggunge la cengia di sosta (25 m. - VII).
L4 - Accennato diedro appena strapiombante. Occhio alla chiodatura (1 pressione) (20 m. - VII).
L5 - Per placca alla sx di un grande arco. Appena possibile si rimonta a dx il bordo dell'arco e, per muro prima strapiombante e poi verticale, si esce dalla parete (25 m. - VII-/VII).
Discesa - Spostarsi a dx [SE] per tracce fino a incontrare una vecchia, grossa catena. Grazie ad essa ci si cala a S3 della via seguente (25 m.); con un'altra doppia di 25 m. sulla nuova sosta inox si arriva a S2, sempre di "Svinjam Diamante" [passare i rinvii - 25 m] e con una doppia di circa 30 m. alla cengia di S1 di "Netopir". Altra doppia sul catenone di sosta fino alla base dell'avancorpo (25 m.) [Rel. 14 aprile 2009].
Bella via su roccia non sempre impeccabile su L3, il tiro più impegnativo.
Anche per "Svinjam diamante" portare solo rinvii.
Attacco - Come la via precedente.
L1 - Come la via precedente (40 m. - IV-).
L2 - Proseguire in obliquo verso dx per 2 fix, lasciando sopra la sosta una linea a fix su parete strapiombante e prendendo la linea di fix alla sua dx che si segue, in lieve arco verso dx, fino alla sosta, sotto un diedrino strapiombante (30 m. - VII-).
L3 - Diedrino strapiombante poi allargantesi in ampia scanalatura. Sul diedro far ballare l'occhio [le prese ci sono]; 1 p. duro poco sopra il diedro; poi roccia da verificare fino alla sosta (30 m. - VIII+). 3 resting per me, 2 evitabili.
L4 - Placca, a dx a un diedrino; se ne supera il margine dx; diritti per muro verticale e strapiombante fino a una cengia sotto un grande strapiombo; aggirarlo sulla dx e salire per placca verticale con prese buone, non sempre evidenti. Alberto, allo stremo delle forze, non riesce a superare la placca sotto la sosta e si sposta all'ultima sosta della via a sx. Tiro magnifico (30 m. - VII+/VIII-).
Discesa - Come dalla via precedente [Rel. 14 aprile 2009].